Alle origini della " Divozione " |
B145-A1
( Continuazione )
Per ultimo lavoro il venerato Fratel Teodoreto pose mano alla nuova stesura del suo libro su Fra Leopoldo, per completarne di notizie e di una messa a punto il testo.
In particolare, codesta messa a punto interessa questo studio, perché si tratta di questione fondamentale.
La prima volta che ne venni a conoscenza, fu in occasione di una visita da me fatta al Padre dell'Unione Catechisti, a Rivalta Torinese, in quella casa di formazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, il 22 luglio 1953.
Per prima cosa, fui fatto sedere in parlatorio con la schiena contro la finestra, perché la luce viva del giorno non mi facesse male agli occhi.
Poi, mi fu fatto portare una bella scodella di latte, direi polposo, tanto era consistente, con una altrettanto bella pagnotta.
Infine, in quella pace di echi campestri, mi fu proposto - come in un'aureola di sorriso che mi avvolgeva - di ascoltare alcune pagine del libro, rifatte di sana pianta.
Le ho sott'occhio, in una battuta a macchina offertami dal Presidente dell'Unione.
Sono proprio quelle. Le riconosco.
Mi sono rimaste impresse, come se le avessi appena ascoltate.
Leggeva a stento, il Fratel Teodoreto, impuntandosi spesso la lingua per l'offesa recente.
Pure, leggeva, correggendosi senza scomporsi mai: calmo, paziente.
Terminata la lettura, mi guardò interrogativamente, come per chiedere: « Che cosa gliene pare? ».
Al che non ebbi eccezioni da opporre; anzi, solo complimenti da fare.
Poiché il rifacimento di quelle pagine ( il capitolo intitolato « L'ora della prova » ), con abbondanza di documentazione e di particolari inconfutabili, era non soltanto utile ed opportuno, ma necessario, per colmare una grave lacuna e gettare così un fascio di luce solare sul come e sul quando, tra il 1887 ed il 1893, Fra Leopoldo - ancora Luigi Musso in abiti borghesi - si dispose a ricevere la « Divozione a Gesù Crocifisso ».
Riferendosi al biennio 1887-1889 di quel periodo, il Fratel Teodoreto afferma essere quello il punto più importante della sua biografia.
Cioè, il punto-chiave.
Fra Leopoldo dev'essere stato pure di quell'avviso, poiché incomincia il suo Diario per l'appunto con l'anno 1887.
Nel farlo, il Francescano mette subito umilmente a nudo il suo grado di pietà di allora: « Ebbi fin da giovanissimo una divozione tutta speciale per la Gran Madre di Dio Maria SS.ma Non così per Gesù ».
In altri termini, confessa di essere stato più divoto della Madre che del Figlio.
Conducendo Maria sempre a Gesù, ecco che ella appare Addolorata al suo divoto in sogno, dicendogli: « Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio! ».
Ora, questa frase non deve essere tanto interpretata in senso di rimprovero ( per Luigi che non ha sufficiente divozione per il Crocifisso ) quanto piuttosto in senso di esortazione e di implicito preannuncio.
Infatti, la Madonna non dice: « Ama di più mio Figlio! » o altra frase equivalente.
Ma: « Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio, per saper sopportare tra poco quel che hai da soffrire tu! ».
Mostrandogli il Crocifisso, gli annuncia, in sostanza, prossima la sofferenza e lo esorta a seguire l'esempio del Figlio, perché soltanto con quell'esempio si supera il dolore.
Ma stiamo ai fatti. La Beata Vergine Addolorata appare in sogno a Luigi, nel novembre del 1887, quando questi è al servizio del Conte Arborio Mella, a Vercelli.
Non molti mesi dopo ( presumibilmente sul finire dell'estate 1888 ), sollecitato dal crescente bisogno d'aiuto della madre inferma, il Musso lascia la casa del Conte ed ottiene il posto di capocuoco al Collegio Dal Pozzo, sempre a Vercelli.
Quel collegio sarà il crogiuolo della prova.
Quale virtù predilige il Musso? La purezza.
Ebbene, sarà colpito in quella, che più gli è cara. Ne scaturirà un acutissimo dolore.
Ed a seconda del suo insorgere contro o del suo conformarsi ad esso, la sua vita prenderà direzione.
Sarà ordinaria o straordinaria.
C'è in cucina, come aiuto per commissioni, un minorenne, certo Antonio Averone, detto « il biondino ».
È un buon giovane, timorato di Dio, ignaro dei pericoli della città.
Pregano insieme, di sera, a servizio ultimato.
Ma, non resistendo a lungo il giovane, se ne va a dormire, non senza accertarsi però, quando si sveglia, spinto dalla curiosità, se ancora il capocuoco preghi.
« A qualunque ora di notte mi svegliassi e andassi a vederlo in camera, lo trovavo intento nella preghiera, dopo che aveva già pregato con me fino alla mezzanotte ».
Così deporrà poi il « biondino », molti anni dopo, al processo informativo diocesano per la beatificazione di Fra Leopoldo.
Ma il magazziniere ed il portinaio del collegio - per sbarazzarsi del capocuoco, non arrendevole a distrarre dal convitto derrate, a vantaggio di una numerosa pensione tenuta in città dal magazziniere - accusano di condotta contro il buon costume l'uomo di Dio.
L'esito dell'inchiesta è « completamente negativo ».
Tuttavia, temendo il direttore che le dicerie dilagando nuocciano al buon nome del collegio, licenzia l'innocente.
Il quale, volendo a qualunque costo e per quanto sta in lui, preservare il candore del « biondino », sceglie generosamente il partito di lasciar cadere ogni cosa nel silenzio, non reagendo contro l'ingiusto provvedimento conclusivo e andandosene dignitosamente calmo, nella coscienza del dovere compiuto, docile nel seguire l'esempio del Crocifisso.
Facciata principale del Collegio Dal Pozzo in Vercelli
Perciò l'ordine del disegno di Dio non è turbato.
E Dio avvia il suo Servo verso Torino, facendogli trovare lavoro in questa città, presso la famiglia del Conte Caissotti di Chiusano: entro l'ultimo scorcio del 1889 e, comunque, non prima della metà di novembre, perché il servizio presso il Collegio Dal Pozzo è durato un anno e perché i Conti Caissotti tornano abitualmente dal castello di Viale d'Asti a Torino a mezzo novembre.
I nuovi padroni non hanno modo di ospitare il cuoco in casa.
Questi trova alloggio poco lontano, in via Mazzini 44.
Ci sono dei ragazzi che giocano e schiamazzano nella strada, in attesa dell'ora di catechismo, alla parrocchia di S. Massimo.
Il Servo di Dio li raccoglie, li istruisce e fa loro ripassare le lezioni.
La cosa dura tre anni, finché il padrone di casa, mal tollerando tutto quell'andirivieni, calunnia l'inquilino.
Nuova ferita. Nuovo silenzio. Nuovo trasferimento.
Ma questa volta, in Torino stessa, in via della Consolata 1, in parrocchia San Dalmazzo, dove l'uomo di Dio s'imbatte in un direttore spirituale sapiente per guida ed esemplare per virtù: il barnabita P. Giulio Giuseppe Cozzi.
Il quale esorta, tra l'altro, il suo penitente ad « aver divozione non solo alla Vergine SS.ma. ma anche al suo Divin Figlio Gesù ».
Consiglio immediatamente seguito.
TI trasferimento da via Mazzini avviene nella primavera del 1893.
In giugno i padroni partono per il castello di Viale d'Asti, ed il cuoco con loro.
In quella stessa estate ( o al principio dell'autunno ) Gesù Crocifisso appare al suo già divoto Servo, in sogno.
Il periodo di prova - dal suo annuncio al suo esito - va dunque dal novembre 1887 alla primavera 1893.
Esso è nettamente inquadrato tra due visioni, della Beata Vergine Addolorata e di Gesù Crocifisso.
La prima visione significa, l'abbiamo visto, consiglio e predizione, a sostegno della prova.
La seconda è premio per la vittoria riportata ed insieme è investitura d'un privilegio, che diventerà missione.
Codesta inquadratura conferisce solennità e carattere di avvenimento al periodo che segue.
Qualche cosa di importante si sta maturando.
Ancora. La prova si compone di due episodi: quello che propriamente sta tra il 1888 ed il 1889 ( il più doloroso, tale da considerarsi elemento principale ) e quello che sta tra la fine del 1889 ed il principio del 1893 ( meno doloroso, tale da considerarsi elemento accessorio ).
La prova cioè aggredisce prima con massima violenza, come avviene della febbre con i più robusti. Poi si attenua regredendo.
Prima la fiamma è più gagliarda, perché il ceppo le offre maggior alimento.
Dopo, si fa fiammella, a lambire qua e là i lembi.
Il ceppo è ridotto brace. Un soffio, e si accenderà un'altra fiamma.
Il soffio è il sogno del 1893. Il quale sta come ponte, tra il periodo in cui si forma il divoto ed il periodo in cui si forma la « Divozione » a Gesù Crocifisso.
È evidente e fuori discussione che sia così.
Nato il divoto, la « Divozione » è in germe.
E quanto più quegli affonda in radice, tanto più questa si fa stelo, boccio, fiore.
Il sogno del 1893 è il seme, che va via via assumendo, con gli anni, forma.
Per cui si può dire che il 1893 sta per la « Divozione » al 1906, come il concepimento sta alla nascita.
Già il venerato Fratel Teodoreto, a pagina 52 del suo libro, aveva scritto in proposito: « Alternando le preghiere con l'orazione mentale più affettuosa, Fra Leopoldo, quasi senza accorgersene, venne a comporre, sotto la guida di Gesù Crocifisso, una nuova formula di preghiera ».
Il che vuoi dire che ci volle del tempo.
Le prime manifestazioni sono effusioni d'amore, di adorazione, di riconoscenza: sono lacrime di compassione, di contrizione, di riparazione; sono preghiere che invocano grazia per questa o per quella necessità, secondo un ordine embrionale, fortuito, incostante, vario.
Si è ancora lontani da una successione logica ed armonica di sentimenti e di concetti.
Si è ancora lontani da un complesso strutturale, secondo una distribuzione organica di tutte le parti di cui l'Adorazione sarà poi composta.
Tutto questo potrà farsi soltanto col tempo, a poco a poco.
Com'è di tutte le cose nuove, le quali si fanno strada quasi inavvertitamente, cominciando dalla luce del giorno.
Tutto questo potrà farsi soltanto, e sopra tutto, per impulso divino: « sotto la guida di Gesù Crocifisso ».
Dopo la visione di Viale d Asti, che diventerà l'immagine caratteristica ed inconfondibile della « Divozione »,
ci vorrà quella prima voce interiore: « Tra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità! », sentita dal Servo di Dio, un mattino di novembre o dicembre ( 1894 ), appena ricevuta la santa Comunione;
ci vorrà quella contemplazione inebriante ( presumibilmente al principio del 1895 ) del gran Crocifisso, che fa sciogliere in lacrime l'uomo di Dio nel coro di San Dalmazzo, decidendolo a « darsi interamente a Dio, mettendo risolutamente sotto i piedi il rispetto umano, le derisioni, le beffe degli uomini », con tutto un crescere in grazia, negli anni seguenti, tra estasi e preghiere, tra lavoro ed opere di pietà;
ci vorrà quella visione di maggio ( sempre in sogno, nel 1900 ), della Santissima Trinità e delle anime che salgono alla gloria del Cielo; di quelle che sono volte al Purgatorio; di quelle che sono respinte nel baratro infernale.
Sospingeranno le circostanze predisposte da Dio:
la morte della mamma del Servo di Dio, che lo svincola dal dovere filiale di provvedere per il sostentamento e la cura dell'inferma ( maggio 1900 );
la presa d'abito, nell'Ordine dei Francescani Minori ( 18 gennaio 1901 );
la meditazione, ripetuta cinque volte, della liturgia del Venerdì Santo ( che suggerirà all'orante la sobrietà grandiosa e precisa dei concetti ), negli anni 1901-1906:
la distribuzione dei foglietti dell'Adorazione Quotidiana Perpetua Universale del SS. Sacramento ( 1904 ), che suggerirà il primo metodo di diffusione della « Divozione »:
l'anno di noviziato, come frate laico ( 1905-1906 );
l'accomodatura, da parte del Servo di Dio, dell'antico Crocifisso, riesposto in San Tommaso ali adorazione dei fedeli, nel Venerdì Santo del 1906;
l'autorizzazione successiva del P. Guardiano, perché Fra Leopoldo prenda in consegna quel Crocifisso, nella propria cella, e prostrato faccia l'adorazione ( ciò che fu fatto d'allora in poi per tre volte al giorno ).
Ci vorranno, sommariamente esposte, tutte cedeste cose, perché ne nasca il testo, in lettera, della « Divozione a Gesù Crocifisso ».
Nel 1906: come riferisce il Diario di Fra Leopoldo. Nella sua cella: come afferma il Diario stesso, riportando un'allusione alla Madonna in data 13 febbraio 1914.
E che il 1893, col sogno memorando di Viale d'Asti, sia la prima origine della « Divozione » è infine confermato ancora dal Diario in parola, con quanto vi si legge in data 29 giugno 1914, festività di San Pietro: « Dopo essersi tenuta nascosta per venti e più anni, finalmente; come piacque al Signore, quest'anno 1914, nel mese di maggio, la santa Adorazione-Divozione andò a mettere radici nella Reverendissima Congregazione, tanto umile per amor di Dio, dei Fratelli carissimi nel Signore, delle Scuole Cristiane ».
Venti e più anni. Esattamente: venti e otto o dieci mesi.
Estate o primo autunno 1893-maggio 1914.
Si noti che la data in cui la « Divozione » va a mettere radici presso l'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane è la stessa, in cui il venerato Fratel Teodoreto fonda l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.
La « Divozione » in lettera si è trasformata in « Divozione » in vita, all'ombra della Congregazione di San Giovanni Battista de La Salle.
Tutto quello che - per la diffusione della « Divozione » - è stato fatto prima, dal 1906 al 1914, dai primi foglietti a mano a quelli stampati nel 1912, non significa movimento: è ancora brancicare.
Non è luce: è ancora ombra. Non voce: ma bisbiglio.
Il movimento sarà impresso, la luce sorta, la voce udita soltanto quando e da quando la « Divozione » sarà « Unione », àuspici i Fratelli.
E si noti pure quella rimpolpatura della denominazione dell'Istituto Lasalliano.
Non è certo ampollosità o ridondanza sonora.
È un cuore che trabocca di riconoscente affetto. Caro e santo Fra Leopoldo!
Se ne possono ricavare queste deduzioni:
1. Il preannuncio della prova che condurrà alla « Divozione », è dato a Fra Leopoldo dalla Beata Vergine Addolorata.
Ciò che fa pensare ad un'analogia con quanto avvenne al Fratel Teodoreto.
Il quale concepì l'idea di fondare quella che sarà l'Unione Catechisti, il 15 settembre 1906, nel giorno cioè che la Chiesa dedica alla Beata Vergine Addolorata.
L'albore della grande Opera si delinea nel segno della Madonna.
2. Nel suo Diario, Fra Leopoldo salta di pie pari il periodo intercorrente tra la fine del 1887 e la fine del 1889, cioè essenzialmente il periodo trascorso al Collegio Dal Pozzo di Vercelli.
Invece, il Fratei Teodoreto, nella revisione del suo libro sull'amico Servo di Dio, ne tratta diffusamente.
Vuole che sia fatta luce completa.
Non basta che egli per prudenza obbiettiva abbia avuto sul fatto un colloquio con il santo protagonista di quella vicenda, ammirandone la calma, la serenità, « come se si trattasse di terza persona », senza dir parola contro i calunniatori, nell'intima persuasione che tutto era stato permesso e riparato dalla Divina Provvidenza ( il magazziniere ed il portinaio del Collegio erano infatti stati licenziati due anni dopo il fatto ).
Non bastano le deposizioni degli amici e conoscenti che hanno frequentato il Servo di Dio prima, durante e dopo il periodo di Vercelli.
Il Fratel Teodoreto vuole la deposizione del « biondino », sola testimonianza di valore assoluto.
Non conosce l'indirizzo del giovane di tanto tempo addietro.
Non arretra di fronte alle difficoltà, finché la deposizione sia fatta.
E non ancora pago di questo risultato, nonostante gli ottant'anni passati, nonostante gli impedimenti e le interruzioni dovute alle fasi alterne dell'infermità degli ultimi anni, il Fratello delle Scuole Cristiane non soltanto rivede, ma rifà del tutto il capitolo dell'ora della prova.
Muore col pensiero all'amico. Due Uomini di Dio, due Comunità religiose, due « fratres de poenitentia ».
Un cuore solo, una Chiesa, una Croce.
3. La « Divozione a Gesù Crocifisso » ha per piedestallo un'umiliazione tremenda, patita in pieno, nell'ombra, in silenzio.
Se così non fosse stato, sarebbe stato imbrattato il disegno di Dio, il quale carica ciascuno in proporzione alla robustezza.
La « Divozione » è dunque il frutto di quell'umiliazione.
Volendo preservare il candore di un giovane, Fra Leopoldo - per mezzo del Fratel Teodoreto e dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane - accenderà con la « Divozione » l'amore della gioventù, nel mondo, a Gesù Crocifisso.
( Continua )
Gaetano G. di Sales