Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri |
La formazione permanente è esigenza che nasce e si sviluppa a partire dalla recezione del sacramento dell'Ordine, con il quale il sacerdote viene non solo « consacrato » dal Padre, « inviato » dal Figlio, ma anche « animato » dallo Spirito Santo.
Essa, quindi, scaturisce da una grazia che sprigiona una forza soprannaturale, destinata ad assimilare progressivamente, e in termini sempre più ampi e profondi, tutta la vita e l'azione del presbitero nella fedeltà al dono ricevuto: « Ti ricordo scrive san Paolo a Timoteo di ravvivare il dono di Dio che è in te » ( 2 Tm 1,6 ).
Si tratta di una necessità intrinseca allo stesso dono divino226 che va continuamente « vivificato » perché il presbitero possa rispondere adeguatamente alla sua vocazione.
Egli, infatti, in quanto uomo storicamente situato, ha bisogno di perfezionarsi in tutti gli aspetti della sua esistenza umana e spirituale per poter giungere a quella conformazione a Cristo che è il principio unificante di tutto.
Le rapide e diffuse trasformazioni e un tessuto sociale spesso secolarizzato, tipici del mondo contemporaneo, sono altrettanti fattori che rendono assolutamente ineludibile il dovere del presbitero di essere adeguatamente preparato per non disperdere la propria identità e per rispondere alle necessità della nuova evangelizzazione.
A questo già grave dovere corrisponde un preciso diritto da parte dei fedeli sui quali ricadono positivamente gli effetti della buona formazione e della santità dei sacerdoti.227
La vita spirituale del sacerdote e il suo ministero pastorale vanno uniti a quel continuo lavoro su se stessi in modo da approfondire e raccogliere in armonica sintesi sia la formazione spirituale, sia quella umana, intellettuale e pastorale.
Questo lavoro, che deve iniziare fin dal tempo del seminario, deve essere favorito dai Vescovi ai vari livelli: nazionale, regionale e, soprattutto, diocesano.
È motivo di incoraggiamento poter constatare che sono già molte le Diocesi e le Conferenze episcopali attualmente coinvolte con promettenti iniziative per attuare una vera formazione permanente dei propri sacerdoti.
Si auspica che tutte le Diocesi possano rispondere a questa necessità.
Tuttavia, dove ciò non fosse momentaneamente possibile, è consigliabile che esse si accordino tra di loro o prendano contatto con quelle istituzioni o persone, particolarmente preparate a svolgere un compito tanto delicato.228
La formazione permanente si presenta come un mezzo necessario al presbitero di oggi per raggiungere il fine della sua vocazione, che è il servizio di Dio e del suo Popolo.
Essa, in pratica, consiste nell'aiutare tutti i sacerdoti a rispondere generosamente all'impegno richiesto dalla dignità e dalla responsabilità che Dio ha conferito loro per mezzo del sacramento dell'Ordine;
nel custodire, difendere e sviluppare la loro specifica identità e vocazione;
nel santificare se stessi e gli altri mediante l'esercizio del ministero.
Ciò significa che il presbitero deve evitare qualsiasi dualismo tra spiritualità e ministerialità, origine profonda di talune crisi.
È chiaro che per raggiungere queste finalità di ordine soprannaturale, devono essere scoperti ed analizzati i criteri generali sui quali si deve strutturare la formazione permanente dei presbiteri.
Tali criteri o principi generali di organizzazione devono essere pensati a partire dalla finalità che ci si è proposti o, per meglio dire, vanno ricercati in essa.
La formazione permanente è un diritto dovere del presbitero e impartirla è un diritto dovere della Chiesa, stabilito nella legge universale.229
Infatti, come la vocazione al ministero sacro si riceve nella Chiesa, così, solo alla Chiesa compete impartire la specifica formazione secondo la responsabilità propria di tale ministero.
La formazione permanente, pertanto, essendo un'attività legata all'esercizio del sacerdozio ministeriale, appartiene alla responsabilità del Papa e dei Vescovi.
La Chiesa ha quindi il dovere e il diritto di continuare a formare i suoi ministri, aiutandoli a progredire nella risposta generosa al dono che Dio ha loro Concesso.
A sua volta, il ministro ha ricevuto anche, come esigenza del dono connesso con l'ordinazione, il diritto di avere l'aiuto necessario da parte della Chiesa per realizzare efficacemente e santamente il suo servizio.
L'attività di formazione si basa su un'esigenza dinamica, intrinseca al carisma ministeriale, che è in sé stesso permanente ed irreversibile.
Essa, pertanto, non può mai essere considerata terminata, né da parte della Chiesa che la impartisce, né da parte del ministro che la riceve.
È necessario, quindi, che essa sia pensata e sviluppata in modo che tutti i presbiteri possano riceverla sempre, tenendo conto di quelle possibilità e caratteristiche che si collegano al variare dell'età, della condizione di vita e dei compiti affidati.230
Tale formazione deve comprendere e armonizzare tutte le dimensioni della formazione sacerdotale; deve cioè tendere ad aiutare ogni presbitero:
a raggiungere lo sviluppo di una personalità umana maturata nello spirito di servizio agli altri, qualunque sia l'incarico ricevuto;
ad essere intellettualmente preparato nelle scienze teologiche e anche in quelle umane in quanto connesse con il proprio ministero, in modo da svolgere con maggiore efficacia la sua funzione di testimone della fede;
a possedere una vita spirituale profonda, nutrita dall'intimità con Gesù Cristo e dall'amore per la Chiesa;
a svolgere il suo ministero pastorale con impegno e dedizione.
In pratica, tale formazione dev'essere completa: umana, spirituale, intellettuale, pastorale, sistematica e personalizzata.
La formazione umana è estremamente importante nel mondo d'oggi, come del resto lo è sempre stato.
Il presbitero non deve dimenticare di essere un uomo scelto tra gli uomini per essere al servizio dell'uomo.
Per santificarsi e per riuscire nella sua missione sacerdotale, egli dovrà presentarsi con un bagaglio di virtù umane che lo rendano degno della stima dei suo fratelli.
In particolare dovrà praticare la bontà del cuore, la pazienza, l'amabilità, la forza d'animo, l'amore per la giustizia, l'equilibrio, la fedeltà alla parola data, la coerenza con gli impegni liberamente assunti, ecc.231
È altresì importante che il sacerdote rifletta sul suo comportamento sociale, sulla correttezza delle varie forme di relazioni umane, sui valori dell'amicizia, sulla signorilità del tratto, ecc.
Tenendo presente quanto già ampiamente esposto circa la vita spirituale, ci si limita qui a presentare alcuni mezzi pratici di formazione.
Sarebbe necessario innanzitutto approfondire gli aspetti principali dell'esistenza sacerdotale facendo riferimento, in particolare, all'insegnamento biblico, patristico e agiografico, nel quale il presbitero deve continuamente aggiornarsi, non solo tramite le letture di buoni libri, ma anche partecipando a corsi di studio, congressi, ecc.232
Sessioni particolari potrebbero essere dedicate alla cura della celebrazione dei sacramenti, come anche allo studio di questioni di spiritualità, quali le virtù cristiane e umane, il modo di pregare, il rapporto tra la vita spirituale e il ministero liturgico, pastorale, ecc.
Più Concretamente, è auspicabile che ogni presbitero, magari in Concomitanza ai periodici esercizi spirituali, elabori un Concreto progetto di vita personale, Concordato possibilmente col proprio direttore spirituale, per il quale si segnalano, alcuni punti:
1. meditazione quotidiana sulla Parola o su un mistero della fede;
2. quotidiano incontro personale con Gesù nell'Eucaristia, oltre alla devota celebrazione della Santa Messa;
3. devozione mariana ( rosario, consacrazione o affidamento, intimo colloquio );
4. momento formativo dottrinale e agiografico;
5. doveroso riposo;
6. rinnoVato impegno sulla messa in pratica degli indirizzi del proprio Vescovo e di verifica della propria convinta adesione al Magistero e alla disciplina ecclesiastica;
7. cura della comunione e dell'amicizia sacerdotale.
Atteso l'enorme influsso che le correnti umanistico-filosofiche hanno nella cultura moderna, nonché il fatto che alcuni presbiteri non hanno ricevuto adeguata preparazione in tali discipline, anche perché provenienti da indirizzi scolastici diversi, si rende necessario che, negli incontri, siano tenute presenti le più rilevanti tematiche di carattere umanistico e filosofico o che comunque « hanno un rapporto con le scienze sacre, particolarmente in quanto possono essere utili nell'esercizio del ministero pastorale ».233
Tali tematiche costituiscono anche un valido aiuto per trattare correttamente i principali argomenti di teologia fondamentale, dogmatica e morale, di Sacra Scrittura, di liturgia, di diritto canonico, di Ecumenismo, ecc., tenendo presente che l'insegnamento di queste materie non dev'essere problematico né solo teorico o informativo, ma deve portare all'autentica formazione, cioè alla preghiera, alla comunione e all'azione pastorale.
Si faccia in modo che negli incontri sacerdotali i documenti del Magistero siano approfonditi comunitariamente, sotto autorevole guida, in modo da facilitare, nella pastorale diocesana, quell'unità di interpretazione e di prassi che tanto giova all'opera di evangelizzazione.
Particolare importanza, nella formazione intellettuale, va data alla trattazione di temi che hanno oggi maggior rilievo nel dibattito culturale e nella prassi pastorale, come, ad esempio, quelli relativi all'etica sociale, alla bioetica, ecc.
Una trattazione speciale deve essere riserVata alle questioni poste dal progresso scientifico, particolarmente influente sulla mentalità e sulla vita degli uomini contemporanei.
I presbiteri non dovranno esimersi dal tenersi adeguatamente aggiornati e pronti nel rispondere agli interrogativi che la scienza può porre nel suo progredire, non mancando di consultare esperti preparati e sicuri.
È del massimo interesse studiare, approfondire e diffondere la dottrina sociale della Chiesa.
Seguendo la spinta dell'insegnamento magisteriale, bisogna che l'interesse di tutti i sacerdoti e, per mezzo di essi, di tutti i fedeli a favore dei bisognosi, non rimanga al livello di pio desiderio, ma si converta in un Concreto impegno di vita.
« Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna ».234
Un'esigenza imprescindibile per la formazione intellettuale dei sacerdoti è la conoscenza e l'utilizzazione, nella loro attività ministeriale, dei mezzi di comunicazione sociale.
Questi, se bene adoperati, costituiscono un provvidenziale strumento di evangelizzazione, potendo raggiungere non solo una massa enorme di fedeli e di lontani, ma anche incidere profondamente sulla loro mentalità e sul loro modo di agire.
A tal proposito, sarebbe opportuno che il Vescovo o la stessa Conferenza Episcopale preparassero programmi e strumenti tecnici atti allo scopo.
Per una adeguata formazione pastorale, è necessario realizzare incontri aventi come obiettivo principale la riflessione sul piano pastorale della Diocesi.
In essi, non dovrebbe mancare anche la trattazione di tutte le questioni attinenti alla vita e alla pratica pastorale dei presbiteri come, per esempio, la morale fondamentale, l'etica nella vita professionale e sociale, ecc.
Particolare cura dovrà essere data alla conoscenza della vita e della spiritualità dei diaconi permanenti laddove esistono, dei religiosi e delle religiose, nonché dei fedeli laici.
Altri temi, particolarmente utili da trattare, possono essere quelli riguardanti la catechesi, la famiglia, le vocazioni sacerdotali e religiose, i giovani, gli anziani, gli infermi, l'Ecumenismo, i « lontani », ecc.
È molto importante per la pastorale, nelle attuali circostanze, organizzare cicli speciali per approfondire ed assimilare il Catechismo della Chiesa Cattolica che, soprattutto per i sacerdoti, costituisce un prezioso strumento di formazione sia per la predicazione, sia, in genere, per l'opera di evangelizzazione.
Perché la formazione permanente sia completa, bisogna che essa sia strutturata « non come qualcosa di episodico, ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di modalità precise ».235
Questo comporta la necessità di creare una certa struttura organizzativa che stabilisca opportunamente strumenti, tempi e contenuti per la sua Concreta e adeguata realizzazione.
A tale organizzazione, deve accompagnarsi l'abitudine dello studio personale, giacché anche i corsi periodici risulterebbero di scarsa utilità se non fossero accompagnati dall'applicazione nello studio.236
Sebbene si impartisca a tutti, la formazione permanente ha come obiettivo diretto il servizio a ciascuno di coloro che la ricevono.
Così, accanto a mezzi collettivi o comuni, devono esistere tutti quegli altri mezzi che tendono a personalizzare la formazione di ognuno.
Per questa ragione va favorita, soprattutto tra i responsabili, la coscienza di dover raggiungere ogni sacerdote personalmente, prendendosi cura di ciascuno, non accontentandosi di mettere a disposizione di tutti le diverse opportunità.
A sua volta, ogni presbitero deve sentirsi incoraggiato, con la parola e con l'esempio del suo Vescovo e dei suoi fratelli nel sacerdozio, ad assumersi la responsabilità della propria formazione, essendo egli il primo formatore di se stesso.237
L'itinerario degli incontri sacerdotali deve avere la caratteristica dell'unitarietà e della progressione per tappe.
Tale unitarietà deve convergere nella conformazione a Cristo, di modo che le verità di fede, la vita spirituale e l'attività ministeriale portino alla progressiva maturazione di tutto il presbiterio.
Il cammino formativo unitario è scandito da tappe ben definite.
Ciò esigerà una specifica attenzione alle diverse fasce di età dei presbiteri, non trascurandone alcuna, come pure una verifica delle tappe compiute, con l'avvertenza di accordare tra loro i cammini formativi comunitari con quelli personali, senza dei quali i primi non potrebbero sortire effetto.
Gli incontri dei sacerdoti sono da ritenersi necessari per crescere nella comunione, per una sempre maggiore presa di coscienza e per una adeguata disamina dei problemi propri di ciascuna fascia di età.
Circa i contenuti di tali riunioni, ci si può rifare ai temi eventualmente proposti dalle Conferenze episcopali nazionali e regionali.
In ogni caso, è necessario che essi siano stabiliti in un preciso piano di formazione della Diocesi, possibilmente aggiornato ogni anno.238
La loro organizzazione e il loro svolgimento potranno essere prudentemente affidati dal Vescovo a Facoltà o Istituti teologici e pastorali, al Seminario, a organismi o federazioni impegnati nella formazione sacerdotale,239 a qualche altro Centro o Istituto specializzato che, a seconda delle possibilità e opportunità, potrà essere diocesano, regionale o nazionale, purché sia accertata la rispondenza alle esigenze di ortodossia dottrinale, di fedeltà al Magistero e alla disciplina ecclesiastica, nonché la competenza scientifica e l'adeguata conoscenza delle reali situazioni pastorali.
Sarà cura del Vescovo, anche attraverso eventuali cooperazioni prudentemente scelte, provvedere affinché nell'anno successivo alla ordinazione presbiterale o a quella diaconale, venga programmato un anno cosiddetto pastorale che faciliti il passaggio dalla indispensabile vita di seminario all'esercizio del sacro ministero, procedendo per gradi, facilitando una progressiva, armonica maturazione umana e specificamente sacerdotale.240
Durante il corso di questo anno, occorrerà evitare che i neoordinati siano immessi in situazioni eccessivamente gravose o delicate, così come si dovranno evitare destinazioni nelle quali essi si trovino ad agire lontani dai confratelli.
Sarà bene, anzi, nei modi possibili, favorire qualche opportuna forma di vita comune.
Questo periodo di formazione potrebbe essere trascorso in una residenza appositamente destinata allo scopo ( Casa del clero ) o in un luogo che possa costituire un preciso e sereno punto di riferimento per tutti i sacerdoti che sono alle prime esperienze pastorali.
Ciò faciliterà il colloquio e il confronto con il Vescovo e con i confratelli, la preghiera comune ( Liturgia delle Ore, Concelebrazione e adorazione eucaristica, santo Rosario, ecc. ), lo scambio di esperienze, il reciproco incitamento, il fiorire di buoni rapporti di amicizia.
Sarebbe opportuno che il Vescovo indirizzasse i neosacerdoti a confratelli di vita esemplare e zelo pastorale.
La prima destinazione, nonostante le spesso gravi urgenze pastorali, dovrebbe rispondere soprattutto all'esigenza di instradare correttamente i giovani presbiteri.
Il sacrificio di un anno potrà allora fruttificare largamente per l'avvenire.
Non è superfluo sottolineare il fatto che questo anno, delicato e prezioso, dovrà favorire la maturazione piena della conoscenza fra il presbitero e il suo Vescovo, che, iniziata in Seminario, deve diventare un vero rapporto da figlio a padre.
Per quanto attiene alla parte intellettuale, questo anno non dovrà essere tanto un periodo di apprendimento di nuove materie, quanto piuttosto di profonda assimilazione e interiorizzazione di ciò che è stato studiato nei corsi istituzionali, in modo da favorire la formazione di una mentalità capace di valutare i particolari alla luce del disegno di Dio.241
In tale contesto, potranno opportunamente strutturarsi lezioni e seminari di prassi della confessione, di liturgia, di catechesi e di predicazione, di diritto canonico, di spiritualità sacerdotale, laicale e religiosa, di dottrina sociale, della comunicazione e dei suoi mezzi, di conoscenza delle sette e delle nuove religiosità, ecc.
In pratica, l'opera di sintesi deve costituire la via sulla quale passa l'anno pastorale.
Ogni elemento deve corrispondere al progetto fondamentale di maturazione della vita spirituale.
La riuscita dell'anno pastorale è comunque e sempre condizionata dall'impegno personale dello stesso interessato che deve tendere ogni giorno alla santità, nella continua ricerca dei mezzi di santificazione che lo hanno aiutato fin dal seminario.
Il pericolo dell'abitudine, la stanchezza fisica dovuta al superlavoro al quale, oggi soprattutto, sono sottoposti i presbiteri a causa delle fatiche pastorali, la stessa stanchezza psicologica causata, spesso, dal dover lottare continuamente contro l'incomprensione, il fraintendimento, i pregiudizi, l'andare contro forze organizzate e potenti che tendono a dare l'impressione che oggi il sacerdote appartenga ad una minoranza culturalmente obsoleta, sono altrettanti fattori che possono insinuare disagio nell'animo del pastore.
Nonostante le urgenze pastorali, anzi proprio per far fronte ad esse in modo adeguato, è conveniente che ai presbiteri siano Concessi tempi più o meno ampi a seconda delle reali possibilità per poter sostare più lungamente e intensamente con il Signore Gesù, riprendendo forza e coraggio per continuare il cammino di santificazione.
Per rispondere a questa particolare esigenza, in molte diocesi già sono state sperimentate, spesso con promettenti risultati, diverse iniziative.
Queste esperienze sono valide e possono essere prese in considerazione, nonostante le difficoltà che si incontrano in alcune zone dove maggiormente si soffre la carenza numerica dei presbiteri.
Allo scopo, potrebbero avere una funzione notevole i monasteri, i santuari o altri luoghi di spiritualità, possibilmente fuori dei grandi centri, lasciando il presbitero libero da responsabilità pastorali dirette.
In alcuni casi potrà essere utile che queste soste abbiano finalità di studio o di aggiornamento nelle scienze sacre, senza dimenticare, nel contempo, lo scopo del rinvigorimento spirituale ed apostolico.
In ogni caso, sia accuratamente evitato il pericolo di considerare il periodo sabatico come un tempo di vacanza o di rivendicarlo come un diritto.
È da auspicare, dove è possibile, la erezione di una « Casa del Clero » che potrebbe costituire anche luogo di ritrovo per tenere gli accennati incontri di formazione e di riferimento per numerose altre circostanze.
Tale casa dovrebbe offrire tutte quelle strutture organizzative che possano renderla confortevole e attraente.
Laddove ancora non esistesse e le necessità lo suggerissero, è consigliabile creare, a livello nazionale o regionale, strutture adatte per il recupero fisico-psichico-spirituale di sacerdoti in particolari necessità.
Come dimostra la lunga esperienza spirituale della Chiesa, i Ritiri e gli Esercizi Spirituali sono uno strumento idoneo ed efficace per un'adeguata formazione permanente del clero.
Essi conservano anche oggi tutta la loro necessità ed attualità.
Contro una prassi che tende a svuotare l'uomo di tutto ciò che è interiorità, il sacerdote deve trovare Dio e se stesso facendo delle soste spirituali per immergersi nella meditazione e nella preghiera.
Per questo la legislazione canonica stabilisce che i chierici « sono tenuti a partecipare ai ritiri spirituali, secondo le disposizioni del diritto particolare ».242
Le due modalità più usuali, che potrebbero essere prescritte dal Vescovo nella propria diocesi, sono il ritiro spirituale di un giorno, possibilmente mensile, e gli Esercizi Spirituali annuali.
È molto opportuno che il Vescovo programmi ed organizzi i Ritiri e gli Esercizi Spirituali in modo che ogni sacerdote abbia la possibilità di sceglierli tra quelli che normalmente vengono fatti, nella Diocesi o fuori, da sacerdoti esemplari o da Istituti religiosi particolarmente sperimentati per il loro stesso carisma nella formazione spirituale o presso monasteri.
È anche consigliabile l'organizzazione di un ritiro speciale per sacerdoti ordinati negli ultimi anni, nel quale abbia parte attiva lo stesso Vescovo.243
Durante tali incontri, è importante che si focalizzino temi spirituali, si offrano larghi spazi di silenzio e di preghiera e siano particolarmente curate le celebrazioni liturgiche, il sacramento della Penitenza, l'adorazione eucaristica, la direzione spirituale e gli atti di venerazione e di culto alla Beata Vergine Maria.
Per conferire maggiore importanza ed efficacia a questi strumenti di formazione, il Vescovo potrebbe nominare appositamente un sacerdote col compito di organizzare i tempi e i modi del loro svolgimento.
In ogni caso, bisogna che i Ritiri e specialmente gli Esercizi Spirituali annuali siano vissuti come tempi di preghiera e non come corsi di aggiornamento teologico-pastorale.
Pur riconoscendo le difficoltà che la formazione permanente suole incontrare, a causa soprattutto dei numerosi e gravosi compiti a cui sono chiamati i sacerdoti, bisogna dire che tutte le difficoltà sono superabili se ci si impegna a condurla con responsabilità.
Per mantenersi all'altezza delle circostanze ed affrontare le esigenze dell'urgente lavoro di evangelizzazione, si rende necessaria tra gli altri strumenti una coraggiosa azione di governo pastorale finalizzata a prendersi cura dei sacerdoti in modo del tutto particolare.
È indispensabile che i Vescovi esigano, con la forza della carità, che i loro sacerdoti eseguano generosamente le legittime disposizioni emanate in questa materia.
L'esistenza di un « piano di formazione permanente » comporta che esso sia, non solo Concepito o programmato, ma anche realizzato.
Per questo, è necessaria una chiara strutturazione del lavoro, con obiettivi, contenuti, e strumenti per realizzarlo.
Il primo e principale responsabile della propria formazione permanente è il presbitero stesso.
In realtà, su ciascun sacerdote incombe il dovere di essere fedele al dono di Dio e al dinamismo di conversione quotidiana che viene dal dono stesso.244
Tale dovere deriva dal fatto che nessuno può sostituire il singolo presbitero nel vigilare su se stesso ( cf 1 Tm 4,16 ).
Egli, infatti, partecipando all'unico sacerdozio di Cristo, è chiamato a rivelarne e attuarne, secondo una sua vocazione unica e irripetibile, qualche aspetto della straordinaria ricchezza di grazia che ha ricevuto.
D'altra parte, le condizioni e le situazioni di vita di ogni singolo sacerdote sono tali che, anche dal punto di vista semplicemente umano, esigono che egli si coinvolga personalmente nella sua formazione, in modo da mettere a frutto le proprie capacità e possibilità.
Egli, pertanto, parteciperà attivamente agli incontri di formazione, dando il proprio contributo in base alle sue competenze e alle possibilità Concrete e provvederà a fornirsi e a leggere libri e riviste che siano di sicura dottrina e di sperimentata utilità per la sua vita spirituale e per il fruttuoso svolgimento del suo ministero.
Tra le letture, il primo posto dev'essere occupato dalla Sacra Scrittura; quindi dagli scritti dei Padri, dei Maestri di spiritualità antichi e moderni, e dai Documenti del Magistero ecclesiastico, i quali costituiscono la fonte più autorevole e aggiornata della formazione permanente.
I presbiteri, pertanto, li studieranno e approfondiranno in modo diretto e personale per poterli adeguatamente presentare ai fedeli laici.
In tutti gli aspetti dell'esistenza sacerdotale emergeranno i « particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità »,245 sui quali si fonda l'aiuto reciproco che i presbiteri si presteranno.246
È auspicabile che cresca e si sviluppi la cooperazione di tutti i presbiteri nella cura della loro vita spirituale ed umana, nonché del servizio ministeriale.
L'aiuto che in questo campo deve essere fornito ai sacerdoti, può trovare un solido sostegno nelle diverse Associazioni sacerdotali, che tendono a formare una spiritualità veramente diocesana.
Si tratta di Associazioni che « avendo gli statuti approVati dall'autorità competente, mediante una regola di vita adatta e convenientemente approVata e mediante l'aiuto fraterno, stimolano alla santità nell'esercizio del ministero e favoriscono l'unità dei chierici fra di loro e col proprio Vescovo ».247
In quest'ottica, occorre rispettare, con ogni cura, il diritto di ciascun sacerdote diocesano ad impostare la propria vita spirituale nel modo che ritiene maggiormente opportuno, sempre conformemente come è ovvio alle caratteristiche della propria vocazione e dei vincoli che da essa derivano.
Il lavoro che queste Associazioni, come anche i Movimenti approvati, compiono in favore dei sacerdoti è tenuto in grande considerazione dalla Chiesa,248 che lo riconosce oggi come un segno della vitalità con la quale lo Spirito Santo la rinnova continuamente.
Per quanto ampia e difficile possa essere la porzione del Popolo di Dio che gli è affidata, il Vescovo deve riservare una sollecitudine del tutto particolare nei riguardi della formazione permanente dei suoi presbiteri.249
Esiste, infatti, un rapporto speciale tra questi e il Vescovo, dovuto al « fatto che i presbiteri ricevono attraverso di lui il loro sacerdozio e condividono con lui la sollecitudine pastorale verso il Popolo di Dio ».250
Ciò determina anche specifiche responsabilità del Vescovo nel campo della formazione sacerdotale.
Tali responsabilità si esprimono sia nei riguardi dei singoli presbiteri, per cui la formazione deve essere il più possibile personalizzata, sia nei riguardi di tutti, in quanto formanti il presbiterio diocesano.
In tal senso, il Vescovo non mancherà di coltivare premurosamente la comunicazione e la comunione tra i presbiteri, avendo cura, in particolare, di custodire e promuovere la vera indole della formazione permanente, educare la loro coscienza circa la sua importanza e necessità e, infine, programmarla e organizzarla stabilendo un piano di formazione, le strutture necessarie e le persone adatte per attuarlo.251
Nel provvedere alla formazione dei suoi sacerdoti, bisogna che il Vescovo si coinvolga con la propria e personale formazione permanente.
L'esperienza insegna che quanto più il Vescovo, per primo, è convinto e impegnato nella propria formazione, tanto più saprà stimolare e sostenere quella del suo presbiterio.
In questa delicata opera, il Vescovo, pur svolgendo un ruolo insostituibile e indelegabile, saprà chiedere la collaborazione del Consiglio presbiterale il quale, per la sua natura e le sue finalità, sembra organismo idoneo a coadiuvarlo specialmente per quanto riguarda, ad esempio, l'elaborazione del piano di formazione.
Ogni Vescovo, poi, si sentirà sostenuto e aiutato nel suo compito dagli altri confratelli Vescovi, riuniti in Conferenza.252
Nessuna formazione è possibile se non c'è, oltre al soggetto che si deve formare, anche il soggetto che forma, il formatore.
La bontà e l'efficacia di un piano di formazione dipendono in parte dalle strutture ma, principalmente, dalle persone dei formatori.
È evidente che nei riguardi di tali formatori si fa particolarmente delicata e importante la responsabilità del Vescovo.
È necessario, pertanto, che lo stesso Vescovo nomini un gruppo di formatori e che le persone siano scelte tra quei sacerdoti altamente qualificati e stimati per la loro preparazione e maturità umana, spirituale, culturale e pastorale.
I formatori, infatti, devono essere anzitutto uomini di preghiera, docenti con forte senso del soprannaturale, di profonda vita spirituale, di condotta esemplare, con adeguata esperienza nel ministero sacerdotale, capaci di coniugare, come i Padri della Chiesa e i santi maestri di tutti i tempi, le esigenze spirituali con quelle più propriamente umane del sacerdote.
Essi possono essere scelti anche tra i membri dei Seminari, dei Centri o Istituzioni accademiche approvate dall'Autorità ecclesiastica, nonché entro quegli Istituti il cui carisma riguarda proprio la vita e la spiritualità sacerdotale.
In ogni caso devono essere garantite l'ortodossia della dottrina e la fedeltà alla disciplina ecclesiastica.
I formatori, inoltre, devono essere collaboratori di fiducia del Vescovo, che rimane l'ultimo responsabile della formazione dei suoi più preziosi collaboratori.
È opportuno che si crei anche un gruppo di programmazione e di realizzazione con lo scopo di aiutare il Vescovo a fissare i contenuti da sviluppare ogni anno in ciascuno degli ambiti della formazione permanente; preparare i sussidi necessari; predisporre i corsi, le sessioni, gli incontri e i ritiri; organizzare opportunamente i calendari, in modo da prevedere le assenze e le sostituzioni dei presbiteri, ecc.
Per una buona programmazione si può anche utilizzare la consulenza di qualche specialista in temi particolari.
Mentre è sufficiente un solo gruppo di formatori, è invece possibile che esistano, se le necessità lo richiedono, vari gruppi di programmazione e di realizzazione.
Per quanto riguarda soprattutto i mezzi collettivi, la programmazione dei differenti mezzi di formazione permanente e dei loro contenuti Concreti può essere stabilita di comune accordo tra varie Chiese particolari, sia a livello nazionale e regionale tramite le rispettive Conferenze dei Vescovi sia, principalmente, tra Diocesi confinanti o vicine.
Così, per esempio, si potrebbero utilizzare, se ritenute adatte, le strutture interdiocesane, come le Facoltà e gli Istituti teologici e pastorali, nonché gli organismi o le federazioni impegnati nella formazione presbiterale.
Tale unione di forze, oltre a realizzare un'autentica comunione tra le Chiese particolari, potrebbe offrire a tutti più qualificate e stimolanti possibilità per la formazione permanente.253
Inoltre, gli Istituti di studio e di ricerca, i Centri di spiritualità, così come i Monasteri di esemplare osservanza e i Santuari costituiscono altrettanti punti di riferimento per l'aggiornamento teologico e pastorale, per oasi di silenzio, orazione, confessione sacramentale e direzione spirituale, salutare riposo anche fisico, momenti di fraternità sacerdotale.
In questo modo anche le famiglie religiose potrebbero collaborare alla formazione permanente e contribuire a quel rinnovamento del clero che è esigito dalla nuova evangelizzazione del Terzo Millennio.
Durante i primi anni dopo l'ordinazione, i sacerdoti dovrebbero essere sommamente favoriti nel trovare quelle condizioni di vita e di ministero che permettano loro di poter tradurre in prassi gli ideali appresi durante il periodo di formazione in seminario.254
Questi primi anni, che costituiscono una necessaria verifica della formazione iniziale dopo il primo delicato impatto con la realtà, sono i più decisivi per il futuro.
Essi richiedono, perciò, armonica maturazione per far fronte, con fede e fortezza, ai momenti di difficoltà.
A questo scopo i giovani sacerdoti dovranno poter fruire del rapporto personale con il proprio Vescovo e con un saggio padre spirituale; di momenti di riposo, di meditazione, di ritiro mensile.
Tenendo presente quanto già detto per l'anno pastorale, è necessario organizzare, nei primi anni di sacerdozio, incontri annuali di formazione nei quali si elaborano e si approfondiscono adeguati temi teologici, giuridici, spirituali e culturali, sessioni speciali dedicate a problemi di morale, di pastorale, di liturgia, ecc.
Tali incontri possono essere anche l'occasione per rinnovare la facoltà di confessare, secondo quanto stabilito dal Codice di Diritto Canonico e dal Vescovo.255
Sarebbe anche utile che nei giovani presbiteri fosse favorita la convivenza familiare tra loro e con quelli più maturi, in modo da consentire lo scambio di esperienze, la conoscenza reciproca ed anche la delicata pratica evangelica della correzione fraterna.
Occorre, infine, che il giovane clero cresca in un ambiente spirituale di vera fraternità e delicatezza, che si manifesta nell'attenzione personale, anche per quanto riguarda la salute fisica e i diversi aspetti materiali della vita.
Dopo un certo numero di anni di ministero, i presbiteri acquistano una forte esperienza e il grande merito di spendere tutti se stessi per la dilatazione del Regno di Dio nel lavoro quotidiano.
Questa fascia di sacerdoti costituisce una grande risorsa spirituale e pastorale.
Essi hanno bisogno di incoraggiamento,
di intelligente valorizzazione,
di riapprofondimento della formazione in tutte le sue dimensioni, allo scopo di revisionare se stessi e il proprio agire;
di ravvivare le motivazioni del sacro ministero;
di riflettere sulle metodologie pastorali alla luce dell'essenziale;
della comunionalità presbiterale;
dell'amicizia del proprio Vescovo;
del superamento di eventuali sensi di stanchezza, di frustrazione, di solitudine;
di riscoperta, infine, delle vene sorgive della spiritualità sacerdotale.256
È importante, perciò, che questi presbiteri beneficino di speciali e approfondite sessioni di formazione nelle quali, oltre ai contenuti teologico-pastorali, si esaminino tutte quelle difficoltà psicologiche e affettive che possono nascere in tale periodo.
È consigliabile, quindi, che a tali incontri prendano parte non solo il Vescovo ma anche quegli esperti che possono dare un valido e sicuro contributo alla soluzione dei problemi accennati.
I presbiteri anziani o di avanzata età, ai quali deve andare ogni delicato segno di considerazione, entrano pure nel circuito vitale della formazione permanente, non tanto come impegno di studio approfondito e di dibattito culturale, quanto per « la conferma serena e rassicurante del ruolo che ancora sono chiamati a svolgere nel Presbiterio ».257
Oltre che alla formazione organizzata per i preti di mezza età, essi potranno convenientemente fruire di momenti, ambienti e incontri speciali per approfondire il senso contemplativo della vita sacerdotale, per riscoprire e gustare le ricchezze dottrinali di quanto già studiato, per sentirsi come sono utili, potendo essere valorizzati in adatte forme di vero e proprio ministero, soprattutto come esperti confessori e direttori spirituali.
In modo particolare, essi potranno condividere con altri le proprie esperienze, dare incoraggiamento, accoglienza, ascolto e serenità ai confratelli, essere disponibili qualora si chieda ad essi il servizio di « diventare loro stessi, validi maestri e formatori di altri sacerdoti ».258
Indipendentemente dall'età, i presbiteri si possono trovare in « una condizione di debilitazione fisica o di stanchezza morale ».259
Essi, con l'offerta della loro sofferenza, contribuiscono in modo eminente all'opera della redenzione, dando « una testimonianza segnata dalla scelta della croce accolta nella speranza e nella gioia pasquale ».260
A questa categoria di presbiteri, la formazione permanente deve offrire stimoli per « proseguire in modo sereno e forte il loro servizio alla Chiesa »,261 e per essere segno eloquente del primato dell'essere sull'agire, dei contenuti sulle tecniche, della grazia sull'efficienza esteriore.
In questo modo, essi potranno vivere l'esperienza di san Paolo: « Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa » ( Col 1,24 ).
Il Vescovo e i confratelli non dovranno mai far mancare visite periodiche a questi fratelli ammalati, che potranno essere informati, soprattutto, sugli avvenimenti della diocesi, in modo da farli sentire membri vivi del presbiterio e della Chiesa universale, che edificano con la loro sofferenza.
Da particolare ed affettuosa cura dovranno essere circondati i presbiteri prossimi a Concludere la loro giornata terrena, spesa al servizio di Dio per la salvezza dei fratelli.
Al continuo conforto della fede, alla premura nell'amministrazione dei sacramenti, farà seguito il suffragio da parte dell'intero presbiterio.
Il sacerdote può sperimentare a qualsiasi età e in qualsiasi situazione, il senso della solitudine.262
Questa, lungi da intendersi come isolamento psicologico, può essere del tutto normale e conseguente alla sincera sequela evangelica e costituire una dimensione preziosa della propria vita.
In alcuni casi, però, potrebbe essere dovuta a speciali difficoltà, quali emarginazioni, incomprensioni, deviazioni, abbandoni, imprudenze, limiti caratteriali propri e altrui, calunnie, umiliazioni, ecc.
Ne può derivare un pungente senso di frustrazione che sarebbe estremamente deleterio.
Tuttavia, anche questi momenti di difficoltà possono diventare, con l'aiuto del Signore, occasioni privilegiate per una crescita nel cammino della santità e dell'apostolato.
In essi, infatti, il presbitero può scoprire che « si tratta di una solitudine abitata dalla presenza del Signore »,263
Ovviamente ciò non deve far dimenticare la grave responsabilità del Vescovo e dell'intero presbiterio di evitare ogni solitudine prodotta da trascuratezza nella comunione sacerdotale.
Non bisogna dimenticarsi neanche di quei confratelli che hanno lasciato il ministero, al fine di offrire loro gli aiuti necessari, soprattutto della preghiera e della penitenza.
Il doveroso atteggiamento di carità nei loro confronti non deve tuttavia indurre in alcun modo alla considerazione di affidare loro mansioni ecclesiali che possono creare confusione e sconcerto, soprattutto fra i fedeli, proprio a ragione della loro situazione.
Indice |
226 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 70 |
227 | Cf. ibid. |
228 | Cf. ibid., 79 |
229 | Cf. C.I.C., can. 279 |
230 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 76 |
231 | Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 3 |
232 | Cf. Conc. Ecum Vat. II, Decr.
Presbyterorum Ordinis, 19; Decr. Optatam totius, 22; C.I.C., can. 279, § 2; Congr. l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 101 ( 19 marzo 1985 ) |
233 | C.I.C., can. 279, § 3 |
234 | Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57 ( 1 maggio 1991 ) |
235 | Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 79 |
236 | Cf. ibid. |
237 | Cf. ibid. |
238 | Cf. ibid. |
239 | Cf.
ibid.; Decr. Optatam totius 22; Decr. Presbyterorum Ordinis, 19C |
240 | Cf. Paolo VI, Lett. ap.
Ecclesiae Sanctae, I, 7 ( 6 agosto 1966 ); S. Congr. il Clero, Lett. circolare ai Presidenti delle Conferenze episcopali Inter ea, 16 ( 4 novembre 1969 ); Congr. l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 63 ( 19 marzo 1985 ); n. 101; C.I.C., can. 1032, § 2 |
241 | Cf. Congr. l'Educazione Cattolica,
Ratio Fondamentalis Institutionis Sacerdotalis, 63 ( 19 marzo 1985 ) |
242 | C.I.C., Can. 276, § 2, 4·, Cf. Can. 533, § 2; Can. 550, § 3 |
243 | Cf. Congr. l'Educazione Cattolica,
Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 101 ( 19 marzo 1985 ) |
244 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 70 |
245 | Decr. Presbyterorum Ordinis, 8 |
246 | Cf. ibid. |
247 | C.I.C.,
can. 278, § 2; Cf. Decr. Presbyterorum Ordinis, 8 |
248 | Cf. Decr.
Presbyterorum Ordinis, 8; C.I.C., can. 278, § 2; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis, 81 |
249 | Cf. Decr. Christus Dominus, 16d |
250 | Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 79 |
251 | Cf. ibid. |
252 | Cf. Decr.
Optatam totius, 22; Congr. l'Educazione Cattolica, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 101 ( 19 marzo 1985 ) |
253 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 79 |
254 | Cf. ibid., 76 |
255 | Cf. C.I.C., Can. 972 |
256 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 77 |
257 | Ibid. |
258 | Ibid. |
259 | Ibid. |
260 | Ibid., 41 |
261 | Ibid., 77 |
262 | Cf. ibid., 74 |
263 | Ibid. |