"Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno" |
B308-A6
- Irene Moccia -
Il pensiero occidentale è da sempre travagliato dal rapporto tra Fede e Ragione: nel corso dei secoli queste due dimensioni speculari dell'essere sono state viste ora in armonia, ora in netta opposizione.
Ma è fondamentale al riguardo l'insegnamento di Giovanni Paolo II° all'inizio dell'enciclica "Fides et ratio": « La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità ».
La necessità di argomenti razionali a supporto del proprio credere di fronte ad un evento che trascende l'esperienza umana, quale la Resurrezione - rispetto a cui il non credente appunto grida allo scandalo - è un nodo centrale per il cristiano.
Ma tale nodo è sciolto per la "ragionevolezza" di accettare un evento attestato da una testimonianza, nel caso in esame la tradizione apostolica della Chiesa.
Il credente si apre completamente ad una fede convinta e consapevole e la sua scelta di adesione alla rivelazione evangelica passa sovente per un momento di travaglio intellettuale: la logica umana sembrerebbe non comprendere la portata dell'evento della Resurrezione, ma è proprio l'accettazione di tale evento che le amplia l'ambito di conoscenza, rivelandole il mistero di Dio.
Certo che le si richiede un' adesione ulteriore, con il cuore a una verità per sua natura rivelativa e a un primo approccio non credibile.
È per questo che nell'atto di fede occorre l'ossequio, ancorchè ragionevole.
Emblematica, a questo proposito, è la figura di Tommaso nel Vangelo di Giovanni: il suo bisogno di prove fisiche, concrete per poter credere è estremamente moderno.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dissero allora gli altri discepoli: « Abbiamo visto il Signore! ».
Ma egli disse loro: « Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò ».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso.
Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: « Pace a voi! ».
Poi disse a Tommaso: « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente! ».
Rispose Tommaso: « Mio Signore e mio Dio! ».
Gesù gli disse: « Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno! ». ( Gv 20,24-29 ).
Se a fronte del Signore risorto Tommaso è esortato a credere, è chiaro come pur di fronte all'evidenza vi è sempre uno spazio in cui l'uomo è libero di dare, o meno, l'assenso.
L'uomo cerca testimonianze tangibili per consolidare la propria fede, e di conseguenza il rapporto reale con Cristo.
In questo senso si pone l'esperienza sacramentale.
Ma pur se su un altro versante, si pongono altresì le documentazioni storiche, e tra queste principalmente la Sindone, per cui si spiega il fascino esercitato ancora oggi da essa.
Un semplice lenzuolo di lino, venerato dalla Chiesa come testimonianza della Passione del Cristo, ma mai definitivamente dichiarato come il vero sudario di Gesù, è in grado di richiamare centinaia di migliaia di pellegrini da tutto il mondo.
Nonostante le numerose analisi e ricerche scientifiche, un certo mistero intorno a questa reliquia ancora resta.
A partire dalla sua origine: le prime notizie certe riguardanti la Sindone risalgono al 1353, anno in cui Goffredo di Charny la depose nella chiesa del suo feudo di Lirey, in Francia.
Non si hanno informazioni attendibili circa i secoli precedenti: per questo motivo sono state numerose le polemiche circa la sua datazione.
Analisi al carbonio 14 effettuate nel 1988 proverebbero le origini medievali della Sindone, databile tra il 1260 e il 1390: il periodo coincide con quello della prima presenza documentata della Sindone.
I risultati di queste indagini, tuttavia, non convincono la comunità scientifica: in particolare è stato evidenziato come la datazione potrebbe essere stata alterata dalla presenza di piccole contaminazioni organiche e biologiche, legate alla storia del lenzuolo, danneggiato da svariati incendi.
La scienza, comunque, ha offerto varie certezze.
La presenza di microscopici pollini tra le sue fibre e appartenenti a piante che crescono soltanto in Palestina, dimostra che vi è stato almeno un passaggio del telo a Gerusalemme.
Da un'analisi della tessitura si ricava un tipo di lino piuttosto pregiato, su cui è impresso il corpo di un essere umano di sesso maschile, morto in croce.
Gli studi sul tipo di impronta hanno accertato che l'uomo della Sindone ha subito la flagellazione, ha portato una trave sulle spalle, ha tenuto in testa una corona di spine, è stato crocifisso con tre chiodi e riporta una ferita in corrispondenza del costato: ha subito cioè un trattamento analogo alla passione di Gesù di Nazareth, descritta dai Vangeli.
La presenza di tracce di DNA maschile e il fatto che l'impronta sia realmente costituita da sangue umano, per la precisione appartenente al gruppo AB, è ormai stata ampiamente dimostrata da diverse equipe di scienziati.
Grazie alla fotografia e al microscopio è stato possibile individuare le impronte di due monete romane in corrispondenza degli occhi del cadavere: un uso tipico dell'antichità era quello di chiudere le palpebre dei morti con il peso di dischetti di metallo.
Vi è infine un recente studio che individua parole in aramaico impresse ai lati del Volto della Sindone: si attendono ulteriori conferme in proposito.
Restano tuttavia numerosi gli interrogativi da sciogliere.
Innanzitutto: come si è impressa l'immagine sul telo?
C'è chi ha pensato a un dipinto, ipotesi che oggi è decisamente esclusa.
Non sono infatti presenti tracce di alcuni tipo di colore sul telo; inoltre, dopo essere stata sottoposta a varie elaborazioni grafiche volte ad eliminare ogni interferenza visiva, l'immagine della Sindone si presenta tridimensionale.
Un effetto che non si ottiene in nessun caso con dipinti o normali fotografie.
É forse proprio la fotografia a mostrarci il carattere misterioso di questo documento.
Il telo venne fotografato per la prima volta da Secondo Pia nel 1898: il negativo di quello scatto era già un positivo, in grado di rivelare l'impronta della Sindone molto più chiaramente, rispetto all'originale.
Ciò significa che il telo è a sua volta una sorta di negativo fotografico.
Difficile spiegarsi come un effetto simile possa essere stato realizzato secoli prima dell'invenzione della fotografia.
Nel 2002 è stato scucito il telo di supporto della Sindone e per la prima volta è stato possibile osservarne il lato posteriore.
É stato così scoperto che soltanto le macchie di sangue attraversano il tessuto: l'immagine dell'Uomo sul retro non si vede, anzi, è assente nei punti in cui sono presenti tracce di sangue.
Ciò significa che si è formata per ultima, dopo che il telo era già stato macchiato dalle ferite del cadavere.
Quando e come, resta un mistero.
Si sono avanzate molte spiegazioni, e ci sono stati diversi tentativi di riproduzione dell'immagine, nessuno dei quali ha dato risultati apprezzabili.
Tra le ipotesi più accreditate vi è quella del contatto del corpo con il telo attraverso uno spesso strato di unguenti, e della traspirazione del cadavere.
C'è anche chi ha parlato di un forza fisica particolare, paragonabile all'energia nucleare, che potrebbe essersi manifestata per un breve istante, al momento della Resurrezione: spiegazione senza dubbio affascinante e accattivante.
Sembra quasi che l'uomo della Sindone, pur manifestando il suo volto, intenda però che alla certezza si pervenga con un'adesione personale.
Anche di fronte a quella che potrebbe essere una prova oggettiva della veridicità del Vangelo, l'uomo è lasciato libero di accoglierla o meno.
Per secoli gli studiosi fatto ricerche per poter riconoscere con certezza nella Sindone il lenzuolo funebre di Gesù: eppure una conferma inconfutabile probabilmente non si avrà mai, come affermato dagli stessi esperti sindonici, credenti e convinti della sua autenticità quale sudario del Cristo.
Anche in questo caso, pur di fronte a tanti elementi probatori, Gesù sembra attendere il nostro assenso.
« La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità ». Giovanni Paolo II°. Fides et ratio, inizio.
« Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il sangue è la vita!
La Sindone è un'icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro.
L'immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita.
Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita.
Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell'acqua parlano di vita. » Benedetto XVI°, discorso del 2 maggio 2010 dinanzi alla Sindone.