Nella Croce il cuore di Dio |
B294-A1
Messaggio del Papa per la quaresima 2007
Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto. ( Gv 19,37 )
Essa non ci rivela una cosa qualsiasi, bensì di Dio e l'uomo.
Così scriveva un trentennio fa l'allora prof. Joseph Ratzinger nel suo libro "Introduzione al cristianesimo".
Negli stessi termini, ma con l'autorità che gli deriva dall'essere Papa, si è espresso nel messaggio introduttivo alla Quaresima 2007, rivolto ai fedeli.
In tale mirabile testo, Benedetto XVI, esortando a riscoprire "nella croce il cuore appassionato di Dio", ricollega la sua meditazione all'enciclica Deus caritas est, sviluppandone i fecondi spunti in questa contenuti.
Riportiamo tre passi di questo messaggio che, se riferito al tempo quaresimale, è tuttavia rispondente alle fondamentali istanze della vita cristiana, anzi all'esigenza di ogni donna e di ogni uomo.
La Croce rivela la pienezza dell'.amore di Dio
È nel mistero della Croce che si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste.
Per riconquistare l'amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio.
La morte, che per il primo Adamo era segno estremo di solitudine e di impotenza, si è così trasformata nel supremo atto d'amore e di libertà del nuovo Adamo.
Ben si può allora affermare, con san Massimo il Confessore, che Cristo "morì, se così si può dire, divinamente, poiché morì liberamente" ( Ambigua, 91, 1956 ).
Nella Croce si manifesta l'eros di Dio per noi.
Eros è infatti - come si esprime lo Pseudo Dionigi - quella forza "che non permette all'amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all'amato". ( De divinis nominibus, IV, 13: PG 3, 712 ).
Quale più "folle eros" ( N. Cabasilas, Vita in Cristo, 648 ) di quello che ha portato il Figlio di Dio ad unirsi a noi fino al punto di soffrire come proprie le conseguenze dei nostri delitti?
Cari fratelli e sorelle, guardiamo a Cristo trafitto in Croce!
È Lui la rivelazione più sconvolgente dell'amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda.
Sulla Croce è Dio stesso che mendica l'amore della sua creatura: Egli ha sete dell'amore di ognuno di noi.
L'apostolo Tommaso riconobbe Gesù come "Signore e Dio" quando mise la mano nella ferita del suo costato.
Non sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore di Gesù l'espressione più commovente di questo mistero di amore.
Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell'eros di Dio verso l'uomo è, in realtà, l'espressione suprema della sua agape.
In verità, solo l'amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un'ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti.
Gesù ha detto: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me". ( Gv 12,32 ).
La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui.
Accettare il suo amore, però, non basta.
Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo ".mi attira a sé" per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore.
"Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto".
Guardiamo con fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui sgorgarono "sangue e acqua" ( Gv 19,34 )!
I Padri della Chiesa hanno considerato questi elementi come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell'Eucaristia.
Con l'acqua del Battesimo, grazie all'azione dello Spirito Santo, si dischiude a noi l'intimità dell'amore trinitario.
Nel cammino quaresimale, memori del nostro Battesimo, siamo esortati ad uscire da noi stessi per aprirci, in un confidente abbandono, all'abbraccio misericordioso del Padre ( S. Giovanni Crisostomo, Catechesi, 3,14 ss. ).
Il sangue, simbolo dell'amore del Buon Pastore, fluisce in noi specialmente nel mistero eucaristico: "L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo di Gesù" veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. ( Enc. Deus caritas est, 13 ).
Viviamo allora la Quaresima come un tempo "eucaristico", nel quale, accogliendo l'amore di Gesù, impariamo a diffonderlo attorno a noi con ogni gesto e parola.
Contemplare "Colui che hanno trafitto" ci spingerà in tal modo ad aprire il cuore agli altri riconoscendo le ferite inferte alla dignità dell'essere umano; ci spingerà, in particolare, a combattere ogni forma di disprezzo della vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi della solitudine e dell'abbandono di tante persone.
La Quaresima sia per ogni cristiano una rinnovata esperienza dell'amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta "ridonare" al prossimo, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno.
Solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua.
Maria, la Madre del dell'Amore, ci guidi in questo itinerario quaresimale, cammino di autentica conversione all'amore di Cristo.
A voi, cari fratelli e sorelle, auguro un proficuo itinerario quaresimale, mentre con affetto a tutti invio una speciale Benedizione Apostolica.
Messaggio del Papa per la Pasqua ( stralci )
Gli Apostoli riferirono a Tommaso, assente in quel primo incontro straordinario: sì, il Signore ha compiuto quanto aveva preannunciato; è veramente risorto e noi lo abbiamo visto e toccato! Tommaso però rimase dubbioso e perplesso.
Quando Gesù venne una seconda volta, otto giorni dopo nel Cenacolo, gli disse: « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente! ».
La risposta dell'Apostolo è una commovente professione di fede: « Mio Signore e mio Dio! » ( Gv 20,27-28 ).
« Mio Signore e mio Dio »! Rinnoviamo anche noi la professione di fede di Tommaso.
Come augurio pasquale, quest'anno, ho voluto scegliere proprio le sue parole, perché l'odierna umanità attende dai cristiani una rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incontrarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo.
« Dalle sue piaghe siete stati guariti » ( 1 Pt 2,24 ), è questo l'annuncio che Pietro rivolgeva ai primi convertiti.
Quelle piaghe, che per Tommaso erano dapprima un ostacolo alla fede, perché segni dell'apparente fallimento di Gesù; quelle stesse piaghe sono diventate, nell'incontro con il Risorto, prove di un amore vittorioso.
Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: « Mio Signore e mio Dio ».
Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede.