Questo è uno dei casi in cui lo scrittore ( qui Paolo ) e i lettori capivano quello che era scritto, ma noi non.
Paolo fu a Tessalonica poche settimane prima di scrivere questa lettera, e insegnò ai Tessalonicesi chi era l'uomo del peccato ( tradotto anche "l'uomo iniquo" ) e chi lo tratteneva ( 2 Ts 2,5-6 ).
Così poté usare il termine nella lettera senza doverlo spiegare.
Il problema è che noi, che non eravamo nella chiesa a Tessalonica, non possiamo sapere a chi Paolo si riferiva.
Possiamo solo cercare di indovinare in base al contesto della lettura e della cultura e all'insegnamento dell'intera Bibbia.
Per quanto riguardo l'uomo del peccato, sembra di essere un personaggio ancora futuro anche per noi, che si manifesterà poco prima del ritorno di Gesù Cristo ( 2 Ts 2,3-4,8-12 ).
Così è simile al re profetizzato in Dn 11,29-39 e all'anticristo di 1 Gv 2,18-22; 1 Gv 4,3; 2 Gv 7.
Anche se l'uomo del peccato è futuro, il mistero dell'empietà è già in atto ( 2 Ts 2,7 ), come pure sono sorti molti anticristi ( 1 Gv 2,18 ).
Chi trattiene l'uomo del peccato, però, deve essere già presente, perché lo tratteneva anche al tempo di Paolo.
Già Agostino nel quinto secolo ammise di non saperne il significato.
Ma le tre interpretazioni più comuni e più probabili sono lo Spirito Santo, la proclamazione del Vangelo ( che riduce l'iniquità ) e la necessità che raggiunga tutto il mondo ( Mt 24,14 ), e lo Stato ( nel senso di Rm 13,1-5 ).