Conversione interiore |
B320-A3
"Immedesimandoci" in Gesù Crocifisso
Trarre ispirazione dall'Anima abbracciata ai suoi piedi, raffigurata nell'Adorazione
1. Immedesimarsi è come trasportare se stesso in un altro: Il termine tecnico è "inoggettivazione", ma usiamo immedesimarci perché più conforme al nostro linguaggio.
Questo trasporto in un altro è un atto intellettivo, determinato dalla volontà, ma che può coinvolgere anche la sensibilità.
È una componente dell'amore, anche se ne è distinto, tanto che ci si potrebbe immedesimare in un altro per odio.
La riflessione su tale sentimento ci faciliterebbe nel perfezionare i nostri rapporti con il prossimo, ma ora intendiamo semplicemente richiamarlo per evidenziare, e possibilmente migliorare il nostro rapporto con Dio, a noi rivelatoci da Gesù.
La perfezione cristiana, anzi lo stesso essere cristiani comporta la sequela di Gesù e l'incorporarci in Lui, il che significa trasportarci con la mente e con il cuore in Lui.
Affinché ciò possa avvenire occorre conoscerlo e pensare a Lui.
Conosciamo Gesù attraverso l'annuncio apostolico, oggi attuato nella Chiesa con la predicazione, la Sacra Scrittura, i sacramenti, le pratiche e gli esercizi spirituali, in una parola attraverso il suo Corpo Mistico.
Ma il Signore, nella sua bontà e misericordia, ci dona anche dei segni particolari, come la Sindone e le rivelazioni private, tra cui quella a fra Leopoldo Musso, da cui è scaturita l'Adorazione a Gesù Crocifisso.
2. La contemplazione del Crocifisso, attraverso la formula di fra Leopoldo, ha un elemento importante nella "immagine caratteristica", come la denomina fr. Teodoreto: l'anima abbracciata ai suoi piedi.
Anzi ne è parte integrante, e non solo una decorazione, come è dichiarato da una stessa allocuzione di Gesù a fra Leopoldo, che risulta dal Diario di questi in data 24 gennaio 1916: "Ogni Divozione stampata nei libri abbia l'effigie di Gesù Crocifisso coll'anima".
Questa immagine ci è pertanto di particolare supporto proprio per quella immedesimazione in Gesù cui miriamo.
Essa scaturisce direttamente dalla descrizione al vivo che fra Leopoldo fece a fr. Teodoreto – presumibilmente nel 1913 – di una visione così riportata nel suo Diario: "Nel 1893 ebbi una visione, in sogno, nel Castello di Viale d'Asti: vidi in alto Gesù Crocifisso; stava abbracciata ai suoi piedi un'anima bellissima, dal volto nobilissimo; teneva gli occhi abbassati modestamente, un po' chino il capo, e la veste era come luminosa; il tutto mi imparadisava.
Fissai lo sguardo su quella soavissima visione: dopo pochi minuti sparì, lasciandomi una dolcezza inenarrabile, che non dimenticherò per tutto il tempo della mia vita".
3. Fr. Teodoreto si assunse l'incombenza di far riprodurre la visione in immagine artistica, incaricando vari pittori, e la prescelta fu un acquerello di una ditta di Milano, per la quale fra Leopoldo scrisse nel suo diario in data 11 gennaio 1914: "Pare copiata dal vero; da questo ancora si vede l'opera di Dio".
È questa la prima delle immagini raffiguranti la visione che venne inserita nei foglietti dell'Adorazione, espressamente approvata da fra Leopoldo.
Le è succeduta quella più ricorrente ed abituale, opera del pittore Luigi Guglielmino, riteniamo risalente al 1916, con la quale si è realizzata la sistemazione definitiva, secondo l'espressione di fr. Teodoreto.
Ma sono state eseguite altre raffigurazioni: quella molto pregevole, anche sotto l'aspetto artistico, del prof. Mario Caffaro-Rore, pittore torinese celebre per l'arte sacra, quella schematica, ma efficace, dell'opuscolo "L'eco dell'Amore a Gesù Crocifisso", a cura dei Fratelli S. C. di Biella, e per ultimo anche una scultura grandiosa in inox, opera del prof. Massimo Ghiotti, sistemata nel salone fr. Teodoreto, autentica opera d'arte.
In tutte queste raffigurazioni l'abbraccio dell'anima si protende dai piedi sino alle ginocchia del Crocifisso, o per una stretta con le braccia, o con la venerazione del capo, ad attestare non solo la sottomissione adorante, ma altresì la casta intimità d'amore che vincola il fedele al Redentore.
E tale gesto è certamente efficace per agevolare l'immedesimazione in Gesù, per cui è bene praticarlo e rinnovarlo nella mente e nel cuore.
E si noti che in quest'abbraccio l'anima è sollevata da terra, particolare fondamentale, perché in stretta rispondenza con il testo evangelico che mette in evidenza l'attrazione esercitata dal Crocifisso sugli uomini: "E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ).
4. Ma il rinvio al Vangelo ci è prezioso per meglio intendere il profondo significato dell'abbraccio al Crocifisso.
In Luca è riportato l'episodio della peccatrice che "stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo" ( Lc 7,38 ).
In Giovanni vi è l'unzione di Gesù sei giorni prima della Pasqua: "Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo" ( Gv 12,3 ).
In Matteo vi è l'apparizione e il saluto di Gesù risorto alle pie donne: "Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono" ( Mt 28,9 ).
Sempre in Giovanni vi è l'esortazione di Gesù Risorto a Maria di Magdala, che suppone un abbraccio ai piedi: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro" ( Gv 20,17 ).
Quindi da un abbraccio al Crocifisso Risorto scaturisce un annunzio di fede, e agli stessi apostoli, tant'è che la tradizione cristiana ha dato a Maria il titolo di "apostola degli apostoli".
Teniamo presente che « l'abbraccio e il bacio facevano parte dell'ospitalità, considerata un dovere importante nella cultura biblica: questo spiega il rimprovero di Gesù a Simone ( che nell'episodio di Luca sopra riportato non aveva dato il bacio a Gesù ).
Baciare i piedi, come fa la prostituta, era segno di venerazione e di umile riconoscenza.
Oltre che segno di affetto tra parenti e innamorati, il bacio è nella Bibbia segno di riconciliazione e di pace; indica anche un'amicizia profonda »1
5. Queste considerazioni ci siano di sprone a unire i nostri abbracci a quello dell'anima, e dalle varie configurazioni con cui tale abbraccio è ritratto dagli Autori, a saper articolare i nostri sentimenti verso il Crocifisso.
In tutte le immagini emerge l'adorazione per il Signore, ma come espressione di amore e di intimità, e non di terrore per l'onnipotenza di Dio a fronte della gravità delle nostre colpe, dato che proprio morendo in croce Gesù, Lui Dio, ha voluto condividere la nostra limitatezza di creatura e perdonarci i peccati, facendosi uno di noi.
Ecco che di conseguenza il frutto dell'abbraccio è un senso di pace e di dolcezza, in cui pare addirittura che si trasfiguri l'inumana e terribile sofferenza del Crocifisso e il rimorso cocente del fedele.
Solo nella raffigurazione di Ghiotti ( nella statua in inox ), pur nella pace che scaturisce dal Crocifisso, ieratico e solenne, emerge nell'anima un atteggiamento di estremo e affannoso abbandono in Gesù, quale unica sponda di salvezza, il che esprime in modo eccellente lo smarrimento dell'uomo nella crisi contemporanea, crisi di fede, prima che di sicurezze.
Ancora, considerando l'anima nell'abbraccio, possiamo intravvedere tutti i seguaci di Gesù, a cominciare dalla sua Mamma, che è la prima adoratrice del Crocifisso.
In quell'anima ci siamo effettivamente anche noi?
O ci limitiamo a contemplare la scena – ad un tempo drammatica e paradisiaca, come la denomina fra Leopoldo – senza parteciparvi, anzi senza inserirci realmente con la mente, con il cuore, e anche con la nostra sensibilità emotiva?
6. E ora torniamo al punto di partenza: rinnovare in noi l'abbraccio al Crocifisso è un immedesimarci in Lui.
In definitiva l'abbraccio rende palpabile, per così dire, l'adorazione delle ferite aperte di Gesù, attraverso le quali possiamo effettivamente trasferirci in Lui.
Ci si abbraccia, ci si bacia, ci stringiamo vicendevolmente le mani perché in qualche modo vogliamo unirci all'altro, trasportando noi stessi nell'altro.
Il termine tecnico, come abbiamo detto, è "inoggettivazione", parola che perde la sua difficoltà se pensiamo come è composta, da "in" e "oggetto"2
Dobbiamo inoggettivarci in Gesù, ripeto, trasportando noi stessi in Lui, e patire del suo dolore per il male nostro e del mondo, ma soprattutto amare come ama Lui, e gioire della sua gioia.
L'esempio fulgido è S. Francesco d'Assisi, che si è talmente inoggettivato in Gesù, da portare impresse nel suo corpo le stigmate, per una eccezionale grazia divina, rinnovatasi ai nostri tempi in S. Pio da Pietralcina.
Ma l'amore di Gesù per noi va ancora oltre: con l'Eucarestia non solo ci trasportiamo in Lui, ma ci incorporiamo in Lui, che è la più stretta fusione d'amore, realizzando quanto poteva affermare S. Paolo: "E non vivo più io, ma Cristo vive in me" ( Gal 2,20 ).
L'Adorazione al Crocifisso aiuti noi catechiste e catechisti a portare al mondo questa prospettiva di amore assoluto.
V. M. ( Dalla conferenza al ritiro del 14 aprile 2013 )
1. Riflessioni tratte da LA BIBBIA, VIA VERITÀ E VITA, pag. 2177, Ed. SAN PAOLO.
2. L' "oggetto", come studiano i nostri ragazzi nell'analisi logica, è la persona o la cosa su cui termina, cade l'azione del soggetto. La preposizione "in" sta a significare la penetrazione attraverso la mente e il sentimento.