Una storia a due: Gesù Crocifisso e Fra Leopoldo |
Racconta a pag. 273 del IV volume del suo diario: "Il mio buon Padre Guardiano, P. Vittorio De Laurenti da Feletto, mi chiamò a sé e mi disse: "Dica un po': vanno certuni sparlando di lei!
Avrei bisogno di sapere come sono queste cose: nel caso per poterla difendere.
È vero che lei vuol dare il nome di "carità" arti e mestieri, alle scuole dirette dai Fratelli delle Scuole Cristiane?"
"Ma, Padre Guardiano, io non ho che eseguito il volere di Dio, Gesù Crocifisso!"
"Ma Lei poteva dirlo in modo da non dire che è nostro Signore!"
"Padre Guardiano, se è così, è la volontà di Dio!".
Continua, spiegandosi bene, fra Leopoldo: "Nei quaderni antecedenti, più volte Gesù disse che sarebbe caduta in avvenire su di me, che io non sapevo, ora capisco che è giunto il tempo delle persecuzioni contro di me, come un vero vespaio!
Pazienza, verso di me: Sono peccatore, mi merito molto di più di quello che vanno spargendo, ma ciò che più mi addolora è che non vogliono credere che è il volere di Dio di dare il nome di "carità" e qualcuno uscì con termini poco rispettosi contro il SS.mo Nome di Dio, Gesù Crocifisso mio amabilissimo amore e mio tutto".
Quindi insiste sul nome "Casa di Carità".
Le opposizioni lo fanno soffrire assai perché considera tale nome come programma e mezzo per mantenere all'istituzione il carattere soprannaturale da cui non deve mai allontanarsi.
Il 27 febbraio 1921, scrive al direttore fratel Isidoro: " Con mio gran rincrescimento devo farle noto il detto del Signore ove dice: "Non vorrei che la Casa di Carità Arti e Mestieri venisse ostacolata per opera d'uomo".
Ora si presenta tanta difficoltà per un nome sì minimo e umile.
Non dare il nome come vuole il Signore è disconoscere l'opera di Dio.
Il non conformarsi ai voleri di Dio è allontanare dalla Casa la sua benedizione e in tale mancanza come e che cosa faremo noi?".
Ne consegue che uno dei consiglieri si reca dal P. Provinciale e dal P. Guardiano superiori di fra Leopoldo per indurli a prendere provvedimenti contro di lui.
A Leopoldo viene proibito di occuparsi della scuola e di ricevere persone esterne.
Così, ha l'impressione che anche fratel Teodoreto, legato a lui da stima e da intensa santissima amicizia, non lo comprenda più.
Cosa ovviamente non vera.
Leopoldo sopporta ogni cosa con pazienza, soffrendo la sua parte di martirio per amore di Dio.
Il 14 dicembre 1921, annota in un biglietto: "O Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice, tutti mi hanno abbandonato?".
"Fa' coraggio, disse Gesù, non siamo due amici?".
E lui: "A Te hanno fatto altro che peggio".
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