L'eloquenza del Crocifisso |
B53-A3
Tra i molti drammi della grande guerra, il seguente fu certo uno dei più impressionanti.
Cinque caporali di fanteria, accusati di non aver trasmesso un ordine, si videro processati e condannati a morte.
Si era di fronte al nemico.
Sorpresa, incredulità, sgomento … nei giovani sventurati; l'errore esisteva, ma non era visibile da parte dei giudici, i quali, sulla formale accusa di un superiore, avevano sentenziato inesorabilmente.
Non valsero le proteste, il pianto, l'esasperazione degli accusati i quali erano innocentissimi, per non aver semplicemente ricevuto nessun ordine da trasmettere.
Il reo c'era, ma si teneva nascosto, e per timore della morte che doveva forse piombare su lui, spingeva nell'abisso quegl'infelici.
Il Cappellano del Reggimento, avvisato del fatto, non si era mai trovato in circostanza tanto difficile.
Quei giovani non volevano sentire nulla! erano innocenti, e basta! di morire non ne volevano sapere … essi non avevano fatto niente, lo proclamavano con la forza della disperazione, con l'eloquenza della verità.
Il tempo stringeva; il momento dell'esecuzione incombeva fatalmente, e il Cappellano, malgrado l'infocato linguaggio dell'apostolo, non aveva ottenuto presso i morituri nessun risultato di rassegnazione, non aveva visto nascere un po' di calma, ne germogliare un buon sentimento che li disponesse al gran passo.
Giunto al fondo di ogni argomento umano, si rivolse al Signore con intima preghiera.
E il Signore lo esaudì, mandandogli in buon punto un amico carissimo, cappellano egli pure di un reggimento vicino, il quale veniva a trovarlo per ragione di ministero.
Messo al corrente della cosa, anche questo nuovo apostolo mosse all'attacco delle posizioni, ah! ben più ardue da conquistarsi che non le trincee nemiche.
Il nuovo venuto, rivolgendosi a tutti insieme con l'affetto dell'amico, supplicando, piangendo con essi, vedeva tuttavia infranta ogni sua arma contro la sorda ostinazione loro, che non erano cattivi, no, ma che si sentivano innocenti o per una fatalità inesplicabile cacciati fuor della vita, nel loro fiore, strappati ai genitori, ai fratelli, agli amici, ai più sacri affetti, costretti a lasciar forse un nome infamato …
Erano accenti da spaccar le pietre.
Il ministro di Dio si risolse allora di prenderli in particolare.
Ne condusse uno in disparte, allo schermo di una pianta, e gli disse col Crocifisso alla mano: "Vedi? … vedi questo? Era pure innocente! e si lasciò crocifiggere e martirizzare; è il Signore; negherai di essere come Lui che ti chiede il sacrificio della vita, che ti domanda l'anima immortale?
Rassegnati a rinunziare a questa vita incerta e breve per averne un'altra senza fine ".
Ancora una volta il martire del Gòlgota, trionfava là dove gli uomini non lo potevano.
Il giovane ( chi lo avrebbe detto? ), vinto dalla grazia, chinava il capo, cessava il pianto e le proteste e si riconciliava intenerito con Dio.
E come lui, uno dopo l'altro i suoi compagni, che pochi minuti dopo affrontavano sereni, tranquilli la morte e cadevano fulminati dal piombo esecutore.
Un mese dopo questo fatto, venne a morte un sergente di quella compagnia, il quale, prossimo a comparire dinanzi a Dio, attestava solennemente che il reo del non trasmesso messaggio era lui, che per salvarsi aveva architettato e sostenuto l'accusa contro i suoi subalterni e li aveva lasciati fucilare.
Ora dava incarico al confessore di riparare, di pubblicare la verità, di farla conoscere alle Autorità perché la memoria dei poveri giustiziati fosse riabilitata.
Così avvenne. I cinque graduati furono citati all'ordine del giorno come innocenti del fatto loro addebitato, come vittime dell'altrui reità e debolezza.
Se la vita ci mettesse un giorno di fronte a infelici irreducibili, facciamo anche noi così trionfare il Signore: Egli troverà la via dei cuori e diffonderà la sua dolcezza sopra le inacerbite piaghe umane.