La traslazione

B119-A7

" A l'é turnà a cà" : 26 aprile 1948

Come freddo quel deposito di salme esumate, nel cimitero generale di Torino!

Ci sono due bare, nudamente collocate su due tavole parallelamente disposte, tra quattro muri grigi, nudi; tra rado andare e venire di becchini zoccolanti, indifferenti, tra due porte basse, larghe e piatte, che fanno d'infilata una fredda corrente d'aria.

Viene fatto di chiedere: " Ma sono proprio quelle le salme di creature, che morirono in concetto di santità? "

Eppure, sul coperchio, le targhe recano, una: Fra Leopoldo M. Musso O.F.M.; l'altra Suor Maria Giuseppina di Gesù, dell'Adorazione perpetua del Sacro Cuore.

Il primo ha scritto la devozione a Gesù Crocifisso, è il nostro fra Leopoldo, del cui testamento spirituale siamo gli eredi; la seconda è stata la piccola ostia nella luce della grande Ostia.

Entrambi, innamorati di Gesù, nell'immolazione; entrambi, glorie nascoste di questa nostra Italia, patria di santi.

Quale lezione, per noi, da quelle vite!1

Eppure, nessuno ci bada!

Finché giungono un prete, un frate, un borghese.

Ad un cenno di quest'ultimo, si avvicinano quattro becchini, caricano sulle spalle - con la sveltezza di chi ne ha l'abitudine - una delle bare, quella di fra Leopoldo ( l'altra è lasciata in quel freddo deposito, tra indifferenti ), e s'avviano.

Seguono il Canonico Pio Batist, Cancelliere della Curia Arcivescovile di Torino; il P. Francesco Maccono O.F.M., vice postulatore della causa per la beatificazione di fra Leopoldo ; l'ispettore generale dei cimiteri di Torino; il presidente dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso, accompagnato da due Catechisti e da un militante nel Fronte delle famiglia dell'Unione.

Quest'esiguo corteo severo di sette persone passa raccolto, in silenzio, senza rumore, tra gli sguardi di pochi curiosi che passano; sale sull'autofurgone, dove la bara è stata deposta; fila tacitamente, sotto il cielo grigio, per le vie della città rumorosa; si ferma alla porta del convento di san Tommaso.

Sono circa le 18 del giorno anniversario della professione religiosa di fra Leopoldo.

Pochi frati l'attendono sul limitare, senza alcun apparato.

Un d'essi mormora: "A l'è turnà a cà !", con voce commossa e contenta.

È il P. Vincenzo Vallaro O.F.M., che voleva tanto bene al santo cuoco del convento.

La cassa è collocata nel mezzo d'una camera, attigua alla sacrestia; viene avvolta in un drappo funereo, nero, che reca, ai piedi della salma, l'impronta giallo oro del teschio su due ossa in croce.

Le pareti dell'improvvisata camera ardente sono coperte da un lino bianco che corre tutto all'intorno.

Chi ha voluto quel bianco, ha fatto bene.

È bello, intonato, riposante. Quel bianco è esultanza.

Si può essere tristi davanti a chi è lieto? Ci può essere colore di morte davanti a chi è nella vita? nella vera vita?

Intanto il Presidente dell'Unione si è inginocchiato e recita la prima preghiera che si offre spontanea alla mente dei Catechisti davanti al loro fra Leopoldo: la devozione alle cinque piaghe di Gesù Crocifisso.

E poi, il rosario: quel rosario che il santo frate recitava interminabilmente nelle assidue veglie notturne, ai piedi dell'altare.

Fanno eco altri Catechisti sopraggiunti nel frattempo, e pie donne, che entrano alla spicciolata, in velo nero.

Negli occhi, non luccicano lacrime.

C'è del raccoglimento severo.

In quella povertà d'apparato, in quella concordia di cuori umilmente prostrati, c'è un indefinibile senso che ha del solenne.

Si prega bene così; in quell'unione d'anime in pace.

Si pregherebbe sempre.

Il benvenuto: 27 aprile 1948.

Sono le nove antimeridiane.

Ora non sono più i becchini indifferenti.

Sono i Catechisti, che sollevano a gloria sulle spalle la bara con le spoglie mortali di fra Leopoldo.

Il passo sicuro è in cadenza col ritmo dei cuori.

Varcano la porta del convento, scendono nella via, costeggiano il muro della chiesa, salgono la scalinata accedente al tempio.

Le rappresentanze vanno dietro, tra ressa di devoti, che fanno siepe reverente al passaggio e s'accodano.

Chi può, sfiora con le dita la bara e si segna della Croce.

Al sommo della scalinata vengono gettati sulla salma, a piene mani, fiori, fiori.

Piovono sui gradini i petali.

Tutt'un olezzo profuma l'aria del mattino velato, soffuso da un timido sole.

Quell'omaggio ha afferrato la gola di tutti, con un fremito di commozione.

Quei fiori sostituiscono l'applauso.

In cielo, l'effusione d'anime è certamente come un olezzo di fiori.

La chiesa è gremita. Parata a lutto. Nessuno sfarzo. Tutto è normale.

Celebra la messa pontificale e le esequie l'Eccellenza di Mons. Petronio Lacchio O. F. M , Arcivescovo di Chang-Sha, nell'Hunan cinese.

La salma è al centro, davanti la balaustra.

Di fronte, le bandiere delle rappresentanze.

Sono presenti: il P. Alessandro Negro O.F.M. che fa le veci del Provinciale assente; nipoti e cugini del Servo di Dio, un'ottantina in tutto di compaesani, reverentemente fieri e vibranti, condotti da don Giuseppe Rota, parroco di Terruggia Monferrato, patria di fra Leopoldo; Fratel Teodoreto delle scuole cristiane, confidente del Servo di Dio e fondatore dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso; una rappresentanza dei Fratelli delle scuole cristiane; il Presidente dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso, con i Catechisti al completo; le rappresentanze della Casa di Carità Arti e Mestieri di via Feletto 8, dell'Istituto Arti e Mestieri di corso Trapani 25, del Collegio San Giuseppe e dell'Istituto La Salle; un gruppo nutrito di zelatrici e zelatori dell'Unione Catechisti, di terziarie e terziari francescani!

Tiene la commemorazione il P. Francesco Maccono O.F.M., vice postulatore della causa per la beatificazione di fra Leopoldo.

Parla con la semplicità del francescano; aborrisce dagli orpelli e dalla vuota sonorità di frasi magniloquenti.

È parola che scende al cuore, perché è trasparente.

Accenna alla vita, alle virtù del Servo di Dio, alla voluta contenutezza della cerimonia, imposta dal rispetto per cui il giubilo dei cuori deve essere costretto, soffocato, non può erompere in attesa che la parola della Chiesa si pronunci a compiere quello che è nei voti di tutti i presenti: la glorificazione dell'umile cuoco.

E quando l'oratore dà il benvenuto ai resti mortali di fra Leopoldo, ritornato nel suo convento, nella sua casa, nella sua chiesa, serra il petto dei presenti una commozione incontenibile, profonda,

che si rinnova al " Pater noster " delle esequie.

Mani cercano fazzoletti, portati agli occhi; molti singhiozzi sono repressi; tutti hanno lo sguardo velato.

E non è tristezza per un'assenza.

Ma il senso d'una presenza, che ancora di più commuove, perché puramente spirituale e perciò più presente, più benefica e salutare.

Tributo di popolo

La salma è stata subito trasportata dalla chiesa alla cappella, intitolata alla Signora del Sacro Cuore di Gesù, il cui accesso si apre alla destra dell'altare maggiore.

L'hanno accompagnata tutti i presenti - tra i primi un ragazzetto, di cui si attribuisce il miracolo della guarigione all'intercessione di fra Leopoldo -, pigiandosi, accalcandosi alla strettura della porta.

Nessuno vuole restar ultimo, nel concorso e nel tributo d'affetto.

La bara, coperta del drappo funereo, è stata posta nel mezzo della cappella: di quella cappella, di cui la Madonna stessa aprì al Servo di Dio l'ingresso; dove egli pregò lunghe ore di notte, ascendendo e discendendo in ginocchio i gradini dell'altare, recitando il rosario, senza fine, senza soste, di decina in decina, e facendo scivolare al sommo, contro il tabernacolo, i foglietti delle domande che gli venivano sottoposte; dove il buio si accese di splendori inusitati, durante i mistici colloqui d'intimità ardente tra la creatura e il Creatore.

Potessero parlare le pareti e ripetere il vertice di quelle estasi, il fuoco di quegli sguardi, l'ardore di quelle parole, nell'annegamento abissale di quell'anima nell'oceano infinito dell'Eterno!

La salma è stata esposta ininterrottamente al pubblico dal 27 aprile, richiamando una folla compatta, silenziosa, incessante di amici, di conoscenti, di devoti in preghiera invocatrice, fino al 3 maggio, ricorrenza dell'Invenzione della Santa Croce ( data questa, non prevista, e che perciò fa pensare, per il richiamo singolare al culto, che della Croce ebbe il Servo di Dio ).

In quel giorno è stata murata in un apposito loculo, con felice idea aperto nella parete della cappella, di fronte all'altare.

Sta per chiuderlo una lapide, di proporzioni ridotte, i cui quadri estremi di marmo indicano, quello di sinistra: Servo di Dio fra Leopoldo M. Musso O F.M. n. 1850 m. 1922; quello di destra: Qui traslato dal Cimitero Generale il 27 aprile 1948.

In mezzo è riprodotto il viso santamente contemplante di fra Leopoldo secondo l'effigie ormai notissima, in un'accorta patina, opaca a rompere il nitore lucido dei quadri marmorei estremi, in una sapiente modellatura di fattezze, le cui ombre soccorrono a leggere l'espressione del nobile volto, fisso in Dio ( scultore Stefano Vigna ).

Dopo una parentesi di ventisei anni, da quella nevosa mattinata di fine gennaio 1922, fioca di luce, e fievole d'echi, tra il fitto e lento cadere di candidi fiocchi, incappucciante un corteo silenzioso d'innumeri passi attutiti dal sempre più spesso, soffice tappeto bianco ( anche la natura si vestì di bianco e fece tappeto di candore al passaggio di quel corpo liliale ), dopo una parentesi di ventisei anni, fra Leopoldo è tornato tra i vivi, davanti all'altare della Signora del Sacro Cuore di Gesù; quell'altare che fu suo ed ora, nel caro ricordo di lui, è nostro, di noi che abbiamo tanto bisogno di pregare e di essere aiutati, e dove le sue spoglie mortali saranno definitivamente tumulate in un benedetto giorno venturo, se Iddio vorrà - e noi umilmente lo preghiamo"- che dalla santa cattedra di Pietro, tra gli squilli delle argentee trombe, lungamente echeggianti sotto l'arco gigantesco della massima cupola della cristianità, venga annunciato a tutto il mondo il grado eroico delle virtù di fra Leopoldo, e la sua cara, nobile immagine d'asceta venga elevata campeggiante, nella gloria del Bernini.

dis.

Salma a S. Tommaso durante la funzione


1 Suor Maria Giuseppina di Gesù. Un'adoratrice del Sacro Cuore, pagine autobiografiche ; presso le Religiose dell'Adorazione perpetua del Sacio Cuore, viale Principessa Maria di Piemonte 21-23, Torino.