Le urgenze materiali e spirituali del prossimo ci interpellano |
B307-A3
- Card. Severino Poletto -
Stralciamo dall'omelia del Cardinale Poletto, pronunciata nella messa in cattedrale il 24 giugno, in occasione della solennità di S. Giovanni Battista, patrono della città, la parte finale, che riguarda le situazioni di crisi - non solo locali, ma estensibili sul piano generale - e il nostro impegno di cristiani.
Il motto da me scelto per quest'ultima Ostensione della Sindone diceva: « Passio Christi, passio hominis » ( la passione di Cristo, passione dell'uomo ).
La Sindone è un grande segno che ci parla della straziante passione di Gesù, ma nello stesso tempo ci spinge ad allargare lo sguardo sulle sofferenze di tante persone, vicine e lontane, che danno continuità nella loro vita alla passione di Cristo, perché chiamate a sperimentare gravi sofferenze di ogni tipo.
Se con realismo fermiamo lo sguardo sulla nostra città, quali situazioni di sofferenza, quali "passiones hominum" ( passioni degli uomini ), noi dobbiamo riconoscere per farcene carico e cercare di risolverle o almeno aiutarci insieme a portarne il peso?
che ha prodotto un incremento impressionante della povertà, per uscire dalla quale viene chiesto a tutti i livelli di fare ulteriori sacrifici perché si vive al di sopra delle nostre possibilità.
Ma chi vive così? Forse i poveri di sempre? Certamente no!
Si abbia perciò il coraggio di fare interventi chiedendo sacrifici non a chi è da sempre in croce, ma a certe altre categorie privilegiate.
Fintanto che la politica, in alto e in basso, non sa o non vuole fare i conti in tasca a tutti chiedendo sacrifici a chi veramente li può fare senza andare in difficoltà, non riuscirà a realizzare la sua missione che è principalmente quella di costruire il vero bene comune, che è fondato sulla giustizia e sul rispetto dell'uguale dignità delle persone.
Ho l'impressione che su questo punto non si abbia il coraggio necessario per investire e innovare per risolvere i grossi pesi sociali che aumenteranno sempre più se non si lavora.
Un lavoro sicuro è garanzia di vita e serenità per le persone e le famiglie ed anche per la sicurezza e la pace sociale.
Tutte le parti coinvolte, governanti ed amministratori locali, imprenditori, sindacati e gli stessi lavoratori devono saper dialogare, con l'aiuto di esperti, per affrontare i problemi con responsabilità e realismo ed impegnarsi per accelerarne le soluzioni.
La ripresa è lenta, è vero, ma se vogliamo favorirla bisogna che tutti collaborino di più.
Quali prospettive di futuro stiamo preparando per loro?
Nelle famiglie, nelle Istituzioni, nei media stessi c'è l'attenzione ad aiutare i giovani ad impegnarsi per i veri valori o, proprio perché sono giovani, li lasciamo abbandonati a se stessi affinché cerchino di distrarsi in cose effimere e vuote, sottraendoli alla fatica del curare la loro formazione spirituale, morale e culturale, per convincerli che senza sacrifici personali, spesso duri ed esigenti, non riusciranno mai a progettare e realizzare il futuro della loro vita secondo il progetto di Dio che vuole il loro bene e quello di tutta la società?
che venendo da noi trasformano lentamente la nostra realtà sociale rendendola sempre più multietnica, multiculturale e multireligiosa.
Torino, città aperta a tutti perché moderna, non deve avere paura degli immigrati, di quelli che vengono qui per migliorare le loro condizioni di vita.
Diverso atteggiamento si deve avere per chi delinque, ma questi sono una minoranza.
Perché sostengo che non dobbiamo avere paura?
Perché essi sono persone come noi, che abbiamo il dovere, se siamo coerenti con le nostre convinzioni morali, sia religiose che civili, di accogliere ed aiutare ad integrarsi.
Non dimentichiamo che venendo qui portano lavoro in settori abbandonati da tempo dalla mano d'opera locale e quindi contribuiscono con le loro fatiche a creare sviluppo e progresso per tutti.
C'è bisogno di civile rispetto e di amore anche verso di loro, liberandoci da pregiudizi reconditi che, quando ci sono, non ci fanno onore.
Questo dell'integrazione è un cammino lento, ma inevitabile se vogliamo abbattere muri di divisione culturale e creare una società riconciliata.
I problemi della città sono i problemi stessi della Chiesa con un impegno in più: la Chiesa sa che il problema più grave che affligge le persone è la povertà a livello spirituale.
A chi si trova in questa situazione deve essere rivolta in particolare la nostra attenzione.
La specifica missione della Chiesa è pastorale, perché noi siamo portatori di un messaggio finalizzato a metterci in comunione con Dio e con tutti gli uomini.
La nostra risorsa è una autentica spiritualità, non generica o teorica, ma incarnata nel mondo, dove il messaggio evangelico, se accolto, può diventare davvero « sale e luce » come ci ha detto Gesù.
Personalmente ho sempre sentito l'impegno di orientare il mio ministero ad avere uno sguardo realistico di vicinanza a tutti i problemi della città ed ho cercato, come pastore di quella nostra grande e bella Arcidiocesi, di sensibilizzare su questo i miei sacerdoti, peraltro già molto impegnati sul versante sociale, oltre che su quello spirituale, i diaconi, i religiosi e i fedeli laici, perché noi cattolici, popolo di credenti, non siamo "altro" rispetto alla città e al mondo, ma nello spirito della " Gaudium et spes" del Concilio Vaticano II, in questo mondo viviamo, con questo mondo vogliamo dialogare e a questo mondo desideriamo portare quel surplus di luce e di speranza che attingiamo dal Vangelo del nostro Signore Gesù.
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