Le Aggregazioni Laicali nella Chiesa |
La fecondità del magistero del Concilio Vaticano II, e in particolare le sue affermazioni circa la libertà associativa nella Chiesa, non potevano non avere il loro riflesso nella nuova codificazione canonica, che si configura come un grande sforzo di tradurre l'ecclesiologia conciliare in linguaggio canonistico.51
Nel nuovo Codice ha trovato piena accoglienza il diritto per tutti i fedeli di associarsi e di tenere riunioni per finalità ecclesiali: "I fedeli hanno il diritto di fondare e dirigere liberamente associazioni che si propongano un fine di carità o di pietà, oppure associazioni che si propongano l'incremento della vocazione cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il raggiungimento comune di tali finalità" ( can. 215 ).
Operare nella Chiesa in forma associata è, prima che un diritto, un elemento costitutivo della partecipazione dei fedeli alla missione della Chiesa.
Si tratta di una esigenza cristiana, che corrisponde al progetto di Dio per la sua Chiesa.
Il Codice di Diritto Canonico non si limita ad enunciare un principio, ma ne regola l'esercizio mediante norme opportune, che propongono una tipologia definita e precisa.
Queste norme, mentre riconoscono la libertà che spetta ai gruppi associati, li sollecitano a tener conto dell'indole ecclesiale del loro operare, che deve realizzarsi sempre nella comunione della Chiesa.
Nello spirito del documento pastorale Comunione, comunità e disciplina ecclesiale è necessario che tali norme siano ben conosciute, studiate e fedelmente applicate anche nei riguardi delle forme di partecipazione aggregativa alla vita e alla missione della Chiesa.
In questo modo si dà anche prova di volere accogliere seriamente le disposizioni conciliari, senza comode enfatizzazioni o pericolose riduzioni.52
Si potrà osservare che il fenomeno associativo nella vita della Chiesa presenta un significato che va oltre un profilo puramente sociale e giuridico: è da comprendersi come il frutto di una particolare azione dello Spirito; per questo si suole parlare in termini di "carisma".
Al riguardo l'Esortazione Christifideles laici afferma: "Ai nostri tempi non manca la fioritura di diversi carismi tra i fedeli laici, uomini e donne.
Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri e in tal modo vengono continuati nel tempo come una preziosa e viva eredità, che genera una particolare affinità spirituale tra le persone".53
In linea di principio non può esserci opposizione tra istituzione e carisma.
La Chiesa è un'unica e complessa realtà, inscindibilmente gerarchica e carismatica, visibile e spirituale.54
Proprio perchè nella Chiesa la comunione non può mai essere dissociata dal sacramento, l'invisibilità e la visibilità non sono nella Chiesa due realtà giustapposte o semplicemente accostate tra loro, bensì interiori l'una all'altra e tali da esigersi reciprocamente.55
Nella vita della Chiesa le due realtà, istituzionale e carismatica, si incontrano e si fondono.
Non si può, in nome di un presunto carisma, contestare e "superare" la Chiesa istituzione; mentre è proprio del servizio pastorale della autorità nella Chiesa discernere e favorire e non spegnere eventuali carismi.
Se, da una parte, gli autentici carismi arricchiscono e rinnovano la vita della Chiesa, dall'altra, i Pastori non possono rinunciare a svolgere la loro missione di guida, di verifica e di edificazione.
Di più, il discernimento dei carismi è talmente necessario, che nessuno di essi dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa.56
Alle norme canoniche relative alle associazioni dei fedeli ( cf. cann. 298-329 ) si deve applicare ciò che Giovanni Paolo II ha detto per l'intero Codice, e cioè che esse non hanno lo scopo "di sostituire la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli", ma, al contrario, quello "di creare tale ordine nella società ecclesiale che; assegnando il primato all'amore, alla grazia e al carisma, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono".57
La nuova normativa canonica relativa alle associazioni dei fedeli distingue, riguardo alle persone, tra associazioni di chierici, associazioni di laici, ed associazioni di chierici e laici insieme.58
In questa Nota si fa riferimento soprattutto alle associazioni laicali.
Riguardo al modo di costituzione, alle finalità e al rapporto che si instaura tra l'associazione e l'autorità ecclesiastica, il Codice opera una distinzione tra associazioni private di fedeli senza specifica rilevanza giuridica nell'ordinamento canonico della Chiesa; associazioni private di fedeli in vario modo riconosciute dall'autorità ecclesiastica con o senza personalità giuridica; associazioni pubbliche di fedeli.59
La costituzione delle associazioni private rappresenta un'autentica novità della codificazione canonica attuale.
Essa si pone come naturale conseguenza del diritto e della libertà associativa dei fedeli.
Nascendo non per un atto dell'autorità ma per un atto di fondazione dei fedeli e quale frutto del loro accordo, queste associazioni esistono, come si suole dire, "di fatto" e legittimamente nella Chiesa.60
Esse hanno il diritto di chiedere particolari autenticazioni e autorizzazioni.
Ma se, non avvertendone l'esigenza, non chiedono per la loro iniziativa una specifica rilevanza giuridica nell'ordinamento canonico, esse hanno pur sempre il dovere di vivere la comunione nella Chiesa; e su di esse il Vescovo ha sempre il diritto-dovere di esercitare la cura pastorale, perché sia conservata l'integrità della fede e dei costumi, e la vigilanza, perché non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica ( cf. can. 305 ).
Di qui il concreto impegno dei responsabili delle associazioni a presentarsi al Vescovo della diocesi dove operano e a offrirgli gli elementi necessari perchè possa esercitare, anche nei loro riguardi, il suo ministero.
Si deve inoltre ricordare che nessuna associazione privata può assumere il nome di "cattolica" senza avere il consenso della competente autorità ecclesiastica ( cf. can. 300 ).
Associazioni private sono chiamate dal Codice tutte quelle associazioni che vengono costituite liberamente dai fedeli per fini spirituali e apostolici derivanti dalla loro condizione battesimale e dall'esercizio del loro sacerdozio comune, e che nei loro riguardi l'autorità ecclesiastica, su loro libera richiesta, opera un provvedimento idoneo a riconoscere la loro rilevanza giuridica.
Il primo atto in tal senso è la presa visione degli Statuti, mediante la quale l'autorità ecclesiastica, conoscendo l'associazione nella sua concreta realtà, ne verifica la conformità al Diritto Canonico e ne riconosce anche giuridicamente l'ecclesialità.
Lo stesso Codice prevede che un'associazione privata possa essere lodata o raccomandata dall'autorità ecclesiastica.
In tal modo essa riceve, per così dire, una accresciuta credibilità ecclesiastica di fronte ai soci.
Anche gli altri fedeli ricevono assicurazione circa la significatività ecclesiale e l'utilità pastorale di una associazione ( cf. can. 298,2 ).
Questi atti, però, pur essendo di alto valore ecclesiale, non mutano la natura delle singole associazioni: il loro agire non impegna che la responsabilità delle associazioni stesse.
Ciò nonostante, esse rimangono soggette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica ( cf. can. 305 ), alla quale "spetta ancora, nel rispetto dell'autonornia propria delle associazioni private, vigilare e fare in modo che si eviti la dispersione delle forze e ordinare al bene comune l'esercizio del loro apostolato" ( can. 323,2 ).
27. - Il Codice prevede pure che un'associazione privata di fedeli, per decreto formale dell'autorità ecclesiastica competente, possa acquistare personalità giuridica, ossia diventare in pienezza soggetto di diritti e di doveri ( cf. can. 322,1 ).
La presenza nella Chiesa di associazioni private di fedeli con personalità giuridica è anch'essa nuova rispetto alla codificazione anteriore, ed è molto significativa perchè dice la volontà di promuovere le realtà aggregative attraverso una pluralità di moduli che risultano di grande vantaggio per la comunione ecclesiale.
In quest'ultimo caso l'attenzione della Chiesa si manifesta giuridicamente mediante la approvazione degli Statuti, previo il necessario discernimento ( cf. can. 322,2 ).
Le associazioni pubbliche sono quelle costituite ed erette dalla competente autorità ecclesiastica, per la particolare importanza delle finalità che perseguono.61
L'associazione pubblica, con lo stesso decreto con cui viene eretta, è costituita in persona giuridica pubblica e riceve dall'autorità ecclesiastica, per quanto sia necessaria, la missione di realizzare i fini che si propone di conseguire in nome della Chiesa.
Agisce quindi in nome della Chiesa, ossia in favore di scopi ed utilizzando mezzi che impegnano in modo immediato la responsabilità dell'autorità ecclesiastica per il bene pubblico della Chiesa.
Per tale motivo alla autorità ecclesiastica competono sulle associazioni pubbliche poteri di intervento e di vigilanza più ampi di quelli previsti per le associazioni private ( cf. cann. 315-319 ): esse, infatti, possono intraprendere spontaneamente iniziative rispondenti alla loro propria natura, ma sotto la superiore direzione dell'autorità ecclesiale.
Questa superiore direzione non comporta l'esercizio di un diretto governo dell'associazione, ma quello del dovere-diritto di promozione e di indirizzo.
Per avere una rilevanza giuridica, ossia una collocazione nell'ordinamento canonico, è necessario che ogni realtà aggregativa faccia conoscere in modo preciso la sua esistenza all'autorità competente, perché questa possa esaminarne la natura e le finalità, accertarne e certificarne l'autenticità cristiana, valutarne l'opportunità del riconoscimento.
Per riconoscimento si intende "un'approvazione esplicita della competente autorità ecclesiastica".62
A norma del can. 312,1 del Codice di Diritto Canonico, l'autorità competente é la Santa Sede per le associazioni universali e internazionali; la Conferenza episcopale nell'ambito del suo territorio per le associazioni operanti in tutta una nazione; il Vescovo diocesano nell'ambito del suo territorio per le associazioni diocesane.63
Nell'Esortazione Christifideles laici Giovanni Paolo II indica come "oltremodo opportuno che alcune nuove associazioni e alcuni nuovi movimenti, per la loro diffusione spesso nazionale o anche internazionale, abbiano a ricevere un riconoscimento ufficiale".64
30. - Condizione per il riconoscimento ufficiale delle associazioni private è il previo esame degli Statuti da parte dell'autorità compente ( cfr. can. 299,3 ).
Per l'erezione delle associazioni pubbliche e per l'attribuzione della personalità giuridica a quelle private se ne richiede l'approvazione ( cfr. cann. 314, 322,2 ).
A prescindere dal dettaglio del loro contenuto e dalla loro forma, variabili a seconda delle caratteristiche di ciascuna associazione, la presenza degli Statuti corrisponde a molteplici esigenze.
Conformemente alla volontà della Chiesa, che è quella di offrire alle aggregazioni ecclesiali un sostegno reale, la loro richiesta apre lo spazio per una stabilità e chiarezza di identità che, pur nel mutamento dei membri che inizialmente le hanno costituite e composte, permette loro di permanere nel tempo.
Poiché gli Statuti costituiscono l'elemento stabile che organizza la vita di una realtà aggregativa, i primi a riceverne un beneficio sono gli stessi aderenti, i quali possono così vedere ulteriormente rinsaldata la loro unione.
Gli Statuti, inoltre, servono a fare conoscere alla comunità cristiana i tratti fondamentali di una associazione, i suoi fini e la sua interna organizzazione.
Infine, permettono di precisare le varie modalità di rapporto tra l'associazione stessa e l'autorità ecclesiastica.65
Indice |
51 | Giovanni Paolo II, Cost. apost. Sacrae disciplinae leges ( 25 gennaio 1983 ) |
52 | Cf. C.E.I., Doc. past. Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, n. 2 |
53 | Christifideles laici, n. 24 |
54 | Cf. Lumen gentium, n. 8 |
55 | Congr. Dottrina della fede Lettera ai Vescovi … su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, n. 1 e n. 4 |
56 | Cf. Lumen gentium, n. 12; cf. anche Christifideles laici, n. 24 |
57 | Giovanni Paolo II, Cost. apost. Sacrae disciplinae leges |
58 | Cf. CJC, cann. 278, 298, 302, 327 |
59 | Cf. CJC, cann. 116, 161, 299, 301, 312-326 |
60 | Cf. Criteri di ecclesità …, n. 16 |
61 | Cf. CJC, cann. 116,1; 301,3; 312,1 |
62 | Christifideles laici, n. 31 |
63 | Per la competenza del Pontificio Consiglio per i Laici cf. Giovanni Paolo II, Cost. apost. Pastor bonus ( 28 giugno 1988, art. 134 ); Per le questioni giuridiche inerenti l'erezione e la soppressione delle associazioni pubbliche a livello nazionale cf. Assemblea della C.E.I. , Delibere di carattere norrnativo ( 18 aprile 1985, n. 23 ); C.E.I., Istruzione in materia amministrativa ( 1 aprile 1992, n. 116 ) |
64 | Christifideles laici, n. 31 |
65 | Per la preparazione degli Statuti si seguiranno le norme del Codice di Diritto Canonico: in particolare il can. 304 e, rispettivamente, i cann. 312-320 per le associazioni pubbliche e i cann. 321-326 per quelle private |