Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà

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Capitolo II - Criteri per una convivenza rinnovata

16. - Per interpretare le tensioni e i conflitti della società italiana e per proporre dei comuni orientamenti operativi, dobbiamo rifarci ai fondamenti della convivenza umana:

quindi al valore della persona,

alla destinazione fondamentale dei beni della terra,

alle ragioni della solidarietà tra gente di razza, cultura e religione diverse, che convive nello stesso territorio.

Non è compito della Chiesa indicare soluzioni tecniche, ma trarre dal Vangelo i principi etico-religiosi che devono guidare gli uomini nella ricerca delle vie e nell'uso dei mezzi atti ad affrontare nel proprio tempo le esigenze e le difficoltà della convivenza.

Il Concilio Vaticano II ricorda il costante dovere dei cristiani di "enucleare, difendere e rettamente applicare i principi cristiani ai problemi attuali".14

17. - Istanze affermatesi nella storia civile

Più volte nel nostro tempo politici e governanti sono tornati a discutere e a proporre norme sulla convivenza delle persone e dei popoli.

A livello internazionale sono stati proclamati i diritti inalienabili della persona umana, senza alcuna discriminazione di razza, cultura, religione, età.

Non sempre nelle relazioni internazionali e all'interno delle singole nazioni questi diritti sono stati rispettati, né purtroppo queste dichiarazioni sono state sufficienti ad impedire drammatici conflitti o sfruttamenti e talvolta veri e propri genocidi.

Tuttavia è stato ugualmente importante che la coscienza collettiva dei popoli abbia espresso in forma pubblica e ufficiale il valore della persona umana e i suoi diritti alla vita, alla cultura, alla libertà.

18. - In Italia la Costituzione ha sancito alcuni diritti fondamentali della persona umana indipendentemente dalla sua origine, condizione sociale e grado di sviluppo, richiamando il dovere della solidarietà tra gli uomini, con l'esclusione della violenza come strumento per risolvere le difficoltà insorgenti dalla convivenza.15

Non sempre questi diritti e doveri sono stati praticati nella nostra vita civile, né tutti gli Italiani sono coscienti della loro portata.

Recentemente sono stati fatti dei passi in questa direzione.16

È doveroso inoltre riconoscere che in vari settori vi sono stati un progressivo sviluppo dell'impegno solidaristico verso i soggetti più deboli ( basti pensare all'esplosione del volontariato ) e una più vigile attenzione per la tutela dei diritti primi di ogni essere umano.

19. - L'insegnamento della Chiesa

Sui diritti della persona indipendentemente dalle sue condizioni è intervenuta più volte la Chiesa, come pure sul dovere della solidarietà, denunciando conflitti, ingiustizie, indicando vie di soluzione.

Limitandoci all'insegnamento magisteriale di questi ultimi tempi, possiamo ricordare come Giovanni XXIII abbia individuato il fondamento di una pace autentica e duratura tra tutti gli uomini nel riconoscimento effettivo dei diritti e dei doveri "universali, inviolabili, inalienabili" di ogni persona, che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua natura.17

Sulle tensioni e i conflitti nel mondo contemporaneo si è soffermato il Concilio Vaticano II,18 come sulle istanze della solidarietà umana,19 della pace e delle sue condizioni,20 della libertà di coscienza di ogni uomo,21 partendo dalla considerazione della dignità e della socialità della persona umana, che trova in Gesù Cristo la sua pienezza.

Paolo VI più volte è intervenuto sul problema della convivenza pacifica tra gli uomini e sul tema della pace, facendo appello sia alla dignità della persona che alla fraternità umana.22

Giovanni Paolo II, a proposito della giustizia sociale nel mondo, sulla scia di Paolo VI ha sottolineato che l'uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza, è misura e protagonista dello "sviluppo".23

Rilevando che la "interdipendenza" è divenuta un "sistema determinante" di relazioni nel mondo contemporaneo, egli indica nella solidarietà la via per rispondere sul piano sociale e morale ai conflitti che insorgono.24

Recentemente lo stesso Pontefice, nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace,25 si è soffermato particolarmente sul riconoscimento dei diritti e dei doveri delle minoranze, quale via per costruire la pace, e nel suo ultimo viaggio apostolico in Estremo Oriente ha raccomandato il mutuo rispetto e la collaborazione tra persone di religione diversa nello stesso territorio.26

Due anni fa, il Pontificio Consiglio "Justitia et Pax" è intervenuto con un documento sul problema della convivenza tra persone di razza diversa, denunciando comportamenti razzisti anche nel mondo attuale, e indicando le ragioni del dovere dell'accoglienza dei "diversi".27

20. - I Vescovi italiani più volte hanno richiamato in questi anni il dovere di ricominciare dagli "ultimi",28 di camminare "insieme",29 di cercare costantemente la "comunione" in un perenne cammino di "riconciliazione"30 -convinti che la "comunione" è il "tema perenne del mistero della Chiesa e il più pregnante della riflessione conciliare"31 -, di operare in più stretta collaborazione tra nord e sud per avviare e soluzione la questione meridionale,32 di essere più accoglienti verso tutti gli immigrati nella nostra terra.33

21. - Un riferimento fondamentale: la dignità e lo sviluppo della persona umana

Un convincimento torna dunque costantemente nell'insegnamento della Chiesa e nei riconoscimenti ufficiali di molti popoli: il valore della persona umana, dei suoi diritti e doveri inviolabili, senza alcuna discriminazione di età, sesso, razza, cultura, religione, classe sociale.

Una dignità che precede il riconoscimento degli uomini e dello stesso soggetto, e che per il cristiano si radica nell'atto creativo di Dio e nel mistero di Cristo.

Dio ha creato l'uomo a sua "immagine e somiglianza" ( Gen 1,26 ) e si è dichiarato norma dei suoi comportamenti ( cfr Es 31,12-17; Dt 10,18-19;

Gv 13,34 ).

Lui che fa sorgere il sole sopra il campo dei malvagi e dei buoni ( cfr Mt 5,45 ) e che non fa preferenza di persone ( cfr At 10,34; Gal 2,9; Ef 6,9 ).

Non solo dunque nella comune natura, ma nella stessa comune origine si radica la dignità e la fratellanza di tutti gli uomini.

E la terra è destinata dallo stesso Dio al sostentamento del genere umano.

Nella pienezza dei tempi di Figlio di Dio si è fatto carne per la salvezza di tutti gli uomini, unendosi in certo modo a ciascuno di essi,34 indicandoci nel volto di tutte le persone, incominciando da quelle più povere ed emarginate, un "segno" della sua presenza fra noi ( cfr Mt 25,31-46 ), ed essendo con la propria vita il modello dell'attenzione e dell'amore verso ogni uomo, soprattutto verso i più poveri ( cfr Lc 4,16-21; Gv 13,14-15.34 ).

Per questo la fedeltà a Cristo comporta la fedeltà all'uomo.

22. - Ma l'uomo non è stato creato "immobile", "statico".

Egli vive cresce e si sviluppa in rapporto alla terra e agli altri uomini.

Sulla terra trova la sua abitazione, il luogo del lavoro, dei suoi incontri, fissa le memorie della sua storia; dalla terra egli trae gli alimenti per il suo sostentamento.

Nel rapporto con gli altri egli cresce nella sua conoscenza, acquista abilità, instaura rapporti affettivi, sviluppa la propria cultura, e può diventare sempre più se steso.35

Il riconoscimento della sua dignità, dei suoi diritti, esige il rispetto di queste esigenze, di questi rapporti, per non restare un'affermazione astratta.

Ed è in questo passaggio dall'affermazione di principio all'applicazione nelle nostre situazioni concrete che nascono difficoltà e resistenze, e quindi l'esigenza di creare le condizioni culturali, economiche e legislative che rendono operativi quei principi.

Di fatto, la rapidità di immissione degli immigrati, il loro numero, la loro impreparazione linguistica, lavorativa, culturale, entrano facilmente in conflitto con la mentalità e le esigenze della popolazione stanziale, mettendo in contrasto i diritti degli uni e degli altri.

23. - La solidarietà

L'accoglienza di questi diritti fondamentali della persona nella presente situazione storica esige un particolare impegno di solidarietà per superare ostacoli, per disporre gli uomini a nuovi progetti di società.

Scaturisce dalla stessa natura sociale della persona, portata a pienezza dall'incarnazione del Figlio di Dio, il dovere di rispetto, di aiuto, di solidarietà verso ogni uomo.

Non si tratta semplicemente di coltivare "un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone",36 ma di un intervento attivo e perseverante, di un'azione non solo individuale, ma comunitaria, e che opera sulle stesse strutture sociali, le quali a loro volta possono determinare una mentalità e un costume.37

E poiché questo atteggiamento si fonda non sull'interesse di un singolo o di un gruppo, ma sull'esigenza oggettiva della persona, la solidarietà deve aprirsi verso ogni uomo in difficoltà, indipendentemente dalla razza e dalla cultura.

24. - Dato lo sviluppo crescente della "interdipendenza", avvertita oggi come "sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa",38 solo con un largo movimento di solidarietà si può rispondere ai problemi posti dall'attuale convivenza umana.

I vari fenomeni sociali sono sempre meno isolabili; essi hanno radici nazionali e internazionali.

Anche i problemi posti dall'immigrazione in Italia vanno visti e risolti in questo quadro complesso di relazioni.

Non solo dunque a livello nazionale, ma anche internazionale, vanno fatti convergere ordinamenti legislativi, strutture organizzative, gesti di aiuto e di accoglienza.

L'appello all'ospitalità e alla tolleranza non sono sufficienti per garantire i diritti fondamentali di ogni uomo nelle nostre città.

Solo un largo movimento di solidarietà può creare le condizioni per rispondere alle attese dei deboli e dei poveri nella complessa e interdipendente società contemporanea.

25. - Nella reciprocità

Scaturendo dalla dimensione sociale dell'uomo, dalla sua comune dignità, la solidarietà richiede reciprocità.

Essa perciò non impegna solo il gruppo o il paese che accoglie, ma anche chi viene accolto.

Il suo fine non è semplicemente l'assistenza dell'altro, ma la crescita degli uni e degli altri, pur attraverso contributi diversi.

Fa parte della stima dell'altro non solo l'offerta di accoglienza e di aiuto, ma anche l'attesa di una risposta analoga.

Nel rapporto tra queste esigenze fondamentali e le concrete situazioni storiche in cui esse devono realizzarsi, nascono spesso delle difficoltà, motivate dalla mancanza di una comune concezione dei valori che stanno alla base della convivenza sociale, dall'immissione troppo numerosa e rapida di "diversi" in una comunità civile, che corre così il rischio di perdere la propria identità e il proprio equilibrio, dall'antagonismo che può nascere tra immigrati e stanziali per il lavoro e per l'abitazione.

D'altra parte si oppone alla reciprocità anche il tentativo di imporre agli altri la cultura e il costume di vita del proprio gruppo etnico.

Il primo passo tra persone e gruppi "diversi", nuovi gli uni agli altri, in questo cammino di convivenza è dato

dalla conoscenza reciproca,

dalla condivisione della lingua,

dalla sicurezza di alcune condizioni primarie di sussistenza,

dalla chiarezza delle regole che guidano la nostra società e che indicano i diritti e i doveri di ciascuno.

Senza una regolamentazione dell'immigrazione e della convivenza non ci potrà essere un'efficace solidarietà e reciprocità sociale, come senza una cultura dell'accoglienza ogni norma rischierà di rimanere sterile, o motivo solo di contrasti.

Si tratta in molti casi di passare da una solidarietà "congiunturale" ad una solidarietà "strutturale", da una solidarietà che riguarda le condizioni primarie di sussistenza ad una solidarietà che comprenda tutte le espressioni della vita di relazione.39

Di fronte a situazioni in gran parte nuove e mutevoli, quali sono quelle che stiamo vivendo, dobbiamo non solo cercare la giustizia umana per tutti, ma nello stesso tempo adeguare le leggi e le strutture alle condizioni storiche che via via si vanno determinando.

26. - La solidarietà e la reciprocità verso gli immigrati devono estendersi ai loro paesi d'origine, poiché l'accoglienza riguarda le persone nella loro condizione concreta, storica, e non si tratta soltanto di rispondere agli effetti di un disagio, di uno stato di necessità, ma di rimuovere le loro stesse cause.

I problemi di convivenza tra gli uomini vanno acquistando sempre più dimensioni planetarie, per cui mentre si è chiamati a rispondere ad urgenze immediate, nello stesso tempo bisogna condurre un'azione che dia una mano alle nazioni d'origine degli immigrati, fino a rendere superflua la loro emigrazione dalla terra nativa.

Quando ogni terra sarà in grado di mantenere i propri cittadini vi sarà piena libertà e reciprocità nel rapporto tra i popoli.

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14 Apostolicarn actuositatem, n. 7.
15 Cf Costituzione italiana, art. 3, art. 10, art. 11.
16 Cf il decreto legge del 30 dicembre 1989 n. 416, con le modifiche apportate con la legge di conversione del 28 febbraio 1990 n. 39:
"Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato.
Disposizioni in materia di asilio".
17 Cf Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, n. 5.
18 Cf Gaudium et spes, n. 8.
19 Cf Ivi, n. 32.
20 Cf Ivi, nn. 77-82.
21 Cf Dignitatis humanae, n. 2.
22 Cf Paolo VI , in particolare la Lett. ap. Octogesima Adveniens
e i messaggi annuali per la Giornata mondiale della pace.
23 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, nn. 29-30.
24 Cf Ivi, n. 38.
25 Cf Giovanni Paolo II, Messaggio per la celebrazione della Giornata della pace
del 1 gennaio 1989,
Per costruire la pace, rispettare le minoranze.
26 Parlando a Jakarta ai capi religiosi il 10 ottobre 1989, il Papa si è così espresso:
"Pertanto non ci si potrà mai aspettare dai credenti che compromettano la verità che sono chiamati a promuovere nelle loro vite.
Tuttavia una salda adesione alla verità delle proprie convinzioni non implica in alcun modo l'essere chiusi agli altri.
È piuttosto un invito ad aprirsi al dialogo …
Il dialogo improntato al rispetto con gli altri ci permette inoltre di essere arricchiti dalle loro vedute, sfidati dalle loro domande e forzati ad approfondire la nostra conoscenza della verità.
Lungi dal reprimere il dialogo o dal renderlo superfluo, la fedeltà alla verità della propria tradizione religiosa per sua stessa natura rende il dialogo con gli altri sia necessario che fecondo".
27 Cf La Chiesa di fronte al razzismo, doc. cit., paragrafi 17-23.
28 Cf C.E.I., Cons. Perm. Chiesa italiana e le prospettive del Paese,
23 ottobre 1981, nn. 5-6.
29 Cf Ivi, n. 8.
30 Cf il secondo Convegno nazionale della Chiesa italiana sul tema
"Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini", Loreto 1985.
31 C.E.I., Doc. past. dell'Ep. it., Comunione e comunità:
Introduzione al piano pastorale, n. 4.
32 Cf Sviluppo nella solidarietà - Chiesa italiana e Mezzogiorno.
33 Cf Convegno nazionale sul tema "Immigrati: fratelli per un mondo solidale", cit.
34 Cf Gaudium et spes, n. 22.
35 Nel discorso all'Unesco del 2 giugno 1980 Giovanni Paolo II ha detto: "La cultura è ciò per cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo, è di più, accede di più all'essere", ( n. 7 ).
36 Sollicitudo rei socialis, n. 38.
37 Giovanni Paolo II nell'enciclica Sollicittudo rei socialis, al n. 36, parla di "strutture di peccato".
38 Sollicitudo rei socialis, n. 38.
39 Questa proposta è stata fatta in un gruppo di studio all'Assemblea ecumenica europea di Basilea ( 15-21 maggio 1989 ): cfr Rassemblement oecuménique européen de Bâle, ed. du Cerf, Paris 1989, p. 172.