Aborto e legge di aborto
Fratelli carissimi,
il rispetto per l'uomo, creato a immagine di Dio e redento dal suo amore, in Cristo Gesù, morto e risorto per noi, rischia di eclissarsi sempre più nella società violenta, in cui viviamo.
Segno fra i più preoccupanti di tale eclissi è non solo la pratica dell'aborto direttamente procurato, ma anche il tentativo di legalizzarlo, nell'ordinamento giuridico in forme più o meno radicali.
Di fronte a questa situazione, è imprescindibile dovere e servizio del nostro ministero pastorale richiamare tutti voi cristiani e tutti gli uomini di buona volontà a tenere vigile e illuminata la vostra coscienza sul valore sacro di ogni vita umana e sull'obbligo di accoglierla, di sostenerla e di rispettarla.
Di essa, infatti, solo Dio è l'origine e il fine ( Gen 2,7; Sap 15,11 );
essa è vigilata dal Suo amore eterno ( cfr. Rm 8,28-30; Ef 1,4; Gen 4,10 )
e difesa dal Suo comandamento « Non uccidere » ( Es 20,13; Mt 5,21 ).
A tale proposito i Vescovi membri del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana emanarono, con approvazione unanime, il 6 febbraio u.s., un documento su « Aborto e Legge di aborto ».
È necessario, ora, che le linee essenziali di quel documento siano portate a conoscenza di tutti voi, carissimi fratelli, perché ne riceviate luce e ammonimento e possiate contribuire, « secondo la coscienza, debitamente formata, a iscrivere la legge divina nella vita della città terrena » ( Gaudium et spes, 42 ).
L'aborto e, ancor più grave, la sua giustificazione legale, divulgata con abile e organizzata propaganda che fa leva soprattutto sui casi pietosi e sul fenomeno degli aborti clandestini, costituiscono uno dei problemi che inquietano il nostro tempo, e sono un tipico segno di una mentalità che esalta il valore assoluto dell'uomo, ritenuto arbitro insindacabile della propria vita e dei propri atti, senza più nessun riferimento a Dio.
Sono inoltre preoccupanti il disorientamento dottrinale e la rassegnazione passiva e sfiduciata dei credenti e degli uomini di buona volontà, che quasi dubitano delle proprie convinzioni e ritengono inutile e inefficace ogni azione di contrasto.
Perciò i Vescovi chiedono a tutti i credenti di difendere l'autonomia della propria coscienza di fronte alla martellante propaganda abortistica, valutandola alla luce della fede e della retta ragione, e considerando gli altissimi valori che sono in pericolo:
il rispetto del diritto altrui,
a difesa dell'innocente,
la vita dell'uomo.
L'aborto, inteso come interruzione volontaria e direttamente perseguita del processo generativo della vita umana, è un grave crimine perché viola il diritto fondamentale dell'esistenza nei riguardi di un essere umano, innocente e indifeso, e lo viola anche per opera di chi, come responsabile di questa esistenza, dovrebbe difenderla e aiutarla.
La vita, una volta concepita, deve essere protetta: ce lo insegna la fede; ce lo propone da sempre e costantemente la Chiesa; ce lo conferma la sana ragione.
Resti dunque chiaro e fermo per tutti che nessuna legge di uomini può rendere moralmente lecito ciò che Dio e la sana coscienza condannano come delitto inumano.
Qualsiasi disposizione legale circa l'aborto procurato, se vuole essere in armonia con la giustizia, se vuole adempiere a una funzione formativa ed educatrice della opinione pubblica e del costume, deve riconoscerlo come reato e come tale perseguirlo, anche se la pena verrà ovviamente proporzionata ai casi e alle circostanze.
In questo quadro si pone il discorso di una possibile revisione delle pene, per tener conto sia delle aggravanti - per esempio la speculazione economica di persone senza coscienza - sia delle attenuanti, che possono ridurre la colpevolezza e il dolo.
Si dirà che una legge conforme a questi principi non risolve la piaga degli aborti clandestini.
Al che si deve osservare che non è consentito commettere un arbitrario gesto di ingiustizia - quale sarebbe appunto una legalizzazione permissiva dell'aborto - con la pretesa di introdurre una maggiore giustizia nella vita sociale.
Del resto l'allarmante esperienza dei Paesi dove l'aborto è stato in qualche misura liberalizzato, dimostra che tali leggi allargano sicuramente il numero degli aborti « legali », ma non eliminano in un modo proporzionato quello degli aborti clandestini.
I casi difficili e pietosi ci sono presenti.
Siamo però convinti che non si risolvano con le leggi permissive.
Il rimedio preventivo più efficace e sempre doveroso, consiste in un'azione organizzata e ampia, rivolta a ingenerare e a sostenere una forte coscienza umana e cristiana, illuminata da profonde persuasioni circa il compito di rispettare, promuovere e « accogliere » la vita dell'uomo.
In modo più concreto occorrerà favorire una formazione morale sicura e rigorosa, una politica familiare e sociale che faccia fronte alle difficoltà di una gravidanza indesiderata e venga in aiuto alle situazioni penose.
In certi casi potrà apparire più facile e più radicale il ricorso all'aborto, ma si tratta sempre di un rimedio moralmente illecito e di un gesto profondamente traumatizzante, le cui conseguenze psichiche e sociali non sono facilmente misurabili.
Occorrerà invece predisporre altri provvedimenti più efficaci e più profondi: come una maggior protezione della gestante in difficoltà, una assistenza adeguata alla maternità illegittima e pericolosa, un soccorso tempestivo e qualificato ai minori malformati e sofferenti, una facilitazione dell'adozione speciale, una politica della casa particolarmente attenta alle condizioni dei più disagiati.
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5. - Il compito di difendere la vita non ancora nata è difficile, ma le difficoltà non debbono creare un dubbio per nessuno.
I cristiani, poi, in quest'opera debbono sentirsi sostenuti dalle parole del Signore che ha detto di « accogliere » tutti gli uomini, specialmente i più piccoli, i più poveri, i più indifesi, perché Lui si è identificato in ciascuno di essi: « Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me» ( Mc 9,37 ).
Sarà una professione di fede e una testimonianza di vera carità, che rientra nella missione evangelizzatrice di tutta la Chiesa e di tutti i cristiani.
Roma, 27 febbraio 1975.
Il Consiglio Permanente della C.E.I.