Per la conoscenza del mondo operaio |
B129-A1
( Continuazione )
Fatto un rapido esame ed esposto qualche opportuno rilievo sulle condizioni di vita dei nostri allievi, lavoratori adolescenti, si è ora reso maturo l'esame dell'operaio adulto e del suo particolare mondo di vita: esame unicamente mosso dall'intento di raggiungere una maggior efficacia nella nostra opera di insegnanti e di educatori alla Casa di Carità.
L'argomento potrebbe sembrare a tutta prima ben noto e quanto mai comune, poiché tutti conoscono l'operaio, lanciato come egli è a permeare tutti gli strati della vita civile contemporanea dal ritmo sempre più incalzante ed esteso delle moderne innovazioni tecniche.
Eppure, qualora ci si determini ad indagare il problema, presto apparirà come non sia tanto agevole il caratterizzare e distinguere l'operaio nel suo complesso fondamentale, individuarne attraverso l'analisi le note proprie personali, segnalarne gli aspetti manchevoli risalendo alle cause e infine proporre rimedi concreti ed efficaci.
Prendendo le mosse dal complesso di vita dell'operaio, il compito dell'indagatore obbiettivo è quello di giungere a semplici constatazioni, rimandando a poi proposte e rimedi per un miglioramento delle sue condizioni.
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Operaio è chi presta in genere la propria attività manuale per conto di un imprenditore, ricevendone compenso pecuniario.
L'operaio viene pure comunemente denominato proletario, espressione che in parte mantiene ancora valore reale in quanto anche oggi indica una classe di non abbienti, i quali portano come principale bene alla società il lavoro delle braccia.
Tale lavoro è di abilità manuale, per cui la destrezza e la forza fisica sono vigilate da una applicazione mentale.
Non è difatti da considerarsi propriamente operaio, ma piuttosto manovale chi compia lavori di puro sforzo muscolare.
Ora però accostando l'operaio contemporaneo, ci si avvede come egli sia legato ad un ambiente suo proprio caratteristico e cioè quello della grande officina che modifica notevolmente il suo aspetto di destro lavoratore manuale, poiché essa dispone di molteplicità di lavoratori raggruppati, di complessi impianti ove hanno parte precipua le macchine ed infine di una oculata organizzazione del lavoro.
Ora i lineamenti diversi dell'officina hanno inciso profondamente su quelli del lavoratore, alterandoli da quello che erano, in primo luogo, per via, della macchina sempre più perfezionata.
Di essa molto si disse contro, sebbene non a ragione, poiché non ad essa e tanto meno alla tecnica inventiva, i molti inconvenienti ad essa imputati sono da attribuirsi, ma piuttosto a chi ne fece un idolo o a chi se ne servì per arricchirsi indebitamente a scapito delle classi meno abbienti.
Comunque sia, è indubitata e va ben messa in rilievo l'influenza della macchina sulla personalità dell'uomo operaio.
Si deve premettere che la macchina ha risposto a due funzioni fondamentali nell'officina:
1) ha sostituito lo sforzo muscolare, quasi rafforzando e ingigantendo all'uomo il braccio;
2) è andata diventando realizzatrice di abilità manuali, producendo con grande perfezione, rapidità e uniformità quanto prima l'uomo compiva manualmente con lentezza e difficoltà.
Di più, in seguito, la macchina riuscì a tradurre in atto lavorazioni tali che l'uomo da solo non avrebbe mai compiuto, trasformandosi in docile e perfezionatissimo utensile sotto la sua guida.
Non si dimentichi tuttavia che in linea generale la macchina è costruita per limitate operazioni e che perciò più macchine si richiedono per compiere attualmente ciò che una volta l'artigiano elaborava pazientemente da solo nella sua bottega o con l'aiuto di pochi dipendenti.
Donde la necessità di una suddivisione del lavoro ed un sorgere di addetti alle macchine, i quali nulla hanno da vedere con l'antico operaio artigiano.
Tutta la versatilità, l'intraprendenza, la creatività, la forza fisica, la destrezza manuale, la cultura generale e artistica hanno subito una vera e propria mortificazione, trasferendosi in certo senso all'ideatore e al costruttore della macchina.
Di modo che l'addetto alla macchina esplica nel lavoro una prestazione personale più limitata e unilaterale riguardante soltanto parte delle facoltà umane, la qual parte è tuttavia impiegata con eccessiva intensità.
A questo proposito è sufficiente ricordare che moltissime macchine esigono dall'operatore una assidua, grande attenzione di mente e rado intervento manuale.
Ed ecco profilarsi nuove forme faticose del lavoro umano: quella psicologica per l'attenzione protratta e per il ritmo talora disumano di certe lavorazioni; e conseguente monotonia del lavoro, a tale punto che l'operaio arriva anche a preferire il rischio della disoccupazione per mutare lavoro ed interrompere l'esasperante uniformità.
Alla quale, particolarmente nell'ambiente della grande officina, vanno aggiunte altre impressioni d'influsso deprimente, quali rumori assordanti delle macchine attive, fumo, esalazioni, polvere e pulviscoli di vario genere sospesi nell'aria, penetranti negli abiti e nei pori, inspirati col respiro, e vibrazioni, calore, variare anche improvviso di luce, e via di seguito.
Di più, mentre la macchina a poco per volta invadeva il campo del lavoro, essa s'imponeva rapidamente per la perfezione e per i vantaggi che offriva all'industria, assorbendo e prevalendo sugli uomini addetti a tal segno che l'officina sembrò mirabile specialmente per queste creazioni della tecnica.
La potenza dell'industria vi si appoggiò senza limite; l'imprenditore stimò ricchezza e sicurezza la perfezionata attrezzatura sia per il costo effettivo della macchina sia per la indiscutibile possibilità di una produzione enormemente più elevata.
Intanto la mano d'opera divenne sovrabbondante, i salari diminuirono e l'uomo fu allora trascurato e asservito alla macchina.
Le maestranze divennero un elemento insignificante per l'imprenditore; la facilità dell'addestramento degli addetti ne rese agevolissima la sostituzione, e il datore di lavoro volentieri si liberò così da impegni diretti con i singoli operai, avvicendandoli a piacimento sul lavoro, eludendo le loro giuste pretese e riducendo le delicate relazioni con il mondo operaio.
Ciò che fece scrivere con ragione a Charles A. Lindberg: « Ho visto gli uomini trasformarsi in giunti umani nelle fabbriche che essi credevano destinate ad arricchire loro la vita; ho visto declinare l'orgoglio degli artigiani e scomparire le qualità umane via via che saliva il livello della produzione in serie. »
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Né si possono perdere di vista altre constatazioni, le quali, anche se meno appariscenti, sono ciò nondimeno ancor più gravi, perché di ordine più generale.
Cioè, in particolare, la civiltà contemporanea, che è civiltà meccanica, e per ciò stesso materialista e profonda modificatrice della mentalità delle classi lavoratrici.
Contro la quale civiltà insorge così l'accademico pontificio G. Colonnetti: « La macchina, favorendo l'accrescersi quasi senza limiti della produzione dei beni materiali, e rendendo questi sempre più facilmente accessibili ad un numero sempre più grande di uomini, ha impegnato nella produzione di questi beni la maggior somma delle energie e delle attività umane, ed ha fatto convergere verso la conquista di essi i desideri e le cupidigie delle folle.
Di qui una specie di capovolgimento dei valori: un prevalere dei problemi e delle preoccupazioni della vita materiale sui problemi dello spirito.
Nel campo stesso della cultura una tendenza ad emergere ed a dominare delle finalità prevalentemente utilitarie, intese alla valorizzazione delle più recenti scoperte nel campo delle scienze fisiche e delle loro applicazioni tecniche.
Si è venuto così a poco a poco formando un ambiente indifferente, se non addirittura ostile, alle manifestazioni più elevate del pensiero; un senso di disinteresse per i problemi culturali domina ovunque, con la rinuncia alle forme più nobili dell'attività umana ed il lento ma fatale abbassarsi del livello intellettuale delle così dette classi colte ».
Di tale fatale abbassamento generale le classi lavoratrici sono certamente quelle che più presto e più profondamente hanno risentito gli effetti.
L'operaio contemporaneo accusa purtroppo chiaramente questo stato di cose attraverso una vera e propria incapacità a sostenere anche soltanto i più semplici ragionamenti; attraverso il facile disprezzo per ogni forma di cultura umanistica; con la mancanza quasi assoluta di spirito critico, con la volgarità delle aspirazioni per lo più rivolte al cibo, alla bevanda oppure a svaghi materiali e sensuali.
Di fronte a mali così vasti e così gravi si rimane a ragione profondamente preoccupati.
E lo si è anche di più, quando si pensi che quello descritto non è che un aspetto della vita dell'operaio moderno.
( Continua )
Catechista P. F.