Giovedì, 15 maggio 2014
Gesù non è un eroe solitario venuto dal cielo per salvarci, ma è il punto centrale e il fine ultimo della storia che Dio ha iniziato con il suo popolo.
Per questo il cristiano dev'essere sempre un uomo eucaristico che cammina tra memoria e speranza, mai una monade solitaria.
Se infatti non si cammina con il popolo, se non si appartiene alla Chiesa, la fede è solo una cosa artificiale da laboratorio.
Lo ha detto Papa Francesco nella messa celebrata giovedì 15 maggio nella cappella della Casa Santa Marta.
« È curioso - ha fatto notare il Papa - che quando gli apostoli annunciano Gesù Cristo mai incominciano da Lui », dalla sua persona, « dicendo: Gesù Cristo è il salvatore! ».
No, gli apostoli iniziano invece la loro testimonianza partendo sempre « dalla storia del popolo ».
E lo vediamo oggi, ha fatto notare, nel brano degli Atti degli apostoli ( At 13,13-25 ) che racconta, appunto, la testimonianza di san Paolo ad Antiochia in Pisìdia.
Ma « lo stesso fa Pietro nei suoi primi discorsi e lo stesso aveva fatto Stefano ».
Così, quando agli apostoli viene chiesto « perché credete in quest'uomo? », ecco che loro incominciano a parlare di « Abramo e tutta la storia del popolo ».
La ragione di questo atteggiamento è chiara: « Gesù non si capisce senza questa storia, Gesù è proprio il fine di questa storia verso il quale questa storia va, cammina ».
Dunque, si legge negli Atti degli apostoli, Paolo si alzò nella sinagoga e disse: « Uomini d'Israele, il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ».
Paolo disse proprio « scelse i nostri padri », incominciando perciò il suo discorso « con la scelta che Dio ha fatto di un uomo, Abramo », a cui diede il comando di uscire dalla sua terra, dalla casa dei suoi padri.
Dio scelse, ha spiegato il Papa, dando inizio in questo modo a « un cammino di elezione: il popolo di Dio è un popolo scelto, eletto, ma sempre in cammino ».
Ecco perché, ha affermato ancora il Pontefice, « non si può capire Gesù Cristo senza questa storia di preparazione verso Lui ».
E, di conseguenza, « non si può capire un cristiano fuori dal popolo di Dio ».
Perché « il cristiano non è una monade, lì da solo.
No, lui appartiene al popolo, alla Chiesa ».
A tal punto che « un cristiano senza Chiesa è una cosa puramente ideale, non è reale! ».
Siamo davanti, ha proseguito, alla « promessa di Dio »: io farò di te un popolo grande!
Così « questo popolo cammina con una promessa ».
E qui entra la dimensione della memoria: « È importante che noi, nella nostra vita, abbiamo presente la dimensione della memoria » ha sottolineato il Pontefice.
Infatti, ha aggiunto, « un cristiano è un "memorioso" della storia del suo popolo; è "memorioso" del cammino che il popolo ha fatto; è "memorioso" della sua Chiesa ».
Un cristiano, dunque, è un uomo che ha « la memoria » del passato.
In questa dimensione della memoria « il popolo cammina verso la definitiva promessa, verso la pienezza; è un popolo eletto che ha una promessa nel futuro e cammina verso questa promessa, verso l'adempimento di questa promessa ».
Per questo, ha spiegato ancora, « un cristiano nella Chiesa è un uomo, una donna, con speranza.
Ha speranza nella promessa, che non è aspettativa: è un'altra cosa!
È proprio speranza: avanti!
È la speranza che non delude! ».
E così « guardando indietro, il cristiano è una persona "memoriosa"; chiede la grazia della memoria, sempre! ».
Invece « guardando avanti, il cristiano è un uomo e una donna di speranza ».
Tra memoria e speranza, « nel presente il cristiano segue il cammino di Dio e rinnova l'alleanza con Dio ».
In pratica « dice al Signore continuamente: sì, io voglio i comandamenti; io voglio la tua volontà; io voglio seguirti! ».
Così facendo « è un uomo di alleanza ».
Proprio « l'alleanza - ha detto il Papa - la celebriamo noi tutti i giorni qui », sull'altare.
Dunque il cristiano è sempre « una donna, un uomo eucaristico ».
In questo contesto, ha precisato il vescovo di Roma « non si può capire un cristiano solo ».
Come, del resto, « non si può capire Gesù Cristo solo ».
Infatti « Gesù Cristo non è caduto dal cielo come un eroe che viene a salvarci.
No, Gesù Cristo ha storia! ».
E « possiamo dire - ed è vero questo - che Dio ha storia perché ha voluto camminare con noi ».
Ecco, allora, perché « non si può capire Gesù Cristo senza storia ».
Ed ecco anche perché « un cristiano senza storia, un cristiano senza popolo, un cristiano senza Chiesa non si può capire: è una cosa di laboratorio, una cosa artificiale, una cosa che non può avere vita ».
La meditazione di Papa Francesco ha portato poi a un esame di coscienza: com'è la nostra identità cristiana?
Domandiamoci, ha suggerito « se la nostra identità cristiana è appartenenza a un popolo, la Chiesa ».
Perché se non fosse così, « noi non siamo cristiani ».
Invece « siamo entrati nella Chiesa col battesimo ».
A questo proposito è importante, ha detto ancora il Papa, « avere l'abitudine di chiedere la grazia della memoria del cammino che ha fatto il popolo di Dio ».
La grazia anche della « memoria personale: cosa ha fatto Dio con me nella mia vita, come mi ha fatto camminare? ».
E, ha proseguito, bisogna saper anche « chiedere la grazia della speranza che non è ottimismo: è un'altra cosa ».
E, infine, « chiedere la grazia di rinnovare tutti i giorni l'alleanza con il Signore che ci ha chiamato ».
Il Signore, ha concluso il Papa, « ci dia queste tre grazie che sono necessarie per l'identità cristiana ».