Elaborazione e definizione delle finalità

Il primo annuncio

Il Piano Pastorale stabilisce, in termini chiari, finalità e priorità di un’azione pastorale rinnovata: la prima evangelizzazione intesa non tanto come annuncio fatto per la prima volta, quanto piuttosto come proposta dell'essenza del messaggio cristiano, annuncio del nucleo vitale da cui deriva tutta l’evangelizzazione ( C.I. p. 48 ), capace di innescare una “forza dirompente “ di vitalità e di entusiasmo.

Lo spirito della missione, infatti, “non si riduce ad un semplice programma di azione ma vuole sollecitare le nostre comunità e tutti i fedeli a riscoprire il significato profondo di un'intensa vita spirituale radicata nella comunione con Cristo” ( C.I. p 57 )

In quest’ottica possono essere individuati alcuni criteri importanti per stabilire le priorità e le finalità educative da promuovere negli itinerari formativi rivolti ai giovani, andando all’essenziale della “bella notizia” da comunicare.

La Bellezza che salva

La proposta di Cristo deve essere presentata in tutta la sua attrattiva e la sua bellezza.

Quello che rende affascinante l’appartenenza a Lui è la scoperta che la fede entra nella vita e la rinnova, per cui anche i giovani si sentono attratti perché avvertono il bisogno di qualcuno che spieghi loro la vita, faccia loro compagnia e non imponga solo delle regole.

Il giovane che si mette di fronte a Cristo e ne rimane coinvolto, riesce a chiarire a se stesso e a dare risposta a quella serie di domande indefinite che lo tengono spesso in uno stato d’incertezza e di indecisione.

Il fine di ogni proposta di accompagnamento alla fede consiste, infatti, nella possibilità di fare esperienza del volto buono del Mistero che fa essere tutte le cose.

A partire da questa esperienza di senso e di fiducia positiva nella vita, il giovane sentirà l’esigenza di ricostruire una gerarchia di valori che si sviluppa dalla vita stessa di Gesù e dal volto nuovo di Dio che egli esprime.

Una presenza amica

Quando si percepisce che la vita ha valore e che la fede ne custodisce il “tesoro nascosto”, lo sguardo che si porta al fatto di Cristo inevitabilmente cambia: diventa l’incontro con una presenza amica, interiore e coinvolgente la totalità dei fattori della vita personale.

La testimonianza negli ambienti di vita.

La persona del credente è coinvolta anche nella sua dimensione comunitaria e sociale che la raggiunge nella concreta realtà familiare, scolastica, lavorativa, di tempo libero e di servizio.

Si intraprende, così, un cammino fatto di scelte di vita cristiana che rendono i giovani “originali” e “visibili”, nella società e negli ambienti in cui vivono: diventano testimoni.

Se la centralità di Cristo è garantita, da qualsiasi parte inizi il cammino tutto porterà a Lui, accettando la gradualità del cammino, imparando a vivere la pazienza di Dio, secondo i tempi della crescita, accettando di non pretendere tutto e subito.

Il discernimento cristiano

La centralità del quotidiano presuppone di acquisire la capacità a stare nella complessità del nostro mondo, senza averne il terrore ma anche senza sottovalutarla.

Occorrerà diventare capaci dell’autentico discernimento cristiano, che insegna a vedere la storia come la viveva il Cristo, a pensare e ad agire come Lui.

La catechesi guida il giovane a considerare con attenzione la propria vicenda personale, a leggere criticamente i fenomeni sociali e a interpretarli come "dei segni dei tempi", a rompere la conduzione della giornata come routine, a superare la facile contrapposizione tra le dimensioni del “dovere” e le attrattive del “piacere”, perché il quotidiano diventi luogo di relazioni nuove, di scelte coraggiose, di impegno e di condivisione della vita di tutti.

L’apertura al territorio e la promozione della cultura.

La fede motiva a trovare linguaggi nuovi fatti di parole, di gesti e di azioni per comunicare ed entrare in sintonia con gli altri, per non restare nel chiuso delle parrocchie e dei gruppi, per aprirsi al territorio.

La legge della fede è la carità, il condividere: il Cristo lo ha testimoniato con radicale decisione.

Bisogna imparare a vivere come Cristo, cioè a condividere, a individuare segni profetici di testimonianza, a pronunciare parole credibili e coerenti, in difesa dei poveri e dei deboli, far nascere iniziative di accoglienza, di amicizia e di perdono.

La Chiesa deve tornare a far cultura anche rispetto ai giovani, in una società che troppe volte li strumentalizza, li usa, li emargina.

Occorre promuovere riflessioni serie e condivise sulla cultura contemporanea e sulle risposte della nostra azione pastorale.

La tensione missionaria

Va, infine, rafforzata la sensibilità missionaria: c’è bisogno di preti e di educatori in mezzo alla gente, in stato permanente di missione, capaci di raggiungere i giovani in quei luoghi informali, ma per loro molto importanti, dove essi vivono.

Ci vogliono giovani capaci di testimonianza verso altri giovani, loro coetanei, con il coraggio di mettersi in gioco senza temere di essere presi in giro e di proporre Cristo alla loro portata.

Percorsi differenziati

Per questo vanno avviati anche percorsi differenziati di catechesi, di formazione cristiana per adolescenti e giovani che non hanno mai conosciuto alcuna proposta di fede o che, pur essendo stati battezzati, non hanno poi avuto opportunità di sviluppare la fede iniziale o vivono in ambienti religiosi deboli.