La gloria del Natale, dono di Dio agli uomini |
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In una recente canzoncina religiosa - di cui purtroppo non ricordo l'Autore, né il titolo - il tema verte su una bellissima espressione, sebbene ovviamente figurata: "In ognuno di noi c'è un pezzo di Dio".
È un modo brillante ed efficace - sebbene letteralmente errato perché Iddio, infinito e purissimo spirito, non è certamente divisibile - per formulare la forza delle espressioni bibliche sulla presenza di Dio in noi già sul piano naturale: "Dio creò l'uomo a sua immagine" ( Gen 1,27 ), o anche "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto" ( Sal 4,7 ), e soprattutto "La luce vera che illumina ogni uomo" ( Gv 1,9 ).
Questa presenza naturale del Creatore non è peraltro avvertita dalla creatura in modo espresso, specie in conseguenza del peccato originale, ma in modo iniziale, indiretto, come anelito di ricerca, tanto che sin da tutte le civiltà primitive vi è sempre stato il culto della divinità.
Ma Iddio, nella sua bontà e misericordia ha voluto farsi conoscere direttamente dalle sue creature, e realizzare già in questa vita la stessa comunicazione della sua vita divina: veramente "il pezzo di Sé" di cui parla la canzoncina, e per questo il Verbo, Figlio di Dio, si è incarnato.
Ecco il Natale.
Si è fatto uomo in Gesù Cristo alla ricerca di ognuno di noi, perché quel riflesso della sua luce che "illumina ogni uomo" divenisse realmente, attraverso la sua umanità divinizzata, "un pezzo di Dio".
Gesù si avvicina di continuo ad ognuno di noi, perché lo riconosciamo e lo accogliamo illuminati dalla luce che ci ha impresso.
Ma noi sovente siamo - o preferiamo - essere ciechi, e lo lasciamo passare inosservato.
Preferiamo baloccarci con le cose da Lui create, e magari, in questo tempo, con le luminarie natalizie che adornano le nostre vie e probabilmente le nostre case.
Anche quest'anno pertanto celebriamo il Natale, e forse, per esserne talmente abituati, non ci facciamo debitamente caso.
Debitamente, cioè nel modo dovuto, perché come scarno rinnovo e festeggiamento della ricorrenza non vi è alcuna omissione.
Anzi il Natale viene festeggiato anche in regioni in cui il Cristianesimo è una minoranza, e negli stessi Paesi di tradizione cristiana non da tutti è percepito nel suo sostanziale significato.
Peraltro anche queste luci, e con esse i canti, e soprattutto le strenne che ci si scambia in questa circostanza, conservano pur sempre un valore, poiché testimoniano un avvenimento, un prodigio che è accaduto e che si rinnova.
E ciò vale - o potrebbe valere - anche per coloro che tale prodigio sembrano averlo dimenticato, o addirittura rigettato, o non ancora conosciuto.
Ma l'anelito dell'attesa, la tensione della ricerca resta, e le luminarie possono anche esserne manifestazione.
Gesù vuole prendere dimora in ognuno di noi, per vivificarci, per donarci la sua vita, per incorporaci in Lui.
E allora potremo veramente anche noi unirci ai canti natalizi, ed intonare quello per eccellenza del Natale: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini, che Egli ama" ( Mt 2,14 ).
Così il Natale diviene festa della gloria, per ciascuno di noi.
"Gloria a Dio" di Vincenzo Giudici
Il canto di gloria con cui gli Angeli hanno annunziato ai pastori, e per essi all'umanità, l'evento sublime dell'Incarnazione del Figlio di Dio, e della sua comparsa Bambino nel mondo, ha indubbiamente parole e segni esterni d'applauso e di compiacimento, manifestati agli uomini che Dio ama appunto col donare il suo Figlio, segni che, se accolti, hanno come prezioso frutto spirituale la pace interiore.
Ma la Gloria tributata dagli Angeli a Dio è essenzialmente l'entusiastico riconoscimento dello splendore divino proprio del Dio fatto uomo, splendore posseduto da tutta l'eternità, e di cui parla Gesù stesso: "Io Ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare.
E ora, Padre, glorificami davanti a Te con quella gloria che io avevo presso di Te prima che il mondo fosse" ( Gv 17,4-5 ).
Lo splendore di cui parla Gesù - secondo quanto commenta il beato Rosmini - "conteneva la gloria del Verbo divino e la gloria del Verbo incarnato.
Poiché, essendo il Verbo divino ab eterno predestinato ad incarnarsi, nell'esemplare del mondo contenevasi l'incarnazione e la gloria dell'uomo-Dio davanti alle creature intelligenti ( cioè gli angeli e gli uomini, n.d.r. ).
Ma la gloria del Verbo come uomo è indivisibile dalla gloria di lui come Dio, e questa è la fonte, la ragione, il contenente di quella".1
Ma pur in questi brevi cenni, che necessiterebbero di ben altro sviluppo, il concetto di "gloria" ci porta e preannuncia la morte e risurrezione di Gesù.
È quanto afferma Von Balthasar, il cui pensiero al riguardo riportiamo nella sintesi che ne fa Elio Guerriero: « Solo in Gesù Cristo, nella sua assoluta obbedienza spinta fino alla morte e alla discesa agli inferi, si rivela che cosa è la gloria.
Per di più, sotto il carico dei peccati, Gesù è lo stritolato che non può darsi gloria da se stesso.
Nel suo abbassamento in obbedienza egli glorifica il Padre che, dal canto suo, non mancherà di glorificarlo.
L'apice della rivelazione della gloria di Dio è la croce.
In forma velata qui si manifesta davvero l'essenza di Dio.
Il nascondimento, peraltro, è essenziale: esso libera lo spazio per la fede dei discepoli e la loro risposta alla manifestazione della gloria ».2
La Divina Provvidenza, per opera di fra Leopoldo e del ven. fr. Teodoreto, ci ha gratificati di un dono perenne, che può fungere anche da strenna natalizia: la "Adorazione a Gesù Crocifisso" attraverso la contemplazione delle sue ferite sanguinanti, ma altresì gloriose, perché, come abbiamo sopra considerato, la gloria annunciata a Natale ha il suo compimento nella Croce.
Sia questo l'augurio gioioso del Natale.
E sia con questa intenzione che indoriamo le strenne che ci scambieremo in questi giorni, quali piccoli riflessi del dono di Dio a ognuno di noi, secondo l'espressione di don Roberto Repole: « Gesù è il dono di Dio per gli uomini. ( … )
Gesù ha infatti manifestato di essere il dono di Dio per noi uomini nel modo in cui è vissuto: donando tutto se stesso, fino a quell'offerta suprema rappresentata dalla sua morte sulla croce ».3
1. Cfr. A. Rosmini, Teosofia, III° vol., n. 1040, nota. Ediz. Rosminiane Sodalitas, Stresa. È particolarmente approfondito il concetto di "gloria".
2. Cfr. E. Guerriero, Hans Urs Von Balthasar, 2006 Morcelliana, Brescia
3. Cfr. R. Repole, Dono, pag. 95, 2013, Rosenberg & Sellier, Torino. Segnaliamo l'efficacia della disamina delle motivazioni del "dono", che hanno il loro sbocco finale nelle frasi sopra riportate.