Determinazione dei contenuti

3. Contenuti ritenuti prioritari nell'evangelizzazione

La trasmissione della fede

Il piano pastorale della diocesi di Torino, Costruire Insieme ( C.I. ) parte da una constatazione che, in qualche modo era già all’origine della domanda che si era posta il precedente Sinodo Diocesano e riguarda il linguaggio e la comunicazione della fede oggi.

Nella nostra società secolarizzata la trasmissione della fede sembra non incontrare più la quotidianità, fa fatica a diventare stile di vita, mentalità e cultura.

Non si tratta solo di problemi di vivacità ecclesiale o di organizzazione dell’azione pastorale delle chiese che va rinnovata e rilanciata.

Si tratta invece di difficoltà più radicali, presenti nella stessa mentalità dei soggetti a cui si rivolge l’azione pastorale.

Un cambio culturale radicale e profondo

Il cambio culturale in cui siamo immersi è radicale e profondo: riguarda la messa in discussione dei presupposti che sostenevano tutta la costruzione di una cultura nella quale si è espresso, per secoli, il cristianesimo e questo non solo a livello di pensiero e di prospettiva culturale ma ancor più nei concreti orientamenti della vita.

Alla concezione della vita come progetto ( e come vocazione ) si sostituisce l’elogio del frammento, l'esaltazione della pluralità senza coerenza;

al primato dello spirito sulla materialità succede l’attrattiva della vita che si esprime qui e adesso, senza progettualità e senza rinunce;

alla dialettica del “basso” e dell'”alto” l'elogio delle forme spontanee ed immediate del comportamento;

al fascino dell’eternità il richiamo potente della materialità;

al riconoscimento del ruolo della volontà e dello sforzo la legittimazione del valore delle emozioni e della dimensione del piacere.

Dalla società ordinata, governata e retta gerarchicamente, l’accento si sposta sulla democraticità poggiata sul solo codice del consenso, la descrizione di una società senza centro.

Effetti della secolarizzazione

Il processo di secolarizzazione avanza: il trascendente si esaurisce nell’immanente, il richiamo dell’ “ulteriorità” in una concezione della vita come “trasgressione”, intesa come superamento dei limiti e della misura.

Le stesse categorie religiose e cristiane rischiano di venire svuotate da una radicale semplificazione: il Regno è già qui e si esprime nell’ aspirazione alla vita ricca e agiata e nel fascino irreristibile che esercitano le cose concrete.

L’eternità sembra si realizzi più nel sogno di un’età della vita che si prolunga indefinitivamente che nell’attesa dell’aldilà; il dogma del Dio trinitario si svuota nel mito politeista dell’individualismo: siamo tutti uguali e tutti diversi, incommensurabili quindi “indiscutibili"; divino diventa l'aggettivo con cui si onorano i nuovi idoli dell'immagine: i personaggi di successo, il culto del corpo giovane e bello, gli stili di vita vincenti.

Viviamo in una società completamente aperta, senza centro e senza direzioni: tutto può essere diverso e nulla è prevedibile.

L’eccedenza delle possibilità, l'obbligo di dover continuamente scegliere rende gli individui tendenzialmente indifferenti ad ogni differenza: neppure la testimonianza di vita è un linguaggio inequivocabile…

La coerenza e la progettualità rischiano di apparire ostacoli: le possibilità, reali o fantasticate, si moltiplicano a dismisura, affascinano e invitano alla prova.

Fine del peccato e dell'attesa di salvezza?

Nulla potrebbe apparire più lontano alla mentalità della vita come esperimento della categoria biblica della conversione.

Nel linguaggio del relativismo esasperato ognuno la pensa a "modo suo": ”il tuo parere vale come il mio, quindi il mio pensiero è assoluto; nessuno mi può mettere in discussione".

Anche la banalità ha la sua funzione: anche l’errore fa parte del nostro modo di essere.

Non il peccato ma l'errore: si può "errare", nel senso dell'andare un po’ qui e un po’ là: e questo è semplicemente umano.

I nuovi maestri della felicità ( psicologi, analisti, guru di vario orientamento ) insegnano ai loro clienti ad accettarsi come sono, a riconoscere e ad approdare alla gioia del vivere "come si è".

Qui affonda le sue radici la cultura giovanile del primato delle emozioni, dell'appagamento, dell'effimero, della bellezza del presente.

Nella cultura del post moderno prevale il sospetto per le idee forti ( forte e autoritario è considerato tendenzialmente tutto ciò che non sia inteso come mera costruzione soggettiva ); l'anima non è che un nodo di correlazioni, un modo di dire; anche i dogmi possono essere accettati, purché vengano letti e interpretati quali miti e metafore.

Lo stesso concetto di identità e di autonomia personale attraversa un processo di totale rideterminazione: la persona è pura convergenza di esperienze provvisorie, di mondi eterogenei: la personalità, come il pensiero, è plurima.

I temi del vivere e del morire, della paternità e maternità, della fecondità e del corpo subiscono, sotto l'effetto dell'evoluzione della scienza e delle applicazioni tecnologiche, una radicale modificazione: nuovi modi di concepire la vita, la morte, la propria persona e la società.

Cambiano, di conseguenza, anche le modalità di intendere l'uso del tempo, la propria libertà, il divertimento e il lavoro.

A questi cambiamenti radicali accenna anche la lettera pastorale nel paragrafo su discernimento e lettura di fede ( C.I. p.45-47 ).

La vocazione cristiana e la catechesi permanente

La Comunità cristiana ha sempre guardato con attenzione e simpatia al mondo dei giovani, anche se spesso la sua azione pastorale si è fermata all'aggregazione, all’animazione sportiva o culturale, alle proposte di servizio e di impegno sociale.

Non sempre si è data sufficiente importanza alla formulazione e all’attuazione di itinerari di formazione cristiana completi e sistematici.

Nel nuovo contesto culturale che si è creato è necessario imprimere una svolta decisa e proseguire in direzione totalmente diversa: nella pastorale giovanile formazione e la catechesi riacquistano un ruolo insostituibile come presentazione ragionata ed esperienziale dei contenuti della fede cristiana.

Dimensione veritativa e narrativa

Solo la formazione sistematica e continuativa può sostenere e sviluppare un quadro di riferimento, veritativo ed etico, in grado di sostenere la testimonianza cristiana negli ambienti di vita e promuovere, nelle parrocchie, modelli proponibili di vita cristiana giovanile, partendo, senza però fermarsi, da un'ottica prevalentemente narrativa della fede, per educare e guidare ad una consapevolezza libera e personale di come la fede trasforma il senso della vita personale, di come l'adesione a Gesù diventa testimonianza, cultura e presenza storica attiva, nell’oggi, nella normalità della vita quotidiana, infatti, che il cristiano incontra il Signore.

È importante e necessario partire dai bisogni e dai desideri dei giovani ( bisogni relazionali, aggregativi, di riferimenti e certezze affettive, di divertimento … ) ma bisogna evitare di fermarsi a metà strada: l'obiettivo è la formazione di cristiani "adulti" nella fede.

La proposta cristiana rivolta ai giovani deve contenere una specifica attenzione ai contenuti della fede da annunciare.

I giovani sono chiamati a dare ragione della loro fede attraverso un rapporto più vero, più profondo e quotidiano con la Parola di Dio, a crescere nella dimensione spirituale, attraverso la preghiera e i Sacramenti.

Come è avvenuto nell’avventura di Abramo, allo stesso modo ciò che rende il cristiano consapevole della sua fede è la certezza che Dio lo chiama per nome, si accompagna alla sua vita e gli affida un compito, una responsabilità.

Ripartire da Cristo

La Chiesa non deve temere l'ostilità dei tempi, perché anche oggi lo Spirito la precede e prepara il terreno.

Essa non deve fare altro che chiedere ai suoi figli ancora e sempre da "ripartire da Cristo".

I contenuti dell’annuncio cristiano non sono astratti o estranei alle attese o alla sensibilità dei giovani; al contrario rispondono "al duplice obiettivo di stimolare le domande profonde di senso e di significato, riconoscendo le aspirazione più autentiche del cuore umano, e di proporre le verità fondamentali della nostra fede, accompagnando i destinatari a fare esperienza personale e comunitaria di Gesù, il nostro Salvatore" ( C.I. p.66 ).

Le comunità cristiane devono quindi diventare, prima di tutto, scuole di preghiera: invitando e motivando alla partecipazione dell'Eucaristia domenicale, promuovendo la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, approntando tempi e luoghi per l'ascolto della Parola e la preghiera comunitaria e personale.

L’affiorare della fede nel Dio che salva e che ama ogni uomo motiva e conduce, poi, alla coerenza della vita: non esiste fede senza morale ( così come la morale senza la fede appare pura imposizione di norme incomprensibili ).

Il primato del Vangelo nella comunità - in tutte le dimensioni della vita

La prima e fondamentale opera della Chiesa è la comunicazione del Vangelo.

I grandi contenuti della fede sono la risposta a quell'aspirazione al Bello e al Bene alla quale le giovani generazioni sono, in realtà, sensibili e sono in grado di alimentare e dare spazio alla loro creatività e al loro bisogno di protagonismo.

L'annuncio dei contenuti etici della fede cristiana valorizza certo il primato della "coscienza" soggettiva e individuale, ma lo integra con il dialogo e il confronto nella fraternità della comunità ecclesiale, per evitare di costruire una coscienza senza punti di riferimento o di confronto.

Infatti, non è possibile formare ai contenuti della fede se non all'interno di un'esperienza di Chiesa che valorizza l'apporto del giovane, lo inserisce e lo fa crescere nella comunità cristiana.

È la comunità cristiana che lo invita a celebrare l'unica fede e valorizza il suo personale apporto di giovane, per rendere la Chiesa sempre più adeguata e fedele alla sua vocazione.

La Chiesa è, infatti, il luogo dove le varie generazioni sono chiamate a condividere il progetto d’amore di Dio, in un rapporto di reciproco scambio dei doni di cui ciascuno è ricco, per grazia dello Spirito.

I contenuti del Vangelo suggeriscono i criteri con cui i credenti riconoscono il passaggio di Dio nella storia che li invita e li appassiona ad una testimonianza di impegno concreto in tutte le dimensioni della vita, anche nell'ambito pubblico, sociale e politico.

Senza inutili giovanilismi

Il riferimento alla comunità esclude ogni deviazione o cedimento a forme di sterile giovanilismo.

In questo incontro di tutti con tutti, per esempio, anche gli anziani portano e testimoniano i loro valori religiosi e morali.

Le persone segnate dalla sofferenza non sono più solo un "peso" ma rappresentano un ricco patrimonio spirituale per la vita delle comunità, dove si insegna non solo a vivere, ma anche a morire, ad accettare serenamente i nostri limiti che ci portano gradualmente all'incontro con Dio.

Fa quindi parte del bagaglio essenziale della fede l'esperienza di un’immagine di Chiesa unitaria e, nello stesso tempo, capace di offrire relazioni vive e fraterne.

L’apertura missionaria

Ben lontana dall’idea di essere una fornitrice di “servizi religiosi”, la comunità parrocchiale è chiamata a parlare un nuovo linguaggio, basato sulla ricerca dell’essenziale: Parola di Dio, esperienza dello Spirito, rapporti fraterni più semplici e profondi, un senso genuino della comunità sociale, povertà e misura contro gli eccessi comunitaristici.

In quest'ottica, anche la dimensione missionaria, che educa all’ascolto e all’accoglienza, all’impegno di trasmettere ad ogni uomo speranza e fiducia, alla disponibilità a voler raggiungere anche i "lontani" per offrire a tutti il primo annuncio della fede, va considerata un contenuto essenziale della fede da proporre.