Femminismo

Sommario

I. Aspetti storici:
    1. La richiesta di parità nei diritti civili e politici;
    2. Il femminismo di tipo radical-socialista dell'800:
        a. In Inghilterra,
        b. Negli U.S.A.,
        c. In Francia,
        d. In Italia;
    3. Contro lo sfruttamento della donna. Richiesta di parità d'istruzione;
    4. Il suffragio universale;
    5. Prime organizzazioni femminili in Italia;
    6. Conseguenze delle due guerre mondiali del '900;
    7. Il femminismo contemporaneo e le sue radici:
        a. Contro il "maschilismo",
        b. Contro la realtà-donna "tradizionale",
c. Le radici;
    8. Il significato umano della protesta femminile;
    9. Crisi attuale del femminismo;
    10. Consistenza numerica e attività del femminismo in Italia.
II. Valutazione conclusiva alla luce del Vangelo.

I - Aspetti storici

Il movimento femminista non è affatto una manifestazione peculiare del nostro tempo, ne di tempi recenti, ma trova le sue più profonde radici nella società del sec. XVIII, soprattutto verso la fine del '700 in Francia.

1. La richiesta di parità nei diritti civili e politici

Il movimento illuminista aveva stimolato la società femminile francese alla considerazione dell'ingiustizia di trattamento della donna rispetto all'uomo, sia nell'ambito della legislazione, sia nell'ambito del costume.

Una scrittrice, Olympe de Gouges, autrice di un romanzo dal titolo Le prince philosophe, edito nel 1789 e ispirato a questa tematica, fondò due club femminili, nei quali venivano dibattuti gli argomenti relativi alla posizione delle donne nella società del tempo.

La fondazione di club femminili non era una novità alla fine del '700, soprattutto francese: famosissimi sono alcuni "salotti", nei quali donne dell'aristocrazia o dell'alta borghesia intellettuale ricevevano amiche e amici per parlare di argomenti vari e soprattutto di letteratura e di filosofia; alcune di esse sono considerate grandi scrittrici, come Madame de Sévigné; altre hanno avuto una certa influenza politica, se si ricorda, ad es. Giuseppina Beauharnais ( che fu la prima moglie di Napoleone ); ma si trattava di circoli "alla moda", nei quali la situazione della donna era particolarmente prestigiosa, ma, sebbene si agitassero opinioni e critiche sugli avvenimenti culturali del tempo o sulla condotta politica degli uomini più rappresentativi, tuttavia si considerava la posizione della donna perfettamente "integrata al sistema", come si direbbe oggi, partecipe delle convinzioni della società del tempo e paga del proprio prestigio o del proprio fascino personale, indipendentemente dalla considerazione di una possibile "parità" di diritti civili e politici, come invece intendevano le partecipanti al club di Olympe de Gouges.

Esse dibattevano criticamente gli argomenti relativi alla posizione della donna nella società del tempo, applicando con logica serrata anche alla « metà femminile del genere umano » i principi illuministi e rivoluzionari.

La serie di discussioni portò all'elaborazione di un documento che viene ritenuto il primo documento "femminista" francese, presentato, sotto il titolo di Dichiarazione dei diritti della donna ( « Déclaration des detroits de la femme » ), nel 1791 alla Costituente, che lo discusse con l'appoggio di alcuni tra i più stimati intellettuali che partecipavano all'assemblea, da cui doveva poi scaturire il nuovo ordinamento della Francia rivoluzionaria.

La de Gouges ebbe dapprima appoggi anche nell'ambito del movimento politico che seguì alla Costituente; ma quando il re Luigi XVI venne ghigliottinato nel 1793, Robespierre non le perdonò di avere espresso giudizi negativi sull'avvenimento; probabilmente questo fu il pretesto per scatenare un'offensiva di tipo reazionario contro il nascente movimento femminista che tuttavia si muoveva perfettamente in linea con i principi ispiratori della rivoluzione francese: la de Gouges venne ghigliottinata nel medesimo anno.

La data del 4 novembre 1793 segna la prima tappa della repressione da parte di governanti che si definivano "democratici" ( il femminismo non fu mai combattuto da parte di governanti non rivoluzionari, durante la rivoluzione, probabilmente perché i problemi di questo gruppo politico erano enormemente più drammatici ).

L'episodio è interessante per lo storico che segue con attenzione lo sviluppo di movimenti "innovativi" in generale e in particolare di questo, perché indica come sia difficile il cammino della "democrazia" quando, per essere coerente, implica anche la considerazione del mutamento dei tradizionali rapporti tra uomo e donna, mettendo così in pericolo ( secondo un'interpretazione certamente errata ) quello che comunemente viene inteso come il prestigio dell'uomo.

Contemporaneo al movimento francese e malgrado il suo drammatico insuccesso, il femminismo inglese era giunto anch'esso ad una Rivendicazione dei diritti della donna, pubblicata da Mary Wollstonecraft nel 1792 ( « Vindication of the rights of Women » ), che fu in seguito considerato in tutti i Paesi di lingua inglese la "bibbia" del movimento femminile.

Anche in Germania nel 1792 era apparso uno scritto di Theodor Gottlieb von Hippel, dal titolo Il miglioramento civile delle donne ( « Uber die bürgerlische Verbesserung der Weiber» ), il cui interesse deriva da due motivi di un certo valore: anzitutto si tratta di uno scrittore uomo, che, in secondo luogo, era un personaggio importante in campo amministrativo, poiché Hippel era stato direttore della polizia e successivamente borgomastro, traendo dalla sua esperienza diretta le riflessioni sulla necessità di modificare lo status civile e giuridico della donna in Germania.

Non è poi da dimenticare che nella formulazione della Costituzione degli Stati Uniti d'America le donne avevano tentato di fare sentire la loro presenza perché non si facessero delle leggi senza il loro intervento.

Abigail Adams, moglie di uno dei "padri" della Costituzione americana, scriveva nel 1776 al marito: « Noi donne non ci considereremo tenute a seguire alcuna legge che sia stata votata senza di noi o senza avere sentito il nostro parere ».

Si era in un periodo in cui la costruzione dello Stato americano aveva avuto, nella pratica, un imponente apporto concreto da parte delle donne, compagne di conquiste e di lavoro; ma esse non venivano considerate alla stessa stregua quando dalla collaborazione pratica si doveva passare al riconoscimento di una situazione di diritto, che permettesse alla donna di essere civilmente e giuridicamente pari all'uomo.

2. Il femminismo di tipo radical-socialista dell'800

La rivoluzione francese e lo sconvolgimento che essa produsse in Europa, la lunga tensione politica e bellica del periodo napoleonico segnano un periodo di intervallo nella questione dei diritti della donna; neppure il Codice Napoleonico, con le sue grandi innovazioni, che ne fanno ancor oggi un cardine del diritto in ogni Stato, dava adito alla considerazione di un mutamento dei rapporti di dominanza/sottomissione che hanno per molti secoli caratterizzato il rapporto uomo/donna.

Quando poi l'Europa poté avere una maggiore tranquillità, tra il secondo ed il terzo ventennio del sec. XIX, la questione femminile cominciò di nuovo ad agitare le menti più illustri e a riproporsi come motivo di realizzazione di quella "giustizia" che l'illuminismo prima e la rivoluzione francese poi avevano ritenuto indispensabili per il miglioramento dell'umanità.

a. In Inghilterra

Nel 1825 venne pubblicato l'Appello di metà del genere umano, le donne, contro la pretesa dell'altra metà, gli uomini, di mantenerle nella loro schiavitù politica, civile e domestica, ad opera di William Thompson, in risposta ad un precedente Saggio sul governo di James Mili ( 1820 ), nel quale si proponeva una vasta estensione del suffragio elettorale, ma che escludeva le donne da ogni forma di partecipazione politica e tanto più dal voto.

Il Thompson rientra in quel movimento di pensiero, definito come « philosophic radicais », che aveva applicato i principi della metodologia utilitaristica nell'interpretazione dei fenomeni sociali anche nel discorso sulla questione femminile.

Il femminismo, infatti, in quel periodo stava, riscuotendo un certo interesse in Gran Bretagna, dopo un periodo in cui era stato praticamente dimenticato lo scritto della Wollstonecraft ( 1792 ) e dopo che nell'evoluzione sociale determinata dagli avvenimenti storici e nell'affermazione prevalente della "middle class" e del suo stile di vita si stava verificando una reale regressione della posizione di relativa "parità" e indipendenza di cui la donna aveva goduto nei secoli precedenti, quale ausiliaria dell'uomo in attività lavorative, artigianali e commerciali, sia pure esercitate su scala ridotta.

Lo sviluppo preindustriale, già orientato al predominio della borghesia in ogni campo, aveva cominciato a favorire il discorso sulla "separazione dei ruoli", maschile e femminile, ponendo le basi del profondo disagio dei rapporti fra i due sessi caratteristico dell'800 e acutizzato nel '900, fino alle attuali espressioni radicali ed estremiste.

Il ruolo maschile veniva supervalutato e quello femminile ridotto a qualcosa di squalificante; nelle classi più elevate, poi, la donna era considerata, secondo la definizione data nel 1899 da T. Vebien, il « primo prodotto di spreco del nuovo sistema economico » e « il mero simbolo del potere consumistico maschile ».

È perciò comprensibile come il movimento femminista riprendesse vigore, come reazione alla progressiva riduzione della donna a una forma di emarginazione, abilmente mascherata di rispetto e di idealizzazione nelle classi sociali più elevate, ma in realtà deprivata di ogni potere, non solo nell'ambito della vita civile, ma anche nell'ambito della vita familiare.

Il Thompson mise in evidenza la strumentalizzazione della schiavitù politica, sociale e domestica della donna all'interno del sistema capitalistico, iniziando un tipo di analisi sociologica che venne dapprima ostacolata e spesso anche ignorata, ma che successivamente venne ripresa perché metteva in luce l'origine di alcune deformazioni dei rapporti tra vari gruppi sociali e le negative conseguenze che ne derivavano.

Egli ebbe come ispiratrice e collaboratrice Anna Wheeler, che, originaria da una ricca e potente famiglia irlandese, rifiutando la sua condizione sociale in favore di una maggiore indipendenza e libertà di azione, lavorò instancabilmente per la diffusione del femminismo.

Con la Wheeler ebbe inizio una svolta importante del femminismo, prima inglese e poi europeo, poiché veniva messo in evidenza come la "parità dei diritti" non avrebbe dato alla donna la felicità, se non si fosse anche prospettato un programma di superamento del limite illuministico dell'affermazione della teorica identità di valore dei due sessi e se non si fosse compreso il significato della "cooperazione" sociale, liberando la donna dalla sua « stupida e servile sottomissione all'uomo », per cui assecondava tutte le tendenze egoistiche di lui e si rendeva ignorante, apatica e indifferente al bene sociale, unicamente preoccupata del benessere personale.

Per combattere questa situazione la Wheeler insisteva sulla necessità di dare alla donna l'istruzione, poiché "il sapere è potere" e nella negazione dell'accesso agli studi alla donna l'uomo conservava intatto il suo potere su di lei e sulla società.

A queste affermazioni della Wheeler il Thompson aggiungeva un'affermazione che oggi è di interesse vivissimo nelle famose discussioni sui rapporti fra "natura e cultura": la tendenza al dominio non è affatto una legge immutabile della natura umana; è un fenomeno che si verifica storicamente; per conseguenza può anche essere modificata.

Di qui l'appello alle donne perché si ribellassero a uno stato di cose di cui anch'esse erano in gran parte responsabili, se non altro nell'accettazione passiva.

È da notare che l'Appello del Thompson venne praticamente ignorato non soltanto dalla stampa ortodossa, ma anche da quella radicale; venne discusso soltanto in alcuni circoli, ma dopo la prima edizione del 1825 cadde praticamente nell'oblio.

Solo nel 1970 ( cioè dopo 145 anni! ) fu considerato degno di essere preso in considerazione e pubblicato in ristampa anastatica a cura dei movimenti femministi americani.

b. Negli U.S.A.

Il principio di "cooperazione", sostenuto dalla Wheeler e dal Thompson, si inseriva nell'ambito del nascente movimento cooperativistico americano, fatto conoscere in Inghilterra da R. Owen e nel quale si era distinta la femminista americana Frances Wright.

In questi movimenti è difficile fare ( come spesso si tenta oggi ) una distinzione fra socialismo e femminismo, come, del resto, per il secolo precedente, fra illuminismo e femminismo; si tratta di movimenti che hanno messo in luce una serie di sperequazioni e di ingiustizie "sociali" e "politiche", nelle quali è inclusa anche la condizione della donna; ma non solo quella della donna, perché le classi sociali più povere, nel sec. XVIII, e i gruppi sociali più indifesi, nel sec. XIX ( come i fanciulli, i vecchi, i malati ), risentirono pesantemente di alcune teorizzazioni e soprattutto dell'organizzazione del primo capitalismo industriale, che non tenne conto delle necessità "umane" del lavoro, ma ebbe come solo stimolo il principio del profitto.

Per chi vive nella seconda metà del sec. XX è difficile immaginare le condizioni di vita di questi gruppi sociali che non si possono dire in senso reale "emarginati", ma si possono solo definire calpestati, sfruttati, mortificati anche nelle più elementari esigenze di sopravvivenza.

c. In Francia

Nel medesimo periodo storico in Francia il movimento femminista appare come espressione della profonda delusione derivante nelle donne dal mancato riconoscimento dei loro diritti, solennemente affermati dai filosofi illuministi prerivoluzionari, ma trascurati, di fatto, nella legislazione della Costituente e soprattutto nel Codice Napoleonico.

Il nome di "femminismo" in senso specifico appare qui per la prima volta nella storia dei movimenti femminili, come indice di un particolare gruppo di persone che persegue determinati scopi; sembra che esso sia legato alla figura di George Sand, scrittrice di romanzi nei quali sostiene la libertà dell'amore, la protesta contro l'autorità maritale, la schiavitù della donna nel matrimonio.

Ma la Sand fu un'intellettuale piccolo-borghese stravagante ed esibizionista, oltre che inquieta e incapace di uscire dai suoi problemi personali; di qui il suo femminismo piuttosto astratto, privo di sensibilità sociale e, sostanzialmente letterario e, per di più, limitato alla sfera delle esperienze sessuali anticonformistiche ( si pensi alla sua relazione con Chopin ), con una visione molto riduttiva di quella che è invece l'aspirazione della donna dell'800 a un riconoscimento della propria dignità umana indipendentemente dalle questioni sessuali.

d. In Italia

Una "rivoluzionaria" italiana, che viene considerata la più importante animatrice del movimento femminile italiano dell'800, Anna Maria Mozzoni, ritiene che l'atteggiamento della Sand ed in genere delle "letterate" è di fatto più nocivo che utile alla causa delle donne, perché si tratta sempre di persone che si trovano in posizione di privilegio e che, potendo fare a meno delle riforme per ragioni personali, tendono a considerare "volontaria" la condizione delle altre e non si preoccupano di combattere il privilegio, perché su di esso hanno costruito il loro prestigio personale.

Parlare di A. M. Mozzoni significa parlare dell'Italia post-risorgimentale, dell'Italia che, « avendo fatto l'Italia, deve ora fare gli italiani ».

Questa figura di donna, pressoché ignorata dalla nostra cultura contemporanea, ebbe invece un'importanza notevole nello stimolare le istanze sociali e politiche della seconda metà dell'800.

Come la maggior parte delle femministe dell'epoca era originaria di famiglia nobile e come tale ebbe la possibilità di accesso nei vari ambienti, portando il contributo delle sue osservazioni concrete sulla condizione della donna ( di ogni classe sociale ), traducendo testi stranieri, collaborando a riviste come « La donna », tenendo conferenze in vari circoli e organizzando scuole per l'istruzione professionale e generale femminile.

Il suo fu un femminismo di tipo "radicale", mazziniano per alcuni aspetti, originale per altri. Spesso in collaborazione, spesso in contrasto con altre personalità rilevanti delle attività femminili, lasciò un'impronta che solo le circostanze storiche e una particolare ottusità politica del governo italiano della fine del secolo riuscirono a cancellare; attualmente essa viene ricordata non solo in campo femminista, ma anche nella documentazione storica relativa all'epoca post-risorgimentale.

Le richieste che la Mozzoni portava avanti erano le medesime degli altri; gruppi femministi stranieri.

3. Contro lo sfruttamento della donna. Richieste di parità d'istruzione

L'attenzione di questi gruppi, infatti, è puntata sulle condizioni squalificanti e sullo sfruttamento della donna e dei fanciulli nell'industria e sul significato di una "presa di coscienza" da parte della donna di tale situazione.

In Inghilterra
John Stuart Mill, figlio di James Mill, pubblicò, nel 1869, un'opera dal titolo La servitù delle donne ( « Thè subjection of Women », che fu tradotto nel 1870 dalla Mozzoni e dal Novelli ), nella quale l'esame delle condizioni sociali e la teorizzazione delle cause di disagio sono sempre integrati dal riferimento al movimento femminista, ormai sviluppato, da più di un decennio, nella prospettiva di un'azione politico-pratica.

Si deve a J. S. Mill la diffusione della conoscenza del movimento femminista inglese, che ebbe tanto influsso sia sull'America del Nord sia sull'Europa; inoltre vennero diffuse le proposte sulla parità pratica e non solo teorica tra i due sessi nel campo politico, giuridico, retributivo del lavoro, con libero accesso a tutte le carriere professionali; proposte che vennero portate dapprima dallo stesso Mill al parlamento inglese e poi da altri gruppi politici - stimolati dal femminismo - di altri Stati ai relativi governi.

Tuttavia neppure nei Paesi nordici ( Inghilterra, Germania, Russia, Svezia, Norvegia ) il femminismo, tendente ad affermare l'uguaglianza di diritto fra i due sessi con conseguente parità giuridica e politica, ebbe maggior fortuna che in Italia.

Questa parità, pur teoricamente accettata e sostenuta, in realtà è raramente attuata, poiché il rapporto tra uomo e donna implica delle motivazioni emotive che una legislazione, anche molto evoluta, non è sufficiente a far prevalere su certi pesanti residui di antichi "costumi" o tradizioni, che non nascono da motivi razionali, ma affondano le loro radici in fenomeni psicologici del tutto irrazionali.

Di conseguenza, per circa mezzo secolo, il problema della sottomissione della donna all'uomo ( e conseguente disparità di trattamento di fronte alla legge ) rimase accantonato e venne discusso soltanto in ristretti circoli di donne, prevalentemente intellettuali, verso le quali da parte maschile e da parte di quella larga porzione di donne che mancava di senso critico e accettava la situazione senza discuterla, oppure che per particolari circostanze si trovava in situazione di privilegio, si manifestarono spesso sentimenti di disprezzo, ironie sferzanti, forti difese organizzate nei vari ambienti sociali e politici.

Non per nulla è stato affermato da vari osservatori e critici che per lo più le più tenaci nemiche delle donne sono le donne stesse: ciò dipende probabilmente dalla tendenza conservatrice della donna in generale, abituata com'è, da millenni, a non ritenersi in grado di difendersi, di affermare le proprie opinioni e soprattutto mantenuta fino agli inizi del sec. XX in una condizione di ignoranza e di analfabetismo che la rendeva incapace di attuare operazioni mentali di tipo culturale e critico, oltreché osservazioni spregiudicate della realtà socio-politica.

Il movimento femminista della seconda metà dell'800 ebbe come finalità la "parità di educazione"; con questo si chiedeva che l'istruzione venisse impartita in modo eguale sia all'uomo che alla donna, ben sapendo quanta importanza ha nella gestione del potere la differenza di informazione e di cultura; si tenga presente che era considerato "normale" l'analfabetismo femminile e che anche nelle classi sociali più elevate si riteneva che alla donna non fosse affatto necessario dare un'istruzione che andasse al di là della scuola elementare; anzi pareva che l'ignoranza e il disinteresse per tutto ciò che è cultura, sotto l'aspetto del sociale e del politico, costituisse un grande pregio e facesse emergere in forma più distinta quella "femminilità" che tanto piaceva all'uomo.

Si delineava quell'esaltazione della femminilità intesa come "dolcezza", come "fragilità", "sottomissione" e "ingenuità" che ancora in molti ambienti persevera, determinando la sopravvalutazione delle virtù "casalinghe", male intese e male interpretate come virtù nell'ambito della gestione della casa e della famiglia totalmente subordinata al volere dell'uomo.

Anche la valutazione "morale" del comportamento femminile ne risentiva profondamente - e ne risente tuttora - perché si confuse la libertà del pensare e dell'agire con la libertà licenziosa nell'ambito della vita sessuale.

Tutto ciò rese estremamente difficile anche l'attuazione delle leggi che, ad un certo momento storico, obbligarono finalmente tutti i cittadini, comprese le donne, all'istruzione; ancor oggi in Italia e fuori Italia molte famiglie rifiutano di far frequentare la scuola media obbligatoria alle figlie femmine.

Un altro motivo grave di resistenza negli strati popolari dipendeva dal bassissimo livello di reddito familiare e soprattutto dall'estesissima miseria che gravava sui singoli membri delle famiglie numerose, richiedendo che essi venissero avviati prestissimo al lavoro.

La discriminazione tra livello di istruzione maschile e femminile è ancora evidente, dopo 60/70 anni di obbligatorietà dell'istruzione per tutti i cittadini; e non solo in Italia, ma anche in Europa.

I dati statistici che indicano questa situazione ( rilevati soprattutto in occasione dell' "anno internazionale della donna" nel 1975 ) indicano con quanta acutezza abbiano osservato la realtà le prime femministe e con quanta ostinatezza la tradizione resistesse alle loro richieste.

4. Il suffragio universale

Chiuso il periodo risorgimentale e apertosi invece quello delle rivendicazioni operaie nei riguardi dell'industria, sotto la spinta dei movimenti politici di sinistra, il femminismo si riaccese, proponendosi però una finalità diversa da quella dell'istruzione ( traguardo raggiunto almeno a livello legislativo ): quella del suffragio universale che comprendesse anche le donne.

Emmeline Goulden Pankhurst, membro del Comitato di Manchester per il voto alle donne, fondò nel 1903 la W.S.P.U. ( Unione sociale e politica delle donne ) avente per obiettivo la conquista del suffragio.

Organizzatesi in vario modo nei vari Paesi, le "suffragette" si battevano con energia e talvolta con violenza, usando anche come mezzo di protesta lo sciopero della fame, per scuotere le resistenze del mondo maschile.

Le suffragette furono talvolta ingenue o ridicole per il loro comportamento; ma la causa per cui si battevano era il raggiungimento di un fatto di giustizia effettiva e di superamento delle discriminazioni che potremmo definire di tipo "razzista", se si osservano nella luce dell'obiettività storica.

Il termine di "emancipazione" usato dalle associazioni femministe aveva il significato giuridico di raggiungimento, da parte della donna, della capacità di compiere alcuni atti che precedentemente erano compiuti in sua vece dal genitore o dal tutore o dal marito, mantenendo lei nella condizione di "minore"; si trattava quindi di responsabilizzare la donna, liberandola dalla soggezione al padre o alla patria potestà esercitata da altri su di lei.

Ma mentre, secondo la legge italiana e straniera, la donna che avesse raggiunto i 21 anni di età diveniva maggiorenne ( salvo essere sempre sottoposta all'autorità maritale ), il fatto di impedirle il diritto di voto la manteneva invece in una situazione di soggezione, essendo sempre le leggi formulate da parlamentari maschi, i quali a loro volta, erano eletti da cittadini maschi.

Più di metà della popolazione attiva e maggiorenne non aveva il mezzo di esprimere una sua volontà politica e far sentire il peso di determinate problematiche, le quali tuttavia agivano - e talvolta pesantemente - nella vita sociale.

Il movimento delle suffragette fu molto attivo in Inghilterra ed ebbe momenti drammatici; la Pankhurst fu più volte incarcerata, ma nel 1918 ebbe la soddisfazione di vedere raggiunta la meta prefissata; in Germania ebbe grande influsso sulla trasformazione dell'opinione pubblica Rosa Luxemburg, che portò avanti la richiesta di parità nel voto, nell'istruzione, nel lavoro.

Negli Stati Uniti d'America sorsero due grandi associazioni, che dopo 20 anni si riunirono nella National American Women Suffrage, Che ottenne considerevoli successi.

In Italia la lotta per il voto alle donne fu molto lunga.

Nella storia del diritto al voto vi furono tappe diverse: fino al 1912 avevano diritto al voto solo i cittadini che pagavano le tasse in misura superiore a una cifra che, allora, corrispondeva a redditi di alto livello.

Ciò comportava che molte leggi ignorassero i problemi della maggior parte dei cittadini poco abbienti o poveri.

Nel 1912 venne concesso il voto a tutti i cittadini, purché maschi.

Le donne dovettero attendere fino al 1945, quando la necessità di ricostituire la vita politica italiana e decidere quale ordinamento darle ( repubblicano o monarchico ) fece ritenere estremamente importante per le parti in gioco l'apporto del suffragio femminile.

Infatti nel referendum del 1946 vi fu un'altissima partecipazione delle donne che per la prima volta sperimentavano l'emozione e la responsabilizzazione delle loro scelte politiche.

5. Prime organizzazioni femminili in Italia

Nella seconda metà dell'800 in Italia sorsero varie associazioni, che costituirono i primi nuclei femminili organizzati; ad essi aderirono per lo più donne della media e alta borghesia, mentre le donne del "proletariato" si orientarono preferibilmente verso le associazioni dei partiti marxisti.

Tali associazioni non ebbero tutte il carattere del "femminismo" radicale, ma si possono piuttosto definire "femminili", nel senso che difendevano alcune ideologie connesse con la condizione femminile, ma sostanzialmente diverse da quelle del femminismo; spesso avevano avuto origine proprio dall'intenzione di opporsi al femminismo.

Si ricordano qui l'Associazione Nazionale per la Donna ( 1897 ), l'Unione Femminile Nazionale ( 1899 ), il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane ( 1903 ), l'Alleanza Femminile ( 1904 ), il Comitato Nazionale pro Suffragio Femminile ( 1906 ) e l'Unione Donne Cattoliche ( 1909 ).

Le classi operaie trovarono la loro collocazione nei movimenti della Camera del Lavoro, nelle sezioni femminili del Partito Socialista ( organizzate da Anna Kuliscioff ), ecc.

Queste organizzazioni tennero i loro congressi periodicamente, mettendo all'ordine del giorno tutte le questioni che interessavano il mondo femminile, non trascurando i problemi del lavoro e dell'istruzione, ma insistendo prevalentemente sulla partecipazione della donna alla vita politica almeno col voto.

Durante il fascismo, purtroppo, queste voci vennero soffocate e il movimento femminista, come molte delle associazioni femminili, venne praticamente dimenticato e rimase sconosciuto alle nuove generazioni, mentre si manteneva un certo atteggiamento di disprezzo e di ironia nei riguardi delle suffragette.

6. Conseguenze delle due guerre mondiali del '900

Intanto, però, la storia poneva la società europea dapprima e mondiale poi di fronte a gravissimi problemi: la prima guerra mondiale privava della mano d'opera maschile tutti i settori del lavoro e, in particolare quelli dell'industria; e quella parità di fatto che l'uomo negava alla donna veniva a realizzarsi a causa della necessità di far fronte alle richieste di prodotti indispensabili per la sopravvivenza delle popolazioni in guerra.

La donna entrava così per forza di cose in tutti i campi del lavoro e s'imponeva al rispetto di tutti per le sue capacità produttive.

Malgrado l'emarginazione dalla vita politica e la persistente scarsa considerazione dei risultati del suo lavoro, che si traduceva in retribuzioni sempre inferiori a quelle dell'uomo, di fatto le fu possibile uscire da quell'immagine fittizia di donna "dolce e soave", custode delle tradizioni domestiche, per affermarsi come "attività" capace d'inserirsi ovunque con intelligenza ed efficienza.

Il femminismo assunse allora il compito di valorizzazione di questi eventi, dimostrando che la donna poteva "di fatto" e perciò anche "di diritto" entrare nella vita produttiva sociale in qualunque campo, purché le venisse data la possibilità di conseguire una preparazione professionale adeguata.

Le conquiste effettuate nel primo dopoguerra e nel secondo sono moltissime: dapprima le donne furono accettate come operaie e impiegate, ma con salari inferiori all'uomo, pur in condizioni di parità di lavoro e di rendimento; poi ebbero accesso a determinate professioni, ma anche qui con restrizioni e riserve, come ad es. in taluni campi dell'insegnamento o della medicina o della magistratura.

Non è il caso poi di ricordare le carriere "direttive", nelle quali ancor oggi solo poche e coraggiose persone di sesso femminile riescono ad avere accesso, pur avendo alle spalle una carriera dignitosa e attiva.

Malgrado che nella seconda guerra mondiale la donna fosse tornata massicciamente nella produzione in ogni campo e avesse dimostrato nella Resistenza ( in tutta Europa ) le sue doti di organizzazione, di tenacia, di dedizione e di intelligenza, ancor oggi il "costume", più che la legge, mantiene la donna nelle occupazioni di secondo ordine, sempre alle dipendenze dall'uomo, e conserva un sentimento di "difesa" contro quelle donne che riescono a conseguire con la loro fatica posizioni professionali di un certo prestigio; la stessa vita politica ha visto lentamente declinare il numero delle partecipanti e delle elette ai vari parlamenti negli ultimi decenni, dopo un primo fiorire di partecipazione.

Si osserva in generale un fenomeno regressivo, la cui interpretazione non è riferibile solo alla recente crisi economica mondiale e alle relative conseguenze.

Sembra, invece, che vi sia nella storia della donna un continuo alternarsi di affermazioni e di regressioni, molte delle quali imputabili a fenomeni di "resistenza" da parte del mondo maschile, che, probabilmente a livello inconscio, teme l'acquisizione della parità da parte della donna e che essa si risolva in una competizione a suo danno.

Indubbiamente vi sono fenomeni di scarsa evoluzione da parte dell'uomo, ancorato tuttora all'opinione, del tutto gratuita ma consolidata dalla storia, della sua superiorità e del suo diritto a detenere il potere in ogni aspetto della vita sociale e soprattutto nella famiglia.

7. Il femminismo contemporaneo e le sue radici

Questi fenomeni "regressivi" hanno riscatenato la protesta femminile e femminista negli ultimi 10 anni circa.

Il femminismo più recente si ricollega con la contestazione giovanile del 1969 e degli anni immediatamente precedenti.

Mentre si può sinteticamente affermare che il primo femminismo, quello del sec. XVIII e degli inizi del XIX, si sviluppa intorno alla tematica generale della parità dei sessi in generale; mentre il secondo, che si sviluppa dalla seconda metà del XIX sec. alla prima del XX, si batte per il diritto al voto e per l'ingresso paritario in tutte le professioni; il terzo femminismo, manifestatesi negli ultimi 15 anni circa, propone tematiche che si potrebbero definire "dirompenti", mettendo a nudo una profonda insoddisfazione "personale" della donna.

Viene messo in discussione il rapporto uomo/donna, nella sua essenza profonda, nella dimensione e nella "qualità" che lo caratterizzano nell'ambito familiare e sociale.

La donna ha praticamente raggiunto, almeno a livello legislativo, molte affermazioni e riconoscimenti, ma si sente "schiava" dell'uomo come maschio.

La sua protesta è contro il dominio maschile a livello strettamente personale e investe in pieno il problema della famiglia e delle relazioni intra familiari; proseguendo poi nella protesta, rivendica il diritto a una vita sessuale "libera", ma non nel senso del libertinaggio tradizionalmente inteso, bensì nel senso di un'autonomia di scelte nelle relazioni d'amore, nella "gestione del corpo", fino all'esaltazione della libertà di abortire, di usare indiscriminatamente la contraccezione, di diffonderla in tutti gli strati sociali e, come alternativa alla relazione amorosa eterosessuale, di essere autorizzata a vivere nella relazione omosessuale le esperienze emotive e affettive che mancano nella relazione col maschio.

Tutte queste proposte si sono tradotte in richieste di leggi di "liberalizzazione" nell'ambito dell'omosessualità, della contraccezione e, soprattutto, dell'aborto.

Questo ultimo femminismo più avanzato, condiviso tuttavia anche da gruppi più moderati, è di difficile valutazione, perché implica il rifiuto di valori "morali", almeno nel senso comunemente inteso del termine, che non apparivano contestati nei precedenti movimenti.

Occorre perciò esaminarlo con occhio critico spassionato e con attenzione al significato di protesta, per coglierne gli aspetti positivi sotto la dura scorza di un discorso contestatario e violento, per distinguerlo dalla transitorietà caratteristica delle situazioni di crisi e di ribellione.

La letteratura femminista è oggi assai abbondante e ricca di spunti di ogni genere: si va dal semplice ciclostilato spicciolo, che riassume le conclusioni di un gruppo isolato, alla vera e propria letteratura scientificamente fondata e riflessivamente critica.

a. Contro il "maschilismo"

L'aspetto più evidente della protesta è la lotta contro il "prepotere" del maschio, contro il "maschilismo", caratteristico della cultura occidentale.

Il contributo che la psicologia e soprattutto la psicoanalisi hanno dato per la comprensione dei motivi per cui l'uomo occidentale, da parecchi secoli, ha mantenuto e mantiene la donna in una condizione di inferiorità, obiettivamente dimostrabile ( basti osservare la legislazione dei vari Stati per rendersene conto: in alcuni non è ancora concesso il diritto di voto alle donne! ), è stato utilizzato per organizzare una reazione che provoca serie preoccupazioni in chi desidera sinceramente comprendere il fenomeno onde contribuire a una chiarificazione e a un superamento dell'attuale crisi che travaglia la società.

Il contenuto della protesta si può così riassumere: attacco contro la struttura sociale, considerata espressione e codificazione della prevalenza del maschio sulla femmina; attacco contro l'educazione "repressiva" finora attuata, che non si è limitata solo alla sfera sessuale, ma ha invaso anche la sfera dell'iniziativa personale, impedendo alla donna di assumere responsabilità sociali, professionali e che anche nell'ambito della famiglia ( attività della casalinga ) ha collocato ogni responsabilizzazione sotto l'esercizio della "patria potestà" riservata all'uomo ( in Italia essa è caduta ed è stata sostituita dalla "potestà della coppia", ma nella maggior parte degli altri Stati essa vige ancora ).

Inoltre l'attacco femminista è diretto contro la codificazione dei "ruoli maschili" e dei "ruoli femminili", fissata secondo criteri che rispondono a strutture sociali superate e che impediscono un'intesa costruttiva fra le due metà del genere umano.

Si è anche sottolineato che tali ruoli vanno scomparendo, di fatto, nelle nuove generazioni, però pesano ancora nella teorizzazione.

Infine si rileva la rivendicazione di una libertà "sessuale" che non ha nulla a che vedere con la libertà di avere un partner maschile col quale intessere rapporti sessuali di tipo adulto, in una realizzazione di coppia che potrebbe sì andare contro determinate consuetudini e comportamenti tradizionalmente considerati "morali", ma che potrebbe anche essere considerata "naturale" in una più vasta definizione di libertà che tenga conto della presente situazione di pluralismo culturale; non è questo il discorso che viene portato avanti, anche se esso rientra nelle proposte più comuni.

Ciò che alcuni settori più "radicali" del femminismo sostengono è invece la libertà diusare del proprio corpo indipendentemente dalla relazione con l'uomo o indipendentemente dalla considerazione che l'istinto sessuale ha manifestazioni che portano, di per sé, alla procreazioni e quindi a una responsabilizzazione nei riguardi della probabilità di una nuova vita quale espressione della relazione di coppia.

b. Contro la realtà-donna "tradizionale"

A mio parere qui non si tratta di rivendicare - e a buon diritto - la libertà della donna di avere o non avere rapporti sessuali, nel senso che essa non è obbligata ad accondiscendere all'uomo ogni volta che questi lo desidera; ne si tratta della libertà - pure sacrosanta - di avere o non avere figli nell'ambito della coppia, legalmente o non legalmente unita; ma si tratta, invece, di una ribellione radicale, profonda, irrazionale, ma non per questo non valida, alla realtà-donna cosi come è stata finora tradizionalmente intesa e trasmessa attraverso l'educazione familiare e sociale.

Questo femminismo recente si ribella al fatto che sotto le sottili o grossolane informazioni che la cultura attuale trasmette alla donna come messaggio comportamentale e di valore persiste una "concezione biologica" che condiziona tutte le richieste della società e tutte le attribuzioni di "ruoli".

La reazione contro la maternità non è, infatti, un effetto della mancanza di capacità affettive ( anzi, se mai è una richiesta di una migliore capacità di rapporto umano ), bensì un rifiuto del condizionamento tradizionale per cui si sostiene che la donna, in definitiva, vale qualche cosa soltanto se è madre.

Non si possono qui presentare gli influssi delle considerazioni socio-economiche che hanno determinato storicamente l'interpretazione della maternità.

Il femminismo si richiama spesso alle analisi della famiglia condotte da Engels, da Marx e da altri sociologi più recenti.

c. Le radici

Ciò tuttavia non significa che il femminismo sia un movimento di derivazione marxista; anzi, per molte ragioni tende a differenziarsene, criticando nei movimenti socialisti e comunisti o comunque di sinistra una forma di disinteresse per le problematiche relative allo "specifico femminile".

Il femminismo attuale sembra avere radici in un profondo disagio della donna di fronte a se stessa; disagio che indubbiamente trova il suo fondamento nella persistente affermazione della superiorità dell'uomo, anche se gli studi embriologici, anatomo-fisiologici, psicologici, ecc. dimostrano semplicemente che si tratta di due esseri "diversi", di due manifestazioni biologiche di una medesima specie di mammiferi "superiori", quali sono gli uomini, l'homo sapiens degli antropologi e degli etnologi.

Ma su queste differenze è stata costruita un'interpretazione di differenze di "valore" che sono, al momento, ancora tutte da superare, in favore di una maggiore obiettività.

Ciò che viene chiesto è un mutamento sostanziale dei contenuti culturali della società e della conseguente organizzazione sociale.

Si aggiunga poi che, effettivamente, oggi il peso della famiglia grava completamente sulla donna, che per di più è anche impegnata nel lavoro extradomestico e che la responsabilizzazione dell'uomo come marito e padre è ancora un'utopia nella maggior parte del mondo.

8. Il significato umano della protesta femminile

Al di là delle apparenze violente, protestatarie, talvolta assurde che il femminismo propone all'osservazione dello studioso, è possibile cogliere un significato "umano" di inestimabile valore: esso rappresenta una formidabile presa di coscienza della donna; una di quelle svolte storiche che determinano profondi cambiamenti nell'ambito di una civiltà.

Non per nulla questa presa di coscienza ha avuto ed ha una vita difficile, procede a sbalzi, ha periodi di virulentazione e periodi di silenzio, nel quale vengono elaborate nuove tematiche e vengono proposte nuove conquiste.

La crisi attuale sembra quella di chi si accorge dell'enorme divario che corre tra la legge e il costume: la legge, una volta formulata, dovrebbe essere applicata; ma se la conquista della formulazione di una legge è sempre opera di una faticosa elaborazione da parte di "specialisti" dotati di cultura e di comprensione dei fenomeni umani, la conquista del mutamento del costume è invece opera della diffusione lentissima, persistente, capillare di ideologie e comportamenti innovatori, contro i quali si pone come ostacolo la naturale tendenza alla conservazione di tradizioni acriticamente accettate al di fuori della considerazione dei danni che esse producono, quando sono applicate a generazioni che invece hanno bisogno di ben diversi comportamenti e ben diverse ideologie.

La protesta giovanile del 1969 ha messo in evidenza la necessità di un mutamento sostanziale nei rapporti fra le generazioni, ma ha messo in evidenza soprattutto il bisogno di comunicazione tra uomini, per una collaborazione in favore del progresso spirituale dell'uomo; sotto l'influsso di questo imponente e spesso drammatico movimento il femminismo ha ricevuto una nuova spinta e si è ravvivato ovunque.

Dal 1970 in poi, infatti, soprattutto in Italia si sono formati dei gruppi, più o meno organizzati, che hanno assunto nomi diversi.

In genere il femminismo rifiuta l'organizzazione di tipo "associativo" e preferisce mantenere quella di "movimento", informale, ma costituito da gruppi diffusi qua e là, dotati di una certa autonomia e che mantengono dei legami di tipo informale tra loro.

Si assiste a un tentativo di costituire un movimento di "comunità" nelle quali la donna esprima ed esperimenti la solidarietà tra donne ( cosa del tutto rara ) e soprattutto sia in grado di intervenire là dove la donna è minacciata o sottovalutata o sfruttata.

Per questa ragione si è osservato il fenomeno dell'intervento delle femministe nei tribunali in occasione di violenza fatta a qualche donna ( soprattutto violenza sessuale ) o di violenza nell'ambito del lavoro ( rifiuto dell'assunzione solo per il fatto di essere donna; cosa contraria alla legislazione vigente ) o di altre situazioni nelle quali si esplicita in qualche modo un tentativo di far prevalere gli interessi maschili su quelli femminili, in forma ingiusta e spesso illegale.

Questo aspetto del femminismo post-contestazione del '69 ha attirato soprattutto le giovanissime, le adolescenti, le quali vedono nel movimento un aiuto per superare la crisi adolescenziale, caratterizzata dall'esigenza di raggiungere la capacità di "libertà vera", cui contrasta la debolezza propria dell'età e la persistenza di schemi di comportamento familiare ed ambientale limitativi di ogni forma di iniziativa, anche buona.

Esse trovano nel femminismo qualcosa di "già fatto", un aiuto che sembra loro adeguato alla soluzione dei loro problemi e non comprendono che una delle caratteristiche precipue del femminismo è invece il suo "farsi continuamente", il suo dinamismo, la sua fondamentale non-organizzazione, perché deve rispondere di volta in volta a situazioni storiche in movimento.

9. Crisi attuale del femminismo

Per queste ragioni il femminismo è in crisi, poiché sta diventando un fenomeno non propriamente "di massa", ma un fenomeno "di moda", che è peggio.

Le femministe "storiche", "radicali" nel senso storico della parola, non approvano questo femminismo acritico e sono preoccupate del fatto che il movimento perde di forza e diventa qualcosa di manipolabile in vario modo, considerata la fragilità psichica delle adolescenti.

Inoltre la crisi economica attuale, nella quale il problema del lavoro femminile acquista un carattere di drammaticità ( la disoccupazione femminile è superiore a quella maschile ), ha reso difficile lo sviluppo della tematica della "liberazione" della donna, perché ha spostato gli interessi sull'immediatezza dei risultati, più che sulla loro qualità.

Un esempio tipico è la drammatica insistenza delle giovanissime sulla "liberazione sessuale", intesa come liceità di rapporti sessuali immediati, episodici, non sempre ispirati a un effettivo legame d'amore tra giovani: sembra persino di osservare che per taluni gruppi che si definiscono femministi il nucleo delle discussioni e le mete delle rivendicazioni siano queste dinamiche adolescenziali, che non sono portate avanti in una direzione costruttiva nemmeno nel senso della capacità di condurre un programma di relazioni sessuali integrato nella crescita della persona.

Uno dei più importanti problemi del femminismo attuale è quello della "militanza politica", cioè della trasformazione del movimento in una possibilità di rappresentanza di forza a livello politico; il significato dello slogan « il personale è politico » è molto intenso, perché sottintende lo sforzo di trasportare nell'attività organizzata il risultato del lavoro di "presa di coscienza" della donna singola e del gruppo.

Alcune femministe poi agitano il problema della "doppia militanza", cioè dell'appoggio del movimento femminista a partiti già organizzati e già rappresentati in parlamento: la maggior parte dei partiti organizzati infatti oggi prende in considerazione l'atteggiamento e gli scopi del femminismo ( ad es. il PCI, il PSI, il Partito Radicale, la DC, Lotta continua, ecc. ).

Il femminismo "storico" in genere la rifiuta, tuttavia rimane la domanda di come far arrivare in parlamento determinate richieste che il movimento esprime.

È difficile prevedere quali saranno gli sviluppi dell'attuale crisi del femminismo italiano e internazionale, perché la crisi economica che investe oggi tutto il mondo produttivo e perciò tutta l'organizzazione attuale del lavoro investe anche i rapporti tra donna e lavoro, donna e società, donna e famiglia, donna e uomo.

Il movimento sta attraversando una crisi di crescita, non facile, soprattutto perché porta allo smembramento dei gruppi, alla dissoluzione nel superficiale delle forti motivazioni iniziali alla "presa di coscienza", perché porta all'insoddisfazione per insufficiente comprensione e interpretazione delle reali problematiche della donna oggi, alla vanificazione dei tentativi sotto la spinta di forti gruppi conservatori o sotto la pressione della manipolazione da parte dei partiti organizzati, che, nelle sezioni femminili, mostrano di avere recepito le tematiche femministe, facendole proprie ( salvo alcune, come le istanze abortiste, ad es.).

10. Consistenza numerica e attività del femminismo in Italia

Numericamente si dice attualmente che le "vere" femministe sono circa 50.000 in Italia ( qualcuno dice anche 100.000 ); non molte, se si considera il numero di donne esistenti in Italia; molte se si considera la loro capacità di porsi all'attenzione in forma violenta e protestataria.

I più attivi gruppi femministi si trovano a Milano ( Casa delle Donne, Libreria delle Donne, vari Collettivi ); a Roma ( vari Collettivi, Casa delle Donne, Libreria delle Donne ), Padova, Venezia, Mostre, Bologna, Modena, Ferrara, Napoli, Balzano, Trieste.

I principali periodici sono: Effe, Differenza, Sottosopra, Limenetimena. Zizzania, Le operaie della casa, Il giornale dell'MLD Autonomo, Il femminile ( d'ispirazione democristiana ), Seben che siamo donne, Le Nemesiache, Noi Donne, Rosa, La via Femminile, DWF e infine Quotidiano donna.

I volumi pubblicati sono numerosissimi e riflettono le varie tendenze dei singoli gruppi.

I più recenti trattano della situazione lavorativa della donna, del lavoro della casalinga, ( e della sua condizione di dipendenza psicologica ed economica che le impedisce di "realizzarsi" come donna e come essere umano ), delle condizioni della donna in alcune regioni d'Italia; cominciano anche le "storicizzazioni", nel senso dell'indagine e della spiegazione del movimento dal punto di vista della critica storica.

Queste ultime pubblicazioni sono soprattutto utili per comprendere come il movimento femminista si sia evoluto negli ultimi 15 anni e come, rispetto ai precedenti obiettivi, abbia avuto e abbia di mira la "condizione psicologica della donna" e il "rapporto psicologico" tra uomo e donna come causa determinante della sperequazione di trattamento a livello legislativo e di costume contemporaneo.

II - Valutazione conclusiva alla luce del Vangelo

C'è da domandarsi, a questo punto, quali possono essere i giudizi valutativi di questo fenomeno così antico e così complesso, sempre in trasformazione, nell'ottica di una considerazione di tipo cristiano, soprattutto perché il movimento ha coinvolto anche la religione, l'organizzazione della chiesa, la morale ispirata ai principi cristiani, nonché la partecipazione della donna all'attività esplicita nell'ambito della comunità ecclesiale.

Esiste anche un femminismo cristiano, che oltre a recepire molte delle tematiche del femminismo storico, rivendica alla donna "mansioni" e "ministeri" tradizionalmente consentiti solo agli uomini nell'ambito ecclesiale e che ha posto la gerarchia ecclesiastica di fronte a interrogativi di non facile soluzione.

La risposta della chiesa ufficiale è per il momento negativa; i fatti tuttavia dimostrano una forte spinta alla realizzazione pratica e all'assunzione stabile di tali "mansioni" da parte della donna.

Se si riesce a mantenersi non coinvolti emotivamente, si può interpretare tutto il movimento femminista, dalle sue origini ad oggi, e nel futuro, come un movimento di "liberazione" nel senso evangelico della parola e si può a buon diritto farlo rientrare in quella teologia della liberazione che può dare delle risposte costruttive alle istanze di liberazione presenti nel mondo contemporaneo.

Se vogliamo prendere come punto di partenza una frase del vangelo, possiamo scegliere quella parola di Gesù che dice: « La verità vi farà liberi » ( Gv 8,32 ).

L'umanità procede faticosamente nella ricerca della verità, ma soprattutto di quella verità che può tradursi in una trasformazione dell'uomo, nel passaggio dalla condizione infantile egocentrica, possessiva e dominatrice ( comune ad entrambi i sessi ), alla condizione più adulta della "reciprocità" e infine a quella della "carità".

La consapevolezza degli errori nei quali si è immersi è la condizione per il mutamento.

L'evangelizzazione è un processo nel quale gli elementi conoscitivi hanno una grandissima importanza, perché dalla conoscenza delle mete proposte da Dio all'uomo si possono dedurre le norme di comportamento che regolano la convivenza umana.

E nella convivenza umana due sono le cose più difficili da realizzare: il sentimento di "parità" di valore ( comunque si sia condizionati dalla biologia, dalla cultura e dalla storia ) e il rispetto della "libertà", che è la conseguenza dell'affermazione della parità di valore.

L'attento esame delle condizioni "reali" in cui vive la maggior parte delle donne oggi è una delle istanze che la società contemporanea esige per un più ordinato funzionamento dei rapporti familiari, sociali e politici.

Ogni messaggio religioso e in particolare la rivelazione cristiana dovrebbero essere gli strumenti fondamentali per stimolare alla ricerca di una forma di "giustizia" ( intesa in luce evangelica ), in base alla quale si dia molto meno importanza ai modesti problemi contingenti e formali della vita quotidiana e si privilegi, invece, il rapporto di comprensione e di rispetto.

Anche l'insistenza sulle tematiche sessuali dovrebbe cedere il posto alla considerazione della "persona" in toto: sotto la protesta femminista "sessista" è evidente la disperata esigenza della donna di essere considerata una "persona" e non un "oggetto".

La "liberazione della donna" si può avere solo quando essa acquisti la convinzione profonda della propria libertà e della propria autonomia, condizioni indispensabili per ogni discorso che oltrepassi gli interessi momentanei e si orienti alla realizzazione di "valori" spirituali e religiosi.

Se non si cerca questa verità, difficilmente la lezione della storia potrà essere una pietra miliare per il progresso umano e tanto meno per il progresso della fede.

Cristo è venuto per salvare i "poveri" e gli "emarginati": « Ed egli, sollevando lo sguardo sopra i suoi discepoli, disse: Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio! », ( Lc 6,20 ).

Ma giustamente è stato osservato che si tratta di quei poveri e di quegli emarginati che desiderano uscire dalla loro condizione per migliorarsi e che proprio perché tali sono aperti a un possibile ascolto
della parola di Dio.

Se è vero che il movimento femminista spesso si serve di frasi fatte e di slogan privi di significato, è però vero che la tenacia e la capacità di sacrificio che molte donne hanno dimostrato nella ricerca di valide soluzioni al malessere femminile nella società attuale è un chiaro indice che si tratta di "poveri" che cercano il regno della giustizia e sono aperti all'evangelizzazione, purché questa evangelizzazione trovi le modalità adatte per farsi comprendere e non sia impositiva o repressiva.

La donna sta cercando oggi la "verità" della sua condizione e la "verità" del suo futuro.

È quindi aperta alla comunicazione di una prospettiva evangelica, spirituale, liberatrice, a condizione che non le vengano riproposte formule e schemi che ripetono gli errori del passato.

Tocca perciò alla teologia, alla catechesi, alla predicazione presentare il senso profondo del vangelo, che considera tutti uguali e che non autorizza alcuna prevaricazione, adeguandosi alle modalità con cui viene formulata la richiesta e orientando verso la comprensione dell'amore vero, che trascende la persona in favore della comunità, senza per questo annullarla o mortificarla.

v. Corpo I,2; Sessualità IV

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Spiritualità d'eguaglianza Sessualità IV