Sovvenire alle necessità della Chiesa |
16. - I valori della corresponsabilità e della partecipazione devono essere vissuti non soltanto nel momento del reperimento delle risorse necessarie alla vita della Chiesa ma anche in quello della loro amministrazione.
Ferma restando la particolare responsabilità del vescovo e del parroco, tutti i fedeli, ma soprattutto i laici, sono chiamati a mettere a disposizione la loro competenza e il loro senso ecclesiale collaborando disinteressatamente ai diversi livelli dell'amministrazione ecclesiastica, particolarmente negli organismi previsti dalla rinnovata legislazione canonica ( consiglio diocesano per gli affari economici, consigli parrocchiali per gli affari economici, consigli di amministrazione dei diversi enti ecclesiastici, uffici amministrativi delle curie, ecc. ) e aiutando le molteplici iniziative di bene a svilupparsi in modo ordinato, coniugando la carità ardimentosa con la competenza e la prudenza.
A tutte le comunità, poi, deve essere dato conto, secondo le norme stabilite, della gestione dei beni, dei redditi, delle offerte, per rispetto alle persone e alle loro intenzioni, per garanzia di correttezza, di trasparenza e di puntualità e per educare un autentico spirito di famiglia nelle stesse comunità cristiane.
Competenza degli operatori, trasparenza delle gestioni, ecclesialità di stile e di metodo, coinvolgimento costante di tutta la comunità: sono questi i criteri, e nello stesso tempo le garanzie, di un'amministrazione davvero ecclesiale.
17. - Ma che cosa comporta tutto questo in concreto?
Non possiamo qui entrare nel merito dei singoli capitoli di una buona amministrazione ecclesiastica; la nostra Conferenza Episcopale sta proparando una "Istruzione" in materia, e in quella sede verranno date indicazioni piu articolate e precise.
Ci sia permesso tuttavia di ricordare sin d'ora alcuni aspetti che giudichiamo importanti:
a) la tradizione della Chiesa conosce, soprattutto in Italia, una varia molteplicità di enti, di istituzioni, di iniziative, che diventano punto di riferimento della generosità dei fedeli; è una pluralità giustificata dalla diversità dei fini specifici che si perseguono, dalla varietà dei soggetti ecclesiali che ne sono animatori e responsabili, dalla complessità delle vicende storiche che ne sono all'origine, dalla libertà e imprevedibilità degli impulsi della carità apostolica e pastorale suscitata dallo Spirito Santo.
Questa pluralità è, di per sé, un valore e deve diventare una ricchezza di possibilità per la missione della Chiesa, che è il mistero dell'unità dei diversi; ma proprio per questo dev'essere vissuta nel quadro della comunione, in special modo nell'unità della Chiesa particolare o diocesi, di cui il Vescovo è segno e fondamento visibile.
b) La normativa canonica generale e particolare vale per tutti gli enti, le istituzioni e le iniziative, nel rispetto dell'identità di ciascuna; la sua osservanza è condizione di chiarezza, di trasparenza, di ordinata collaborazione, di credibilità dell'immagine complessiva della Chiesa anche riguardo a "quelli di fuori" ( cf. 1 Cor 14,23-24 ).
È una disciplina che va lentamente precisandosi anche in sede diocesana attraverso i sinodi e le disposizioni vescovili, frutto di consultazione e di collaborazione di fedeli competenti e prudenti: è importante che essa sia conosciuta e rispettata, e che gli organismi delle curie diocesane ne favoriscano la comprensione e ne aiutino l'applicazione in collaborazione con i consigli diocesani e parrocchiali e con i responsabili dei diversi enti.
c) Segno concreto e non equivocabile di disponibilità alla comunione e alla solidarietà ecclesiali è la prontezza da parte di tutte le istituzioni e iniziative a concorrere spontaneamente alle eventuali forme di solidarietà e di perequazione proposte dalla diocesi, in particolar modo in vista della costituzione del "fondo comune" previsto dal can. 1274, par. 3, attraverso il quale il vescovo possa provvedere alle necessità molteplici della diocesi e all'aiuto alle diocesi meno fortunate.
Segno non meno concreto - è giusto ricordarlo - è il puntuale versamento da parte degli enti ecclesiastici dei tributi che il vescovo è abilitato a imporre per le necessità generali della Chiesa.
d) È importante che le finalità originarie e costitutive degli enti ecclesiastici, anche sotto il profilo dell'amministrazione e della destinazione delle risorse economiche, siano fedelmente mantenute e sviluppate, secondo gli indirizzi della Chiesa; a meno che la Chiesa stessa riconosca gli estremi per la soppressione o la trasformazione degli enti medesimi.
Questa esigenza assume in Italia un particolare rilievo, proprio per la secolare tradizione da cui non pochi enti provengono.
Particolarmente per quanto concerne le confraternite non mancano casi di dolorosa deviazione dalla figura e dalle finalità proprie di queste singolari forme di iniziativa apostolica dei fedeli, e tentativi di sottrazione, qualche volta ostinata, alla vigilanza e agli indirizzi del vescovo, anche in relazione alla gestione dei patrimoni e delle risorse.
La revisione del Concordato offre anche in questo campo la possibilità di chiarire e di razionalizzare le situazioni esistenti, spesso precarie.
La natura ecclesiale di queste realtà richiede che non si perda questa occasione al fine di ricomporre pienamente l'orizzonte dei valori di spiritualità, di apostolato e di carità nel quale soltanto le confraternite trovano il loro significato e possono offrire alla Chiesa il loro apporto prezioso.
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