La virtù della povertà |
B318-A2
( stralci da una meditazione di mons. Giuseppe Pollano )
Se diamo uno sguardo alla situazione di fatto, non con pessimismo, ma con realismo, constatiamo che la condizione umana, così lasciata a se stessa e aggravata dal suo distacco da Dio, è molto precaria quanto ad una giustizia distributiva dei beni, perché coloro che sono più abili e intraprendenti spingono avanti la loro capacità di avere, possedere, prendere; diventano dei rapaci di prima qualità, trasformando la convivenza umana in un continuo susseguirsi di dislivelli e di ingiustizie.
Ma è venuto Gesù, e con Gesù il discorso è talmente rovesciato che stentiamo a renderci conto di questa novità nella quale peraltro sta la salvezza.
Consideriamo lo stile di Gesù Cristo, il Verbo fatto uomo, dentro questa umanità così ridotta, e di conseguenza lo stile che dovremmo adottare noi suoi seguaci.
È ben nota la risposta di Gesù a qualcuno che voleva seguirlo: "Il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo."
Va però osservato che questo avviso non è stato detto per esprimere propriamente una povertà, nel senso di penuria da non avere un luogo dove ritirarsi, perché di fatto Gesù aveva sempre come punto di riferimento la casa di Pietro a Cafarnao, per cui non si trasformò mai, malgrado il suo comportamento itinerante, in un puro e semplice vagabondo senza dimora; e neppure è stato detto per formulare un distacco, una rinuncia: non sono interpretazioni da escludersi, ma sono riduttive del significato radicale che Gesù ha voluto svelarci.
Invero Egli è entrato nella condizione umana pienamente partecipe di essa.
Ma non ha cessato di essere persona divina, per cui non si è mai trovato isolato, staccato da Dio, nella questione dell'avere, come lo siamo noi.
Egli, dunque, è sempre stato libero dal problema che invece ci assilla: la sicurezza di aver qualcosa su cui fondarci, da mangiare, da bere, di cui vestirci.
É persino difficile per noi immaginare un atteggiamento psicologico di questo genere.
Immaginare un uomo che, vivendo come noi, sia del tutto libero da questo problema della sicurezza: e ciò non tanto nel senso che Gesù ha alle spalle l'onnipotenza di Dio, per cui è immune da ogni necessità, dato che non ci risulta che Gesù abbia mai fatto per sé un miracolo ( tolto quello del pagamento del tributo, ma si trattava di pagare il tributo per sé e per Pietro, e soprattutto si trattava di istruire Pietro ), non facendo mai ricadere a proprio vantaggio tutta la potenza di essere il Cristo, non si è insomma creato delle sicurezze perché Egli non aveva questo sentimento fondamentale di dipendenza dalle cose.
Il suo era un rapporto di simpatia e di signoria, è come se Gesù avesse detto: "Io sono libero da tutte queste cose, libero come l'aria".
Per cui a chi voleva seguirlo le sue parole significavano pressappoco questo: "Te la senti di entrare in questa libertà da tutte le cose?
Con le preoccupazioni che ti danno, ma anche con le soddisfazioni che ti procurano?".
E si coglie subito questa condizione diversa.
Gesù non ha espresso una specie di equivalenza, come avesse detto: "Fate voi; i padroni sono due: Dio e il denaro".
No, e su ciò ritorneremo, ha espresso la verità e un assurdo.
Evidentemente per Lui è del tutto assurdo che un uomo viva per la moneta, è inconcepibile.
Ce lo vede fare, ma ci avverte: "Attenti, c'è un solo Dio; vivendo per interesse siete immersi nell'assurdità di un comportamento del tutto rovesciato".
A riflettere su Gesù queste cose sono abbastanza chiare, ma a pensare che questa debba essere la mentalità cristiana, qualche nebbietta ci viene, per cui ci ritroviamo ad essere condizionati dalla debolezza umana, e non sufficientemente convertiti a questo Uomo che di sé stesso ha detto: "Badate, io sono la Verità. La vostra Verità, non solo la mia."
Né sappiamo come potremmo riuscire a salvarci da questo senso dell'interesse che ci domina, che ci tormenta, ci rende così astuti e calcolatori, se non fosse grazie a Lui.
Egli non è uomo per avere delle sicurezze umane, mentre noi lo siamo, al punto che le sicurezze umane possono diventare "il fine" della nostra esistenza.
Viceversa, all'insegnamento di Gesù tali sicurezze vanno considerate al più come degli obiettivi intermedi che ci servono per la vita.
Ma purtroppo la gran parte degli uomini e delle donne che non si ispirano a una forte visione trascendente, di fatto vivono come se tali sicurezze fossero l'unico senso della vita.
Gesù ignora totalmente questo sentimento, lo capisce in noi, lo compatisce, ma non lo ha.
Così come non ha la tendenza dell'antipatia, della gelosia, dell'odio, e simili moti dell'animo.
Non è che Lui abbia rifiutato di essere uomo, ma, come già detto, non ha compiuto nessun miracolo per rendersi facile la vita.
( Con l'occasione, va notato che i vangeli apocrifi anche in questo si distinguono dai vangeli autentici, perché immaginando un Gesù a modo umano, infiorano la sua vita proprio di questo genere di miracoli a proprio vantaggio ).
Gesù ha accettato di dipendere, come noi, dalla questione del denaro.
Il denaro se l'è guadagnato, ha fatto il carpentiere.
Dicevano: "Ma non è il carpentiere? Sì è il carpentiere."
E quando ha smesso di fare il carpentiere per dedicarsi alla predicazione, non ha neppure rifiutato di accettare il denaro in elemosina.
Il Vangelo lo dice, descrivendoci Lui con i dodici e un gruppo di donne che provvedevano con i loro beni.
Dunque è stato alla regola del gioco ma senza la minima passione, del tutto incapace di avere, come noi, interessi materiali, interessi monetari.
Ripeto: è persino difficile per noi renderci conto di questo genere di condizione psicologica, abituati come siamo a quelle poche domande che in qualche modo regolano tutto: "Quanto vale, quanto costa, quanto rende, quanto richiede?" Sono le domande del vivere quotidiano, che pur rivestendo una certa importanza, sono però diventate l'ideologia dell'uomo.
Privo di qualsiasi interesse materiale, Egli in questo è molto diverso da noi, così diverso che rischiamo di non capirlo, perché ci pare che ecceda in questa che per noi è una specie di disumanità.
Ma ciò non è vero: Gesù capisce i nostri bisogni, e quando abbiamo necessità di cose di questo genere, non ce le fa mancare.
Ma ci sembra così lontano dalle nostre ansie, e di fatto lo è.
Ricordiamo le sue esortazioni: "Perché vi affannate?"
Il celebre paragone tra Dio e Mammona, espressione questa con cui indica la ricchezza, va capito in questi termini: vivere per interesse materiale per Gesù è assurdo, è proprio assurdo.
É assurdo come se si avesse un altro Dio.
Come per Gesù è assurdo porre un altro Dio che non sia il Padre, così è assurdo vivere per la moneta, la quale, Egli lo sa bene, esercita una funzione misteriosa, incantatrice.
Ripetiamo ancora quanto ha detto circa la necessità di scegliere il proprio padrone, il proprio dio, o Dio o la ricchezza.
Ma attenzione, sottolineiamo nuovamente quanto già sopra osservato, con questo dilemma Gesù non ha espresso una specie di equivalenza, come se avesse detto di effettuare la scelta tra due padroni.
No, ha espresso l'alternativa tra la verità e l'assurdo, dichiarando che è del tutto assurdo che un uomo viva per la moneta.
Possedere per donare "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!" ( Mt 19,21 ).
Perfetto nel senso evangelico vuol dire compiuto, completo; in altri termini, se vuoi essere pienamente cristiano.
Ora chi di noi oserebbe dire che è pienamente cristiano soltanto un consacrato, e vorremmo precludere la possibilità di tale perfezione a chi non sia consacrato?
Ci mancherebbe altro.
Allora in questa ricchezza di spirito, chiunque può essere così pienamente cristiano da accettare questa logica, che non è stoica.
Gesù non ha detto: se vuoi essere perfetto butta nel fiume ciò che hai e seguimi.
No, è entrato nella logica delle cose che valgono: vendi, va, vieni, seguimi, sono i quattro verbi di questo meccanismo.
Che è un meccanismo molto nuovo, dato che l' "avere" rimane.
Gesù non è venuto ad eliminare l'avere, cioè il rapporto con le cose, ma tale rapporto diventa - ecco questa è l'esplosione evangelica - non più l'avere mio, ma l'avere tuo.
L'avere dell' altro, il quale ha perché io glielo do, ed in questo sta la logica della chiamata e della sequela.
C'è sicuramente qualcuno che non ha quello che dovrebbe avere, avrebbe diritto di avere, ha bisogno d'avere.
Allora, tu mettiti in grado di aiutarlo, se lui ha bisogno di comprare una cosa, trasformala in moneta, che serve per tutto, vendi, poi quella moneta dalla a quello, lui l'avrà, e questo è l' "avere" consentito.
Fa che gli altri abbiano, e tu cerca di avere affinché gli altri abbiano.
È una formula che vale per l'elemosina data a quello che incontriamo per strada, ma che vale anche per una struttura economica che preveda, ad esempio, un imprenditore che detiene un capitale e fa lavorare altri.
Conservando le dovute proporzioni, quello che l'imprenditore ha, lo impieghi affinché altri abbiano.
Nella ricchezza dell'annuncio evangelico, ciò che si possiede diventa una meravigliosa maniera di essere utili agli altri.
Peraltro Gesù non ci ha dato moneta, ci ha dato il sangue; ma la logica era esattamente la stessa: io ho e voi non avete; affinché voi abbiate, io do quello che ho, la vita.
La vita vale più del denaro.
Allora la logica dell'offerta del sangue, vale anche per quella del denaro; ed è la logica del credente.
Il mio avere diventa il tuo, perché tu ricevi ciò che io ti do.
In che misura?
In che misura ti do affinché tu abbia?
Nel Nuovo Testamento troviamo un grande equilibrio con riguardo a tale questione.
Se leggiamo, ad esempio, il brano della seconda lettera ai Corinzi ( 2 Cor 8,1-9 ) dove Paolo parla della colletta che i Corinzi fanno per aiutare un'altra comunità ecclesiale, ci sono dei principi bellissimi, con riguardo a come s'ispiri il dono, a come si dia veramente, senza spilorceria, perché Dio ama coloro che danno con gioia.
Non si tratta di impoverire noi per fare ricchi gli altri, ma di salvare equilibri che, a mio giudizio, possono ancora essere ampiamente raggiunti da noi come cristiani.
Rimane vero che al contrario di ciò che ha fatto Gesù, per noi è ancora normalissimo tenere, eccezionale dare; per Gesù è stato normalissimo dare ed eccezionale tenere, ha rovesciato completamente la nostra interpretazione delle cose.
Ma quanto alla metodologia seguita, noi non distruggiamo la moneta, proprio no, la moneta non è, come si dice, lo sterco del diavolo: lo è se la fai diventare, ma allora tutto può degenerarsi.
La moneta è una invenzione della genialità umana: perché negarlo?
Si può eccedere, si può diventare usurai.
Ma non c'è dubbio che la moneta è un frutto dell'intelligenza, che ha superato in questo disinvolto modo l'imbarazzo degli scambi in natura, i quali non coincidevano quasi mai con il bisogno degli altri, e creavano un mercato rozzo, rudimentale.
C'è tuttavia una sperequazione?
Sì, nel piccolo e nel grande c'è, sussistono dei vuoti, dei dislivelli che attestano ingiustizia: ecco è lì che il fiume della moneta deve precipitare a colmarli.
Con una "mobilitazione" di carità, per così dire, in occasione di disastri naturali ( come quando si inviano tonnellate di viveri ).
Ma di regola con delle strutture ampie e articolate, nelle quali cristiani motivati e collocati in punti giusti del meccanismo sociale, o addirittura dove si formulano le leggi, possano davvero attuare un sistema economico in cui il principio della gratuità concorra con gli altri elementi che determinano la distribuzione e lo cambio dei beni e delle ricchezze.
Questo sarebbe operare secondo il Vangelo puro, e in una dimensione che gli uomini intuitivamente percepiscono.
Certo taluni non lo capiranno mai, non avendone convenienza, ma nella comunità umana si potrebbe stabilire una cultura basata su tali cardini.
Ma il principio di fondo, quello che garantisce che siamo sani, che non ci siamo lasciati corrompere, è. quell'avverbio bellissimo, determinante, che Gesù ha usato insegnando ai suoi la carità: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date".
Il gratuitamente avere ricevuto si riferisce a tutto ciò che abbiamo, secondo la massima biblica: "Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?"
Neanche un capello della tua testa.
L'hai ricevuto gratuitamente, non hai presentato la nota di ciò che volevi da Dio.
Allora tu gratuitamente, come il tuo Padre, impara a dare, e tale gratuità, anche se non prescinde dalle tecniche economiche, è il sentimento del cuore.
lo ti do affinché tu abbia; ecco, è tutto qua, e non mi aspetto un rimbalzo.
Certo ho fatto i miei affari, ho bisogno anche di un certo guadagno, di un certo profitto: fin qui niente di male.
Ma è la passione dell'avere, quale interesse dominante, che il cristiano non deve perseguire, perché è libero, è diverso; e allora può anche trattare abilmente i suoi affari gratuitamente, perché vi è più gioia nel dare che nel ricevere.
Gioia qui non significa un sentimento, significa che vi è più verità, vi è più logica nel dare che nel ricevere: ecco l'intelligenza divina.
Dio nella sua intelligenza ci dice: "Guarda, prova a dare, non a mettere l'avere prima di tutto e ti accorgerai di come le cose filino".
Certamente sempre operando nelle difficoltà di questo mondo che è il penultimo, non il definitivo, che è il Regno di Dio.
Tuttavia è possibile attuare anche nell'oggi, nel nostro piccolo mondo umano, l'intensivo movimento dell'essere che è l'amore: il Padre, il Figlio e lo Spirito si muovono vicendevolmente amando e dando tutto.
La povertà evangelica vera è questa, è dunque appartenenza di colui che, libero dalla passione dell' avere, sa dare, e magari pur avendo molto continua a movimentare, ha sempre cose nuove perché le precedenti le ha date.
Per dirlo in modo un po' semplice, fa scorrere l'acqua, che essendo corrente non ristagna in lui, non ha tempo di fargli marcire il cuore nell'avarizia, nell'egoismo; è acqua che scorre, quanta può scorrerne, è acqua che dovrà irrigare le condizioni umane, e quindi rendere più contenti, più lieti i molti altri che hanno ricevuto.
Questi, a loro volta, dovrebbero gradualmente imparare lo stesso stile di vita, tenendo presente che, in genere, chi capisce di più istintivamente questa logica è chi ha di meno, risultando il povero più generoso del ricco: questo è un riscontro sociologico prima ancora che religioso, ma è vero.
Le grandi Cattedrali medioevali sono state edificate con l'obolo dei poveri, perché più liberi dall'asservimento alle cose, e perfezionati dall'amore scaturente dal Evangelo.
Don Pollano ad una celebrazione per le nozze d'oro.