La nostra felicità |
B57-A2
L'anima nostra sempre attratta da questa terra di miserie, avvinta ai sensi e a tutto il tormento del corpo ribelle, difficilmente comprende in che consista la vera felicità; il più delle volte essa si fa schiava dei beni sensibili, nei quali trova l'infelicità in luogo del benessere agognato.
Nella lotta di redenzione dai sensi è posta dunque la felicità: noi dobbiamo studiarci di vincere noi stessi, il nostro egoismo e allora vedremo le cose nella vera luce, che è quella della Croce.
Però la luce vera, nella nostra condizione di viatori sulla terra, non la contempleremo che con gli occhi della fede …
Se la fede sarà in noi profonda, forte, vita della nostra vita, allora guarderemo le cose come le guardano gli angeli, e il Signore stesso; non faremo nulla se non con la mira a Dio, attribuiremo tutto a Lui, proprio come il grande paziente Giobbe: « Il Signore mi aveva tutto dato, il Signore mi ha tutto ritolto; nulla mi accade oltre quello che a Lui piacque ».
Allora, anche nelle prove più ardue, opereremo in tutto come il Santo Patriarca Abramo, del quale dice S. Paolo, nella lettera agli Ebrei 1,8: « Per la qual Fede, quegli che è chiamato Abramo ubbidì per andare al luogo che doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andasse ».
Se noi saremo animati da questa fede luminosissima ameremo la Croce e nello stesso tempo sentiremo nell'anima una pace celeste; e giungeremo rapidamente alla santità.
Bastò infatti che il buon Ladrone mirasse con fede il Divin Martire del Golgota per sentire un dolore intenso delle sue colpe e, dall'abisso del male tragittare alla Santità.
Egli trova la via, mediante la fede, di rivolgere a Gesù le parole che passano fulgenti dei secoli, colla preghiera. della fiducia; « Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno ».
L'esempio di fede dato da un peccatore nell'ora del più grande olocausto, sia a noi di sprone a guardare con vivissima fede l'Augusta Vittima!
Fissiamo sovente il SS. Crocifisso.
Al mattino, quando ci rischiara la luce del giorno, posiamo lo sguardo su Lui, fissiamolo con grande fiducia durante le nostre preghiere giornaliere, specialmente abbiamolo dinnanzi agli occhi quando siamo al lavoro, o quando il dolore fisico ci preme e la tentazione ci assale: constateremo subito che non vi è felicità più grande che nel Crocifisso; germoglieranno nell'anima pensieri santi e desideri d'immolazione, di santificazione, di apostolato.
Sentiremo istintivamente un impulso che ci farà ripetere con l'Apostolo Tommaso: « Andiamo anche noi e moriamo con Lui ».
Ripeteremo senza quasi avvedercene con Gesù il « sitio » di soffrire con Lui, di immedesimarci in Lui con la mortificazione volontaria, e di essere Ostia con l'Ostia Divina.
E troveremo che solo così avremo felicità su questa terra, che solo così aspireremo alla gloria eterna.
La vita dei Santi attesta, questa sublime verità.
Nella contemplazione del SS. Crocifisso esclamavano: « O patire o morire », « Patire e non morire », o come S. Francesco Saverio, dinanzi al suo Crocifisso: « È troppa la gioia … basta! basta! ».
In principio troveremo forse poca attrattiva a studiare l'utilissimo Libro del Crocifisso; ma gradatamente lo troveremo così conforme alle nostre esigenze, che solo a forza lo lasceremo, quando inderogabili occupazioni ce lo imporranno.
Fra Leopoldo - leggiamo nei suoi scritti - « doveva strapparsi a viva forza dal suo amato Crocifisso ».
In questo modo, sempre però con la guida infallibile della Fede anche noi diverremo altri Crocifissi, saremo come Lui un altare della sofferenza supplicante, sebbene il nostro corpo non sparga il sangue come lo effuse il Grande Martire.
A Lui uniti intimamente, toglieremo dall'anima nostra quanto e di terrestre, di tenebroso e ci eleveremo in alto nel cielo della spiritualità.
Il Crocifisso stesso sarà nostra guida, ci additerà giorno per giorno la via dell'Ascensione nostra e quindi della pace, della felicità.