Fioretti |
[1925] Quanto alla quarta considerazione, è da sapere che, da poi che 'l vero amore di Cristo ebbe perfettamente trasformato santo Francesco in Dio e nella vera immagine di Cristo crocifisso, e avendo compiuto la quaresima di quaranta dl a onore di santo Michele Arcangiolo in sul santo monte della Vernia; dopo la solennità di santo Michele discese del monte l' angelico uomo santo Francesco, con frate Lione e con uno divoto villano, in sul cui asino egli sedea a cagione che per li chiovi dei piedi egli non potea bene andare a piede.
[1926] Ed essendo adunque disceso del monte santo Francesco, imperò che la fama della sua santità si era già divulgata per lo paese e da' pastori s' era isparto come aveano veduto tutto infiammato il monte della Vernia e ch' egli era segnale di qualche grande miracolo che Iddio avea fatto a santo Francesco; udendo la gente della contrada ch' egli passava, tutti traevano a vederlo e uomini e femmine, piccoli e grandi, li quali tutti con grande divozione e disiderio s' ingegnavano di toccarlo e di baciargli le mani.
E non potendole egli negare alla divozione delle genti, bench' egli avesse fasciate le palme, nientedimeno per occultare più le sacre sante Istimate, sì le fasciava ancora e coprivale con le maniche e solamente le dita scoperte porgea loro a baciare.
Ma con tutto ch' egli studiasse di celare e nascondere il sacramento delle gloriose Istimate per fuggire ogni cagione di gloria mondana, a Dio piacque per gloria sua mostrare molti miracoli, per virtù delle dette sacre sante e gloriose Istimate, e singularmente in quel viaggio dalla Vernia a santa Maria degli Agnoli, e poi moltissimi in diverse parti del mondo, in vita sua e dopo la sua morte, acciò che la loro occulta e maravigliosa virtù e la eccessiva carità e misericordia di Cristo inverso lui, a cui egli l' avea maravigliosamente donate, si manifestasse al mondo per chiari ed evidenti miracoli, de' quali ne porremo qui alquanti.
Onde appressandosi allora santo Francesco a una villa ch' era in su li confini del contado d' Arezzo, se gli parò dinanzi con grande pianto una donna con uno suo figliuolo in braccio, il quale avea otto anni, che li quattro era stato ritruopico; ed era isconciamente enfiato del ventre, che istando ritto non si potea riguardare a' piedi.
E ponendogli questa donna quel figliuolo dinanzi e pregandolo che pregasse Iddio per lui, e santo Francesco si puose prima in orazione e poi, fatta l' orazione, puose le sue sante mani sopra il ventre del fanciullo, e subitamente fu risoluta ogni enfiatura e fu perfettamente sanato, e rendello alla madre sua; la quale ricevendolo con grandissima allegrezza e menandoselo a casa, ringraziò Iddio e 'l santo suo; e 'l figliuolo guarito mostrava volentieri a tutta la contrada che venia a casa sua per vederlo.
[1927] Il dì medesimo passò santo Francesco per lo borgo a Santo Sepolcro; e innanzi che s' appressassi al castello, le turbe del castello e delle ville gli si feciono incontro, e molti di loro gli andavano innanzi co' rami d' ulivi in mano, gridando forte: « Ecco il santo, ecco il santo! »; e per divozione e voglia che le genti aveano di toccarlo faceano grande calca e pressa sopra lui.
Ma egli andando colla mente elevata e ratta in Dio per contemplazione, quantunque e' fusse toccato o tenuto o tirato, a modo che persona insensibile non ne sentì niente di cosa che intorno a sè fosse fatta o detta, nè eziandio s' avvide ch' e' passasse per quello castello nè per quella contrada.
Onde, passato il borgo e tornatesi le turbe a casa loro, giuguendo egli a una casa di lebbrosi di là dal borgo bene uno miglio, e tornando in sè, a modo come se venisse dallo altro mondo, il celestiale contemplatore domandò il compagno « Quando saremo noi presso al borgo? ».
Veramente l' anima sua, fissa e ratta in contemplazione delle cose celestiali, non avea sentita cosa terrena nè varietà di luoghi nè di tempi nè di persone occorrenti.
E questo più altre volte addivenne, secondo che per chiara esperienza provarono li compagni suoi.
[1928] Giugne in quella sera santo Francesco al luogo de' frati di Monte Casale, nello quale luogo sì era un frate sì crudelmente infermo e sì orribilemente tormentato della infermità, che 'l suo male parea piuttosto tribolazione e tormento di demonio che infermità naturale; imperò che alcuna volta egli si gittava tutto in terra con tremore grandissimo e con ischiuma alla bocca; or gli si attrappavano tutti li nerbi delle corde del corpo, or si stendeano, or si piegavano; or si torceva, or si raggiugneva la collottola con le calcagna, e gittavasi in alto e immantanente ricadea supino.
Ed essendo santo Francesco a tavola e udendo da' frati di questo frate così miserabilmente infermo e sanza rimedio, ebbegli compassione e prese una fetta di pane ch' egli mangiava e fecevi suso il segno della santissima croce con le sue sante mani istimatizzate e mandolla al frate infermo; il quale come l' ebbe mangiata, fu perfettamente guarito e mai più non sentì di quella infermità.
[1929] Viene la mattina seguente, e santo Francesco manda due di quelli frati che erano in quello luogo a stare alla Vernia, e rimanda con loro il villano che era venuto con lui dietro allo asino, lo quale gli avea prestato, volendo che con essi egli si torni a casa sua.
Andarono li frati col detto villano ed entrando nel contado d' Arezzo, vidonli da lungi certi della contrada ed èbbonne grande allegrezza pensando che fusse santo Francesco, il quale v' era passato due dì dinanzi; imperò che una loro donna, la quale sopra a partorire tre dì era stata e, non potendo partorire, si moria, eglino pensavano di riaverla sana e libera se santo Francesco le ponesse le sue sante mani addosso.
Ma appressandosi i detti frati, poiché coloro ebbono conosciuto che non era santo Francesco, n' ebbono grande maninconia; ma laddove non era il santo corporalmente, non mancò la loro fede.
Mirabile cosa! La donna si moria e già avea i tratti della morte.
Domandano costoro li frati s' eglino avessino cosa toccata dalle mani santissime di santo Francesco.
Pensano e cercano li frati diligentemente e in breve non trovano nessuna cosa, che santo Francesco abbia toccato con le sue mani, se non il capresto dello asino in sul quale egli era venuto.
Prendono costoro cotesto capresto con grande riverenza e divozione, e pongonlo in su 'l corpo della donna; la donna grida chiamando divotamente il nome di santo Francesco e a lui raccomandandosi fedelmente.
E che più? Si tosto come la donna ebbe sopra di sè il detto capresto, subitamente fu liberata da ogni pericolo, e partorì con gaudio agevolmente e con salute.
[1930] Santo Francesco, poiché fu stato alquanti di nel detto luogo, sì si partì e andò alla Città di Castello: ed eccoti molti cittadini che gli menano innanzi una femmina indemoniata per lungo tempo, e sì lo pregano umilmente per la sua liberazione, imperò che ella, or con urli dolorosi, or con crudeli strida, or con latrare canino, tutta la contrada turbava.
Allora santo Francesco, fatta prima orazione e fatto sopra di lei il segno della santissima croce, comandò al dimonio che si partisse da lei: e subitamente si parti e lasciolla sana del corpo e dello intelletto.
[1931] E divulgandosi questo miracolo nel popolo, un'altra donna con grande fede gli portò un suo fanciullo infermo grave d' una crudele piaga, e pregollo divotamente che gli piacesse di segnarlo colle sue mani.
Allora santo Francesco, accettando la sua divozione, prese questo fanciullo e lieva la fascia della piaga e benedicelo, facendo tre volte il segno della santissima croce sopra la piaga, e poi con le sue mani sì lo rifascia e rendelo alla madre; e però che era sera, ella si lo mise immantanente nello letto a dormire.
Va poi costei la mattina per trarre il figliuolo dello letto e trovollo isfasciato, e guarda e trovalo sì perfettamente guarito, come se mai non avesse avuto male veruno, eccetto che nello luogo della piaga v' era sopra cresciuta carne in modo d' una rosa vermiglia, e questo piuttosto in testimonio del miracolo che in segno della piaga, imperò che la detta rosa istando in tutto il tempo della vita sua, spesse volte lo 'nducea a divozione di santo Francesco, il quale l' aveva guarito.
In quella città dimorò allora santo Francesco uno mese a' prieghi divoti de' cittadini, nel quale tempo egli fece assai altri miracoli, e poi si partì indi per andare a Santa Maria degli Agnoli con frate Lione e con uno buono uomo, il quale gli prestava il suo asinello, in sul quale santo Francesco andava.
[1932] Addivenne che, tra per le male vie e per lo freddo grande, camminando tutto il di e' non poterono giugnere a luogo veruno dove potessono albergare: per la qual cosa costretti dalla notte e dal mal tempo eglino ricoverarono sotto la ripa d'un sasso cavato, per cessare la neve e la notte che sopravvenia.
E standosi cosi sconciamente e anche male coperto il buono uomo di cui era l' asino, e non potendo dormire per lo freddo ( e modo non vi era di fare punto di fuoco ) si 'ncominciò a rammaricare pianamente fra se medesimo e piagnere, e quasi mormorava di santo Francesco che 'n tale luogo l' avea condotto.
Allora santo Francesco, sentendo questo, si gli ebbe compassione; e in fervore di spirito istende la mano sua addosso a costui, e toccalo.
Mirabile cosa! Di subito come l' ebbe toccato con la mano incesa e forata dal fuoco del Serafino, si parti ogni freddo e tanto caldo entrò in costui dentro e di fuori, che gli parea essere presso alla bocca d' una fornace ardente: onde egli immantanente confortato nell' anima e nel corpo s' addormentò, e più suavemente, secondo il suo dire, egli dormi quella notte tra' sassi e tra la neve infino alla mattina, che non avea mai dormito nel proprio letto.
[1933] Camminaron poi l'altro di e giunsono a Santa Maria degli Agnoli: e quando e' v' erano presso, frate Leone leva alto gli occhi e si guatava inverso il santo luogo di Santa Maria degli Agnoli e vide una croce bellissima, nella quale era la figura del Crocifisso, andare dinanzi a santo Francesco il quale gli andava innanzi.
E cosi conformemente andava la detta croce dinanzi alla faccia di santo Francesco, che quando egli restava, ella restava, e quando egli andava, ed ella andava: ed era di tanto splendore quella croce, che non solamente risplendeva nella faccia di santo Francesco, ma eziandio tutta la via d' intorno alluminava, e bastò infino che santo Francesco entrò nel luogo di Santa Maria degli Agnoli.
[1934] Giugnendo dunque santo Francesco con frate Leone, furono ricevuti da' frati con somma allegrezza e carità.
E d'allora innanzi santo Francesco dimorò il più del tempo in quello luogo di Santa Maria degli Agnoli insino alla morte.
E continovamente si spandea più e più per l' Ordine e per lo mondo la fama della sua santità e de' suoi miracoli quantunque egli per la sua profondissima umiltà celasse quanto potea i doni e le grazie di Dio ed appellassesi grandissimo peccatore.
[1935] Di che maravigliandosi una volta frate Lione e pensando iscioccamente fra se medesimo: « Ecco, costui si chiama grandissimo peccatore in pubblico, e venne grande all' Ordine e tanto è onorato da Dio, e nientedimeno in occulto non si confessa mai del peccato carnale: sarebbe mai egli vergine? ».
E sopr' a ciò gli cominciò a venire grandissima volontà di sapere la verità, ma non era ardito di domandarne santo Francesco: onde egli ne ricorse a Dio e, pregandolo instantemente che lo certificasse di quello che disiderava di sapere, per molta orazione meritò d' essere esaudito, e fu certificato che santo Francesco era vergine veramente del corpo, per tale visione.
Imperò ch' egli vide in visione santo Francesco istare in uno luogo alto ed eccellente, al quale veruno poteva andare nè a esso aggiugnere, e fugli detto in ispirito che quello luogo cosi alto eccellente significava in santo Francesco la eccellenza della castità verginale, la quale ragionevolmente si confacea alla carne che dovea essere adornata delle sacre sante istimate di Cristo.
[1936] Veggendosi santo Francesco, per cagione delle istimate, a poco a poco venire meno la forza del corpo e non potere avere più cura del reggimento dell' Ordine, affrettò il Capitolo generale.
Il quale essendo tutto ragunato, ed egli umilemente si scusò alli frati della impotenza per la quale egli non potea più attendere alla cura dell' Ordine, quanto alla esecuzione del Generalato, benché lo ufficio del Generalato non rinunziasse, però che non potea, da poi che fatto era Generale dal Papa, e però non potea lasciare l' ufficio nè sustituire successore sanza espressa licenza del Papa; ma istitui suo Vicario frate Pietro Cattani, raccomandando a lui e alli Ministri provinciali l' Ordine affettuosamente quanto egli potea il più.
E fatto questo, santo Francesco confortato in ispirito, levando gli occhi e le mani in cielo, disse cosi: « A te, Signore Iddio mio, a te raccomando la famiglia tua, la quale infino a ora tu mi hai commessa, e ora per le infermità mie, le quali tu sai, dolcissimo Signor mio, io non ne posso più avere cura.
Anche la raccomando a' Ministri provinciali; sieno tenuti eglino a rendertene ragione il di del giudicio, se veruno frate, per loro negligenza o per loro male esempio o per loro troppo aspra correzione, perirà ».
E in queste parole, come a Dio piacque, tutti i frati del Capitolo intesono che parlasse delle istimate, in quello che si iscusava per infermità; e per divozione nessuno di loro si potè tenere di piagnere.
E d' allora innanzi lasciò tutta la cura e 'l reggimento dell' Ordine nella mano del suo Vicario e delli Ministri provinciali; e dicea: « Ora, da poi ch' io ho lasciata la cura dell' Ordine per le mie infermità, io non sono tenuto oggimai se non di pregare Iddio per la nostra religione e di dare buono esempio alli frati.
E bene so di verità che, s' ella mi lasciasse, il maggiore aiuto ch' io potessi fare alla religione sarebbe di pregare continovamente Iddio per lei ch' egli la difenda e governi e conservi ».
[1937] Ora, avvegna che santo Francesco, come detto è di sopra, s' ingegnasse quanto potea di nascondere le sacre sante istimate e, da poi ch' e' l' ebbe ricevute, andasse sempre e stesse con le mani fasciate e co' piedi calzati, non potè però fare che molti frati in diversi modi non le vedessono e toccassono, e spezialmente quella del costato, la quale egli con maggiore diligenza s' isforzava di celare.
Onde un frate che lo serviva una volta lo 'ndusse con divota cautela a trarsi la tonica per iscuoterla dalla polvere; e, traendosela in sua presenza, quel frate vide chiaramente la piaga del costato e, mettendogli la mano in seno velocemente, si la toccò con tre dita e comprese la sua quantità e grandezza:
[1938] e per simile modo di quel tempo la vide il Vicario suo.
[1939] Ma più chiaramente ne fu certificato frate Ruffino, il quale era uomo di grandissima contemplazione, del quale disse alcuna volta santo Francesco che nel mondo non era più santo uomo di lui, e per la sua santità egli intimamente l' amava e compiacevagli in ciò ch' e' volea.
Questo frate Ruffino in tre modi sè e altrui certificò delle istimate e ispezialmente di quella del costato.
Il primo si fu che, dovendo lavare i panni di gamba, li quali santo Francesco portava si grandi che, tirandoli ben su, con essi copria la piaga del lato ritto, il detto frate Ruffino le riguardava e considerava diligentemente, e ogni volta le trovava sanguinose dal lato ritto; per la qual cosa egli si si avvedea certamente che quello era sangue che gli usciva della detta piaga: di che santo Francesco lo riprendea, quando s'avvedea ch egli spiegasse i panni ch' egli si traesse, per vedere il detto segnale.
Il secondo modo si fu che 'l detto frate Ruffino una volta, grattando le reni a santo Francesco, in vero istudio egli trascorse con la mano e mise le dita nella piaga del costato; di che santo Francesco, per lo grande dolore che senti, gridò forte: « Iddio tel perdoni, o frate Ruffino; perché hai fatto cosi? ».
Il terzo modo si fu ch' una volta egli con grande istanza chiese a santo Francesco, per grandissima grazia, che gli desse la sua cappa e prendesse la sua per amore della carità.
Alla cui petizione benché malagevolmente condiscendendo, il caritativo padre si si trasse la cappa e diegliela e prese la sua; e allora nello trarre e rimettere, frate Ruffino chiaramente vide la detta piaga.
[1940] Frate Leone similemente e molti altri frati vidono le dette sacre sante istimate di santo Francesco mentre che vivette: li quali frati, benché per la loro santità fossono uomini degni di fede e da credere loro alla semplice parola, nientedimeno, per torre via ogni dubbio de' cuori, giurarono in sul santo libro ch' eglino l' aveano vedute chiaramente.
[1941] Vidonle eziandio alquanti Cardinali, li quali aveano con lui grande famigliarità, e in riverenza delle dette istimate di santo Francesco compuosono e feciono belli e divoti inni e antifone e prose.
Il sommo pontefice Alessandro papa, predicando al popolo, dove erano tutti i Cardinali ( tra li qual era il santo frate Bonaventura ch' era cardinale ), disse e affermò ch' egli avea veduto co' suoi occhi le sacre sante stimate di santo Francesco quando egli era vivo.
[1942] E madonna Iacopa di Settesoli da Roma, la quale era la maggiore donna di Roma a suo tempo ed era divotissima di santo Francesco, le vide prima ch' egli morisse, e poi morto che fu le vide e le baciò più volte con somma riverenza, però ch' ella venne da Roma ad Ascesi per la morte di santo Francesco per divina revelazione; e fu in questo modo.
[1943] Santo Francesco, alquanti di innanzi alla morte sua, istette infermo in Ascesi nel palagio del Vescovo con alquanti delli suoi compagni, e con tutta la sua infermità egli ispesse volte cantava certe laudi di Cristo.
Uno di gli disse uno de' suoi compagni: « Padre, tu sai che questi cittadini hanno grande fede in te e rèputanti uno santo uomo, e perciò e' possono pensare che se tu se' quello che elli credono, tu doveresti in questa tua infermità pensare della morte e innanzi piagnere che cantare, poi che tu se' cosi grave infermo; e intendi che 'l tuo cantare e 'l nostro, che tu ci fai fare, s' ode da molti e del palagio e di fuori; imperò che questo palagio si guarda per te da molti uomini armati, li quali forse ne potrebbono avere malo esempio.
Onde io credo », disse cotesto frate, « che tu faresti bene a partirti di quinci, e che noi ci tornassimo tutti a Santa Maria degli Agnoli, però che noi non istiamo bene qui fra li secolari ».
Rispose santo Francesco: « Carissimo frate, tu sai che ora fa due anni, quando stavamo a Fuligno, Iddio ti rivelò il termine della vita mia, e cosi lo rivelò ancora a me, che di qui a pochi di, in questa infermità, il detto termine si finirà; e in quella rivelazione Iddio mi fece certo della remissione di tutti i miei peccati e della beatitudine del paradiso.
Insino a quella rivelazione io piansi della morte e delli miei peccati: ma poi ch'io ebbi quella rivelazione, io sono si pieno d' allegrezza che' io non posso più piagnere; e però io canto e canterò a Dio il quale m' ha dato il bene della grazia sua e hammi fatto certo de' beni della gloria di paradiso.
Del nostro partire quinci io acconsento e piacemi: ma trovate modo di portarmi, imperò ch' io per la infermità non posso andare ».
Allora li frati lo presono a braccia e si 'l portarono, accompagnati da molti cittadini.
[1944] E giugnendo a uno spedale che'era nella via, santo Francesco disse a quelli che 'l portavano: « Ponetemi in terra e rivolgetemi verso la città ».
E posto che fu con la faccia verso Ascesi, egli benedisse la città di molte benedizioni, dicendo: « Benedetta sia tu da Dio, città santa, imperò che per te molte anime si salveranno e in te molti servi di Dio abiteranno e di te molti saranno eletti al reame di vita eterna ».
E dette queste parole, sì si fece portare oltre, a Santa Maria degli Angeli.
[1945] E giunti che furono a Santa Maria, si lo portarono alla infermeria e ivi il puosono a riposare.
Allora santo Francesco chiamò a sè uno de' compagni e sì gli disse: « Carissimo frate, Iddio m' ha rivelato che di questa infermità insino a cotal di io passerò di questa vita; e tu sai che madonna Iacopa di Settesoli, divota carissima dell' Ordine nostro, s' ella sapesse la morte mia e non ci fosse presente si contristerebbe troppo: e però significale che, se mi vuole vedere vivo, immantanente venga qui ».
Risponde il frate: « Troppo di' bene, padre; chè veramente per la grande divozione ch' ella ti porta e' sarebbe molto isconvenevole ch' ella non fusse alla morte tua ».
« Va' dunque », disse santo Francesco, « e reca il calamaio e la penna e la carta, e iscrivi com'io ti dico ».
E recato che li ebbe, santo Francesco dètta la lettera in questa forma:
[1946] A madonna Iacopa serva di Dio frate Francesco poverello di Cristo salute e compagnia dello Spirito santo nel nostro Signore Gesù Cristo.
Sappi, carissima, che Cristo benedetto per la sua grazia m' ha rivelato il fine della vita mia, il quale sarà in brieve.
E però se tu mi vuoi trovare vivo, veduta questa lettera, ti muovi e vieni a Santa Maria degli Agnoli, imperò che, se per infino a cotale dì non sarai venuta, non mi potrai trovare vivo.
E arreca teco panno di cilicio nel quale si rinvolga il corpo mio, e la cera che bisogna per la sepoltura.
Priegoti ancora che tu mi arrechi di quelle cose da mangiare, delle quali tu mi solevi dare quand'io era infermo a Roma.
[1947] E mentre che questa lettera si scriveva, fu da Dio rivelato a santo Francesco che madonna Iacopa venia a lui ed era presso al luogo e recava seco tutte quelle cose ch' egli mandava chiedendo per la lettera.
Di che, avuta questa rivelazione, disse santo Francesco al frate che scriveva la lettera, che non iscrivesse più oltre, poiché non bisognava, ma riponesse la lettera.
Della qual cosa molto si maravigliarono li frati, perché non compieva la lettera e non volea che la si mandasse.
E istandosi così un pezzo, la porta del luogo fu picchiata forte, e santo Francesco manda il portinaio ad aprire: e aprendo la porta, quivi si era madonna Iacopa, nobilissima donna da Roma, con due suoi figliuoli senatori e con grande compagnia d' uomini a cavallo; e entrarono dentro.
E madonna Iacopa se ne va diritto alla infermeria e giugne a santo Francesco: della cui venuta santo Francesco ebbe grande allegrezza e consolazione, ed ella similemente veggendo lui vivo e parlandogli.
Allora ella gli ispuose come Iddio le avea rivelato a Roma, istando ella in orazione, il termine brieve della sua vita, e come egli dovea mandare per lei e chiedere quelle cose, le quali ella disse che tutte le avea arrecate seco; e sì le fece arrecare a santo Francesco e diegliene a mangiare.
E mangiato ch' egli ebbe e molto confortatosi, questa madonna Iacopa s' inginocchiò a' piedi di santo Francesco, e prende que' santissimi piedi e segnati e ornati delle piaghe di Cristo e con sì grande eccesso di divozione li baciava e bagnava di lagrime, che a' frati che stavano dintorno parea vedere propriamente la Maddalena a' piedi di Gesù Cristo, e per nessuno modo la ne poteano ispiccare.
Finalmente dopo grande ispazio la levarono indi e trassonla da parte, e domandaronla come ella era venuta così ordinatamente e così provveduta di tutte quelle cose ch' erano di bisogno alla vita e alla sepoltura di santo Francesco.
Rispuose madonna Iacopa che, orando ella a Roma una notte, ed ella udì una voce dal cielo che le disse: « Se tu vuoi trovare santo Francesco vivo, sanza indugio va' ad Ascesi e porta teco di quelle cose che gli suoli dare quando è infermo, e quelle cose le quali saranno di bisogno alla sepoltura ».
« Ed io », disse ella, « così ho fatto ».
[1948] Stette adunque ivi la detta madonna Iacopa infino a tanto che santo Francesco passò di questa vita e che fu soppellito; e alla sua sepoltura fece grandissimo onore ella con tutta la sua compagnia, e fece tutta la spesa di ciò che bisognò.
E poi ritornando a Roma, ivi a poco tempo questa gentile donna si morì santamente, e per divozione di santo Francesco si giudicò e volle essere portata e soppellita a Santa Maria degli Agnoli; e così fu.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
Nella morte di santo Francesco non solamente la detta madonna Iacopa e li figliuoli con la sua compagnia vidono e baciarono le gloriose sacrate istimate sue, ma eziandio molti cittadini d' Ascesi.
Tra' quali uno cavaliere molto nominato e grande uomo, ch' avea nome messere Ieronimo, il quale ne dubitava molto ed erane iscredente, come santo Tommaso apostolo di quelle di Cristo.
E per certificare sè e gli altri, arditamente dinanzi alli frati e alli secolari moveva li chiovi delle mani e de' piedi e trascinava la piaga del costato evidentemente.
Per la quale cosa egli poi n' era costante testimonio di quella verità, giurando in sul libro che così era e così avea veduto e toccato.
Vidonle ancora e baciaronle, le gloriose stimate di santo Francesco, santa Chiara con le sue monache, le quali furono presenti alla sua sepoltura.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
Passò di questa vita il glorioso confessore di Cristo messere santo Francesco l' anno del nostro Signore mille dugento ventisei, a dì quattro d' ottobre il sabato, e fu soppellito la domenica.
In quello anno era l' anno vigesimo della sua conversione, cioè quando avea cominciato a fare penitenza, ed era il secondo anno dopo la 'mpressione delle sacrate sante istimate; ed era negli anni quarantacinque della sua natività.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
Poi fu canonizzato santo Francesco, nel mille dugento venti otto, da papa Gregorio nono, il quale venne personalmente ad Ascesi a canonizzarlo.
E questo basti per la quarta considerazione.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
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