Leggenda Minore |
Composta da Bonaventura probabilmente a Parigi nel 1260/1262 contemporaneamente alla Leggenda maggiore, questa Vita breve o Leggenda minore fu scritta per essere letta ad uso corale durante l'ottava della festa di san Francesco ( secondo l'uso del tempo ), in sostituzione della precedente Leggenda corale che Tommaso da Celano aveva ricavato, verso il 1230, dalla sua Vita prima.
Siccome quest'ultima non corrispondeva più all'immagine che del proprio fondatore l'Ordine francescano era venuto configurandosi, nell'occasione del Capitolo generale di Narbona del 1260 s'imposero anche alcuni ritocchi all'Ufficio ritmico composto da Giuliano da Spira attorno al 1231/1232 e che, insieme con le letture corali, costituiva la solenne ufficiatura del Santo.
Questa Vita breve è sostanzialmente, e spesso anche verbalmente, un compendio della Leggenda maggiore.
Anche in così breve trattazione Bonaventura, com e già nella sua opera maggiore, ( Leg. mag., Prologo ), non omette un particolare di carattere autobiografico: « Mia madre, quando io ero ancora fanciullo, fece voto per me a san Francesco, perché ero malato gravemente ... » ( VIII, Lezione VIII ).
[1330] La grazia di Dio, nostro salvatore, è apparsa in questi ultimi tempi, nel suo servo Francesco.
Il Padre della misericordia e della luce gli venne incontro con la dolcezza e l'abbondanza delle sue benedizioni, come appare luminosamente dal corso della sua vita, e non soltanto dalle tenebre del mondo lo attrasse alla luce, ma lo rese anche famoso per il dono singolare di virtù perfette e per i meriti.
Lo indicò, inoltre, come segno particolarmente luminoso per mezzo degli splendenti misteri della Croce che dispiegò intorno a lui.
Nato nella città di Assisi, dalle parti della valle di Spoleto, egli dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre; poi, Francesco, dal padre: e certo egli tenne, quanto al suono, il nome imposto dal padre, ma, quanto al significato, realizzò quello del nome imposto dalla madre.
Durante l'età giovanile fu allevato nelle vanità, in mezzo ai vani figli degli uomini, e, dopo un'istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio: eppure, per l'assistenza e la protezione divina, non seguì gli istinti sfrenati della carne, benché in mezzo a giovani licenziosi, e, benché in mezzo a mercanti tesi al guadagno, non ripose la sua speranza nel danaro e nei tesori.
[1331] Dio, infatti, aveva immesso nel cuore del giovane Francesco, insieme con una dolce mansuetudine, una particolare generosità e compassione verso i poveri.
Crescendo con lui fin dall'infanzia, questa aveva ricolmato il suo cuore di tanta bontà che egli si propose di dare a chiunque gli chiedesse, specialmente se chiedeva per amore di Dio: non era più, ormai, uno che ascoltasse il Vangelo da sordo.
Proprio nel fiore della giovinezza si legò al Signore con la ferma, solenne promessa di non dire mai di no, se ne aveva la possibilità, a quanti gli chiedevano qualcosa per amore del Signore.
Continuando ad osservare così nobile promessa fino alla morte, incrementò in misura sempre più copiosa l'amore verso Dio e la grazia.
Era sempre viva nel suo cuore questa fiammella dell'amor di Dio; ma egli, adolescente ancora e involto nelle preoccupazioni terrene, non conosceva il mistero della chiamata celeste; finché scese su di lui la mano del Signore ed egli fu purificato nel corpo da una malattia grave e lunga e fu illuminato nell'anima dall'unzione dello Spirito Santo.
[1332] Quando, in seguito, ebbe riacquistate, comunque, le forze del corpo e mutato in meglio lo spirito, incontrò inaspettatamente un cavaliere, nobile di stirpe, ma povero di sostanze.
Correndo col ricordo a Cristo, re generoso e povero, si sentì spinto verso quell'uomo da una pietà così grande che depose i suoi vestiti decorosi e appena acquistati e subito, spogliando se stesso, ne rivestì l'altro.
La notte successiva, mentre riposava, Colui per amore del quale aveva soccorso il cavaliere bisognoso, si degnò di mostrargli con una rivelazione un palazzo magnifico e grandioso, in cui c'erano armi da combattimento contraddistinte con il segno della croce e gli promise e garantì con sicurezza che tutto quanto aveva visto sarebbe stato suo e dei suoi commilitoni, se avesse impugnato intrepidamente il vessillo della Croce di Cristo.
Da allora egli si sottraeva al chiasso degli affari e del pubblico e cercava luoghi solitari, amici al pianto; là, abbandonandosi a gemiti inesprimibili, dopo lunghe e insistenti preghiere, con le quali chiedeva al Signore di indicargli la via della perfezione, meritò di essere esaudito, secondo i suoi desideri.
[1333] Difatti, uno di quei giorni, mentre pregava, così, tagliato fuori dal mondo, gli apparve Cristo Gesù, con l'aspetto di uno confitto sulla croce e gli fece sentire, interiormente quella parola del Vangelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Quella parola fu tanto, efficace che, all'interno dello spirito, lo infiammò con il fuoco dell'amore e lo riempì con l'amarezza della compassione
E mentre, guardando la visione sentiva sciogliersi l'anima, il ricordo della passione di Cristo si stampò nell'intimo del suo cuore, fin nelle midolla.
Tanto che, dentro di sé, vedeva quasi ininterrottamente, con gli occhi dell'anima, le piaghe del Signore crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento a trattenere le lacrime e i sospiri.
E siccome, a confronto dell'amore di Cristo, ormai gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e li stimava come un nulla, sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e la splendente pietra preziosa.
Attratto dal desiderio di possederli, decideva di staccarsi da tutte le cose sue e di scambiare, mercanteggiando secondo lo stile di Dio, gli affari del mondo con quelli del Vangelo.
[1334] Una volta uscì nella campagna, a meditare.
Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina per la eccessiva vecchiezza, si senti spinto dallo Spirito ed entrò a pregare.
Prostratosi davanti all'immagine del Crocifisso, durante la preghiera fu ricolmato da non poca dolcezza e consolazione.
E mentre, con gli occhi pieni di lacrime, fissava lo sguardo nella croce del Signore, udì con le orecchie del corpo in modo mirabile una voce che proveniva dalla croce e che per tre volte gli disse: « Francesco, va, ripara la mia casa, che, come vedi, va tutta in rovina ».
Alla stupefacente esortazione di quella voce mirabile, l'uomo di Dio dapprima rimase atterrito; poi, colmo di gioia e di ammirazione, prontamente si alzò, e si impegnò totalmente a compiere l'incarico di riparare l'edificio esterno della chiesa: ma l'intenzione principale della Voce era diretta alla Chiesa, che Cristo acquistò con lo scambio prezioso del suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe insegnato ed egli stesso in seguito avrebbe rivelato ai suoi intimi.
[1335] Poco dopo, nella misura in cui poté, distribuì tutto quanto per amore di Cristo; offrì del denaro al sacerdote poverello di quella chiesa, per la riparazione della medesima e per l'uso dei poveri e umilmente gli chiese che gli permettesse di dimorare con lui per qualche tempo.
Il sacerdote accondiscese a farlo rimanere, ma ricusò il denaro per paura dei genitori di lui.
Perciò egli, ormai autentico spregiatore della ricchezza, scagliò su una finestra la borsa con l'oro, stimandolo merce vile, polvere abbietta.
Sentendo, poi, che, a causa di questo, suo padre era infuriato contro di lui, per lasciar tempo all'ira, si tenne nascosto per alcuni giorni in una fossa segreta, digiunando, pregando e piangendo.
Finalmente, ricolmato di singolare letizia spirituale e rivestito di potenza dall'alto, uscì fuori fiduciosamente ed entrò animosamente in città.
Vedendolo con il volto squallido e l'animo cambiato e, perciò, ritenendolo uscito di senno, i ragazzi gli scagliavano contro « il fango delle piazze », come si fa contro un pazzo, e lo insultavano con grandi schiamazzi: il servo del Signore, per nulla piegato o turbato da alcuna ingiuria, passava come sordo in mezzo a tutti.
[1336] Suo padre, poi, più di tutti infuriato e fremente, quasi dimentico della pietà naturale, trascinò il figlio a casa e cominciò a tormentarlo: lo percosse e lo mise in catene, al fine di riuscire, mentre ne spezzava il corpo con le pene, a piegarne l'animo verso le attrattive del mondo.
Finalmente dovette costatare, per esperienza sicura, che il servo del Signore era prontissimo a sopportare qualsiasi difficoltà per Cristo.
Siccome vide molto chiaramente che non avrebbe potuto farlo desistere, incominciò ad esercitare forti pressioni su di lui perché andasse insieme con lui dal vescovo della città e, nelle mani di lui, rinunziasse ad ogni diritto di eredità sulle sostanze paterne.
Il servo del Signore spontaneamente si offrì di eseguire questo progetto e, non appena giunse alla presenza del presule, non soffri indugi, non temporeggiò su nulla, non pretese parole e non ne rese: anzi, piuttosto, depose tutti quanti i vestiti, al punto che gettò via anche le mutande e, come ebbro di spirito, non temette di denudarsi totalmente, per amore di Colui che per noi pendette nudo sulla Croce.
[1337] Da allora, spregiatore del mondo, sciolto dalle catene delle bramosie terrestri, abbandonata la città, sicuro e libero andava cantando in mezzo ai boschi lodi al Signore, in lingua francese.
Imbattutosi nei briganti, non ebbe paura, l'araldo del Gran Re, e non interruppe la laude: viandante seminudo e spoglio d'ogni cosa, godeva della tribolazione, secondo lo stile degli apostoli.
Da allora, amante di tutta l'umiltà, si dedicò ad onorare i lebbrosi, per imparare, prima di insegnarlo, il disprezzo di sé e del mondo, mentre si assoggettava alle persone miserabili e ripudiate, col giogo del servizio.
E in verità, prima egli era abituato ad avere in orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini, ma quando l'effusione della grazia divenne in lui più copiosa egli si diede come schiavo ad ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava i piedi e fasciava le piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la purulenza.
Perfino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua bocca nella polvere, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà l'arroganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di casa, ottenere in pacifico possesso il dominio di sé.
[1338] Fondato, ormai, nell'umiltà di Cristo e ricco di povertà, benché non possedesse proprio nulla, si diede tuttavia a riparare la chiesa, secondo la missione a lui assegnata dalla croce, con tale slancio che sottoponeva al peso delle pietre il corpo fiaccato dai digiuni e non aborriva dal richiedere l'aiuto dell'elemosina anche a coloro con i quali aveva avuto l'abitudine di vivere da ricco.
Inoltre, aiutato dalla pietà dei fedeli, che già avevano incominciato a riconoscere nell'uomo di Dio una virtù straordinaria, riparò non soltanto San Damiano, ma anche le chiese, cadenti e abbandonate, dedicate al Principe degli apostoli e alla Vergine gloriosa.
In tale modo egli preannunciava misteriosamente, col simbolo dell'azione esterna e sensibile, quanto il Signore si proponeva di realizzare per mezzo di lui negli spiriti.
Come, infatti, sotto la guida di quest'uomo santo furono riparati quei tre edifici, così doveva essere riparata in maniera triforme la Chiesa di Cristo; secondo la forma, la Regola e la dottrina da lui date.
Di questo era stato un segno preannunciatore anche la voce venuta a lui dalla croce, che aveva replicato per tre volte l'incarico di riparare la casa di Dio e questo noi ora costatiamo realizzato nei tre Ordini da lui istituiti.
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