Trattato dei miracoli |
Benchè possa essere considerato come un complemento della Vita seconda il Trattato dei miracoli che - dietro pressioni soprattutto di Giovanni da Parma - Tommaso da Celano portò a termine verso il 1252-1253, ha pure dei precisi valori e significati autonomi e nuovi.
Un valore e un significato, anzitutto, di glorificazione, non solo di Francesco « stimmatizzato » ma del movimento religioso da lui suscitato.
Calata in un contesto pregnante di misteriosi « presagi », la glorificazione dei « due ordini » religiosi fondati dal Santo ( ma con omissione forse non casuale del « terzo » ) è protesa verso la rivendicazione di una loro « tanto celebrata che famosa missione » nella Chiesa e nella società cristiana.
Questi accenti palesano probabilmente l'immanenza, nel Trattato, di alcune attenzioni e preoccupazioni di Giovanni da Parma, ministro generale.
Un valore e un significato, inoltre, documentario:
di costatazione della diffusione del culto di Francesco, attorno alla metà del secolo XIII, in tutta Europa e nel vicino Oriente;
di chiese francescane costruite o in costruzione;
di immagini di Francesco stimmatizzato:
« il tutto in riquadri che richiamano da vicino le tavolette votive dei santuari, ripiene di accidentata, sofferta, talvolta polemica presenza, in scene di lavoro febbrile e di invocazioni devote » ( cfr. Introduzione qui, p. 238 ).
Scomparso di circolazione in seguito al decreto capitolare del 1266 - e dubitato perfino della sua esistenza -, il Trattato dei miracoli ci è stato restituito, fortuitamente, soltanto nel 1899, in un unico manoscritto ( c. 1300 ) che, edito dapprima dal bollandista F. van Ortroy, servì agli editori di Quaracchi per la loro edizione ( in AF, X, pagine 269 - 331, e si veda anche, ivi, M. Bihl, pp. XXXVI - XLII ).
Su questa stessa edizione è stato ricavato anche il nostro volgarizzamento.
Incomincia il trattato dei miracoli di san Francesco
[821] 1. Nel primo capitolo di questa narrazione, nella quale ci siamo sobbarcati a scrivere i miracoli del santissimo padre nostro Francesco, abbiamo ritenuto bene collocare, primo di ogni altro, quel prodigio solenne dal quale il mondo fu come avvertito, scosso e terrorizzato.
Tale fu appunto la nascita della Religione, fecondità della donna sterile, generazione di una discendenza con tante ramificazioni.
[822] Guardava con preoccupazione il vecchio mondo imbrattato nel sudiciume dei vizi, gli ordini ( sacri ) insensibili agli esempi degli apostoli e, mentre la notte dei peccati era a metà del suo corso, era imposto il silenzio alle sacre discipline; quand'ecco, all'improvviso, emerse sulla terra un uomo nuovo, e all'apparire subitaneo di un nuovo esercito, i popoli furono ripieni di stupore davanti ai segni della rinnovata età apostolica.
È ora d'un tratto portata alla luce la perfezione già sepolta della Chiesa primitiva, di cui il mondo leggeva sì le meraviglie, ma non vedeva l'esempio.
Perché dunque non si potrà dire che gli ultimi saranno i primi, quando ormai si sono, mirabilmente, trasformati i cuori dei padri nei figli, e quelli dei figli nei padri?
O si potrà forse misconoscere il compito così celebre e famoso dei due Ordini, e non ritenerlo come presagio di qualcosa di grande che debba accadere tra breve?
Di fatto, dal tempo degli apostoli non fu mai proposto al mondo insegnamento così autorevole, così mirabile.
[823] È da ammirare, inoltre, la fecondità della donna sterile.
Sterile, ripeto e arida questa Religione poverella, perché ben lontana dal terreni umidi.
Sterile davvero, perché non miete non ammassa nei granai non porta sulla strada del Signore una bisaccia ricolma.
E tuttavia, contro ogni speranza, questo Santo credette nella speranza che sarebbe diventato erede del mondo e non considerò privo di virilità il suo corpo né sterile il seno di Sara, certo che la divina potenza poteva generare da essa il popolo ebreo.
Questa Religione infatti non si sostiene con cantine ricolme, dispense abbondantemente fornite, amplissimi poderi, ma dalla stessa povertà per la quale si rende degna del cielo, viene meravigliosamente alimentata nel mondo.
O debolezza di Dio, più forte dell'umana fortezza, che porta gloria alla nostra croce e somministra abbondanza alla povertà!
[824] Abbiamo infine contemplato questa vigna che, cresciuta in pochissimo tempo, ha esteso da mare a mare i suoi tralci fruttiferi.
Da ogni parte sono accorse moltitudine di uomini si riversarono a frotte e, d'un tratto si radunarono le pietre vive per la perfetta struttura di questo meraviglioso tempio.
E non soltanto la vediamo in breve tempo moltiplicata nel numero dei figli, ma anche glorificata, poiché parecchi di quelli che ha generato, sappiamo che hanno conseguito la palma del martirio, e veneriamo nell'albo dei santi molti di essi, a motivo della perfetta pratica della virtù.
Ma, detto questo, volgiamo ormai il discorso al Capo di tutti costoro di lui ora intendiamo trattare.
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