Casa di Carità Arti e Mestieri |
B108-A8
Scuola festiva e serale
Considerata la nobiltà del lavoro, è opportuno che si illustri il concetto cristiano del salario che è la prima conseguenza tangibile delle vostre fatiche.
« Mediante il sudore della tua fronte mangerai il tua pane, sino a tanto che tu ritorni alla terra, dalla quale sei stato tratto », afferma la Sacra Scrittura ( Gen 3,19 ), a cui di recente ha fatto eco la parola del Papa, Pio XII, ( Commemorazione del 50° dell'Enciclica « Rerum Novarum » ), dichiarando solennemente che: « Al dovere personale del lavoro, imposto dalla natura, corrisponde e consegue il diritto naturale di ciascun individuo a fare del lavoro il mezzo per provvedere alla vita propria e dei figli »
Quindi è un diritto il salario ed è giusto quel salario che prima di tutto garantisce la sussistenza del lavoratore e della sua famiglia, che lo premunisce nei casi di infortunio, di malattia, di vecchiaia e di disoccupazione con opportune casse di previdenza e di assicurazione gestite di comune accordo da padroni e da operai e controllate dallo Stato.
Il secondo elemento che serve a determinare la giusta mercede dell'operaio è la situazione dell'impresa che non può dare che in proporzione dei suoi profitti.
Salari non proporzionati possono gravare eccessivamente sui bilanci dell'azienda e determinare il fallimento dell'industria con il conseguente fenomeno della disoccupazione.
Questo elemento va perciò studiato in rapporto all'organizzazione della lavorazione e dell'uso dei mezzi opportuni per un'equilibrata concorrenza dei prodotti nel quadro generale dell'efficienza del commercio.
In fine bisogna che l'operaio possa costituirsi una modesta fortuna che gli permetta di guardare con serenità al suo avvenire e a quello della sua famiglia.
Visto i tre fondamenti per stabilire il giusto salario e stabilito di illustrarli singolarmente in successive puntate, procediamo coraggiosamente in avanti per assicurare il giovane lettore che la Chiesa appoggia e sostiene il principio che all'operaio sia dovuto non solo il giusto salario, ma altresì quello che gli apre la via alla compartecipazione alla somma degli utili netti « che invece di essere pagata in contanti può essere trasformata in azioni dell'impresa in cui l'operaio ha lavorato » ( Codice sociale - Capo XII, 142 ).
L'augusta parola del Santo Padre in proposito è troppo recente per aver bisogno d'insistere su questi concetti fondamentali, sempre difesi e sostenuti dalla Chiesa Cattolica, la quale pur dirigendo le anime al Cielo non si è mai disinteressata delle impellenti necessità dei suoi figli sulla terra.
Ricordiamo solo un tratto del discorso di S. S. Pio XII al compiersi del quinto anno di guerra ( 1° Settembre 1944 ) per dare un esempio delle sollecitudini del Papa per gli operai:
« Togliete al lavoratore la speranza di acquistare qualche bene in proprietà personale: quale altro stimolo naturale potrete voi offrigli per indurlo ad un lavoro intenso, al risparmio, alla sobrietà, mentre oggi non pochi uomini e popoli nulla più hanno se non la loro capacità di lavoro? ».
Giovani operai, è ancora la Chiesa che addita a tutti i popoli, al disopra e al di fuori delle competizioni politiche, le vie della giustizia sociale e che vi assicura di essere la sola che, col suo Divin Fondatore, condanna, con senso di equità, quelli che forniti dalla Provvidenza di beni di fortuna si chiudono nel loro sordo egoismo e negano all'operaio i mezzi per elevarsi moralmente e materialmente.
Seguite la Chiesa e sarete felici nel tempo e nell'eternità.
Un Catechista.
Il 10 Ottobre 1908 Gesù diceva a Fra Leopoldo le seguenti parole: « Di loro che non si spaventino se in questi tempi non vengono le offerte per la Casa di Carità come si vorrebbe; ha da fare la figura d'un fuoco spento, ma se mettono la mano sopra, la cenere brucia ».
Da buoni cronisti seguiamo gli avvenimenti che si riferiscono alla nostra Scuola festiva e serale e, pur riconoscendo che la Divina Provvidenza ci accompagna con il suo costante aiuto, dobbiamo dire che siamo ancora lontani dalle sospirate realizzazioni che abbiamo nella mente e nel cuore.
Finita la guerra, per iniziare la costruzione della nuova Casa di Carità Arti e Mestieri, bisognerà che il terreno sia tutto pagato onde procedere con sicurezza all'ardue impresa.
Per quanto oggi il debito sia ancora ingente e che su di esso stiano maturando - ora per ora - i dovuti interessi, i Catechisti sentono attorno attorno tale un alone di generosa simpatia, che hanno fondata ragione di guardare con tranquillità all'avvenire delle loro opere.
La loro speranza non è solo appoggiata sugli uomini che mutano e passano, ma in Dio che li guida e porterà tutto a compimento secondo il suo volere.
Nel periodo in cui Torino fu sottoposta alle più inumane incursioni aeree che ci forzarono alla sospensione delle nostre attività benefiche, ci tornavano alla mente le parole di Gesù a Fra Leopoldo: « Ha da fare la figura di un fuoco spento » ed il nostro zelo era mortificato, ma non abbattuto, le nostre energie paralizzate, ma non disperse.
« Se mettono la mano sopra, la cenere brucia » e lo si constatò nel lavorio che preparò la ripresa, che fu pronta e generosa.
Difatti, pur non essendo scomparso il pericolo delle incursioni, si è avuto il coraggio di riaprire in pieno i battenti e di iniziare i corsi di studio festivi e serali.
Quale fu la corrispondenza degli allievi?
Non possiamo dire totalitaria, ma certo buona, anzi ottima se si pensa con quanta trepidazione le famiglie lasciano uscire di casa i loro giovani in questi tempi.
Noi lavoriamo in massima parte tra allievi che hanno superato i sedici anni, perciò di molti di essi l'assenza è perfettamente giustificata da motivi riflettenti il servizio militare.
La scuola ha ripreso in pieno il suo programma con il seguente orario:
Corsi serali, o meglio, pomeridiani: dalle 17,30 alle 19.
Corsi festivi: dalle 8,15 alle 12 e dalle 13,30 alle 16.
Chi considera però le difficoltà dei viaggi ( molti giovani risiedono fuori Torino ), dei tram, dell'alimentazione e oltre, può misurare la portata del sacrificio degli allievi e degli insegnanti.
Quest'ultimi hanno poi particolare merito perché si sottopongono a tali sacrifici spontaneamente e senza nessun miraggio umano o finanziario, ma soltanto per compiere un'opera di bene.
Sotto la cenere della difficoltà c'è l'amor di Dio e del prossimo e ciò spiega e giustifica il nome di « Casa di Carità » voluto da Dio per la Scuola e l'attaccamento degli allievi alla nostra Istituzione.
Di tutto ringraziarne Iddio e la generosità dei nostri Benefattori.