Testimonianze successive alla morte |
2. Origini e diffusione dell'Ordine
[2256] Il tema è desunto dai Proverbi: « Quattro cose sono tanto piccole sulla terra, eppure si ammirano fra le più sagge: le formiche, gli iraci, le cavallette, la tarantola ».
Commentando il passo con notevole ampiezza, Giacomo ha modo di manifestare la sua immutata stima per la vita dei frati minori, ma anche sottolinea pericoli e difetti di tale vita, se condotta senza impegno.
[2257] 1. Poiché le dignità e le ricchezze e lo splendore delle vesti sogliono ingenerare superbia, come, all'opposto, il disprezzo, la povertà e la viltà delle vesti generano umiltà, quanto meno voi assumete contegni mondani, tanto più umili e minori apparirete.
Infatti voi non possedete nulla di questo mondo, se non la tonaca e la corda, e non vedo proprio come potreste avere di meno.
E perciò, sebbene ci siano molti uomini ritenuti piccoli in questo mondo, voi siete i più piccoli ( minores ); sebbene ci siano molti sapienti, voi siete più sapienti dei sapienti, dal momento che coloro che imitano Cristo più da vicino, sono giudicati i più sapienti ...; quelli cioè che si rendono più simili alla divina sapienza nelle fatiche e nel disprezzo, nell'umiltà e nella povertà e si fanno più esplicitamente conformi a Cristo.
Questi si spogliano della maestà fino ad assumere la forma di servo, delle ricchezze fino ad abbracciare la povertà, della tranquillità fino a godere delle privazioni e delle fatiche, della vita fino a preferire la morte.
Perciò l'umiltà e la sapienza dei santi viene paragonata a quattro piccoli animali, che sono più saggi dei sapienti del mondo: le formiche, gli iraci, le cavallette e la tarantola.
[2258] 2. Attraverso questi quattro animaletti vengono indicati quattro tipi diversi di frati che vivono in un convento regolare.
Tra voi, infatti, ci sono dei frati semplici e laici, quelli che collaborano con le proprie mani alle opere di altri fratelli, oppure raccolgono per tutti le elemosine dei fedeli.
Questi si possono paragonare alla formica, che è piccolo come insetto, ma lavora assai a racimolare e a prepararsi il cibo.
Altri sono deboli e infermi, e non sono in grado di lavorare né portare i pesi degli altri né di fare grandi penitenze.
Ma questi non devono diffidare della misericordia divina: quanto meno hanno di proprio, tanto recuperano dalle fatiche degli altri.
Questo appunto è la Comunione dei Santi, e massimamente di coloro che servono il Signore in un'unica famiglia, perché i loro meriti sono comuni a tutti; allo stesso modo si danno parti eguali a coloro che marciano nelle prime file per la battaglia e a coloro che sono gravati dalla fatica del trasporto e della custodia della salmeria.
Se dunque l'irace, piccolo e senza forze, non può applicarsi al digiuno, alle veglie e alle penitenze, non disperi e non si abbatta, ma collochi la sua dimora nella pietra e riposi nella misericordia di Cristo, che sulla croce ha patito per noi ed ha supplito per tutte le nostre debolezze.
Altri poi sono validi alla fatica e si impegnano nella meditazione, nella lettura e nella preghiera e con le penne della ragione e dell'intelletto si elevano alle cose celesti.
Questi sono assomigliati alle locuste, a motivo del salto della contemplazione e del volo della vita sublime.
Altri infine escono per darsi alla predicazione e attivamente si impegnano nell'opera della salvezza delle anime.
Questi, sebbene si possano appoggiare sulle mani, alla maniera della tarantola, tuttavia penetrano nella casa del Re celeste, perché trattengono sempre il loro cuore in pensieri di cielo e si aspettano come premio alla loro fatica la vita eterna.
[2259] Con precisione descrive la vita francescana come fusione di contemplazione e attività apostolica, e insiste nel sottolineare che cosa deve essere, movendo un fermo rimprovero a coloro che si dimostrano restii ad applicarsi all'opera della salvezza delle anime, anche quando la volontà dei superiori ve li sollecita, preferendo l'ozio; ma non risparmia coloro che si immettono con presunzione nella predicazione senza essere preparati e senza l'autorizzazione dei superiori; il rilievo viene allargato a tutto un modo di presenza nel mondo:
[2260] 3. Poiché sta scritto: Come oseranno predicare se non sono mandati?, non deve il frate attribuirsi da sé questo ufficio, ma attendere l'autorizzazione del superiore ...
Non siano dunque frettolosi di uscire, né escano se non sono mandati dall'obbedienza.
Qualche volta, purtroppo, e non senza grave scandalo di molti, son piene di certi religiosi le piazze delle città, i porti sul mare, i palazzi dei principi, le case dei prelati, e non per motivo di necessità, ma per curiosità o per la brama di buoni pranzi ...
E più oltre un altro rilievo negativo anche se espresso in forma generale:
[2261] 4. Non chiamerei poveri coloro che, mentre potrebbero vivere con la fatica delle loro mani, vanno invece a mendicare.
Questi vanno catalogati non tra i poveri ma tra i ladri.
Se questi domandano un pane dagli altri, non potrebbero sentirsi rispondere: « Dateci le vostre capacità sì che lavoriate per noi? ».
L'ultimo rilievo è sulla necessità di applicarsi allo studio, pur senza perdere lo spirito di semplicità:
[2262] 5. Alcuni, miserabili e insensati, alla ricerca d'una scusa per la propria pigrizia, sostengono che non ci si deve applicare allo studio, ma è più sicuro che i frati rimangano nella umiltà della loro semplicità, poiché la scienza gonfia e la molta cultura rende stolti.
A questi rispondiamo che anche altre virtù occasionalmente possono spingere alla superbia; infatti senza l'amore non giovano, anzi spesso fermano il cammino.
Poi, se hanno in spregio imparare e riempirsi delle parole della Scrittura, come potranno poi nominarle? ...
Se dunque un fraticello semplice non brilla per acutezza di ingegno, supplisca con l'ardore dello studio alla mancanza di ingegno.
Non arrossisca di mendicare il pane della parola di Dio dovunque può e di mandare a memoria ogni giorno almeno una buona parola.
Abbiamo visto molti, che erano di ingegno tardo, fare assai più progressi di altri che, presuntuosi delle loro forze e della loro intelligenza, non volevano dipendere in nulla dagli altri ...
Conclude il discorso con una allegoria in cui è esaltata la vita in povertà quale egli l'aveva potuta costatare nei frati che aveva conosciuto:
[2263] 6. Si legge di un re che disse ad un suo cavaliere: « Usciamo questa notte per le vie della città e vediamo quello che avviene ».
Giunti ad un certo luogo, videro da un foro una luce che veniva da una stanza sotterranea.
E in essa ecco, seduto, un uomo povero e coperto di vesti sordide e lacere con accanto sua moglie poverissima; questa ballava vicino al marito, cantava e lo esaltava con grandi lodi.
Allora il re fu pieno di meraviglia, poiché costoro, ch'erano circondati da tanto squallore, non avevano vesti decenti e neppure una casa, facevano una vita allegra, sicura e quasi ricca.
E disse al cavaliere: « È una cosa veramente meravigliosa che a me e a te non è mai piaciuta tanto la nostra vita, che è circondata da tanti piaceri e carica di gloria, come a costoro sembra deliziosa una vita così miserabile e la trovano dolce e soave mentre è così dura e amara ».
E il cavaliere gli rispose molto sapientemente: « Tanto più ritengono misera e stolta la nostra vita gli amatori della vera vita e dell'eterna gloria.
Nel confronto con le ricchezze celesti essi giudicano come spazzatura i nostri palazzi, le vesti e le ricchezze terrene, e la nostra gloria la stimano come vento e un nulla rispetto alla inenarrabile bellezza e gloria dei santi, che è nei cieli.
Infatti come sembrò a noi che questi fossero dei pazzi, così e ancor di più, noi che in questo mondo erriamo e racchiudiamo tutto il nostro sogno in questa falsa gloria, siamo degni di pianto agli occhi di coloro che hanno gustato la dolcezza dei beni eterni ».
[2264] Il tema, desunto da Geremia è più scopertamente scelto come raffigurazione della vita dei frati ai quali parla: « Non berremo vino, perché Jonadab, figlio di Recab, padre nostro, ci dette questo ordine: Non berrete mai vino né voi né i vostri figli; non fabbricherete case, non seminerete, non pianterete vigne e non avrete possessi, ma per tutto il tempo della vostra vita abiterete sotto le tende, per vivere a lungo nel paese in cui siete come stranieri ».
Giacomo da Vitry, passando all'interpretazione spirituale del fatto, identifica Francesco con Jonadab, e i suoi figli con i Recabiti, a motivo e se permangono nell'obbedienza alle direttive di lui.
Il passo è importante anche per la notizia delle stimmate.
[2265] 1. Questa promessa, in senso spirituale, è diretta a coloro che obbediscono ai comandamenti di Dio e dei loro padri spirituali.
Ora il padre del nostro spirito è stato Francesco, che veramente può essere chiamato col nome di Jonadab, figlio di Recab.
Jonadab, infatti, significa:« spontaneità di Dio », e Recab: « quadriga » o anche « ascesa ».
E Francesco spontaneamente ha dato in sovrabbondanza molte cose che non era obbligato a dare sulla base dei precetti della legge di Dio.
Egli, con la quadriga dei quattro Vangeli e delle quattro virtù cardinali, ascese instancabile di virtù in virtù, e tanto luminosamente seguì Cristo crocifisso, che alla sua morte apparvero nelle sue mani, nei suoi piedi e nel costato i segni delle ferite di Cristo.
E perciò i figli di lui sono tanto cresciuti di numero nel mondo intero, che in essi si è avverata spiritualmente la parola del Signore per bocca di Geremia: La stirpe di Jonadab, figlio di Recab avrà sempre chi sta davanti a me, per tutti i tempi.
L'oratore prosegue spiegando i singoli precetti in senso spirituale e morale, poi ritorna su di essi per farne una applicazione letterale:
[2266] 2. I Recabiti osservavano quei precetti secondo il loro senso letterale, e così anche voi, che siete i discendenti del vostro padre Recab, cioè del beato Francesco.
E realmente voi non costruite case, sebbene altri le edifichino per uso vostro, ed in esse abitate come ospiti e custodi e non le possedete, ma sono proprietà della Chiesa, nel nome della quale vengono costruite.
Egualmente non seminate, non piantate vigne ...
Quando dunque attraverserete il fiume delle cose temporali e combatterete nudi contro colui che è nudo, confidate nel Signore che potrete superare il nemico, purché stiate in guardia con cautela; egli infatti più spesso cerca di combattere interiormente con vizi spirituali quelli nei quali non trova da ingaggiare battaglia esteriormente.
Dunque il mondo è crocifisso per voi e voi al mondo, a tal punto che ormai il nemico non trova più nulla delle cose mondane sulle quali tentarvi, perché avete rinunciato a tutto ...
Passa ad esaminare alcuni di questi vizi spirituali, sottolineando alcuni pericoli e abusi frequenti nella vita religiosa, mettendone in guardia specialmente i predicatori: presunzione, invidia, mormorazione pubblica contro i prelati, imprudenza nel rivelare colpe altrui, frequenza non necessaria delle donne, per finire con questa raccomandazione:
[2267] 3. Poiché siete collocati in uno stato di vita più elevato, dal momento che voi seguite l'esempio degli apostoli: non portate bastone, né bisaccia, né borsa, né denaro nella cintura, né pane nella sporta, né due tonache, né calzari ai piedi, tanto più vergognosa e miserabile sarebbe la vostra caduta.
Sull'esempio del vostro padre Recab, cioè del beato Francesco, come veri Recabiti, dimenticate il passato e stendete le mani sempre in avanti perché, combattendo da forti, conseguirete il premio della corona eterna.
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