Principi e norme sull'ecumenismo |
92. Per mezzo del sacramento del battesimo una persona è veramente incorporata a Cristo e alla sua Chiesa, e viene rigenerata per partecipare alla vita divina.103
Il battesimo costituisce quindi il vincolo sacramentale dell'unità che esiste tra tutti quelli che, per suo mezzo, sono rinati.
Il battesimo, di per sé, è soltanto un inizio, poiché tende all'acquisizione della pienezza della vita in Cristo.
Pertanto esso è ordinato alla professione della fede, alla piena integrazione nell'economia della salvezza e alla comunione eucaristica.104
Istituito da Gesù stesso, il battesimo, mediante il quale si partecipa al mistero della sua morte e della sua risurrezione, implica la conversione, la fede, la remissione del peccato e il dono della grazia.
93. Il battesimo è conferito con l'acqua e una formula che indica chiaramente l'atto di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
Di conseguenza, è di somma importanza per tutti i discepoli di Cristo che il battesimo venga amministrato da tutti in questo modo e che le diverse Chiese e comunità ecclesiali giungano, per quanto è possibile, ad un accordo sul suo significato e sulla validità della sua celebrazione.
94. È vivamente raccomandato che il dialogo circa il significato e la valida celebrazione del battesimo avvenga tra le autorità cattoliche e quelle delle altre Chiese e comunità ecclesiali a livello diocesano o di Conferenze episcopali.
In tal modo sarà loro possibile arrivare a dichiarazioni comuni, nelle quali potranno esprimere il reciproco riconoscimento dei battesimi, pronunciandosi anche sul modo d'agire nei casi in cui potrebbero esserci dubbi sulla validità di questo o quel battesimo.
95. Per arrivare a tali forme di accordo, occorrerà avere ben presenti i seguenti punti:
a) Il battesimo per immersione, o per infusione, con la formula trinitaria è, in sé, valido.
Di conseguenza, se i rituali, i libri liturgici o le consuetudini stabilite da una Chiesa o da una comunità ecclesiale prescrivono uno di questi modi di battezzare, il sacramento deve essere ritenuto valido, a meno che si abbiano fondate ragioni per mettere in dubbio che il ministro abbia osservato le norme della propria comunità o Chiesa.
b) La fede insufficiente di un ministro in ciò che concerne il battesimo, di per sé non ha mai reso invalido un battesimo.
L'intenzione sufficiente del ministro che battezza deve essere presunta, a meno che non ci sia un serio motivo di dubitare che egli abbia voluto fare ciò che fa la Chiesa.
c) Se si sollevano dubbi sull'uso dell'acqua e sul modo di adoperarla,105 il rispetto per il sacramento e la deferenza verso le comunità ecclesiali implicate richiedono che sia condotta una seria indagine sulla pratica della comunità in questione, prima di qualsiasi giudizio sulla validità del battesimo da essa amministrato.
96. Secondo la situazione locale e qualora se ne presenti l'occasione, i cattolici possono far memoria, in una celebrazione comune con altri cristiani, del battesimo che li unisce, rinnovando con loro la rinunzia al peccato e l'impegno di vivere una vita pienamente cristiana, impegno assunto con le promesse del loro battesimo, e proponendo risolutamente di cooperare con la grazia dello Spirito santo per cercare di sanare le divisioni che esistono tra i cristiani.
97. Sebbene con il battesimo la persona venga incorporata a Cristo e alla sua Chiesa, ciò concretamente si realizza in una determinata Chiesa o comunità ecclesiale.
Pertanto un battesimo non deve essere conferito congiuntamente da due ministri appartenenti a Chiese o a comunità ecclesiali diverse.
D'altra parte, secondo la tradizione liturgica e teologica cattolica, il battesimo è amministrato da un solo celebrante.
Per ragioni pastorali, in circostanze eccezionali, l'Ordinario del luogo può tuttavia permettere che il ministro di una Chiesa o comunità ecclesiale partecipi alla celebrazione, proclamando una lettura o facendo una preghiera, ecc.
La reciprocità è possibile solo nel caso in cui il battesimo celebrato in un'altra comunità non sia in contrasto né con i principi né con la disciplina della Chiesa cattolica.106
98. Secondo il pensiero cattolico, i padrini e le madrine, nell'accezione liturgica e canonica, devono essere membri della Chiesa o della comunità ecclesiale nella quale viene celebrato il battesimo.
Essi non si assumono soltanto la responsabilità dell'educazione cristiana della persona battezzata ( o cresimata ) in qualità di parente o amico; essi sono lì pure come rappresentanti di una comunità di fede, garanti della fede e del desiderio di comunione ecclesiale del candidato.
a) Basandosi sul battesimo comune, e a causa dei vincoli di parentela o di amicizia, un battezzato che appartiene ad un'altra comunità ecclesiale può tuttavia essere ammesso come testimone del battesimo, ma soltanto insieme con un padrino cattolico.107
Un cattolico può svolgere la medesima funzione nei confronti di una persona che deve essere battezzata in un'altra comunità ecclesiale.
b) In forza della stretta comunione esistente tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali ortodosse, è consentito, per un valido motivo, ammettere un fedele orientale con il ruolo di padrino congiuntamente ad un padrino cattolico ( o una madrina ) al battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, a condizione che si sia sufficientemente provveduto all'educazione del battezzato e che sia riconosciuta l'idoneità del padrino.
Il ruolo del padrino a un battesimo conferito in una Chiesa orientale ortodossa non è interdetto a un cattolico, se vi è invitato.
In tal caso l'obbligo di prendersi cura dell'educazione cristiana spetta in primo luogo al padrino ( o alla madrina ) che è membro della Chiesa nella quale il bambino è battezzato.108
99. Ogni cristiano ha il diritto, per motivi di coscienza, di decidere liberamente di entrare nella piena comunione cattolica.109
Adoperarsi per preparare una persona che desidera essere ricevuta nella piena comunione della Chiesa cattolica è, in sé, un'azione distinta dall'attività ecumenica.110
Il rito dell'Iniziazione cristiana degli adulti prevede una formula per ricevere tali persone nella piena comunione cattolica.
Nondimeno, in simili casi, così come nel caso dei matrimoni misti, l'autorità cattolica può avvertire la necessità di indagare per sapere se il battesimo, già ricevuto, sia stato celebrato validamente.
Nel compiere tali accertamenti, si tenga conto delle seguenti raccomandazioni:
a) La validità del battesimo, come è conferito nelle varie Chiese orientali, non è assolutamente oggetto di dubbio.
E quindi sufficiente stabilire che il battesimo sia stato amministrato.
In queste Chiese il sacramento della confermazione ( crismazione ) è legittimamente amministrato dal sacerdote contemporaneamente al battesimo; può pertanto accadere con una certa frequenza che nella certificazione canonica del battesimo non sia fatta alcuna menzione della confermazione.
Ciò non autorizza affatto a mettere in dubbio che sia stata conferita anche la confermazione.
b) Quanto ai cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali, prima di esaminare la validità del battesimo di un cristiano, sarà necessario sapere se sia stato realizzato un accordo sul battesimo dalle Chiese e dalle comunità ecclesiali delle regioni o località in causa ( come detto sopra, al n. 94 ), e se il battesimo sia stato effettivamente amministrato in conformità a tale accordo.
Tuttavia, va fatto rilevare che la mancanza di un accordo formale sul battesimo, non deve automaticamente condurre a dubitare della validità del battesimo.
c) A riguardo di questi cristiani, quando è stata rilasciata una attestazione ecclesiastica ufficiale, non c'è alcun motivo di dubitare della validità del battesimo conferito nelle loro Chiese o comunità ecclesiali, a meno che, per un caso particolare, un esame non riveli che c'è una seria ragione per dubitare della materia, della formula usata per il battesimo, dell'intenzione del battezzato adulto e del ministro che ha battezzato.111
d) Se, anche dopo una scrupolosa ricerca, rimane un fondato dubbio sulla corretta amministrazione del battesimo e si ritiene necessario battezzare sotto condizione, il ministro cattolico dovrà dar prova del suo rispetto per la dottrina secondo la quale il battesimo può essere conferito una volta sola, spiegando alla persona interessata perché in quel caso venga battezzata sotto condizione e, anche, il significato del rito del battesimo sotto condizione; inoltre, il rito del battesimo sotto condizione dev'essere celebrato in privato e non in pubblico.112
e) È auspicabile che i Sinodi delle Chiese orientali cattoliche e le Conferenze episcopali diano direttive in ordine all'accettazione nella piena comunione cattolica di cristiani battezzati in altre Chiese e comunità ecclesiali, tenendo conto del fatto che non si tratta di catecumeni e anche del grado di conoscenza e di pratica della fede cristiana che costoro possono avere.
100. Secondo il rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, coloro che aderiscono a Cristo per la prima volta sono normalmente battezzati durante la Veglia pasquale.
Là dove la celebrazione di tale rito comprende l'accettazione di coloro che, già battezzati, entrano nella piena comunione cattolica, bisogna fare una netta distinzione tra questi ultimi e coloro che non hanno ancora ricevuto il battesimo.
101. Allo stato attuale delle nostre relazioni con le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma del XVI secolo, non si è ancora arrivati ad un accordo né sul significato, né sulla natura sacramentale e neppure sull'amministrazione del sacramento della confermazione.
Di conseguenza, nelle circostanze attuali, le persone che entrassero nella piena comunione della Chiesa cattolica e che venissero da queste comunità, dovrebbero ricevere il sacramento della confermazione secondo la dottrina e il rito della Chiesa cattolica, prima di essere ammesse alla Comunione eucaristica.
102. I cristiani possono essere incoraggiati a condividere attività e risorse spirituali, cioè a condividere quell'eredità spirituale che essi hanno in comune, in una maniera e a un livello adeguati al loro stato attuale di divisione.113
103. L'espressione « condivisione di attività e di risorse spirituali » comprende realtà quali la preghiera fatta in comune, la partecipazione al culto liturgico in senso stretto, come viene specificato sotto, al n. 116, e così pure l'uso comune dei luoghi e di tutti gli oggetti liturgici necessari.
104. I principi che dovranno regolare la condivisione spirituale sono i seguenti:
a) Nonostante le profonde differenze che impediscono la piena comunione ecclesiale, è chiaro che tutti coloro che per il battesimo sono incorporati a Cristo hanno in comune molti elementi della vita cristiana.
Esiste, quindi, tra i cristiani una reale comunione, che, quantunque imperfetta, può essere espressa in molti modi, ivi compresa la condivisione della preghiera e del culto liturgico,114 come si preciserà al paragrafo seguente.
b) Secondo la fede cattolica, la Chiesa cattolica è dotata di tutta la verità rivelata e di tutti i mezzi di salvezza per un dono che non può venir meno.115
Tuttavia, tra gli elementi e i doni che appartengono alla Chiesa cattolica ( per esempio la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, ecc. ), molti possono esistere fuori dei suoi confini visibili.
Le Chiese e le comunità ecclesiali, che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, non sono affatto state private di significato e di valore nel mistero della salvezza, poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come mezzi di salvezza.116
Secondo modi che variano in rapporto alla condizione di ciascuna Chiesa o comunità ecclesiale, le loro celebrazioni possono nutrire la vita della grazia nei loro membri che vi partecipano e dare accesso alla comunione della salvezza.117
c) Pertanto, la condivisione delle attività e delle risorse spirituali deve riflettere questa duplice realtà:
1) la reale comunione nella vita dello Spirito che già esiste tra i cristiani e che si esprime nella loro preghiera e nel culto liturgico;
2) il carattere incompleto di tale comunione a motivo di differenze di fede e a causa di modi di pensare che sono inconciliabili con una condivisione piena dei doni spirituali.
d) La fedeltà a questa realtà complessa rende necessario stabilire norme di condivisione spirituale tenendo conto della diversità di situazione ecclesiale esistente tra le Chiese e le comunità ecclesiali che vi sono implicate, in modo che i cristiani apprezzino le loro ricchezze spirituali comuni e ne gioiscano, ma siano anche resi consapevoli della necessità di superare le separazioni che tuttora esistono.
e) Poiché la concelebrazione eucaristica è una manifestazione visibile della piena comunione di fede, di culto e di vita comune della Chiesa cattolica, espressa dai ministri di questa Chiesa, non è permesso concelebrare l'Eucaristia con ministri di altre Chiese o comunità ecclesiali.118
105. Sarebbe necessaria una certa « reciprocità », dal momento che la condivisione delle attività e delle risorse spirituali, pur entro limiti precisi, è un contributo, in spirito di buona volontà e di carità, alla crescita dell'armonia tra cristiani.
106. Riguardo a tale condivisione, sono raccomandate consultazioni tra le autorità cattoliche competenti e quelle delle altre Comunioni, per ricercare le possibilità di una legittima reciprocità secondo la dottrina e le tradizioni delle differenti comunità.
107. I cattolici devono dar prova di un sincero rispetto per la disciplina liturgica e sacramentale delle altre Chiese e comunità ecclesiali: queste sono invitate a mostrare lo stesso rispetto per la disciplina cattolica.
Uno degli obiettivi della consultazione, cui sopra si è accennato, dovrebbe essere quello di puntare ad una migliore comprensione reciproca della disciplina di ciascuna comunità e anche a un accordo sul modo di regolare una situazione in cui la disciplina di una Chiesa mette in causa o contrasta con la disciplina dell'altra.
108. Là dove è opportuno, i cattolici devono essere incoraggiati a radunarsi per pregare con cristiani appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali, secondo le norme dettate dalla Chiesa.
Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo efficace per impetrare la grazia dell'unità, e sono una genuina manifestazione dei vincoli con i quali i cattolici sono ancora uniti con questi altri cristiani.119
La preghiera in comune è, in se stessa, una via che conduce alla riconciliazione spirituale.
109. La preghiera in comune è raccomandata ai cattolici e agli altri cristiani per presentare a Dio, insieme, le necessità e le preoccupazioni che condividono - come ad esempio la pace, le questioni sociali, la mutua carità tra gli uomini, la dignità della famiglia, le conseguenze della povertà, la fame e la violenza, ecc.
Si equiparano a tali casi le occasioni in cui, secondo le circostanze, una nazione, una regione o una comunità vuole comunitariamente render grazie a Dio o implorare il suo aiuto; ciò può avvenire nella ricorrenza di una festa nazionale, così pure in tempo di calamità o di lutto pubblico, nel giorno della commemorazione dei caduti per la patria, ecc.
La preghiera comune è raccomandata anche negli incontri che vedono riuniti i cristiani per lo studio o l'azione.
110. La preghiera comune dovrebbe avere però come oggetto innanzi tutto la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
Può incentrarsi, per esempio, sul mistero della Chiesa e della sua unità, sul battesimo come vincolo sacramentale di unità, oppure sul rinnovamento della vita personale e comunitaria come via necessaria per rendere perfetta l'unità.
La preghiera comune è particolarmente raccomandata durante la « Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani » o nel periodo che intercorre tra l'Ascensione e la Pentecoste.
111. Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con l'apporto dei rappresentanti di Chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi.
E insieme che converrebbe precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare.
a) Una celebrazione del genere può comprendere qualsiasi lettura, preghiera e inno che esprimano ciò che è comune a tutti i cristiani riguardo alla fede o alla vita spirituale.
Può includere una esortazione, un'allocuzione o una meditazione biblica che, attingendo alla comune eredità cristiana, accresca il reciproco amore e l'unità.
b) Bisogna aver cura che le traduzioni della sacra Scrittura di cui ci si serve siano accettabili da tutti e siano traduzioni fedeli del testo originale.
c) È auspicabile che la struttura di dette celebrazioni tenga conto dei diversi modelli di preghiera comunitaria in armonia con il rinnovamento liturgico di molte Chiese e comunità ecclesiali, pur prestando una particolare attenzione al comune patrimonio di inni, di testi tratti dai lezionari e di preghiere liturgiche.
d) Preparando celebrazioni tra cattolici e membri di una Chiesa orientale, è necessario considerare attentamente la disciplina liturgica propria di ciascuna delle Chiese, conformemente a quanto si dice qui sotto al n. 115.
112. Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l'abitudine di celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono aver luogo nella chiesa dell'una o dell'altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti.
Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occorre che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistemato e che favorisca la devozione.
113. Con il comune consenso dei partecipanti, coloro che in una cerimonia hanno una funzione possono indossare l'abito proprio del loro rango ecclesiastico e della natura della celebrazione.
114. In alcuni casi, sotto la direzione di persone che abbiano ricevuto una particolare formazione e abbiano fatto una adeguata esperienza, può essere utile ricorrere alla condivisione spirituale sotto la forma di ritiri, di esercizi spirituali, di gruppi di studio e di reciproca comunicazione di tradizioni di spiritualità, nonché di forme di incontro più stabili per l'approfondimento di una vita spirituale comune.
É necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di dottrina che esistono, quanto all'insegnamento e alla disciplina della Chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale.
115. Dato che la celebrazione dell'Eucaristia nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l'anno liturgico,120 i cattolici, fatto salvo il diritto delle Chiese orientali121, hanno l'obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto.122
Per questo motivo si sconsiglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre Chiese e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l'obbligo di partecipare alla messa.
116. Per culto liturgico si intende il culto celebrato secondo i libri, le norme e le consuetudini di una Chiesa o comunità ecclesiale e presieduto da un ministro o da un delegato di tale Chiesa o comunità.
Questo culto liturgico può avere carattere non sacramentale oppure può consistere nella celebrazione di uno o più sacramenti cristiani.
Qui si tratta del culto liturgico non sacramentale.
117. In certe occasioni, la preghiera ufficiale di una Chiesa può essere preferita a celebrazioni ecumeniche preparate per l'occasione.
La partecipazione a celebrazioni quali la preghiera del mattino o della sera, a veglie straordinarie, ecc. permetterà a persone di tradizioni liturgiche diverse - cattoliche, orientali, anglicane e protestanti - di meglio comprendere la preghiera delle altre comunità e di condividere più profondamente tradizioni che, spesso, si sono sviluppate partendo da radici comuni.
118. Nelle celebrazioni liturgiche che si fanno in altre Chiese e comunità ecclesiali, si consiglia ai cattolici di prender parte ai salmi, ai responsori, agli inni, ai gesti comuni della Chiesa di cui sono gli invitati.
Se i loro ospiti lo propongono, possono proclamare una lettura o predicare.
119. Quando si tratta di assistere ad una celebrazione liturgica di tal genere, si dovrebbe prestare un'attenzione del tutto particolare alla sensibilità del clero e dei fedeli di tutte le comunità cristiane interessate, come anche alle consuetudini locali, che possono variare secondo i tempi, i luoghi, le persone e le circostanze.
In una celebrazione liturgica cattolica, i ministri delle altre Chiese e comunità ecclesiali possono avere il posto e gli onori liturgici che convengono al loro rango e al loro ruolo, se lo si ritiene opportuno.
I membri del clero cattolico invitati alla celebrazione di un'altra Chiesa o comunità ecclesiale possono, se ciò è gradito a coloro che li accolgono, indossare l'abito e le insegne della loro funzione ecclesiastica.
120. A prudente giudizio dell'Ordinario del luogo, il rito della Chiesa cattolica per le esequie può essere concesso a membri di una Chiesa o di una comunità ecclesiale non cattolica, a condizione che ciò non sia contrario alla loro volontà, che il loro ministro ne sia impedito123 e che non vi si oppongano le disposizioni generali del diritto .124
121. Le benedizioni ordinariamente impartite ai cattolici possono essere impartite anche agli altri cristiani, su loro richiesta, in conformità alla natura e all'oggetto della benedizione.
Preghiere pubbliche per altri cristiani, vivi o defunti, per i bisogni e secondo le intenzioni delle altre Chiese e comunità ecclesiali e dei loro capi spirituali, possono essere offerte durante le litanie e altre invocazioni di un servizio liturgico, ma non nel corso dell'anafora eucaristica.
L'antica tradizione cristiana liturgica ed ecclesiologica non permette di citare nell'anafora eucaristica se non i nomi delle persone che sono in piena comunione con la Chiesa che celebra quella Eucaristia.
122. Tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali che non sono in piena comunione con essa, esiste comunque una comunione molto stretta nel campo della fede.125
Inoltre, « per mezzo della celebrazione della Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce » e « quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia[ … ] ».126
Ciò, secondo la concezione della Chiesa cattolica, costituisce un fondamento ecclesiologico e sacramentale per permettere e perfino incoraggiare una certa condivisione con quelle Chiese, nell'ambito del culto liturgico, anche per quanto riguarda l'Eucaristia, « presentandosi opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica ».127
Tuttavia, è noto che le Chiese orientali, in forza della concezione ecclesiologica loro propria, possono avere una disciplina più restrittiva in tale materia, disciplina che gli altri devono rispettare.
È necessario che i pastori istruiscano con cura i fedeli, perché abbiano una chiara conoscenza delle precise ragioni di tale condivisione nel campo del culto liturgico e delle diverse discipline esistenti al riguardo.
123. Ogniqualvolta una necessità lo esiga o una vera utilità spirituale lo consigli e purché sia evitato il pericolo di errore o di indifferentismo, è lecito a ogni cattolico, per il quale sia fisicamente o moralmente impossibile accedere al ministro cattolico, ricevere i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi da parte di un ministro di una Chiesa orientale .128
124. Poiché presso i cattolici e presso i cristiani orientali vigono usanze diverse riguardo alla frequenza della comunione, alla confessione prima della comunione e al digiuno eucaristico, è necessario che i cattolici abbiano cura di non suscitare scandalo e diffidenza tra i cristiani orientali non seguendo le consuetudini delle Chiese d'Oriente.
Un cattolico che desidera legittimamente ricevere la comunione presso i cristiani orientali deve, nella misura del possibile, rispettare la disciplina orientale e, se questa Chiesa riserva la comunione sacramentale ai propri fedeli escludendo tutti gli altri, deve astenersi dal prendervi parte.
125. I ministri cattolici possono amministrare lecitamente i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi ai membri delle Chiese orientali qualora questi li richiedano spontaneamente e abbiano le dovute disposizioni.
Anche in tali casi bisogna prestare attenzione alla disciplina delle Chiese orientali per i loro fedeli ed evitare ogni proselitismo, anche solo apparente.129
126. Durante una celebrazione liturgica sacramentale in una Chiesa orientale, i cattolici possono proclamare letture, se vi sono stati invitati.
Un cristiano orientale può essere invitato a proclamare letture durante celebrazioni analoghe in chiese cattoliche.
127. Un ministro cattolico può presenziare e prender parte, in una Chiesa orientale, ad una cerimonia di matrimonio, celebrata secondo le norme, tra cristiani orientali o tra due persone di cui una è cattolica e l'altra cristiana orientale, se vi è stato invitato dall'autorità della Chiesa orientale e se si conforma alle norme date qui sotto per i matrimoni misti, là dove vengono applicate.
128. Una persona appartenente a una Chiesa orientale può fare da testimone a un matrimonio in una chiesa cattolica; allo stesso modo una persona appartenente alla Chiesa cattolica può fare da testimone a un matrimonio, celebrato secondo le norme, in una Chiesa orientale.
In ogni caso, questa prassi deve essere conforme alla disciplina generale delle due Chiese, riguardante le regole di partecipazione a tali matrimoni.
129. Il sacramento è un'azione di Cristo e della Chiesa per mezzo dello Spirito .130
La celebrazione di un sacramento in una comunità concreta è il segno della realtà della sua unità nella fede, nel culto e nella vita comunitaria.
In quanto segni, i sacramenti, e in modo particolarissimo l'Eucaristia, sono sorgenti di unità della comunità cristiana e di vita spirituale e mezzi per incrementarle.
Di conseguenza, la comunione eucaristica è inseparabilmente legata alla piena comunione ecclesiale e alla sua espressione visibile.
Al tempo stesso, la Chiesa cattolica insegna che mediante il battesimo i membri di altre Chiese e comunità ecclesiali si trovano in una comunione reale, anche se imperfetta, con la Chiesa cattolica131 e che « il battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell'unità, che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati, esso tende interamente all'acquisto della pienezza della vita in Cristo ».132
Per i battezzati, l'Eucaristia è un cibo spirituale, che li rende capaci di vincere il peccato e di vivere della vita stessa di Cristo, di essere più profondamente incorporati a Lui e di partecipare più intensamente a tutta l'economia del mistero di Cristo.
E alla luce di questi due principi basilari, i quali devono sempre essere considerati insieme, che la Chiesa cattolica, in linea di principio, ammette alla comunione eucaristica e ai sacramenti della penitenza e della unzione degli infermi esclusivamente coloro che sono nella sua unità di fede, di culto e di vita ecclesiale.133
Per gli stessi motivi, essa riconosce anche che, in certe circostanze, in via eccezionale e a determinate condizioni, l'ammissione a questi sacramenti può essere autorizzata e perfino raccomandata a cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali.134
130. In caso di pericolo di morte, i ministri cattolici possono amministrare questi sacramenti alle condizioni sotto elencate ( n. 131 ).
In altri casi, è vivamente raccomandato che il Vescovo diocesano, tenendo conto delle norme che possono esser state stabilite in tale materia dalla Conferenza episcopale o dai Sinodi delle Chiese orientali, fissi norme generali che permettano il discernimento in situazioni di grave e pressante necessità e la verifica delle condizioni qui sotto elencate ( n. 131 ).135
In conformità al diritto canonico,136 tali norme generali devono essere stabilite soltanto previa consultazione dell'autorità competente, almeno locale, dell'altra Chiesa o comunità ecclesiale interessata.
I ministri cattolici vaglieranno i casi particolari e amministreranno questi sacramenti solo in conformità a tali norme, là dove sono state emanate.
Diversamente, giudicheranno in base alle norme del presente Direttorio.
131. Le condizioni in base alle quali un ministro cattolico può amministrare i sacramenti dell'Eucaristia, della penitenza e dell'unzione degli infermi a una persona battezzata, che venga a trovarsi nelle circostanze di cui si fa menzione qui sopra ( n. 130 ), sono: che detta persona sia nell'impossibilità di accedere ad un ministro della sua Chiesa o comunità ecclesiale per ricevere il sacramento desiderato, che chieda del tutto spontaneamente quel sacramento, che manifesti la fede cattolica circa il sacramento chiesto e che abbia le dovute disposizioni.137
132. Rifacendosi alla dottrina cattolica dei sacramenti e della loro validità, un cattolico, nelle circostanze sopra indicate ( nn. 130–131 ), non può chiedere i suddetti sacramenti che a un ministro di una Chiesa i cui sacramenti sono validi, oppure a un ministro che, secondo la dottrina cattolica dell'ordinazione, è riconosciuto come validamente ordinato.
133. Durante una celebrazione eucaristica della Chiesa cattolica la proclamazione della sacra Scrittura è fatta da membri di questa Chiesa.
In occasioni eccezionali e per una giusta causa, il Vescovo diocesano può permettere che un membro di un'altra Chiesa o comunità ecclesiale vi svolga la funzione di lettore.
134. Per la liturgia eucaristica cattolica, l'omelia, che è parte della liturgia stessa, è riservata al sacerdote o al diacono, perché in essa vengono presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana in consonanza con l'insegnamento e la tradizione cattolica.138
135. Per la proclamazione della sacra Scrittura e per la predicazione durante celebrazioni diverse dalla celebrazione eucaristica, devono essere osservate le norme date sopra ( n. 118 ).
136. I membri di altre Chiese o comunità ecclesiali possono fare da testimoni a una celebrazione di matrimonio in una Chiesa cattolica.
Anche i cattolici possono essere testimoni a matrimoni celebrati in altre Chiese e comunità ecclesiali.
137. Le chiese cattoliche sono edifici consacrati o benedetti, che hanno un importante significato teologico e liturgico per la comunità cattolica.
Di conseguenza, sono generalmente riservate al culto cattolico.
Tuttavia, se sacerdoti, ministri o comunità che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica non hanno un luogo, né gli oggetti liturgici necessari per celebrare degnamente le loro cerimonie religiose, il Vescovo diocesano può loro permettere di usare una chiesa o un edificio cattolico e anche prestar loro gli oggetti necessari per il loro culto.
In circostanze analoghe può essere loro consentito di fare funerali o di celebrare ufficiature in cimiteri cattolici.
138. A causa dell'evoluzione sociale, del rapido incremento demografico e dell'urbanizzazione e per motivi finanziari, là dove esistono buone relazioni ecumeniche e c'è comprensione tra le comunità, il possesso o l'uso comune di luoghi di culto per un periodo prolungato può diventare di interesse pratico.
139. Quando il Vescovo diocesano ne ha dato l'autorizzazione, in conformità alle norme della Conferenza episcopale o della Santa Sede, nel caso vi fossero tali luoghi comuni di culto, è necessario prendere saggiamente in considerazione la questione della riserva del SS .mo Sacramento, in modo che sia risolta secondo una sana teologia sacramentale e con tutto il rispetto che gli è dovuto, tenendo anche conto delle diverse sensibilità di coloro che usano l'edificio, costruendo, per esempio, un vano separato o una cappella.
140. Prima di fare i progetti di un edificio comune, le autorità delle comunità interessate dovranno innanzi tutto raggiungere un accordo su come verranno rispettate le differenti discipline, particolarmente per ciò che riguarda i sacramenti.
Inoltre, sarà opportuno stendere un accordo scritto in cui, in modo chiaro e adeguato, vengano trattate tutte le questioni che possono essere sollevate in materia di finanze e di obblighi di fronte alle leggi ecclesiastiche e civili.
141. Nelle scuole e istituzioni cattoliche si deve fare ogni sforzo per rispettare la fede e la coscienza degli studenti o dei docenti che appartengono ad altre Chiese o comunità ecclesiali.
In conformità con gli statuti loro propri e approvati, le autorità di dette scuole e istituzioni dovrebbero vigilare a che i ministri ordinati delle altre comunità possano esercitare senza alcuna difficoltà il servizio spirituale e sacramentale per i loro fedeli che frequentano tali scuole o istituzioni.
Per quanto le circostanze lo consentono, con il permesso del Vescovo diocesano, tali opportunità possono essere offerte in locali appartenenti ai cattolici, ivi compresa una chiesa o una cappella.
142. Negli ospedali, nelle case per persone anziane e nelle istituzioni analoghe dirette da cattolici, le autorità devono darsi premura di avvertire i sacerdoti e i ministri delle altre comunità cristiane della presenza di loro fedeli, e agevolarli perché possano far visita a dette persone e portar loro un aiuto spirituale e sacramentale in condizioni degne e decorose, anche con l'uso della cappella.
143. La presente sezione del Direttorio ecumenico non si prefigge di trattare in modo esaustivo tutte le questioni pastorali e canoniche connesse sia alla celebrazione stessa del sacramento del matrimonio cristiano, sia all'azione pastorale da svolgere presso le famiglie cristiane, dal momento che simili questioni rientrano nell'azione pastorale generale di ogni Vescovo o della Conferenza regionale dei vescovi.
Quanto qui si espone mette l'accento sulle questioni specifiche che riguardano i matrimoni misti e in tale contesto deve essere inteso.
L'espressione « matrimonio misto » si riferisce ad ogni matrimonio fra una parte cattolica e una parte cristiana battezzata che non è in piena comunione con la Chiesa cattolica.139
144. In ogni matrimonio la principale preoccupazione della Chiesa è di conservare la solidità e la stabilità del vincolo coniugale indissolubile e della vita familiare che ne deriva.
La perfetta unione delle persone e la condivisione completa della vita, che costituiscono lo stato matrimoniale, sono più facilmente assicurati quando i coniugi appartengono alla medesima comunità di fede.
Inoltre, la concreta esperienza e le osservazioni che scaturiscono da diversi dialoghi tra i rappresentanti di Chiese e di comunità ecclesiali dimostrano che i matrimoni misti presentano spesso difficoltà per le coppie stesse e per i loro figli in ordine alla conservazione della fede, all'impegno cristiano e all'armonia della vita familiare.
Per tutti questi motivi, il matrimonio tra persone che appartengono alla stessa comunità ecclesiale rimane l'obiettivo da raccomandare e da incoraggiare.
145. Poiché tuttavia si constata il numero crescente di matrimoni misti in molte parti del mondo, la viva sollecitudine pastorale della Chiesa si estende alle coppie che si preparano a contrarre tali matrimoni e alle coppie che già li hanno contratti.
Questi matrimoni, nonostante le loro particolari difficoltà, « presentano numerosi elementi che è bene valorizzare e sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia per l'apporto che possono dare al movimento ecumenico.
Ciò è particolarmente vero quando ambedue i coniugi sono fedeli ai loro impegni religiosi.
Il comune battesimo e il dinamismo della grazia forniscono agli sposi, in questi matrimoni, la base e la motivazione per esprimere la loro unità nella sfera dei valori morali e spirituali ».140
146. Appartiene alla permanente responsabilità di tutti, ma in primo luogo dei presbiteri, dei diaconi e di coloro che li affiancano nel ministero pastorale, offrire un insegnamento e un sostegno particolari al coniuge cattolico nella sua vita di fede e alle coppie dei matrimoni misti per la loro preparazione alle nozze, durante la celebrazione sacramentale e per la vita comune che ne consegue.
Questa cura pastorale deve tener conto della concreta condizione spirituale di ogni coniuge, della sua educazione alla fede e della sua pratica della fede.
Al tempo stesso, si deve rispettare la situazione particolare di ogni coppia, la coscienza di ogni coniuge e la santità dello stesso matrimonio sacramentale.
Se si ritiene utile, i vescovi diocesani, i Sinodi delle Chiese orientali cattoliche o le Conferenze episcopali potranno stabilire direttive più particolareggiate per questo servizio pastorale.
147. Per affrontare questa responsabilità, quando la situazione lo richiede, se possibile, occorrerà fare passi positivi per creare legami con il ministro dell'altra Chiesa o comunità ecclesiale, anche se ciò non riesce sempre facile.
In linea di massima, gli incontri tra pastori cristiani, al fine di sostenere i matrimoni misti e di conservarne i valori, possono essere un eccellente terreno di collaborazione ecumenica.
148. Stendendo i programmi della preparazione necessaria al matrimonio, il presbitero o il diacono, e coloro che li affiancano, dovranno insistere sugli aspetti positivi di ciò che la coppia, in quanto cristiana, condivide della vita di grazia, di fede, di speranza e di amore e degli altri doni interiori dello Spirito santo.141
Ciascuno dei coniugi, pur continuando ad essere fedele al proprio impegno cristiano e a viverlo, dovrà ricercare ciò che può condurre all'unità e all'armonia, senza minimizzare le reali differenze ed evitando un atteggiamento di indifferenza religiosa.
149. Per favorire una maggiore comprensione e una più profonda unità, ciascun coniuge dovrà cercare di conoscere meglio le convinzioni religiose dell'altro e gli insegnamenti e le pratiche religiose della Chiesa o comunità ecclesiale cui l'altro appartiene.
Per aiutare i due sposi a vivere dell'eredità cristiana che è loro comune, si deve loro ricordare che la preghiera in comune è essenziale per la loro armonia spirituale, e che la lettura e lo studio della sacra Scrittura sono di grande importanza.
Durante il periodo di preparazione, l'impegno della coppia per comprendere le tradizioni religiose ed ecclesiali di ognuno e il serio esame delle differenze esistenti, possono condurre ad una onestà, ad una carità e ad una comprensione più grandi verso tali realtà, ma anche verso lo stesso matrimonio.
150. Quando, per « una causa giusta e ragionevole », viene richiesto il permesso di contrarre un matrimonio misto, le due parti dovranno essere istruite sui fini e sulle proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei due contraenti.
Inoltre, si chiederà alla parte cattolica, secondo la forma stabilita dal diritto particolare delle Chiese orientali cattoliche o dalla Conferenza episcopale, di dichiararsi pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e di promettere sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica.
L'altra parte deve essere informata di tali promesse e responsabilità.142
Al tempo stesso, bisogna constatare che la parte non cattolica può essere tenuta ad un obbligo analogo in forza del proprio impegno cristiano.
È da notare che, nel diritto canonico, non è richiesta a questa parte nessuna promessa, né scritta né verbale.
Nei contatti che si avranno con coloro che intendono celebrare un matrimonio misto, si suggerirà e si favorirà, prima del matrimonio, la discussione e, se possibile, la decisione circa il battesimo e l'educazione cattolica dei figli che nasceranno.
L'Ordinario del luogo, per vagliare l'esistenza o meno di « una causa giusta e ragionevole », in vista di concedere il permesso del matrimonio misto, terrà conto, tra l'altro, di un rifiuto esplicito della parte non cattolica.
151. Il genitore cattolico, nel compiere il proprio dovere di trasmettere la fede cattolica ai figli, rispetterà la libertà religiosa e la coscienza dell'altro genitore, e avrà cura dell'unità e della stabilità del matrimonio e di conservare la comunione della famiglia.
Se, nonostante tutti gli sforzi, i figli non vengono battezzati né educati nella Chiesa cattolica, il genitore cattolico non incorre nella censura comminata dal diritto canonico.143
Tuttavia, non cessa per lui l'obbligo di condividere con i figli la fede cattolica.
Tale esigenza rimane e può comportare, per esempio, che egli svolga una parte attiva nel contribuire all'atmosfera cristiana della famiglia; che faccia quanto è in suo potere con la parola e con l'esempio per aiutare gli altri membri della famiglia ad apprezzare i valori peculiari della tradizione cattolica; che coltivi tutte le disposizioni necessarie perché, ben istruito nella propria fede, sia capace di esporla e di discuterne con gli altri; che preghi con la sua famiglia per implorare la grazia dell'unità dei cristiani, com'è nella volontà del Signore.
152. Pur tenendo ben presente l'esistenza di differenze dottrinali che impediscono la piena comunione sacramentale e canonica tra la Chiesa cattolica e le varie Chiese orientali, nella pastorale dei matrimoni tra cattolici e cristiani orientali si deve porre una particolare attenzione all'insegnamento corretto e solido della fede condivisa dai due sposi e al fatto che nelle Chiese orientali si trovano « veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia, per mezzo dei quali esse restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli ».144
Una genuina attenzione pastorale accordata alle persone che hanno contratto questo matrimonio può aiutarle a meglio comprendere come i loro figli verranno iniziati ai misteri sacramentali di Cristo e ne saranno spiritualmente nutriti.
La loro formazione all'autentica dottrina cristiana e al modo di vivere da cristiani deve essere, per la maggior parte, simile in ognuna delle Chiese.
Le diversità in materia di vita liturgica e di devozione privata possono servire ad incoraggiare la preghiera familiare, anziché ostacolarla.
153. Il matrimonio tra una parte cattolica e un membro di una Chiesa orientale è valido se è stato celebrato secondo un rito religioso da un ministro ordinato, purché le altre disposizioni del diritto canonico richieste per la validità siano state rispettate.
In questo caso la forma canonica della celebrazione è necessaria per la liceità.145
La forma canonica è richiesta per la validità dei matrimoni tra cattolici e cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali.146
154. Per gravi motivi, l'Ordinario del luogo della parte cattolica, fatto salvo il diritto delle Chiese orientali ,147 previa consultazione dell'Ordinario del luogo in cui verrà celebrato il matrimonio, può dispensare la parte cattolica dall'osservanza della forma canonica del matrimonio.148
Tra i motivi della dispensa possono essere tenuti presenti la conservazione dell'armonia familiare, il raggiungimento dell'accordo dei genitori per il matrimonio, il riconoscimento del particolare impegno religioso della parte non cattolica o del suo legame di parentela con un ministro di un'altra Chiesa o comunità ecclesiale.
Le Conferenze episcopali dovrebbero stabilire norme in base alle quali la predetta dispensa possa essere concessa secondo una pratica comune.
155. L'obbligo, imposto da alcune Chiese o comunità ecclesiali, di osservare la forma del matrimonio loro propria non costituisce una causa di automatica dispensa dalla forma canonica cattolica.
Le situazioni particolari di questo tipo devono essere oggetto di dialogo tra le Chiese, almeno a livello locale.
156. Si terrà presente che una qualche forma pubblica di celebrazione è richiesta per la validità del matrimonio,149 se esso è celebrato con la dispensa dalla forma canonica.
Per sottolineare l'unità del matrimonio, non è consentito che abbiano luogo due celebrazioni religiose distinte, per cui lo scambio del consenso sarebbe espresso due volte, oppure un solo servizio religioso durante il quale lo scambio del consenso verrebbe richiesto congiuntamente o successivamente da due ministri.150
157. Con la previa autorizzazione dell'Ordinario del luogo, un presbitero cattolico o un diacono, se vi è invitato, può essere presente o in qualche modo partecipare alla celebrazione dei matrimoni misti, allorché sia stata accordata la dispensa dalla forma canonica.
In questo caso non può esservi che una sola cerimonia durante la quale la persona che presiede riceve lo scambio del consenso degli sposi.
Su invito del celebrante, il presbitero cattolico o il diacono può recitare preghiere supplementari e appropriate, leggere le Scritture, fare una breve esortazione e benedire la coppia.
158. Se la coppia lo chiede, l'Ordinario del luogo può permettere che il presbitero cattolico inviti il ministro della Chiesa o della comunità ecclesiale della parte non cattolica a partecipare alla celebrazione del matrimonio, proclamarvi le letture bibliche, fare una breve esortazione e benedire la coppia.
159. Poiché possono presentarsi problemi riguardanti la condivisione eucaristica, a causa della presenza di testimoni o di invitati non cattolici, un matrimonio misto, celebrato secondo la forma cattolica, ha generalmente luogo al di fuori della liturgia eucaristica.
Tuttavia, per una giusta causa, il Vescovo diocesano può permettere la celebrazione dell'Eucaristia.151
In quest'ultimo caso, la decisione di ammettere o no la parte non cattolica del matrimonio alla comunione eucaristica va presa in conformità alle norme generali esistenti in materia, tanto per i cristiani orientali152 quanto per gli altri cristiani,153 e tenendo conto di questa situazione particolare, che cioè ricevono il sacramento del matrimonio cristiano due cristiani battezzati.
160. Sebbene gli sposi di un matrimonio misto abbiano in comune i sacramenti del battesimo e del matrimonio, la condivisione dell'Eucaristia non può essere che eccezionale e, in ogni caso, vanno osservate le disposizioni indicate qui sopra, riguardanti l'ammissione di un cristiano non cattolico alla comunione eucaristica,154 e così pure quelle concernenti la partecipazione di un cattolico alla comunione eucaristica in un'altra Chiesa.155
Indice |
103 | Cfr. UR, n. 22 |
104 | Cfr. UR, n. 22 |
105 | Per tutti i cristiani si deve tener conto del rischio d'invalidità del battesimo conferito con l'aspersione, soprattutto collettiva. |
106 | Cfr. Direttorio ecumenico, AAS 1967, 574–592. |
107 | Cfr. CIC, can. 874, § 2. In base alla precisazione contenuta negli Acta Commissionis ( Communicationes 5, 1983, p. 182 ), l'espressione communitas ecclesialis non include le Chiese orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica ( « Notatur insuper Ecclesias Orientales Orthodoxas in schemate sub nomine communitatis ecclesialis non venire» ). |
108 | Cfr. Direttorio ecumenico, n. 48, AAS 1967, 574–592; CCEO, can. 685, § 3 |
109 | Cfr. UR, n. 4; CCEO, cann. 896–901. |
110 | Cfr. UR, n. 4 |
111 | Cfr. CIC, can. 869, § 2, e supra, n. 95 |
112 | Cfr. CIC, can. 869, §§ 1 e 3 |
113 | Cfr. UR, n. 8 |
114 | Cfr. UR, nn. 3 e 8; infra, n. 116. |
115 | Cfr. LG, n. 8; UR, n. 4 |
116 | Cfr. UR, n. 3 |
117 | Cfr. UR, n. 3, n. 15, n. 22 |
118 | Cfr. CIC, can. 908; CCEO, can. 702 |
119 | Cfr. UR, n. 8 |
120 | Cfr. SC, n. 106 |
121 | Cfr. CCEO, can. 881, § 1; CIC, can. 1247 |
122 | Cfr. CIC, can. 1247; CCEO, can. 881, § 1 |
123 | Cfr. CIC, can. 1183, § 3; CCEO, can. 876, § 1 |
124 | Cfr. CIC, can. 1184; CCEO, can. 887 |
125 | Cfr. UR, n. 14 |
126 | UR, n. 15 |
127 | UR, n. 15 |
128 | Cfr. CIC, can. 844, § 2 e CCEO, can. 671, § 2 |
129 | Cfr. CIC, can. 844, § 3; CCEO, can. 671, § 3 e cfr. supra, n. 106 |
130 | Cfr. CIC, can. 840 e CCEO, can. 667 |
131 | Cfr. UR, n. 3 |
132 | UR, n. 22 |
133 | Cfr. UR, n. 8; CIC, can 844, § 1 e CCEO, can. 671, § 1 |
134 | Cfr. CIC, can. 844, § 4 e CCEO, can. 671, § 4 |
135 | Per stabilire tali norme, ci si riferirà ai seguenti documenti: Istruzione sui casi particolari di ammissione di altri cristiani alla comunione eucaristica nella Chiesa cattolica (1972) e Nota su alcune interpretazioni della «Istruzione sui casi particolari di ammissione di altri cristiani alla comunione eucaristica nella Chiesa cattolica» (1973) |
136 | Cfr. CIC, can. 844, § 5e CCEO, can. 671, § 5 |
137 | Cfr. CIC, can. 844, § 4 e CCEO, can. 671, § 4 |
138 | Cfr. CIC, can. 767, § 1 e CCEO, can. 614, § 4 |
139 | Cfr. CIC, can. 1124 e CCEO, can. 813 |
140 | Cfr. FC, n. 78 |
141 | Cfr. UR, n. 3 |
142 | Cfr. CIC, cann. 1125, 1126 e CCEO, cann. 814, 815 |
143 | Cfr. CIC, can. 1366 e CCEO, can. 1439 |
144 | UR, n. 15 |
145 | Cfr. CIC, can. 1127, § 1 e CCEO, can. 834, § 2 |
146 | Cfr. CIC, can. 1108, § 1 e CCEO, can. 834, § 1 |
147 | Cfr. CCEO, can. 835 |
148 | Cfr. CIC, can. 1127, § 2 |
149 | Cfr. CIC, can. 1127, § 2 |
150 | Cfr. CIC, can. 1127, § 3 e CCEO, can. 839 |
151 | Ordo celebrandi Matrimonium, n. 8 |
152 | Cfr. supra, n. 125 |
153 | Cfr. supra, nn. 129–131 |
154 | Cfr. supra, n. 125, n. 130 e n. 131 |
155 | Cfr. supra, n. 132 |