Cronaca di Giordano da Giano
[2320] Ai frati dell'Ordine dei minori dimoranti in Germania, frate Giordano da Giano della valle di Spoleto, augura nel presente perseveranza in ciò che è buono e nel futuro una gloria senza fine con Cristo.
[2321] Quando qualche volta raccontavo episodi sulle abitudini familiari e sulla vita dei primi frati andati in Germania, la maggior parte dei frati che ascoltavano venivano edificati; da molti più volte fui pregato di mettere per scritto quello che narravo e altri fatterelli che avessi potuto rammentare e, pure, di annotare gli anni del Signore, nei quali furono mandati i frati in Germania, e nei quali accadde questo o quell'avvenimento.
E poiché, come dice la Scrittura, « peccato di divinazione è il non voler assoggettarsi e iniquità di idolatria il non voler obbedire », decisi di acconsentire al devoto desiderio dei frati, a ciò spinto soprattutto da frate Baldovino di Brandeburgo che, e spontaneamente e sollecitato da frate Bartolomeo, allora ministro della Sassonia, si offrì come scrivano.
Nell'anno, dunque, del Signore 1262, dopo il capitolo di Halberstadt, celebrato nella domenica « Jubilate », rimanendo nel luogo del capitolo, io come colui che racconta e frate Baldovino come scrivano, incominciai, ma senza pretese a soddisfare quel desiderio.
E se mi riuscirà bene, anch'io stesso ne sarò contento, se poi, al contrario ( non riuscirà ), si dovrà usare una certa condiscendenza, perché, come sapete, ho intrapreso questa opera pur non essendo un dotto, ma voi mi avete costretto.
Quanto alla successione degli anni, se in qualche luogo ho sbagliato, per dimenticanza, cosa abbastanza naturale ad un uomo già vecchio e stanco, chiedo perdono al lettore, esortandolo perché, là dove trovasse che ho sbagliato, con carità corregga e supplisca.
Allo stesso modo sarò grato a colui che vorrà abbellire con parole più eleganti e lo stile dello scrittore e la rozzezza del dettato.
Mi par sufficiente aver offerto la materia a scrittori eccellenti ed esperti nell'arte del comporre.
[2322] Se guardo all'umiltà e pochezza della mia condizione e di quella degli altri che, con me sono stati mandati in Germania, e, a confronto, l'attuale sviluppo e la gloria del nostro Ordine, confuso in me stesso esalto nel mio cuore la divina clemenza e mi sento costretto a dirigere a voi questa voce apostolica: « Considerate la vostra vocazione, fratelli: non sono molti i sapienti secondo la carne che diedero forma al nostro Ordine con la loro sapienza, non molti i potenti che pretesero di salvarlo con la forza, non molti i nobili che badarono di onorarlo con il loro favore.
Ma Dio ha scelto ciò che è stolto secondo il mondo per confondere i sapienti e ciò che è debole secondo il mondo per confondere la forza Dio ha scelto le cose vili del mondo, e le spregevoli, e quelle che sono un nulla, per distruggere quelle che sono, affinché nessuno si glori davanti a Dio ».
Perché dunque ci si glori in Dio, che con la sua sapienza ha inventato questo Ordine e per mezzo del suo servo Francesco l'ha dato in esempio al mondo, e non in un uomo, si narrerà più palesemente nei seguenti capitoli, quando, in che modo e attraverso quali persone esso sia giunto a noi.
Fine del prologo
[2323] 1. Nell'anno del Signore 1207 Francesco, di professione mercante, con cuore compunto e toccato dal soffio dello Spirito Santo, cominciò una vita di penitenza in abito da eremita.
Ma poiché della sua conversione è già detto a sufficienza nella « Legenda », qui tiriamo oltre.
[2324] 2. Nell'anno del Signore 1209, terzo della sua conversione, avendo ascoltato nel Vangelo ciò che Cristo disse ai suoi discepoli quando li mandò a predicare, depose immediatamente, il bastone, la bisaccia e le calzature, cambiò il modo di vestire, adottando quello che ora portano i frati, facendosi imitatore dell'evangelica povertà e solerte predicatore del Vangelo.
[2325] 3. Nell'anno del Signore 1219 e decimo della sua conversione, frate Francesco, nel Capitolo tenuto presso Santa Maria della Porziuncola, mandò alcuni frati in Francia, in Germania, in Ungheria, in Spagna e in quelle altre province d'Italia in cui i frati non erano ancora giunti.
[2326] 4. I frati che giunsero in Francia, interrogati se fossero Albigesi, risposero di sì non capendo cosa significasse « Albigesi »; non sapendo, per altro, che erano eretici, e così furono reputati eretici.
Ma il vescovo e i maestri, alla fine, dopo aver letto attentamente la loro Regola e, trovandola evangelica e cattolica, consultarono sulla questione il signor papa Onorio.
Questi, con sue lettere dichiarò la loro Regola autentica, perché approvata dalla Sede Apostolica, e i frati figli speciali della Chiesa romana e veri cattolici; e così li liberò dal sospetto di eresia.
[2327] 5. In Germania, poi, furono mandati ... Giovanni da Penna con circa sessanta frati o forse più.
Questi, penetrando nelle regioni della Germania e non conoscendo la lingua, richiesti se volessero alloggio, vitto o altre cose del genere, risposero « ia » e così furono da alcuni benignamente ricevuti.
E, notando che con questa parola « ia » venivano trattati umanamente, decisero di rispondere « ia » a qualsiasi cosa che veniva loro richiesta.
Per questo accadde che, interrogati se fossero eretici e se fossero venuti appunto per contaminare la Germania, così come avevano pervertito anche la Lombardia, di nuovo risposero « ia ».
Alcuni allora vennero incarcerati, altri, spogliati, furono condotti in giro nudi e fatti spettacolo comico per la folla.
Vedendo dunque i frati che non potevano produrre frutto in Germania, se ne ritornarono in Italia.
Per questo fatto la Germania fu reputata dai frati tanto inumana, che non osavano ritornarvi se non animati dal desiderio di martirio.
[2328] 6. I frati invece mandati in Ungheria vi furono condotti, via mare, per interessamento di un vescovo ungherese.
E mentre, canzonati, si introducevano per quelle pianure, i pastori li assalirono con i cani e, senza pronunciare parola, senza tregua li percuotevano con le loro lance, dalla parte non appuntita.
E poiché i frati si domandavano tra loro il perché di tali maltrattamenti, uno disse: « Forse perché vogliono avere le tonache che portiamo sopra ».
Gliele diedero, ma quelli non desistevano dal bastonarli.
Aggiunse allora: « Forse vogliono avere le nostre tonachette che portiamo sotto ».
Ma, datele, neppure allora quelli smisero di percuoterli.
Allora disse: « Forse vogliono avere anche i nostri mutandoni ».
E lasciarono loro anche quelli.
Allora smisero di bastonarli e li lasciarono andare nudi.
E a me uno di questi frati riferì che così ben 15 volte ci aveva rimesso le mutande; e, poiché vinto dal pudore e dalla vergogna, si doleva più per i mutandoni che per le altre vesti, imbrattò i suoi mutandoni con lo sterco dei buoi e con altra sporcizia di modo che, gli stessi pastori, provandone disgusto, gli concessero di tenerli.
E dopo aver subìto queste e altre offese, ritornarono in Italia.
[2329] 7. Dei frati, poi, che passarono per la Spagna, cinque furono coronati del martirio.
Se poi questi frati furono mandati da quel Capitolo, cui abbiamo accennato, o da uno precedente, come frate Elia con i suoi compagni nelle terre d'oltremare, non possiamo dirlo con sicurezza.
[2330] 8. Quando furono riferiti al beato Francesco il martirio, la vita e la leggenda dei suddetti frati, sentendo che in essa si facevano le lodi di lui, e, vedendo che i frati si gloriavano del martirio di quelli, poiché egli era il più grande disprezzatore di se stesso e sdegnava la lode e la gloria degli uomini, rifiutò tale leggenda e ne proibì la lettura dicendo: « Ognuno si glori del suo proprio martirio e non di quello degli altri ».
E così tutta quella prima missione non approdò a nulla, forse perché non era ancora giunto il momento di mandarla poiché « il tempo di ogni cosa è designato dal cielo ».
[2331] 9. Frate Elia, invece, fu nominato, dal beato Francesco, ministro provinciale delle terre d'oltremare.
Per la sua predicazione, un chierico, di nome Cesario, fu ricevuto all'Ordine.
Questo Cesario, un tedesco nato a Spira e suddiacono, era stato discepolo in teologia del maestro Corrado da Spira, predicatore della crociata e più tardi vescovo di Hildesheim.
Quando ancora era un secolare, fu grande predicatore e imitatore dell'evangelica perfezione.
Poiché nella sua città alcune matrone si recavano in abito umile alla sua predicazione, dopo aver lasciato ogni abbigliamento, i mariti di queste lo vollero trascinare al rogo come eretico.
Ma fu strappato dalle fiamme ad opera del maestro Corrado e se ne ritornò a Parigi.
Più tardi, attraversato il mare in occasione del solenne passaggio, si convertì all'Ordine per la predicazione di frate Elia, come si è già detto, e divenne uomo di grande dottrina e di esempio.
[2332] 10. Date pertanto queste disposizioni, il beato padre prese a riflettere che se aveva mandato i suoi figli al martirio e ai disagi, non doveva lui dare l'impressione di cercare la propria tranquillità mentre gli altri si affaticavano per Cristo.
E poiché era uomo di grande coraggio e non voleva che alcuno lo superasse sulla via di Cristo, ma piuttosto precederli tutti, avendo mandati i figli verso pericoli solo eventuali e in mezzo ai fedeli, infervorato dall'amore per la passione di Cristo, in quel medesimo anno in cui mandò gli altri frati, e cioè nell'anno tredicesimo della conversione, affrontò i pericoli inevitabili del mare per giungere tra gli infedeli e si recò dal Sultano.
Ma prima di giungere da lui, subì molte ingiurie e offese, e non conoscendo la loro lingua, gridava tra le percosse: « Soldan, soldan! ».
E così fu condotto da lui e fu onorevolmente ricevuto e curato molto umanamente nella sua malattia.
Ma poiché presso di loro non poteva portare frutto, si dispose a partire; e, per ordine del Sultano, fu accompagnato con scorta armata fino all'esercito dei cristiani, che allora assediavano Damiata.
[2333] 11. Nel disporsi a passare il mare in compagnia del beato Pietro Cattani, esperto di diritto e maestro di legge, il beato Francesco aveva lasciato due vicari: frate Matteo da Narni e frate Gregorio da Napoli.
Stabili Matteo a Santa Maria della Porziuncola, perché risiedendovi potesse ricevere quanti dovevano essere accolti all'Ordine, e Gregorio perché, girando per l'Italia, confortasse i frati.
Ora, poiché secondo la primitiva Regola i frati digiunavano il mercoledì e il venerdì e, col permesso del beato Francesco, anche il lunedì e il sabato, mentre negli altri giorni di grasso mangiavano carni, questi due vicari, con alcuni dei frati più anziani di tutta Italia celebrarono un Capitolo, nel quale stabilirono che i frati nei giorni di grasso non usassero carni procurate, ma mangiassero quelle offerte spontaneamente dai fedeli.
Stabilirono inoltre che digiunassero al lunedì e negli altri due giorni, e che al lunedì e al sabato non si procurassero latticini, ma che se ne astenessero, eccetto il caso che venissero offerti da fedeli devoti.
[2334] 12. Un frate laico, indignato di queste costituzioni, per il fatto che quelli avessero avuto la presunzione di aggiungere alcunché alla Regola del santo padre, prese con sé quelle costituzioni, senza l'autorizzazione dei vicari, attraversò il mare.
E, giunto alla presenza del beato Francesco, per prima cosa confessò davanti a lui la sua colpa, chiedendo perdono per essere venuto senza permesso, indotto però da questa necessità: che cioè i vicari, che aveva lasciato, avevano avuto la presunzione di aggiungere nuove norme alla sua Regola; lo informò inoltre, che l'Ordine per tutta Italia era in fermento, sia a causa dei vicari sia a causa di altri frati che reclamavano altre novità.
Quando ebbe letto attentamente le costituzioni, il beato Francesco, che era a tavola e aveva dinnanzi a sé carne pronta da mangiare, domandò a frate Pietro: « Signor Pietro, adesso che faremo? ».
Ed egli rispose: « Ah, Signor Francesco, quello che piace a voi, perché voi avete l'autorità ».
Poiché frate Pietro era colto e nobile, il beato Francesco per sua cortesia, onorandolo, lo chiamava « signore ».
E questo rispetto reciproco rimase tra loro, tanto oltremare che in Italia.
Alla fine il beato Francesco concluse: « Mangiamo dunque, come dice il Vangelo, ciò che ci viene messo davanti ».
[2335] 13. Proprio in quel tempo viveva oltremare una « pitonessa » che prediceva molte cose vere, e per ciò, in quella lingua era chiamata « la Veridica ... » [ Essa aveva detto ai frati che erano con Francesco: ] « Ritornate! Ritornate! perché per l'assenza di frate Francesco l'Ordine è turbato, si divide e si disperde ».
E questo rispondeva a verità.
Infatti frate Filippo, che aveva la cura delle Povere Dame, contro la volontà del beato Francesco, il quale preferiva vincere le avversità con l'umiltà che con l'autorità della legge, aveva richiesto e ottenuto dalla Sede Apostolica, una lettera nella quale era autorizzato a difendere le Dame e a scomunicare quanti le infastidivano.
Così anche frate Giovanni da Campello, raccolto un gran numero di lebbrosi, di uomini e di donne, uscì dall'Ordine e volle farsi fondatore di un nuovo ordine; stese una regola e per farla approvare si presentò con i suoi seguaci alla Sede Apostolica.
[2336] Oltre a questi fatti incresciosi, durante l'assenza del beato Francesco erano sorti anche altri princìpi di turbamento, così come aveva predetto quella Veridica.
[2337] 14. Il beato Francesco, presi con sé frate Elia, frate Pietro Cattani e frate Cesario, quello che frate Elia, in qualità di ministro della Siria, aveva ricevuto all'Ordine, come è stato riferito sopra, e altri frati, se ne tornò in Italia.
E qui, dopo aver capito più a fondo le cause dei disordini, si recò, non dagli agitatori, ma dal signor papa Onorio.
Se ne stava dunque il Padre con grande umiltà nell'atrio del signor Papa, non osando bussare alla porta di un così grande principe, e aspettava con pazienza che egli uscisse spontaneamente.
E quando uscì, il beato Francesco, fattogli riverenza, disse: « O padre papa, Dio ti dia pace ».
E quegli: « Dio ti benedica, figlio ».
E il beato Francesco: « Signore, poiché tu sei grande e spesso occupato in gravi problemi, i poveri spesso non possono avere accesso fino a te e con te parlare, ogni volta che hanno bisogno.
Tu mi hai dato molti papi.
Dammene uno solo, al quale, quando ho necessità, possa parlare e che in vece tua ascolti e risolva i problemi miei e del mio Ordine ».
E il Papa, rivolto a lui: « Chi vuoi che ti dia, figlio? ».
Ed egli: « Il Signore di Ostia».
E glielo concesse.
Avendo dunque il beato Francesco riferito al Signore di Ostia, suo papa, le cause del suo turbamento, egli immediatamente revocò la lettera a frate Filippo, e frate Giovanni con i suoi fu vergognosamente espulso dalla Curia.
[2338] 15. E così, col favore di Dio, i turbolenti furono subito calmati e il beato Francesco ristrutturò l'Ordine secondo i suoi ordinamenti.
Vedendo poi che frate Cesario era esperto in Sacra Scrittura, affidò a lui il compito di ornare con parole del Vangelo la Regola che egli stesso aveva concepito con semplici parole.
Ed egli lo fece.
E poiché i frati, per le diverse dicerie che si erano diffuse sul conto del beato Francesco - alcuni dicevano che era morto, altri che era stato ucciso, altri ancora che era annegato - in gran numero si erano turbati, quando seppero che egli era vivo e che era già ritornato, per la gioia ebbero la sensazione che una nuova luce sorgesse per loro.
Il beato Francesco poi, senza indugio, indisse a Santa Maria della Porziuncola il Capitolo generale.
[2339] 16. Pertanto nell'anno del Signore 1221, il 23 maggio, indizione XIV, nel santo giorno della Pentecoste il beato Francesco celebrò il Capitolo generale a Santa Maria della Porziuncola.
Al Capitolo, secondo la consuetudine che allora vigeva nell'Ordine, convennero tanto i professi che i novizi, e il numero dei frati convenuti fu valutato a circa tremila.
Al Capitolo fu presente il signor Raniero, cardinale diacono, con molti altri vescovi e religiosi.
Per comando del cardinale un vescovo celebrò la Messa e si crede che allora il beato Francesco abbia letto il Vangelo e un altro frate l'epistola.
[2340] Poiché non c'erano edifici sufficienti per tanti frati, essi alloggiavano sotto ripari di frasche in un campo spazioso e recintato e mangiavano e dormivano disposti in bell'ordine e distinzione e comodamente in ventitré mense.
A questo Capitolo prestava servizio con ogni premura la popolazione del luogo, procurando pane e vino in abbondanza, compiacendosi del raduno di tanti frati e del ritorno del beato Francesco.
[2341] In questo Capitolo il beato Francesco, scegliendo come tema le parole del salmista: Benedetto il Signore, mio Dio, che addestra le mie mani alla battaglia, predicò ai frati, insegnando le virtù, esortandoli alla pazienza e a dare al mondo buoni esempi.
Allo stesso modo parlava al popolo e il popolo e il clero venivano edificati.
Ma chi riuscirebbe a dire quanto grande era, in quel tempo la carità tra i frati, quanta la pazienza, l'umiltà, l'obbedienza e la fraterna letizia?
Capitoli simili a questo, per la moltitudine dei frati, per la solennità delle cerimonie non ne vidi più nell'Ordine.
E sebbene così grande fosse la moltitudine dei frati convenuti, tuttavia la popolazione lietamente provvedeva, a tal punto che, dopo sette giorni di Capitolo, i frati furono costretti a chiudere la porta e a non accettare più nulla e perfino a trattenersi per altri due giorni per consumare le offerte già ricevute.
[2342] 17. Alla fine poi di questo Capitolo, o meglio quando esso volgeva alla conclusione, il beato Francesco si ricordò che non si era ancora impiantato l'Ordine in Germania.
E poiché egli era allora malato, qualsiasi cosa volesse da parte sua dire al Capitolo, la faceva comunicare da frate Elia.
E il beato Francesco, restando seduto ai piedi di frate Elia, tirò costui per la tonaca.
Questi, inchinatosi verso di lui, ascoltò con attenzione cosa gli diceva, poi rizzandosi, disse: « Frati, così dice il Fratello » - indicando il beato Francesco che era chiamato per eccellenza « fratello » dai frati - : « C'è un paese, la Germania, in cui vivono uomini cristiani e devoti che spesso come sapete, passano dalla nostra terra con lunghi bastoni e larghi stivaloni , cantando lodi a Dio e ai suoi santi madidi di sudore e sotto i cocenti raggi del sole, e visitano i sepolcri dei santi.
Ma poiché i frati mandati una volta da loro, tornarono indietro maltrattati, il Fratello non costringe nessuno a recarsi da loro, ma coloro che ispirati dallo zelo di Dio e delle anime, volessero andare, ad essi egli intende dare la stessa obbedienza e perfino più ampia di quella che darebbe a chi si recasse oltremare.
Se ci sono alcuni che vogliono andarvi, si alzino in piedi e si pongano in gruppo a parte ».
Infiammati dal desiderio, si alzarono circa 90 frati, offrendosi alla morte e, mettendosi a sedere in disparte così come era stato loro comandato, aspettavano la risposta: chi e quanti e in che modo e quando dovessero partire.
[2343] 18. Era presente a quel Capitolo un certo frate, il quale nelle sue preghiere soleva supplicare il Signore perché la sua fede non venisse corrotta dagli eretici di Lombardia, e non abiurasse per la crudeltà dei tedeschi, e perché da questi due pericoli il Signore, con misericordia, si degnasse di liberarlo.
Costui, vedendo che molti frati si alzavano pronti per andare in Germania, pensava che senz'altro e presto sarebbero stati martirizzati dai tedeschi.
E rammaricandosi di non aver conosciuto di persona i frati mandati in Spagna e già martirizzati, volle evitare che gli accadesse in questa occasione quello che gli era capitato con quegli altri.
Si alzò di mezzo alla moltitudine e si avvicinò loro; e correndo qua e là or dall'uno or dall'altro chiedeva: « Chi sei e di dove sei? », poiché riteneva grande gloria, nel caso fossero stati martirizzati, il poter dire: « Ho conosciuto questo, ho conosciuto quello »
Tra quelli vi era un frate diacono di nome Palmerio, che poi fu fatto guardiano a Magdeburgo: un tipo allegro e spiritoso, oriundo del monte Gargano nelle terre di Puglia.
Arrivato a lui, quel frate curioso, e avendogli chiesto: « Chi sei e come ti chiami? », rispose: « Mi chiamo Palmerio », e dopo averlo afferrato per la mano soggiunse: « E anche tu sei dei nostri e verrai con noi », volendo condurlo con sé tra i tedeschi, mentre più volte egli aveva già pregato Dio di mandarlo dove volesse, eccetto che tra quelli.
Detestando il nome dei tedeschi, replicò: « Non sono dei vostri, ma sono venuto tra voi con il desiderio di conoscervi e non con l'intenzione di partire con voi ».
Ma quello, prevalendo con la sua giovialità, lo trattenne e trascinò con sé a terra colui che si opponeva con gesti e con parole, e lo costrinse a sedere con sé in mezzo agli altri.
Nel frattempo, mentre succedevano queste cose e quel frate curioso era trattenuto tra gli altri, venne assegnato ad un'altra provincia con la formula: « Il tal frate vada nella tale provincia ».
[2344] Mentre quei 90 frati aspettavano la decisione, fu designato ministro della Germania il tedesco frate Cesario, nato - come si è detto - a Spira, con la potestà di scegliere chi voleva tra quei 90 frati.
E avendo scoperto tra gli altri quel frate curioso, fu persuaso da loro a portarlo con sé.
E poiché quello mal volentieri andava tra i tedeschi e ripeteva con insistenza: « Non sono dei vostri e non mi sono alzato con l'intenzione di andare con loro », fu condotto da frate Elia.
Allora i frati di quella provincia, tra i quali era stato assegnato, sentendo ciò, poiché era debole di salute e la terra in cui andavano era fredda, insistevano per farlo restare.
Frate Cesario invece s'adoperava con tutte le maniere per condurlo con sé.
Frate Elia troncò questa controversia dicendo: « Ti comando, fratello, per santa obbedienza di decidere una buona volta se vuoi andare o rinunciare ».
Ma egli, vincolato all'obbedienza, essendo incerto sul da farsi, non osò scegliere secondo coscienza, per non dare l'impressione, caso mai avesse scelto, di agire secondo la propria volontà.
Aveva paura a partire a causa della crudeltà dei tedeschi per non mettere in pericolo la sua anima se nei tormenti avesse perso la pazienza.
E così, perplesso tra le due alternative e più non trovando soluzioni in se stesso, si rivolse a quel frate, già provato da varie tribolazioni, quello che in Ungheria - come si è detto - aveva perso i mutandoni ben quindici volte, e gli chiese consiglio dicendo: « Fratello carissimo, così mi è stato comandato, ma ho paura a scegliere, e non so cosa fare ».
E l'altro: « Va' da frate Elia e di': "Fratello, non voglio né andare né rimanere, ma quello che mi comanderai lo farò", e così ti libererai da questo dubbio ».
Ed egli così fece.
Udendo queste cose, frate Elia gli comandò, in virtù di santa obbedienza, di affrettarsi ad andare in Germania con frate Cesario.
Costui è frate Giordano da Giano, che per voi scrive queste memorie; che per tale avventura venne in Germania; che scampò alla furia dei tedeschi di cui aveva orrore e che con frate Cesario e con altri frati trapiantò in Germania per la prima volta l'Ordine dei frati minori.
[2345] 19. Il primo ministro provinciale della Germania fu frate Cesario che, preoccupato di adempiere efficacemente l'obbedienza a lui imposta, prese con sé i frati
Giovanni da Pian del Carpine, predicatore in latino e in lombardo;
Barnaba il tedesco, predicatore egregio in lombardo e tedesco;
Tommaso da Celano, che scrisse poi la prima e la seconda « legenda » di san Francesco;
Giuseppe da Treviso;
l'ungherese Abramo,
il toscano Simone, figlio della contessa Collazzone;
il chierico tedesco Corrado;
il sacerdote Pietro da Camerino
i sacerdoti Giacomo e Gualtiero;
il diacono Palmerio
il diacono frate Giordano da Giano
e alcuni frati laici e cioè: il tedesco Benedetto da Soest, lo svevo Enrico e molti altri il cui nome non ricordo.
Furono in tutto: 12 chierici e 13 laici.
Dopo che ebbe scelti questi compagni, frate Cesario, che era uomo pio e mal volentieri lasciava il beato Francesco e gli altri santi frati, distribuì - con il permesso del beato Francesco - i compagni assegnatigli nelle sedi della Lombardia, perché lì attendessero le sue istruzioni.
Egli poi si intrattenne per quasi tre mesi nella valle Spoletana.
E quando si dispose ad intraprendere il viaggio per la Germania, radunati i suoi frati, mandò innanzi a sé frate Giovanni da Pian del Carpine e frate Barnaba e alcuni altri per preparare, per lui e per i frati, un luogo a Trento, facendo poi seguire gli altri frati a gruppi di tre o quattro.
[2346] 20. Fu così che i frati giunsero a drappelli scaglionati a Trento, prima della festa di san Michele, e furono accolti benignamente dal signor vescovo di Trento, durante i sei giorni in cui successivamente giunsero.
Poi, nella festa di san Michele, frate Cesario tenne un sermone per il clero e frate Barnaba un altro per il popolo.
Come frutto della loro predicazione, un cittadino di Trento, di nome Pellegrino, ricco e pratico della lingua tedesca e lombarda, dopo aver vestito i frati con nuove tonache e tonachette, vendette tutti i restanti suoi averi e ne distribuì il ricavato ai poveri, e fu ricevuto all'Ordine.
[2347] 21. Poi Frate Cesario convocò in Trento i suoi frati, e dopo averli esortati a custodire l'umiltà e la pazienza [ ne lasciò alcuni nella città per edificazione del popolo, e gli altri ] li raggruppò a due a due e a tre a tre, assegnando l'uno per le cose temporali e l'altro per quelle spirituali, e li mandò innanzi a sé verso Bolzano.
E anche qui il signor vescovo di Trento aiutò per più giorni i frati che successivamente arrivavano e concesse loro licenza di predicare nella sua diocesi.
Partiti da Bolzano, raggiunsero Bressanone, e furono ricevuti benevolmente dal vescovo del luogo.
[2348] Da Bressanone si inoltrarono per zone montagnose e raggiunsero Sterzing ( Vipiteno ) dopo l'ora del pranzo.
Ma poiché gli abitanti non avevano più pane a portata di mano e i frati non sapevano mendicare, continuarono il viaggio sperando di raggiungere in serata un luogo dove essere rifocillati dalla carità degli abitanti, e arrivarono a Mittenwald.
Ma qui, per la grande scarsità di cibo, cercarono di illudere poveramente il morso della fame con due tozzi di pane e sette rape, e la sete con la gioia del cuore, finendo per stuzzicarle di più.
Ma consultatisi tra loro sul come riempire lo stomaco vuoto per poter poi godere di un po' di riposo nella notte, dopo la fatica di sette miglia, decretarono di bere l'acqua di un limpido rivo che scorreva lì presso, perché lo stomaco vuoto non brontolasse.
Fattosi giorno, s'alzarono, affamati e digiuni, e ripresero il cammino incominciato.
Ma avanzati mezzo miglio, la vista cominciò ad annebbiarsi, le gambe a infiacchirsi, le ginocchia a piegarsi per il digiuno, e tutto il corpo a perdere forze.
Per cui, per lenire i crampi della fame spiluccavano le bacche dai rovi e dalle diverse specie di alberi e di arbusti che trovavano lungo la strada.
Ma poiché era di venerdì, temevano di rompere il digiuno.
Tuttavia il fatto di portare con sé i frutti di diversi alberi e arbusti, dava loro l'impressione di essere alquanto rifocillati perché, ove si fossero trovati in estrema necessità, avevano di che mangiare.
E così, ora fermandosi, ora procedendo lentamente, con difficoltà raggiunsero Matrey.
Ed ecco che Dio a cui è affidato il povero, sollecito dei suoi poveri, provvide che, entrando in città, incontrassero due uomini ospitali, che comprarono per loro due denari di pane.
Ma cosa era ciò per tante persone?
E poiché era la stagione delle rape, mendicando rape, supplirono con esse alla mancanza di pane.
[2349] 22. Rimediato in questo modo il pranzo, più riempiti che nutriti, Si rimisero in viaggio e così, passando per villaggi e castelli e monasteri, giunsero ad Augsburg.
Qui furono ricevuti benignamente dal signor vescovo della città e dal « vicario », suo nipote, canonico della cattedrale.
Lo stesso vescovo di Augsburg fu preso da così grande affetto per i frati, che li accoglieva baciandoli uno a uno e similmente li congedava.
Anche il vicario li ricevette con tanto affetto, che sloggiò dalla propria curia per sistemare in essa i frati.
Inoltre furono cordialmente ricevuti sia dal clero che dal popolo e salutati con riverenza.
[2350] 23. Nell'anno del Signore 1221, circa la festa di san Gallo, frate Cesario, primo ministro della Germania, radunò i suoi frati, in numero di trentuno ad Augsburg, per il primo capitolo dopo la loro entrata in Germania, e poi li inviò nelle diverse province.
Mandò innanzi frate Giovanni da Pian del Carpine e frate Barnaba come predicatori a Wurzburg.
Essi poi passarono a Magonza, a Worms, a Spira, a Strasburgo e a Colonia.
Presentandosi al popolo, predicavano la parola della penitenza e preparavano degli alloggi per i frati che li avrebbero seguiti.
[2351] 24. In quello stesso capitolo, frate Cesario mandò frate Giordano con due compagni, Abramo e Costantino, a Salisburgo.
Essi furono ricevuti benevolmente dal vescovo del luogo.
Mandò pure altri tre frati con frate Giuseppe a Ratisbona.
Frate Cesario poi, ripercorrendo le strade di coloro che lo precedevano, incoraggiava i frati nel bene con la parola e con l'esempio.
[2352] 25. Nello stesso anno, frate Cesario, giungendo a Wurzburg, ricevette all'Ordine un giovane abile e colto, di nome Hartmuth, che i frati italiani, non riuscendo a pronunciarne il nome, battezzarono Andrea, perché era stato ricevuto all'Ordine il giorno di sant'Andrea.
Questi in poco tempo divenne sacerdote e predicatore e, in seguito, fu costituito custode della Sassonia.
Parimenti ricevette all'Ordine un laico, di nome Ruggero, il quale, in seguito, fu fatto guardiano di Halberstadt e fu pure maestro di vita spirituale di santa Elisabetta, insegnandole a custodire la castità, l'umiltà e la pazienza, a vegliare in orazione e a dedicarsi assiduamente alle opere di misericordia.
Accolse pure un altro laico di nome Rodolfo.
[2353] 26. Nell'anno del Signore 1222, frate Cesario aveva già ricevuto così numerosi frati, sia chierici che laici che, convocati i frati dalle città vicine, celebrò a Worms il primo capitolo provinciale.
E poiché il luogo dove si erano dati convegno i frati era ristretto e non adatto per le celebrazioni e per la predicazione per tanta moltitudine, dietro consiglio del vescovo e dei canonici, si radunarono nella cattedrale.
I canonici si restrinsero in uno dei cori e lasciarono l'altro coro ai frati.
Celebrando dunque la Messa un frate dell'Ordine e cantando a gara, coro contro coro, compirono con meravigliosa solennità il divino ufficio.
[2354] 27. Da questo capitolo frate Cesario mandò due frati con lettere per i frati che dimoravano a Salisburgo, i quali non erano venuti al capitolo, perché, se lo volevano si recassero da lui.
Essi, dunque, che si erano votati all'obbedienza, tanto da non voler compiere nulla di propria volontà, si sentirono turbati non poco per la condizione espressa nella lettera, cioè « se volevano venire », e dissero: « Andiamo e chiediamogli perché abbia scritto a noi così, poiché non vogliamo niente altro che quello che egli stesso vuole ».
Postisi dunque in viaggio, entrarono in un paese con la intenzione di rifocillarsi.
Mendicando a due a due per il villaggio, si sentivano rispondere in tedesco: « God berad», che si traduce: « Dio vi aiuti », o meglio: « Dio provveda a voi ».
Ma uno di loro, costatando che con quella frase non veniva loro offerto un bel nulla, pensò e anche disse: « Questo God berad oggi ci farà crepare! ».
E precedendo il confratello, che mendicava in tedesco, incominciò a questuare in lingua latina.
Ma i tedeschi risposero: « Noi il latino non lo capiamo; parlaci in tedesco! ».
E il frate, pronunciando in modo storpiato, disse: « Nicht diudisch », che vuol dire: « Niente tedesco: sottintendi so ».
E soggiunse in tedesco: « Brot durch Got ».
E quelli: « È straordinario che tu, parlando in tedesco, asserisci di non sapere il tedesco ».
E aggiunsero: « God berad ».
Questa volta il frate, lieto in cuor suo e sorridendo e fingendo di non capire quello che avevano detto, si pose a sedere su di una panca.
Allora un uomo e una donna, guardandosi a vicenda e sorridendo per la sua dabbenaggine, gli davano pane, uova e latte.
Vedendo, dunque, che con tale utile finzione poteva sopperire alla necessità sua e dei fratelli, passando con questo sistema per dodici case, mendicò tanto da bastare ai sette frati.
Rimessisi in viaggio, giunsero in un paese nel santo giorno della Pentecoste, prima della Messa.
Vi si recarono ad ascoltarla, e uno di essi anche si comunicò.
La gente del villaggio fu così edificata per la semplicità e l'umiltà dei frati, che si inginocchiava davanti a loro e ne venerava perfino le orme.
Da lì, passando per Wurzburg, Magonza e Worms giunsero a Spira.
E qui trovando frate Cesario e molti frati riuniti, come era uso, furono da loro ricevuti con molta benevolenza e festeggiati con molto affetto per il loro arrivo.
Frate Cesario, rimproverato dai frati per avere scritto in quel modo, scusandosi e spiegando la sua intenzione, diede loro soddisfazione.
[2355] 28. Nello stesso anno, che fu il secondo dal loro arrivo in Germania, poiché frate Cesario, ministro, aveva stabilito frati a Colonia e nelle città sopraddette e aveva pochi sacerdoti, tanto che a Spira e a Worms celebrava per i frati nelle grandi solennità e ascoltava le loro confessioni un solo sacerdote novizio, in quello stesso anno dunque, ne fece promuovere tre, e cioè Palmerio, di cui si è detto sopra, Abramo l'ungherese e il tedesco Andrea, che prima si chiamava Hartmuth.
[2356] 29. Nell'anno del Signore 1223, il 29 novembre, il signor papa Onorio III confermò la Regola dei frati minori.
[2357] 30. Nello stesso anno, il 18 marzo, frate Cesario fece qui promuovere un quarto sacerdote nell'Ordine, cioè frate Giordano da Giano della valle di Spoleto, il quale per quasi l'intera estate fu il solo che celebrava alternatamente a Worms, Magonza e Spira.
Nel medesimo anno istituì come custode di Magonza, Worms, Colonia e Spira, frate Tommaso da Celano.
[2358] 31. Nello stesso anno, frate Cesario, uomo tutto dedito alla contemplazione, grandissimo zelatore del Vangelo e della povertà - ed era così gradito ai frati, che lo veneravano quasi come il più santo dopo il beato Francesco - , questo frate Cesario, dunque, stanco e desideroso di rivedere il beato Francesco e i frati della valle Spoletana, essendo ormai l'Ordine piantato in Germania, prendendo con sé frate Simone - che ora a Spoleto è considerato santo - ed alcuni altri frati virtuosi e devoti, dopo aver istituito vicario frate Tommaso, che allora era l'unico custode, se ne tornò dal beato Francesco o da frate Elia, e da questi e dagli altri frati fu benevolmente ricevuto.
E nel Capitolo, che si celebrò in quello stesso anno presso Santa Maria della Porziuncola, frate Cesario fu esonerato dall'ufficio di ministro, che aveva esercitato per due anni, e fu eletto come suo sostituto frate Alberto da Pisa.
[2359] 32. Insieme dunque a frate Alberto da Pisa, furono mandati dall'Italia uomini onesti e istruiti, cioè frate Marzio da Milano, frate Giacomo da Treviso e un frate inglese, esperto in diritto, e altri ancora.
[2360] 33. Pertanto, frate Alberto da Pisa, secondo ministro della Germania, una volta arrivato, convocò i frati più anziani della Germania, e cioè frate Giovanni da Pian del Carpine e frate Tommaso, vicario e unico custode, e molti altri, e, nel giorno della Natività della beata Vergine, celebrò un capitolo a Spira, fuori le mura, presso il lebbrosario.
Lì, in quel tempo, era guardiano frate Giordano, che in quello stesso capitolo cantò la messa solenne.
In quel capitolo, riflettendo con grande impegno sullo stato e la propagazione dell'Ordine, costituirono frate Marzio custode della Franconia; frate Angelo di Worms custode della Baviera e della Svevia; frate Giacomo custode dell'Alsazia, frate Giovanni da Pian del Carpine custode della Sassonia.
[2361] 34. Insieme a frate Giovanni da Pian del Carpine entrarono nella Sassonia i frati inglesi Giovanni e Guglielmo; il chierico lombardo frate Egidio; frate Palmerio, sacerdote; frate Rinaldo da Spoleto, sacerdote; frate Ruggero, tedesco, laico; frate Rokker, laico, frate Benedetto, tedesco laico; frate Titmaro, laico; frate Emanuele da Verona, sarto.
[2362] 35. Tutti costoro, giungendo ad Hildesheim, furono dapprima accolti e ben ristorati dal signor Enrico di Tossum canonico.
In seguito, presentandosi al signor vescovo Corrado, grande predicatore e teologo, furono da lui ricevuti con solennità.
E questo vescovo, convocato il clero della sua Città, fece predicare Giovanni da Pian del Carpine, primo custode della Sassonia, davanti alla moltitudine dei chierici.
Finito il sermone, il signor vescovo, raccomandando frate Giovanni e i frati dell'Ordine al suo clero e al suo popolo, diede loro la facoltà di predicare e di ascoltare le confessioni nella sua diocesi.
E, invero, molti furono convinti alla penitenza dalla predicazione e dall'esempio dei frati ed entrarono nell'Ordine.
Uno di questi fu Bernardo, figlio del conte di Poppenburg, canonico della cattedrale, un altro Alberto, maestro dei fanciulli e uomo di lettere, e un certo Ludoldo, e un cavaliere.
Ma purtroppo sorse in quella città un turbamento, a causa dell'uscita dall'Ordine di qualche frate, e il favore del popolo diminuì al punto che offrivano loro l'elemosina con evidente stizza e guardavano quei mendicanti quasi volgendo la faccia altrove.
Ben presto però, con l'aiuto della provvidenza di Dio, il favore spento rifiorì e il popolo ritornò ad amare i frati, come prima aveva fatto.
[2363] 36. Nell'anno del Signore 1223, frate Giovanni da Pian del Carpine, volendo diffondere l'Ordine, mandò alcuni frati scelti a Hildesheim, a Brunswich, a Goslar, a Magdeburgo e ad Halberstadt.
[2364] 37. Nell'anno del Signore 1224 fu celebrato il capitolo a Wurzburg, nel giorno della Assunzione della beata Vergine, convocati i custodi, i guardiani e i predicatori.
Giovanni da Pian del Carpine, dispensato dal suo ufficio, fu trasferito a Colonia, e fu eletto come secondo custode della Sassonia frate Giacomo, già custode dell'Alsazia, uomo amabile, mansueto, modesto e pio.
Con lui furono mandati alcuni dei frati più anziani, chierici e laici, i quali, con la loro umiltà e con l'esempio della loro vita in breve tempo si conquistarono molto favore presso il clero e il popolo.
[2365] 38. Nel medesimo anno, frate Alberto da Pisa, ministro di Germania, costatando l'incremento ( dei frati ) in Sassonia, poiché doveva recarsi dalla Sassonia al Reno passando per la Turingia, mandò frate Giordano, guardiano di Magonza, con sette frati, perché reperisse case in Turingia e alloggiasse i frati in luoghi convenienti.
[2366] 39. Frate Giordano, dunque, con i suoi frati si mise in viaggio per recarsi da Magonza in Turingia il 27 ottobre e giunse ad Erfurt nel giorno di san Martino.
Ma poiché era d'inverno e non era la stagione per fabbricare, su consiglio della gente e di alcuni del clero, i frati furono alloggiati nella casa del sacerdote dei lebbrosi, fuori le mura, in attesa che i cittadini provvedessero meglio alla sistemazione dei frati.
[2367] 40. E questi furono i frati mandati con frate Giordano: frate Ermanno da Weissensee, sacerdote, novizio e predicatore, frate Corrado da Wurzburg, suddiacono e novizio; frate Enrico da Wurzburg, suddiacono e novizio; frate Arnoldo, chierico e novizio; i laici frate Enrico da Colonia, frate Gernoto da Worms, frate Corrado di Svevia.
A costoro seguirono frate Giovanni da Colonia e frate Enrico da Hildesheim.
[2368] 41. Nell'anno del Signore 1225, frate Giordano mandò alcuni frati laici per la Turingia a indagare sulle condizioni delle varie città.
Li seguiva però e talvolta li precedeva, frate Ermanno, novizio e predicatore.
Questi, giungendo ad Eisenach, dove un tempo era stato cappellano e da dove si era aggregato ai frati dell'Ordine Teutonico predicò più volte al popolo.
Ascoltando la sua predicazione e osservando l'esempio della sua vita, come cioè da così grande agiatezza, quale aveva avuto nell'Ordine dei frati teutonici, era passato umilmente a un Ordine così umile e austero, il popolo era non poco edificato e in qualunque luogo indiceva una sua predicazione, là confluiva tutta la cittadinanza.
Per questo motivo i due pievani della città, temendo che se i frati si appoggiavano a uno di loro il popolo si sarebbe allontanato dall'altro, uno di essi offrì ai frati due chiese e l'altro una, perché scegliessero per rimanervi quella che preferissero.
Ma frate Ermanno, non avendo la presunzione di scegliere senza il parere dei frati, demandò la cosa a frate Giordano perché, preso con sé un compagno giudizioso, venisse ad Eisenach e scegliesse con ponderazione quello che gli piaceva.
E venendo, esaminò la cosa attentamente e scelse il luogo nel quale tuttora dimorano i frati.
[2369] 42 Nello stesso anno, all'inizio della Quaresima, i frati ricevettero un luogo a Gotha e vi rimasero 25 anni offrendo generosamente, quasi al di sopra delle loro possibilità, ogni opera di misericordia e di ospitalità sia verso i nostri, sia verso i frati Predicatori e verso tutti gli altri religiosi.
[2370] 43. Nello stesso anno, su consiglio del signor Enrico, pievano di san Bartolomeo e del signor Gunther, vicario, e di altri cittadini di Erfurt, i frati si trasferirono nella chiesa di Santo Spirito, allora abbandonata, nella quale un tempo abitarono le religiose dell'Ordine di sant'Agostino.
E qui rimasero per ben sei anni interi.
Colui, poi, che dai cittadini era stato dato ai frati come procuratore, interrogò frate Giordano, se desiderasse che il luogo fosse edificato a forma di chiostro.
Questi, che non aveva mai visto chiostri nell'Ordine, rispose: « Non so cosa sia un chiostro: edificateci semplicemente una casa vicino all'acqua, perché possiamo scendere in essa a lavarci i piedi ».
E così fu fatto.
[2371] 44. Nello stesso anno ( 1225 ), furono mandati frati a Nordhausen, circa la festa degli apostoli Pietro e Paolo.
Anche qui furono bene accolti dai cittadini e alloggiati convenientemente per le loro esigenze, in un orticello - per l'affitto del quale pagavano quattro soldi all'anno - dove c'era una casa comoda per frequentare la chiesa.
Ma poiché i frati mandati in quel luogo erano frati laici e il custode era infastidito di correre ogni volta avanti e indietro per ascoltare le loro confessioni, quando era necessario, dopo tre anni che vi dimoravano, con loro consolazione li richiamò e li sistemò in altre case.
Ma nell'anno del Signore 1230 vi ritornarono, avendo una certa vergine donato ai frati un appezzamento di terreno.
[2372] 45. Nel medesimo anno, su richiesta del conte Ernesto, furono mandati a Mulhausen quattro frati laici.
Egli assegnò loro una casa ancora da finire, dato che non era ancora coperta dal tetto, e l'orticello adiacente, e, in attesa che coprissero quella casa e recingessero con una siepe l'orto, li sistemò in un sotterraneo del castello.
Qui, i suddetti frati pregavano e mangiavano, ricevevano ospiti e dormivano.
Ma poiché quei frati, contenti della piccola stanza, in un anno e mezzo non avevano potuto coprire casa e recingere di siepe l'orticello, il conte, non vedendo in essi alcun profitto, cominciò a privarli del suo aiuto.
Allora i frati, non avendo i mezzi necessari per eseguire quelle opere, spinti dalla necessità, se ne andarono e furono sistemati in altri luoghi.
Ma nell'anno 1231 ritornarono in quel luogo e, per concessione di re Enrico, furono accolti nell'ospedale.
Il rettore dell'ospedale però, giudicando che qualsiasi cosa veniva data ai frati era sottratta a lui incominciò a mostrarsi molesto e capzioso verso i frati.
Essi, mal sopportando ciò, dal momento che un cavaliere si era fatto avanti a donare loro un appezzamento di terra incominciarono a costruire su di esso, e vi rimangono tutt'oggi.
[2373] 46. Ancora nello stesso anno ( 1231 ), i frati che dimoravano fuori le mura, entrarono in Erfurt.
[2374] 47. Nello stesso anno ( 1225 ), frate Alberto da Pisa ministro di Germania, mandò a frate Giordano, allora custode della Turingia, come consolazione e aiuto, frate Nicola del Reno, sacerdote e giurista, che fu soprannominato Nicola l'Umile.
Questa virtù infatti spiccava in modo tutto speciale in lui.
Morì a Bologna lasciando copiose prove di santità.
Frate Giordano gli andò incontro tra Gotha e Eisenach; si salutarono baciandosi con riverenza e affetto fraterno e si misero a sedere insieme.
Ma poiché frate Nicola, uomo umile e di semplicità colombina, sedeva riverentemente in silenzio di fronte a frate Giordano frate Pietro da Eisenach, compagno di frate Nicola, un tipo allegro e spiritoso, conoscendo l'umiltà di lui, gli disse: « Frate Nicola, non riconosci il re e signore nostro? ».
Ed egli, congiunte le mani, umilmente rispose: « Volentieri lo conosco e obbedisco al mio signore ».
E frate Pietro soggiunse: « E proprio lui il nostro custode! ».
Udendo questo, frate Nicola balzò in piedi e disse la sua colpa con profondo rammarico perché lo aveva accolto in modo tanto irriverente; e inginocchiatosi per terra, presentò a frate Giordano le lettere della sua obbedienza.
Frate Giordano lo destinò alla casa di Erfurt, perché vi aspettasse le sue disposizioni.
E dopo tre settimane gli mandò delle lettere, costituendolo guardiano del luogo.
Ricevendole con riverenza disse: « Ma cosa mi ha combinato il nostro padre? ».
Frate Giordano poi era così confuso dell'umiltà di frate Nicola, che a fatica ne sosteneva la presenza e non osò recarsi ad Erfurt prima di sei settimane.
Invero, frate Nicola con la sua presenza teneva i frati nella disciplina religiosa meglio che un altro con rimproveri e prescrizioni.
[2375] 48. Sempre in quello stesso anno, frate Giacomo, custode della Sassonia, costruì la chiesa dei frati minori nella città nuova di Magdeburgo e nel giorno della Esaltazione della santa Croce, la fece consacrare dal signor Alberto, arcivescovo della città.
Dopo averla consacrata, l'arcivescovo molto generosamente lasciò ai frati tutti gli ornamenti dell'altare.
Detto frate Giacomo, un giorno fra l'ottava della dedicazione, mentre celebrava la Messa per i frati, appena terminata la funzione, cominciò a perdere le forze, tanto che si dovette portarlo all'ospizio che i frati allora avevano nella città vecchia presso San Pietro - i frati infatti non avevano ancora nella città nuova una casa ma solo la chiesa - e lì, il 20 settembre, vigilia di san Matteo, spirò nel Signore.
Allora i frati, che avevano sì il posto per la sepoltura ma non il diritto di seppellire, tenuto consiglio sul da farsi, soprattutto a motivo del Concilio che stava per riunirsi e si doveva celebrare il giorno di san Maurizio e per il quale già molti vescovi erano convenuti, decisero di andare dal signor vescovo di Hildesheim, poiché venerava frate Giacomo come un padre.
Aveva infatti dato ordine a quelli della sua casa che se qualche frate volesse parlare con lui, lo avvertissero quando anche dormisse o facesse qualsiasi altra cosa.
Svegliato il vescovo, che già dormiva, gli venne riferito che frate Giacomo era ormai morto.
Afflitto, pianse per questa notizia e disse: « Ecco, questo è il sogno che ho già visto ».
E soggiunse: « Io stesso verrò e lo seppellirò ».
Aveva visto infatti nel sogno un morto vestito, o avvolto in vesti bianche e si era sentito dire: « Va' e scioglilo ».
La salma di lui fu trasportata nella città nuova, nella chiesa dei frati, che lo stesso frate Giacomo aveva fondato e fatto dedicare, e in essa fu sepolto con ogni onore.
Ma nell'anno 1238 le sue ossa e quelle di frate Simone, inglese, primo lettore di Magdeburgo e terzo ministro, essendosi i frati stabiliti nella città vecchia, dove tuttora risiedono, anch'esse vennero trasferite e ivi sepolte.
[2376] 49. Dopo la morte di frate Giacomo, di buona memoria, i frati della Sassonia, non poco sconvolti, supplicarono frate Alberto da Pisa, ministro della Germania, che si degnasse di provvederli misericordiosamente di un altro custode.
Il ministro allora, che si proponeva di mandare loro come custode frate Nicola, guardiano di Erfurt, conoscendone l'umiltà, non ritenne opportuno inviargli una lettera, per timore che, nella sua umiltà, non accettasse tale mandato e facesse piuttosto ricorso a lui.
E così decise di recarsi personalmente da lui per vedere se per caso con un incontro amichevole potesse piegare il suo animo ad accettare l'incarico.
Venendo dunque il ministro a Erfurt e convocato per questo scopo frate Giordano, incominciò a parlare con frate Nicola sulla necessità che accettasse l'incarico della custodia di Sassonia.
Ma egli umilmente si scusava proclamandosi incapace a tutti gli uffici, come colui che non sapeva né di numeri né di conti e che non era né signore né prelato.
Allora il ministro lo sorprese sulla parola, e con animo quasi indignato gli disse: « Dunque non sai essere signore.
Siamo forse signori noi che abbiamo gli uffici dell'Ordine?
Perciò, fratello, dì immediatamente la tua colpa perché hai reputato signorie e prelature gli incarichi dell'Ordine, che dovrebbero dirsi piuttosto pesi e servitù ».
E quando ebbe detta con molta umiltà la sua colpa, il ministro gli assegnò, come penitenza, la custodia della Sassonia, ed egli, inginocchiatosi, come sempre era solito fare, umilmente obbedì.
I frati furono contentissimi per la sua obbedienza, e celebrarono con solennità l'avvenimento nella chiesa di Santo Spirito, presso la quale stavano allora, mentre frate Nicola cantava Messa in tono feriale e con animo triste.
Nominato dunque terzo custode della Sassonia e stabilitosi nel suo incarico, non trascurò l'umiltà che aveva sempre praticato, ma fu sempre il primo e il più umile a lavare le scodelle e i piedi dei frati.
E se imponeva a un frate, per qualche colpa, di sedere per terra o la « disciplina », umilissimo compiva insieme a lui la sua penitenza.
E sebbene per conto suo osservasse in ogni circostanza l'umiltà e l'obbedienza, tuttavia fu cosi deciso persecutore e punitore della disobbedienza ostinata, che il frate ostinatamente disobbediente, anche dopo il castigo, con difficoltà era riammesso nelle sue grazie.
Riteneva infatti la disobbedienza del frate un male così enorme e l'obbedienza un così grande bene, che mostrava con fatti e parole che i frati in ogni circostanza devono con semplicità obbedire.
[2377] 50. Nell'anno del Signore 1226, il giorno 4 di ottobre, il primo fondatore dell'Ordine dei frati minori, il felice padre Francesco, se ne volò al Signore, nel luogo di Santa Maria della Porziuncola.
E sebbene il felice padre, il beato Francesco, avesse desiderato di essere sepolto in quella chiesa, la gente del luogo e i cittadini di Assisi, temendo che, a motivo dei prodigi che per mezzo di lui, sia in vita che dopo morte, Iddio si era degnato operare, i Perugini venissero a rapirlo con la violenza, lo trasportarono e con onore lo seppellirono presso le mura di Assisi, nella chiesa di San Giorgio, dove da piccolo aveva appreso i primi rudimenti della lingua e dove più tardi aveva predicato per la prima volta
[2378] Dopo la morte del beato Francesco, frate Elia, che era vicario di lui, mandò per tutto l'Ordine lettere di consolazione ai frati, che erano turbati per la morte di un così grande padre, annunciando a ciascuno e a tutti che, così come il beato Francesco gli aveva comandato, benediceva tutti da parte di lui e li assolveva da ogni colpa; dava notizia inoltre delle stimmate e di altri miracoli che, dopo la sua morte, l'Altissimo si era degnato operare per mezzo del beato Francesco; infine, raccomandava ai ministri ( e ai custodi ) dell'Ordine di convenire per eleggere il ministro generale.
[2379] 51. Nell'anno del Signore 1227, il 2 febbraio dopo il transito del beato Francesco, frate Alberto da Pisa, ministro di Germania, sul punto di partire per il Capitolo generale per la elezione del primo ministro generale, convocò a capitolo nella città di Magonza tutti i custodi di Germania, i predicatori e i guardiani.
( In esso, frate Nicola, esonerato da custode di Sassonia, fu fatto vicario provinciale, e al suo posto succedette frate Leonardo lombardo.
Così, posto tutto in ordine, frate Alberto, con i frati che aveva scelto, partì per il Capitolo generale ).
[2380] In questo Capitolo fu eletto primo ministro generale dell'Ordine frate Giovanni Parenti, cittadino romano e giudice, nato a Civita Castellana.
[2381] 52. Questi, su consiglio del ministro di Francia, esonerò frate Alberto da Pisa dalla amministrazione della Germania e gli sostituì l'inglese frate Simone, custode della Normandia, uomo colto e grande teologo.
[2382] 53 Frate Simone, venendo in Germania con frate Giuliano, che poi compose con ottimo stile e bella melodia la storia del beato Francesco e del beato Antonio, indisse a Colonia il capitolo provinciale da celebrarsi nella festa degli apostoli Simone e Giuda.
[2383] 54. Nell'anno del Signore 1228, il beato Francesco venne canonizzato.
E nello stesso anno frate Simone, ministro di Germania, tra Pasqua e Pentecoste, celebrò a Colonia il capitolo provinciale.
[2384] Nello stesso anno, frate Giovanni Parenti, ministro generale, venuto a conoscenza che in Germania non c'era un lettore in teologia, esonerò frate Simone dal ministero della Germania e lo istituì lettore, destinando come ministro frate Giovanni da Pian del Carpine.
Questi, indetto il capitolo a Worms, mostrò le lettere di esonero di frate Simone e della sua designazione.
In quello stesso capitolo fu annunciata ai frati la canonizzazione del beato Francesco.
Frate Giovanni da Pian del Carpine, dunque, volendo onorare ed esaltare la Sassonia, mandò come primo lettore a Magdeburgo frate Simone e con lui uomini virtuosi, onesti e colti: frate Marcardo il Lungo da Aschaffenburch, frate Marcardo il Piccolo da Magonza, frate Corrado da Worms e molti altri.
[2385] 55. Ora frate Giovanni da Pian del Carpine era un uomo corpulento e si faceva portare da un asino.
Gli uomini di quel tempo, per la novità dell'Ordine e per l'umiltà di lui che cavalcava - secondo l'esempio di Cristo che si fece portare da un asino e non da un cavallo - erano mossi a maggior devozione verso l'asino, di quanto oggi lo sono verso la persona dei ministri, a causa dell'abitudine di vedere i frati.
Egli fu il più grande divulgatore del suo Ordine.
Infatti, fatto ministro ( per la seconda volta ), mandò frati in Boemia, in Ungheria, in Polonia, in Dacia e in Norvegia.
Ricevette anche una casa a Metz e piantò l'Ordine in Lotaringia.
Fu un valoroso difensore del suo Ordine; infatti sostenne costantemente e personalmente il suo Ordine davanti a vescovi e principi.
Egli proteggeva e governava i suoi frati, con pace e carità e con ogni sorta di consolazione, come una madre i figli, e come una chioccia i suoi pulcini.
[2386] 56. Nell'anno del Signore 1229, fu mandato in Germania come primo visitatore frate Giovanni, inglese.
[2387] 57. Nell'anno del Signore 1230, frate Giovanni, ministro di Germania, celebrò a Colonia l'ultimo capitolo provinciale di Germania, e lasciando come vicario frate Giovanni l'inglese, partì per il Capitolo generale.
In questo capitolo, frate Giovanni da Pian del Carpine fu esonerato dall'incarico in Germania e inviato in Spagna come ministro; al suo posto venne eletto frate Simone, primo lettore di Germania.
Ma questi, prima che gli giungessero le lettere di nomina, fu colto dalla morte, nella vigilia di san Vito e fu sepolto a Magdeburgo.
Sempre in quello stesso Capitolo generale l'amministrazione della Germania venne divisa in due: una del Reno e l'altra della Sassonia.
Per la provincia del Reno fu assegnato come ministro frate Ottone, lombardo, esperto in diritto; per la Sassonia, come è stato detto, frate Simone.
Nel medesimo Capitolo generale furono trasmessi alle province i breviari e gli antifonari propri dell'Ordine.
[2388] 58. Morto frate Simone, primo lettore e primo ministro della Sassonia, frate Leonardo, custode della Sassonia e frate Giordano, custode della Turingia, che erano i soli due custodi della provincia di Sassonia, si recarono al capitolo del Reno a Worms e in questo capitolo, dato che la provincia era stata unica e solo di recente divisa, e che, frate Simone, colto dalla morte, non aveva potuto in nessun modo subentrare nell'ufficio di ministro e perciò la questione era ancora intatta, i frati furono ammessi come legittimi capitolari.
Qui, dunque, su consiglio del ministro e del vicario e degli altri frati, frate Giordano, affidata la sua custodia di Turingia al custode della Sassonia, e ricevuta lettera di obbedienza dal ministro del Reno, partì con un compagno per chiedere al ministro generale un nuovo ministro e un lettore, e il ministro generale tenne una consultazione su chi avrebbe potuto mandarvi; alla fine frate Giordano chiese Giovanni l'inglese, già visitatore della Germania, e l'ottenne.
Scrisse dunque il ministro generale al ministro di Francia di mandare frate Giovanni inglese come ministro della Sassonia e frate Bartolomeo, anch'esso inglese, come lettore.
[2389] 59. Frate Giordano, mentre ritornava in Germania, si recò da frate Tommaso da Celano che, felice di rivederlo gli donò alcune reliquie del beato Francesco.
Frate Giordano, giunto a Wurzburg, mandò a dire ai frati della sua custodia che se avevano bisogno di parlare con lui gli andassero incontro ad Eisenach, perché sarebbe passato di lì.
I frati, pieni di gioia, vennero nel luogo stabilito, dando al portinaio ordine di non fare entrare frate Giordano, quando fosse arrivato, ma di avvisare prima loro.
Giunto, dunque, frate Giordano alla porta e bussando, non venne lasciato entrare, ma il portinaio, correndo dai frati, annunciò loro che frate Giordano stava alla porta.
Essi fecero rispondere che non poteva entrare dalla porta, ma dalla chiesa.
I frati dunque, esultanti nello spirito, entrando in coro, presero in mano croci, turiboli, rami di palma e candele accese, e a due a due dal coro entrarono processionalmente in chiesa.
Poi sistematisi gli uni di fronte agli altri, aprirono le porte della chiesa e, fatto entrare frate Giordano, lo accolsero con tripudio e gioia cantando il responsorio « Hic est fratum amator".
Attonito frate Giordano per questo nuovo modo di ricevere, faceva cenno con la mano di tacere, ma essi proseguirono fino alla fine quello che con gioia avevano incominciato.
Meravigliato e attonito per questo fatto, si ricordò che recava con sé le reliquie del beato Francesco, che per lo stupore aveva dimenticato.
Allora, con giubilo di spirito, terminato il canto, disse: « Rallegratevi, fratelli, perché io so che voi non avete colmato di lodi me, in quanto me, ma in me il padre nostro il beato Francesco, il quale, mentre io tacevo ha infervorato il vostro spirito con la sua presenza, perché ho qui con me le reliquie di lui ».
Ed estratte le reliquie dal seno, le pose sull'altare.
E da allora frate Giordano, che avendo conosciuto il beato Francesco ancora vivente, lo vedeva perciò con occhi d'uomo, da quel momento cominciò ad averlo in maggiore riverenza e onore, poiché aveva visto che Dio, infiammando di Spirito Santo il cuore dei frati, non aveva voluto che egli tenesse celate presso di sé le reliquie.
[2390] 60. Nell'anno del Signore 1231, frate Giordano, custode della Turingia, ritornando in Sassonia, mandò frate Giovanni da Penna con frate Adeodato a Parigi da frate Giovanni inglese e frate Bartolomeo, lettore, per condurli, con ogni onore, in Sassonia.
[2391] 61. Nell'anno del Signore 1232, nel Capitolo generale celebrato a Roma, frate Giovanni Parenti venne esonerato dall'incarico di ministro generale, e fu sostituito con frate Elia.
Nello stesso Capitolo venne esonerato anche frate Giovanni inglese da Reading, ministro della Sassonia, e gli fu sostituito frate Giovanni da Pian del Carpine.
Frate Leonardo poi, custode della Sassonia, morì durante il viaggio a Cremona, sua città, mentre ritornava dal Capitolo, e gli fu sostituito frate Bartolomeo da Hoxter.
[2392] Frate Elia, fatto ministro generale, volendo portare a compimento la chiesa che aveva iniziato ad onore di san Francesco, fece esazioni in tutto quanto l'Ordine per completare i lavori iniziati.
Egli infatti aveva l'Ordine intero sotto la sua potestà, così come lo avevano avuto il beato Francesco e frate Giovanni Parenti che lo aveva preceduto.
Perciò disponeva di sua propria volontà molte cose non convenienti per l'Ordine.
Infatti per sette anni, contro la Regola, non tenne Capitolo generale e i frati che gli resistevano li disperse qua e là.
[2393] Tenuto consiglio, i frati stabilirono di comune accordo di provvedere all'Ordine.
Nella deliberazione li assistettero principalmente frate Alessandro e frate Giovanni da la Rochelle, allora maestri a Parigi.
[2394] 62. Nell'anno del Signore 1237 frate Elia destinò alle singole province dei visitatori favorevoli al suo programma, ma per le irregolarità che commettevano durante queste visite, esasperarono ulteriormente i frati contro di lui.
[2395] 63. Nell'anno del Signore 1238, i frati della Sassonia si appellarono al ministro generale contro il visitatore, mandandogli dei messi, ma non ne ricavarono assolutamente nulla.
Furono perciò costretti ad appellarsi al signor Papa.
Giunto da lui frate Giordano lo salutò, ma essendogli comandato di uscire, non volle uscire, ma correndo giocosamente al letto del signor Papa, prese dalle coltri il suo piede nudo e baciandolo gridò verso il suo compagno e disse: « Ecco, tali reliquie noi non le abbiamo in Sassonia »
Il signor Papa insisteva per farli uscire, ma frate Giordano disse: « No, o signore, non abbiamo nulla da chiedervi ora, poiché abbondiamo di ogni bene e ne siamo oltremodo contenti: voi infatti siete il padre dell'Ordine, il protettore e il correttore; ma siamo venuti soltanto per vedervi ».
E così alla fine, il signor Papa, divertito, si rizzò e si sedette sul letto e chiedendo il perché fossero venuti, soggiunse: « So che vi siete appellati.
Frate Elia venendo da me mi ha detto che vi siete appellati [ a me ] scavalcandolo e noi gli abbiamo risposto che l'appello rivolto a me assorbe tutti gli altri appelli ».
E quando frate Giordano ebbe spiegato al Papa il motivo dell'appello, il Papa rispose che i frati avevano fatto bene ad appellarsi.
Convenuti dunque alla curia diversi frati per condurre avanti l'appello che avevano fatto dopo una lunga discussione, alla fine la maggioranza fu dei parere che non avrebbero concluso nulla se non avessero messo mano alla radice, cioè agendo direttamente contro Elia.
[2396] 64. Sedutisi e fatto lo scrutinio tra i frati convenuti, scrissero tutto quanto potevano sapere e provare, per esperienza propria o per fama, contro frate Elia.
Lette poi al Papa queste accuse, si cominciò la discussione di esse davanti a lui.
Ma il Papa sedò la discussione dicendo: « Andate e discutetene tra voi e poi presentatemi per iscritto obiezioni e risposte ad esse, e io giudicherò ».
E fu fatto.
[2397] Allora il signor Papa, udite e lette attentamente le obiezioni e le risposte, stabilì che i frati ivi radunati tornassero nelle loro province e che dalle diverse province, specialmente da quelle che avevano avanzato la proposta di una riforma dell'Ordine, fossero scelti 20 frati, maturi e discreti, i quali si riunissero a Roma quattro settimane prima del Capitolo generale, e decidessero quanto riguardava lo stato e la riforma dell'Ordine.
[2398] 65. E così, come si è detto, nell'anno del Signore 1239, convennero a Roma i frati scelti dalle diverse province e, secondo il consiglio e la volontà del signor Papa e l'approvazione del Capitolo generale, stabilirono che si facessero le elezioni dei ministri, dei custodi e dei guardiani e altre cose, che si osservano anche attualmente.
Stabilirono inoltre che ciascun ministro nella sua provincia tenesse un solo capitolo e i sudditi due.
[2399] 66. Nello stesso Capitolo frate Elia, che aveva retto l'Ordine per sette anni, fu esonerato dall'incarico e gli fu sostituito frate Alberto da Pisa, e il signor Papa lo confermò.
[2400] 67. In quello stesso Capitolo furono anche distinte le province.
[2401] 68. Ancora in quel Capitolo, frate Giovanni da Pian del Carpine, ministro della Sassonia, fu esonerato e a lui fu sostituito frate Corrado da Worms.
Ma questi, siccome non gli era giunta l'obbedienza, non volle accettare l'incarico.
Avendo ciò saputo suor Agnese di Praga, ne rese edotto il Papa, e questi revocò la nomina di frate Corrado.
[2402] 69. In quello stesso anno, dopo il Capitolo di Roma, i frati di Sassonia, riunito il capitolo provinciale a Magdeburgo, nella festa della Natività della beata Vergine, elessero come ministro frate Marcardo il Piccolo.
Questi, eletto ministro, si mostrò pieno di zelo per il suo Ordine e uomo di vita austera; fu benigno con i frati buoni, duro con i cattivi, severo contro gli incorreggibili.
Affaticandosi nella lotta dell'Ordine contro frate Elia, contrasse una malattia incurabile, nel corso della quale, tuttavia, fu eletto ministro.
A motivo di questa malattia, poiché non poteva dare l'esempio di quella vita austera che richiedeva dagli altri, fu conveniente assolverlo dall'ufficio.
( Tuttavia tenne ben tre capitoli prima di essere esonerato: a Erfurt, a Hyldesheim e a Altenburg, e in quest'ultimo fu esonerato ).
[2403] 70. Nell'anno del Signore 1240, il 23 gennaio, frate Alberto, terzo ministro generale, che aveva retto l'Ordine per otto mesi e qualche giorno, morì, e gli successe frate Aimone, inglese.
[2404] 71. Nell'anno del Signore 1242, frate Aimone celebrò il capitolo provinciale a Altenburg, nella festa di san Michele, esonerando dall'incarico frate Marcardo il Piccolo.
Ma il capitolo demandò al ministro generale la nomina del ministro provinciale.
Egli, sul punto di partire, nominò vicario frate Giordano e ministro frate Goffredo.
[2405] 72. Nell'anno del Signore 1243, frate Goffredo fece la sua entrata nella provincia.
Fu uomo molto temperante nel mangiare e nel bere, amante della vita comune e persecutore d'ogni singolarità, benigno verso i buoni e severo con i cattivi.
Si tenne sulla via tracciata da frate Marcardo e resse lodevolmente la provincia per tre anni e alcuni mesi.
[2406] 73 Nell'anno del Signore 1243 morì frate Aimone e gli successe, nello stesso anno, frate Crescenzio.
Questi convocò nel convento di Roma due frati da ciascuna delle province, affinché i frati di passaggio per recarsi alla curia, potessero trovarvi per consiglio dei frati della loro nazione.
Ma poiché la curia romana si trattenne per lungo tempo a Lione, si dovettero rimandare quei frati nelle loro province.
[2407] In questo tempo, poi, i frati furono sottoposti a molte vessazioni da parte di Federico, che era stato deposto dall'impero nel concilio di Lione: in molte province alcuni vennero espulsi con grande confusione, molti furono incarcerati, alcuni perfino uccisi; e il motivo è questo, che stettero virilmente, come figli verso la loro santa madre, nell'obbedienza ai comandi della Chiesa: cosa che nessun altro dei religiosi osò fare, tranne i frati minori.
[2408] 74. In quel tempo l'arcivescovo di Magonza, Sigfrido, si dimostrò molto avverso ai frati minori.
[2409] 75. Nell'anno del Signore 1247, frate Goffredo, ministro della Sassonia, che aveva retto la provincia per tre anni e alcuni mesi, nel Capitolo generale di Lione fu esonerato, e fu eletto vicario frate Corrado da Brunswich, lettore di teologia a Hildesheim, che poi, nel capitolo di Halle, celebrato il giorno della Natività della beata Vergine Maria, fu eletto ministro di Sassonia e confermato circa la festa di san Martino.
Resse la provincia nella pace in cui l'avevano lasciata i suoi predecessori, con disciplina e austerità, con grande maturità e osservanza della regola dell'Ordine.
Dopo sedici anni, stanco e sfibrato per la fatica, ottenne, insistendo molte volte e importunando, di essere esonerato, con grande dolore di tutti i frati.
[2410] 76. Nell'anno del Signore 1248, nel capitolo di Lione, frate Crescenzio fu esonerato, avendo retto l'Ordine, assieme a frate Aimone, per sette anni.
Al suo posto fu eletto frate Giovanni da Parma.
[2411] 77. Nell'anno 1258, nel Capitolo di Roma, celebrato nel giorno della Purificazione, frate Giovanni da Parma fu esonerato dall'ufficio che aveva occupato per dieci anni, e al suo posto fu eletto frate Bonaventura, lettore di teologia a Parigi.
[2412] 78. Nell'anno del Signore 1262, frate Corrado da Brunswich, ministro di Sassonia, nel capitolo provinciale celebrato a Halberstadt fu esonerato, e nello stesso capitolo, il 29 aprile, nel primo scrutinio, fu eletto frate Bartolomeo, già ministro dell'Austria, e, seduta stante, fu confermato dallo stesso frate Corrado, per incarico del ministro generale.
Era stato eletto, lui assente, e, convocato acconsentì, benché molto dispiaciuto della scelta che si era fatta di lui; e, a richiesta dei frati, presiedette allo stesso capitolo e lo concluse con grande consolazione dei frati.