Le Aggregazioni Laicali nella Chiesa |
31. - Dopo avere richiamato i principi ecclesiologici e la normativa canonica delle realtà aggregative, aggiungiamo ora, allo scopo di promuoverne la presenza e l'azione, alcune indicazioni di indole più esplicitamente pastorale.
La prospettiva è quella della "nuova evangelizzazione", di cui ripetutamente Giovanni Paolo II richiama l'indilazionabile urgenza.66
Anche la Conferenza Episcopale Italiana, negli orientamenti pastorali per gli anni '90, ne ricorda con forza la necessità.67
"Tutti i cristiani sono e devono sentirsi coinvolti in questa missione.
Non soltanto quelli che comunemente ne sono ritenuti, per così dire, i soggetti classici, ossia il Papa e i Vescovi con gli altri ministri ordinati e i religiosi, ma anche i fedeli laici, i quali, a motivo e in forza della loro partecipazione battesimale al servizio profetico, sacerdotale e regale di Cristo, sono coinvolti a pieno titolo nella missione evangelizzatrice della Chiesa.
Se poi si considera che obiettivo della "nuova evangelizzazione" è che si rifaccia il tessuto cristiano delle nostre comunità ecclesiali, come condizione per rifare il tessuto cristiano della società umana, si vede immediatamente quale singolare congenialità esiste tra l'impegno per la "nuova evangelizzazione" e quello proprio dei fedeli laici.
Essi in particolare, che hanno ricevuto da Dio il mondo come "luogo" della loro vocazione nella Chiesa, svolgono compiti non delegabili nella "nuova evangelizzazione", alla quale tutti i fedeli sono chiamati.
Nel servizio missionario, che l'intera Chiesa deve rendere agli uomini, i fedeli laici hanno una modalità "peculiare" di partecipazione, che li distingue in ragione della loro "indole secolare".
In conformità alla loro specifica vocazione di fedeli laici, "il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza.
Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dovere sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell'edificazione del Regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo".68
Mediante l'impegno di laici preparati e consapevoli delle proprie responsabilità occorre "annunciare in modo vivo e credibile contenuti e stili di vita evangelici al mondo giovanile, spesso frammentato e interiormente svuotato; ricostruire il tessuto della comunità cristiana attraverso l'evangelizzazione delle famiglie, chiamate a divenire le prime evangelizzatrici all'interno della parrocchia; innervare la realtà sociale, civile ed economica dei valori della coerenza, della giustizia e della carità cristiana.69
33. - Se ciò vale per i singoli laici, vale, a maggior ragione, per le aggregazioni laicali.
Soprattutto in un contesto secolarizzato, complesso e pluralista, com'è quello italiano, l'incidenza culturale, sorgente e stimolo ma anche frutto e segno di ogni altra trasformazione dell'ambiente e della società, può realizzarsi solo con l'opera non tanto dei singoli, quanto di "soggetti sociali", quali sono le aggregazioni.
Esse sono, perciò, soggetti indispensabili per la "nuova evangelizzazione" e, come tali, devono aprirsi sempre più generosamente alla missione: tanto più che anche nel nostro Paese si fanno sempre più evidenti i tentativi di emarginare la fede e i valori cristiani da ogni manifestazione della vita pubblica.
"I grandi valori morali e antropologici che scaturiscono dalla fede cristiana, devono essere vissuti anzitutto nella propria coscienza e nel comportamento personale, ma anche espressi nella cultura e, attraverso la libera formazione del consenso, nelle strutture, leggi e istituzioni".70
Per questo è necessaria più che mai l'azione convergente e unitaria di tutte le aggregazioni laicali.
All'impegno della "nuova evangelizzazione" sono chiamate a dare un contributo tipico e insostituibile le donne, mettendo in opera i doni particolari, connessi con la "vocazione" e con il "genio" che sono loro propri.71
Ricordiamo, in proposito, la loro presenza attiva e numerosa in tutte le aggregazioni laicali: e non poche ne sono state fondatrici.
D'altra parte, è certo che la presenza coordinata degli uomini e delle donne rende più completa, armonica e ricca la partecipazione dei fedeli laici alla missione salvifica della Chiesa.
Lo slancio missionario è un'esigenza insopprimibile per ogni cristiano che vive il mistero della Chiesa.
Questo vale anche per le realtà aggregative, le quali, come è stato detto a proposito dei criteri di ecclesialità, si fanno riconoscere in particolare per la loro conformità e partecipazione al fine apostolico della Chiesa.
Come tutta la Chiesa e ogni cristiano, così anche le aggregazioni dei fedeli laici sono costituite dal Signore Gesù perché vadano e portino frutto duraturo ( cf. Gv 15,16 ).
In particolare esse sono chiamate a fare proprie le tre scelte pastorali, che i Vescovi italiani hanno proposto come "vie privilegiate attraverso le quali il Vangelo della carità può farsi storia in mezzo alla nostra gente":
un'organica, intelligente e coraggiosa pastorale giovanile;
il servizio a quanti sono spiritualmente e materialmente poveri nel contesto di una cultura della solidarietà e dell'integrale promozione umana;
una rinnovata e responsabile presenza nel sociale e nel politico.72
Per questo le aggregazioni sono chiamate a partecipare attivamente alle "scuole di formazione sociopolitica" e alle "Settimane sociali dei cattolici italiani", alle "Giornate mondiali della Gioventù" e alle iniziative promosse dalla "Caritas".
La sfida della "nuova evangelizzazione" richiede come primo impegno quello della comunione nella Chiesa particolare.
L'assolutizzare le proprie esperienze, il chiudersi in forrne autosufficienti e discriminanti, il ritenersi come unica interpretazione o realizzazione autentica della Chiesa, lo stabilire cammini paralleli non convergenti, sono atteggiamenti contrari alla comunione e ostacolano la missione.
Poiché il mistero della Chiesa è presente nelle Chiese particolari, queste sono per tutte le aggregazioni il luogo primo e immediato dove normalmente vivere la comunione e assolvere il compito di evangelizzazione "con un respiro sempre più cattolico".73
La loro partecipazione alla missione della Chiesa, infatti, è rivelata ed è garantita dal loro essere un "segno" visibile nel più ampio contesto della comunità cristiana.
È necessario, perciò, che le aggregazioni laicali "si mettano sempre più a servizio della comunità, se ne sentano parte viva e ricerchino in ogni modo l'unità, anche pastorale, con la Chiesa particolare e con la parrocchia".74
In concreto questo comporta che si impegnino a convergere nelle scelte pastorali della Chiesa in Italia e della propria Chiesa particolare, al cui piano pastorale offrono il contributo della loro esperienza con la peculiarità del proprio stile comunitario.
La pastorale diocesana, infatti, è essenzialmente organica e unitaria: si elabora e si attua attorno al Vescovo e "sotto la sua guida" con "un'azione concorde di tutti, perché "sia resa sempre più manifesta l'unità della Diocesi".75
35. - All'interno e come cellule della Chiesa particolare vi sono le parrocchie, nelle quali si incontrano i fedeli, uomini e donne, di età differenti, di cultura e di condizione sociale diverse.
Sono allora da considerarsi da tutti come esempio visibile dell'apostolato comunitario, casa comune e spazio nel quale tutte le differenze umane e culturali si fondono e sono inserite nell'universalità della Chiesa.76
Anche se talvolta bisognose di profondo rinnovamento, le parrocchie conservano nella diocesi un posto e un ruolo insostituibili, per cui non solo i singoli fedeli, ma anche le singole aggregazioni devono essere convinte del particolare significato che ha l'impegno apostolico nella parrocchia.77
Sempre attuali, al riguardo, sono le indicazioni contenute nel documento pastorale Comunione e comunità.78
La partecipazione alla vita della parrocchia ha il suo momento più alto e significativo nella celebrazione della Eucaristia, soprattutto nel Giorno del Signore.
Accogliamo, pertanto, come rivolto anche a noi, questo invito di Giovanni Paolo II: "Visti i tanti spunti positivi che i nuovi movimenti e le nuove comunità introducono nella vita ecclesiale, vi prego di fare attenzione affinché questi spunti si ritrovino nella celebrazione domenicale dell'Eucaristia con il Popolo di Dio.
La Messa domenicale, in quanto festa del Popolo di Dio, è fondamentale per la Chiesa e deve riunire i diversi gruppi che formano il Popolo di Dio.
Inoltre, vista la crescente carenza di personale, sarebbe incomprensibile che gruppi o raggruppamenti di qualsiasi genere chiedessero una particolare celebrazione domenicale dell'Eucaristia".79
36. - Per parte loro le Chiese particolari, ed in esse le parrocchie, sono chiamate a riconoscere il valore delle nuove esperienze di vita cristiana, ad accoglierle, a promuoverne la crescita in spirito di comunione, ad aprire loro gli spazi necessari ad esprimere i rispettivi itinerari educativi e metodologie, a favorire, incoraggiare e sostenere la loro partecipazione secondo il loro diritto.
Tuttavia, sempre più frequentemente, i problemi da affrontare e le risorse disponibili richiedono un superamento dei confini della parrocchia.
Diventano allora opportune la collaborazione tra parrocchie vicine, soprattutto in città, e la costituzione di aggregazioni laicali interparrocchiali, i cui membri dovranno comunque sentirsi coinvolti nella vita religiosa e liturgica della propria parrocchia.
Le diocesi e le parrocchie, d'altra parte, non possono considerare il loro rapporto con le aggregazioni dei fedeli prescindendo dalla dimensione sopradiocesana e anche internazionale che è propria di molte di esse.
Non mancheranno, dunque, di riferirsi al discernimento e all'intervento della Santa Sede circa le aggregazioni internazionali di fedeli.
Perché possano vivere il loro slancio missionario, è necessario che le realtà aggregative siano scuole di formazione.
Ogni aggregazione deve essere luogo di annuncio e di proposta della fede, scuola di educazione al suo contenuto integrale.
Lo scopo formativo dell'aggregazione è di condurre i propri membri a "personalizzare" la fede ed a viverla coerentemente, giungendo ad una sempre più chiara consapevolezza della propria esaltante ed esigente dignità cristiana; di sostenere la loro vita di comunione; di aiutarli ad essere fedeli e generosi ministri della "nuova evangelizzazione".
In quanto integrale, la formazione deve aiutare ciascuno a maturare la sintesi organica di tutta la propria vita.
Tale unità di vita è, ad un tempo, espressione dell'unità dell'essere e condizione per l'efficace adempimento della missione.
In quanto permanente, la formazione deve estendersi a tutte le età e a tutte le varie situazioni e condizioni dell'esistenza, in modo da far scoprire e vivere, senza sosta alcuna ed anzi in continua crescita, le ricchezze della fede.
Così le realtà aggregative, ciascuna secondo i propri metodi, avranno la possibilità di "integrare, concretizzare e specificare la formazione che i loro membri ricevono da altre persone e comunità"80 ed essere conseguentemente valido strumento di una presenza efficace di animazione cristiana del mondo.
Un impegno particolare va rivolto alla formazione dei formatori, ossia dei dirigenti e dei responsabili a ogni livello: è esigenza primaria e dovere ineludibile di ogni aggregazione.
Nel contesto della formazione integrale e unitaria dei fedeli laici e in vista della loro azione apostolica e missionaria, è fondamentale la formazione alla crescita nei valori umani.
Giovanni Paolo II l'ha richiamata, ribadendo l'esortazione conciliare: i laici "facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia e del senso civico e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, cioè la probità, lo spirito di giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza d'animo, senza le quali non ci può essere neanche la vita cristiana".81
Anima di tutta la formazione è senza dubbio quella spirituale.
Essa mira alla pienezza della vita cristiana e ha come termine, sempre nuovo, Gesu stesso, come dice l'Apostolo: "finché non sia formato Cristo in voi" ( Gal 4,19 ).
Sotto questo aspetto la formazione si propone di toccare il cuore di ognuno e di trasformarlo mediante un processo continuo di conversione e di configurazione a Cristo.
Le diverse aggregazioni, proponendosi di contribuire efficacemente alla vitalità della Chiesa, ricordino che "i santi e le sante sono sempre stati fonte e origine di rinnovamento nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa.
Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità".82
Abbiano pure presente che la benedizione del Signore non è da ricercarsi tanto nel maggiore o minore numero degli aderenti, quanto piuttosto nella santità della loro vita e nella conformazione di ciascuno a Cristo crocifisso e risorto.
40. - L'insopprimibile esigenza della santità è stata riproposta con grande vigore, ancora una volta, dall'Esortazione Christifideles laici: "La vita secondo lo Spirito, il cui frutto è la santificazione, suscita ed esige da tutti e da ciascun battezzato la sequela e l'imitazione di Gesu Cristo,
nell'accoglienza delle sue beatitudini,
nell'ascolto e nella meditazione della parola di Dio,
nella consapevole e attiva partecipazione alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa,
nella preghiera individuale, familiare e comunitaria,
nella fame e nella sete di giustizia,
nella pratica del comandamento dell'amore in tutte le circostanze della vita e nel servizio ai fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti"83
Da qui la necessità di valorizzare in ogni aggregazione la "lectio divina", la direzione spirituale e i "momenti forti dello spirito" ( esercizi, ritiri, giornate di spiritualità ) per la continua revisione di vita, di vivere la centralità dell'Eucaristia e di favorire il ricorso frequente al sacramento della Riconciliazione.
In particolare la formazione deve specificamente mirare ad una autentica spiritualità laicale.
Infatti, "la vocazione dei fedeli laici alla santità comporta che la vita secondo lo Spirito si esprima in modo peculiare nel loro inserimento nelle realtà temporali e nella loro partecipazione alle attività terrene".
Il mondo è "l'ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici", della loro novità di vita, della loro collocazione nell'atto creativo e redentivo di Dio.84
La responsabilità nel confessare la fede e l'impegno apostolico richiedono la salda e cordiale adesione all'insegnamento della Chiesa circa la fede da credere e da applicare nella vita, come pure la realizzazione di limpidi e precisi metodi formativi per l'educazione alla fede nel suo integrale contenuto.
Di qui l'urgenza di una formazione dottrinale, richiesta sia dalla fede, la quale per sua natura fa appello all'intelligenza, sia dal dovere di offrire a tutti le ragioni della propria speranza ( cf. 1 Pt 3,15 ).
In questo contesto è importante e necessaria una catechesi sistematica, nella quale la fede è assunta e spiegata nella sua integralità e secondo la Tradizione viva e il Magistero della Chiesa.
42. - Punto di riferimento provvidenziale per la catechesi è ora il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Le diverse realtà aggregative lo accolgano cordialmente e lo valorizzino come dono prezioso e autorevole, "strumento valido e fecondo di ulteriori approfondimenti conoscitivi e di un autentico rinnovamento spirituale e morale"85
Indispensabile è pure il riferimento ai Catechismi emanati dalla Conferenza Episcopale Italiana come "libri della fede" per tutti: essi rispondono alle esigenze di conoscenza e di vita dei destinatari nelle loro diverse fasce di età, in modo che questi siano gradatamente condotti a raggiungere una personalità matura; sono inoltre "strumento di comunione pastorale" e "stimolo di una sempre rinnovata missione evangelizzatrice".86
Di grande utilità, infine, è la partecipazione delle aggregazioni agli Istituti di scienze religiose e alle Scuole di formazione teologica, esistenti nelle Diocesi.
La "nuova evangelizzazione" è chiamata ad orientarsi verso gli "areopaghi" del mondo moderno, come il riconoscimento e la promozione della dignità della persona umana, il rispetto dei suoi naturali diritti tra cui quelli inviolabili
alla vita e alla libertà religiosa e di coscienza;
il valore unico e insostituibile della famiglia, fondata sul matrimonio;
la giustizia e la solidarietà;
la libertà di educazione;
il servizio per la pace,
il volontariato e la salvaguardia del creato.
Le aggregazioni laicali e le organizzazioni di laici cristiani sono particolarmente qualificate per questo impegno formativo, in quanto costituiscono per la Chiesa come degli avamposti nel mondo della scuola e della cultura, della scienza, della politica, della economia e del lavoro.
Sono così tracciate le frontiere per quella testimonianza della carità che i Vescovi italiani hanno proposto come scelta pastorale per gli anni '90.
Ed è anche ribadita l'esigenza di una adeguata formazione culturale, che deve riservare un'attenzione privilegiata alla dottrina sociale della Chiesa.87
Perché possano partecipare in modo incisivo ed efficace alla "nuova evangelizzazione", alle condizioni della comunione all'interno della Chiesa particolare e dell'impegno di formazione le aggregazioni laicali devono aggiungere una terza condizione: una sempre più stretta comunione tra le diverse realtà aggregative, superando, mediante il reciproco scambio dei doni, ogni forma di antagonismo e di rivalità.
Nessun carisma perdura quando è assente la comunione dei propri doni.
Ogni carisma, infatti, è elargito da quell'unico Spirito di Cristo, che costruisce l'unità nella pluriformità e conduce la pluriformità all'unità ( cf. 1 Cor 12,4-11 ).
Avere stima le une delle altre e riconoscere come grazia la loro pluralità e perciò stesso la loro complementarità è un imperativo morale per le aggregazioni ecclesiali in forza della "vita secondo lo Spirito".
Le aggregazioni affini per scopi e finalità non manchino di cooperare tra loro per un'azione pastorale più efficace.
Tutte vedano nel ministero del Successore di Pietro e del Vescovo la garanzia e la forza per una comunione, sia al loro interno che tra di loro.
45. - Importante organismo per favorire la comunione e realizzare lo scambio dei doni, oltre il Consiglio Pastorale,88 è certamente la Consulta delle aggregazioni laicali a livello nazionale, regionale e diocesano.
È questo il luogo ove raggiungere non semplicemente un'intesa generica, bensì una feconda collaborazione, destinata a manifestarsi in un autentico coordinamento.
Nella Consulta i responsabili e i rappresentanti delle realtà aggregative stabiliscono rapporti di reciproca conoscenza, vivono momenti di preghiera, di incontro, di comunicazione di esperienze, di studio e di progettazione pastorale, di comune impegno su punti determinati e qualificanti: così ogni aggregazione può crescere nel senso della fraternità cristiana e del servizio reciproco responsabile e ordinato.89
Per tale ragione le aggregazioni, che ottengono il riconoscimento, devono far parte della Consulta.
Discernere e riconoscere nelle realtà aggregative il segno del soffio dello Spirito che arricchisce la Chiesa con doni sempre nuovi, è compito che spetta anzitutto ai Pastori.
La prima responsabilità è dei Vescovi, ai quali è affidato il ministero del discernimento circa la genuina natura e l'uso ordinato dei carismi, come testimonia l'apostolo Paolo, che così scrive ai cristiani di Corinto: "Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore; se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto" ( 1 Cor 14,37-38 ).90
Ciò significa non soltanto valutare e giudicare, ma anche accompagnare in vista di un consapevole e fattivo inserimento nell'insieme dell'attività formativa e missionaria della comunità.
E d' altra parte i "pastori della Chiesa, sia pure di fronte a possibili e comprensibili difficoltà di alcune forme aggregative e all'imporsi di nuove forme, non possono rinunciare al servizio della loro autorità, non solo per il bene della Chiesa, ma anche per il bene delle stesse aggregazioni laicali".91
Il discernimento ha come oggetto la vita della realtà aggregativa in quanto tale e la sua capacità di apertura, disponibilità e partecipazione alla vita della Chiesa particolare, intesa anche nella sua sollecitudine per tutte le altre Chiese e sempre nella reciproca compenetrazione tra Chiesa universale e Chiesa particolare.
Il clima nel quale il discernimento si deve realizzare è quello della guida autorevole, del dialogo maturo e responsabile e dell'incoraggiamento per una crescita delle aggregazioni dei fedeli laici nella comunione e nella missione della Chiesa.
Potrebbe accadere tuttavia, che in una aggregazione venga ad appannarsi o ad oscurarsi la fedeltà ai valori ecclesiali.
In tal caso il Vescovo ha il dovere di vigilanza e di ammonizione.
Nel caso poi che addirittura, dovesse venir meno qualche elemento irrinunciabile di comunione ecclesiale, il Vescovo dovrà pronunciare una chiara parola di denuncia o di richiamo, che metta in guardia la generalità dei fedeli e stimoli gli interessati a un sincero e fattivo ripensamento; e sino a che non saranno nuovamente assicurati i criteri di ecclesialità, si dovrà prendere atto che tale aggregazione non può essere ritenuta una vera associazione ecclesiale e perde conseguentemente il suo statuto di legittimità e di libertà nella comunità cristiana".92
47. - Associato al ministero del Vescovo è quello dei Presbiteri.
Anche ad essi, in quanto necessari collaboratori del Vescovo e formanti con lui, che ne è il capo, un unico Presbiterio, competono la scoperta di carismi, ministeri, uffici, vocazioni e forme di vita; il giudizio circa la loro autenticità, da offrire al Vescovo ed alla autorità che li ha nominati; l'accoglienza cordiale e senza pregiudizi; la promozione e il coordinamento in vista di riportare tutto e tutti alla unità nella verità e nella carità.
In realtà la cura pastorale verso le aggregazioni laicali, nell'ambito sia diocesano che sopradiocesano, si esprime prevalentemente attraverso la loro opera.
Il ministero dei Presbiteri nelle realtà aggregative, quali assistenti o consulenti ecclesiastici, è di essere artefici di comunione, educatori nella fede, testimoni di Dio, apostoli di Gesù Cristo, ministri dell'Eucaristia e della vita sacramentale, guide e maestri spirituali.93
I Presbiteri siano attenti alla modalità propria del loro specifico servizio all'interno delle associazioni di fedeli.
In quanto partecipano alla missione del Vescovo nei riguardi di una determinata aggregazione, la loro presenza e il loro ministero derivano dal Vescovo e non sono affatto legittimati dalla aggregazione stessa: diversamente verrebbe trasformato in delega un ministero che, invece, per sua natura è dono di Cristo alla Chiesa, destinato al bene di tutta la comunità.
48. - Abbiano sempre a cuore di custodire e di promuovere, insieme col valore della comunione ecclesiale, anche quello della autentica libertà aggregativa dei fedeli, rispettandone le rispettive tipologie e favorendone la stabilità.
Operando poi al servizio di associazioni o di movimenti laicali, siano attenti e rispettosi della identità dei fedeli laici e della loro indole secolare.
Siano disposti non soltanto ad aiutare il loro inserimento nelle diverse strutture di partecipazione, ma pure a favorire, per la loro parte, l'unità in seno alle aggregazioni.
Siano in tutto artefici di unità, adoperandosi perché si sviluppi e si conservi un dialogo abituale e fiducioso tra i responsabili delle realtà aggregative ed i Vescovi, aiutando i responsabili della pastorale a meglio conoscerle e ad apprezzarle.
49. - A loro volta le aggregazioni desiderino ed accolgano effettivamente e di buon grado la presenza del Presbitero per ciò che egli è e per il suo ministero.
Siano consapevoli che, situate anch'esse "nel quadro complessivo delle relazioni Chiesa-mondo, devono sostenere la testimonianza individuale dei propri membri con il loro vivo legame all'evento salvifico e alla sua permanente celebrazione.
La loro esistenza e, più ancora, la realizzazione dei loro fini di pendono, quindi, dalla presenza di colui che ha la missione ufficiale di attuare, con le parole e con gli atti, la salvezza per mezzo di Cristo".94
"Tutti, pastori e fedeli, siamo obbligati a favorire e ad alimentare di continuo vincoli e rapporti fraterni di stima, di cordialità, di collaborazione tra le varie forme aggregative dei laici.
Solo così la ricchezza dei doni e dei carismi, che il Signore ci offre, può portare il suo fecondo e ordinato contributo all'edificazione della casa comune: « Per la solidale edificazione della casa comune è necessario, inoltre, che sia deposto ogni spirito di antagonismo e di contesa, e che si gareggi piuttosto nello stimarsi a vicenda ( cf. Rm 12,10 ), nel prevenirsi reciprocamente nell'affetto e nella volontà di collaborazione, con la pazienza, la lungimiranza, la disponibilità al sacrificio che ciò potrà talora comportare»"95
Nell'accoglienza delle aggregazioni laicali è giusto tener conto della loro collocazione ecclesiale e canonica.
Per questo motivo il Concilio Vaticano II, dopo aver affermato che "tutte le associazioni di apostolato devono essere giustamente stimate", raccomanda ai sacerdoti, ai religiosi ed ai laici di prendere in massima considerazione quelle associazioni che "la Gerarchia secondo le necessità dei tempi e dei luoghi ha lodato o raccomandato o ha deciso di istituire come più urgenti".96
Tali indicazioni, valide ancora oggi, vanno rilette alla luce della normativa canonica, che distingue tra associazioni private "di fatto", associazioni private riconosciute e associazioni pubbliche.
51. - Nel nostro Paese l'associazionismo cattolico ha una storia che inizia già nel secolo scorso e che ancora oggi è fiorente attraverso realtà aggregative di più antica data.
La loro vitale permanenza a distanza di tempo è essa stessa un "frutto spirituale" e la "controprova" della autenticità dei loro dinamismi spirituali.97
L'accoglienza grata e disponibile delle nuove forme aggregative di apostolato non può essere alternativa o esclusiva di quelle altre più antiche, che pure hanno superato la prova del tempo ed hanno nel bagaglio delle proprie esperienze una lunga, positiva ed ancora vitale tradizione di vita associativa.
Le une e le altre, invece, siano sempre ritenute come effettivi doni dello Spirito alla Chiesa, che offrono ai fedeli preziose occasioni di educazione alla fede e di crescita cristiana ed ecclesiale.
Indice |
66 | Cf. Christifideles laici, n. 34 |
67 | Cf. C.E.I., DOC. past. Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 25 |
68 | Paolo VI , Esort. apost.
Evangelii nuntiandi, n. 70; cfr anche Christifideles laici, n. 23 |
69 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi del Lazio ( 8 luglio 1991 ) |
70 | C.E.I., Doc. past. Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 41 |
71 | Cf. Christifideles laici, n. 51; Giovanni Paolo II, Lett. apost. Mulieris dignitatem, n. 31 ( 15 agosto 1988 ) |
72 | Cf. C.E.I., Doc. past. Evangelizzazione e testimonianza della carità, nn. 43-52 |
73 | Christifideles laici, n. 25 |
74 | C.E.I., DOC. past. Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 29 |
75 | Christus Dominus, n. 17 |
76 | Cf. Apostolicam actuositatem, n. 10 |
77 | Cf. Christifideles laici, n. 27; Sacrosanctum Concilium, n. 42 |
78 | Cf. C.E.1.. Doc. past. Comunione e comunità: I. Introduzione al piano pastorale, nn. 42-46 ( 1 ottobre 1981 ) |
79 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi delle diocesi del sud-occidentale della Repubblica Federale di Germania ( 19 dicembre 1992 ); cf. C.E.I., Nota past. Il giorno del Signore nn. 32-34 ( 15 luglio 1984 ) |
80 | Christifideles laici, n. 62 |
81 | Apostolicam actuositatem, n. 4; cf. anche Christifideles laici, n. 60 |
82 | Sinodo dei Vescovi 1985, Relazione finale, II A 5 ( 7 dicembre 1985 ) |
83 | Christifideles laici, n. 16; cf. anche n. 17. |
84 | Cf. Christifideles laici, n. 15 e n. 17 |
85 | Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della presentazione ufficiale del Catechismo della Chiesa Cattolica del 7 dicembre 1992 |
86 | Cf. C.E.I., Lettera per la riconsegna del testo "Il rinnovamento della catechesi", n. 11 ( 3 aprile 1988 ) |
87 | Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Encic. Centesirnus annus, n. 5 ( 1 maggio 1991 ) |
88 | Cf. Christifideles laici, n. 25 |
89 | Cf. C.E.I., Nota past. La Chiesa in Italia dopo Loreto, n. 55 |
90 | Cf. Apostolicam actuositatem, n. 3 |
91 | Christifideles laici, n. 31 |
92 | Criteri di ecclesialità …, n. 16 |
93 | Cf. Pont. Cons. per i Laici, Doc. I sacerdoti nelle associazioni di fedeli ( 4 agosto 1981 ), in particolare i nn. 1344-1383 Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzione agli assistenti dell'ACI ( 23 giugno 1987 ) |
94 | Pont. Cons. per i Laici, Doc. I sacerdoti nelle associazioni di fedeli, prefazione |
95 | Christifideles laici, n. 31 L'Esortazione cita il discorso di Giovanni Paolo II al Convegno della Chiesa italiana a Loreto ( 10 aprile 1985 ) |
96 | Apostolicam actuositatem, n. 21 |
97 | Cf. Criteri di ecclesialità …, n. 14 |