La dottrina cristiana

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Libro I

22.20 - Motivo per amarci a vicenda

Fra tutte le cose passate in rassegna, di quelle sole si deve godere che abbiamo ricordato essere eterne e immutabili; delle altre ci si deve solo servire e servircene in modo da giungere al godimento delle altre.

Notare qui che noi, che o godiamo o usiamo le altre cose, siamo in certo qual modo delle cose.

E in effetti l'uomo è una cosa grande perché fatto a immagine e somiglianza di Dio: ( Gen 1,26-27 ) non quindi in quanto è incluso in un corpo mortale ma in quanto è superiore alle bestie per la dignità dell'anima razionale.

Da cui sorge il gran problema se gli uomini debbano godere di se stessi o servirsi di se stessi o fare tutte e due le cose.

È vero infatti che ci è stato comandato di amarci gli uni gli altri, ( Gv 13,34; Gv 15,12 ) ma è discusso se l'uomo debba essere amato dal suo simile per se stesso o in vista di qualcos'altro.

Se lo si ama per se stesso, si gode di lui; se lo si ama in vista di altri, si fa uso di lui.

Quanto a me, mi sembra che lo si debba amare in rapporto a qualcos'altro, poiché in ciò che si deve amare per se stesso si consegue la vita beata, dalla quale al presente siamo consolati sebbene non la possediamo nella realtà ma ne abbiamo solo la speranza.

Maledetto però l'uomo che ripone nell'uomo la sua speranza. ( Ger 17,5 )

22.21 - Amare per godere del bene indefettibile

Se vi si riflette convenientemente, nemmeno di se stesso è lecito godere, tant'è vero che nessuno può amare se stesso per se stesso ma in vista di colui del quale si deve godere.

In realtà, l'uomo è allora perfetto quando tutta la sua vita è orientata verso la vita immutabile e si unisce a lei con tutto il cuore.

Se invece uno si ama per se stesso, non si riferisce a Dio ma ripiega su se stesso, e non essendo rivolto a qualcosa di immutabile, gode sì, di se stesso ma esperimenta numerose lacune.

È infatti più perfetto quando aderisce totalmente e totalmente si lascia incatenare dal bene incorruttibile che non quando da quel bene si distacca per ripiegarsi sia pure su se stesso.

Se dunque devi amare te stesso non per te stesso ma in ordine a colui in cui si trova, quando è sommamente ordinato, il fine del tuo amore, non si adiri un altro uomo se ami anche lui in riferimento a Dio.

In questo modo infatti è stata stilata da Dio la legge dell'amore: Amerai, dice, il prossimo tuo come te stesso, ( Mt 22,39 ) ma Dio lo amerai con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. ( Mt 22,37; Lv 19,18; Dt 6,5 )

Il che vuol dire che devi riferire tutti i tuoi pensieri e tutta la vita e tutta l'intelligenza a colui dal quale hai ricevuto quei beni che con lui confronti.

Dicendo poi: Con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, non ha lasciato alcuna parte della nostra vita cui sia consentito starsene oziosa né le ha dato spazio di godere cose diverse da lui, ma, qualunque cosa si affacci al cuore per essere amata, deve essere sospinta là dove tende impetuoso tutto lo slancio dell'amore.

Chi pertanto ama rettamente il prossimo questo deve da lui ottenere: che anch'esso ami Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente.

Amandolo in tal modo come se stesso, convoglia tutto l'amore che ha per se stesso e per l'altro a quell'amore di Dio che non tollera che alcun ruscello, anche se piccolo, sia dirottato fuori di sé perché da ogni dispersione di acqua ne risulterebbe diminuito.

23.22 - Non sia identico l'amore per le diverse cose

Quanto alle cose di cui è lecito servirsi, non sono tutte da amarsi ma soltanto quelle che insieme con noi per una certa unione si riferiscono a Dio, come sono gli uomini e gli angeli, o quelle che, dicendo relazione a noi, per nostro mezzo ricevono i benefici di Dio di cui hanno bisogno.

Così è il nostro corpo.

In effetti, i martiri non amarono il delitto commesso dai loro persecutori, del quale tuttavia si servirono per meritarsi Dio.

Quattro dunque sono le cose che dobbiamo amare: una è sopra di noi, un'altra siamo noi stessi, una terza ci è assai vicina, una quarta è inferiore a noi.

Riguardo alla seconda e alla quarta non occorreva che ci venisse dato alcun precetto, poiché l'uomo, per quanto devi dalla verità ( 2 Tm 2,18 ) conserva sempre l'amore per se stesso e per il suo corpo.

Infatti l'animo che fugge lontano dalla luce immutabile che regna su tutte le cose fa ciò per regnare da re assoluto su se stesso e sul suo corpo, per cui non può non amare se stesso e il suo corpo.

23.23 - Amore encomiabile e amore biasimevole

L'uomo poi ritiene di aver conseguito qualcosa di grande se gli riesce di dominare i propri simili, cioè gli altri uomini; anzi, in certi spiriti viziosi si caccia il desiderio - e se lo rivendicano come un loro diritto - di avere quelle cose che propriamente sono dovute a Dio solo.

Un tale amore di se stesso dovrebbe più esattamente chiamarsi odio; ed è una cosa ingiusta in quanto l'uomo pretende che lo serva chi gli è inferiore mentre lui stesso si rifiuta di servire chi gli è superiore.

A proposito è stato detto con estrema esattezza: Chi ama l'iniquità odia la sua anima. ( Sal 11,6 )

E per tale motivo l'animo si infiacchisce e viene tormentato dal corpo mortale.

Di necessità infatti l'animo deve amare il corpo e invece è gravato dal peso della sua mortalità.

L'immortalità e l'incorruttibilità provengono in effetti al corpo dalla salute dello spirito, ma la salute dello spirito sta nell'aderire fermissimamente a chi è più eccellente di lui, cioè Dio immutabile.

Quanto poi a colui che brama dominare anche gli altri che per natura sono simili a lui, cioè gli altri uomini, questo è proprio una superbia intollerabile.

24.24 - Se e come debba amarsi il corpo

Non c'è dunque alcuno che odi se stesso: sicché al riguardo mai c'è stata controversia con una qualche sètta.

E anche riguardo al corpo, nessuno lo odia, ed è vero quello che dice l'Apostolo: Nessuno ha mai odiato la sua propria carne. ( Ef 5,29 )

Che se alcuni dicono di preferire ad ogni costo di essere senza corpo, essi dicono una falsità: odiano infatti non il loro corpo ma la sua corruttibilità e pesantezza.

Per cui non è che non vogliano avere nessun corpo ma lo vorrebbero incorruttibile e sommamente agile, deducendone però che, se il corpo fosse così, non sarebbe più corpo ma anima.

Riguardo poi a coloro che sembrano quasi infierire contro il loro corpo per la continenza che praticano o le fatiche che affrontano, coloro che ciò fanno rettamente non si comportano così per non avere il corpo ma per averlo soggetto a se stessi e pronto alle opere necessarie.

Combattendo faticosamente contro il proprio corpo si allenano ad estinguere le passioni che vorrebbero servirsi malamente del corpo, vale a dire tutte quelle abitudini o inclinazioni che portano l'anima a godere delle cose inferiori.

Tant'è vero che costoro non si uccidono ma hanno cura della loro salute.

24.25 - Le radici del conflitto fra carne e spirito

Una parola su coloro che, agendo in maniera perversa, dichiarano guerra al loro corpo quasi che naturalmente sia un loro nemico.

Sono ingannati dalle parole che leggono: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito desideri contrari a quelli della carne: sono infatti in opposizione fra loro. ( Gal 5,17 )

Ciò è stato detto a motivo del comportamento della carne, che si presenta indomabile e contro la quale lo spirito ha desideri contrastanti, non nel senso che vuole sopprimere il corpo ma nel senso che, domata la sua concupiscenza - cioè la sregolatezza del suo vivere -, lo rende soggetto allo spirito, come postula l'ordine naturale.

Dopo la risurrezione infatti le cose staranno così: il corpo avrà il vigore dell'immortalità e sarà soggetto allo spirito in maniera totale e con somma docilità.

Altrettanto si deve conseguire in questa vita facendo sì che le esigenze della carne si mutino in meglio e non resistano allo spirito con moti disordinati.

Finché questo non si realizza, la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito desideri contrari a quelli della carne.

Lo spirito si oppone non per odio ma per esigenze di primato: vuole infatti che il corpo da lui amato sia soggetto maggiormente a chi gli è superiore.

Né la carne resiste mossa da odio ma per il legame, diventato consuetudine, che, derivato dai progenitori e inveterato con il propagarsi, le si è appiccicato con la forza di una legge di natura.

Ora questo compie lo spirito quando doma la carne: annulla i patti disordinati - chiamiamoli così - della cattiva consuetudine e costruisce la pace della consuetudine buona.

D'altronde neppure coloro che fuorviati da false ideologie detestano il loro corpo, sarebbero disposti a farsi cavare un occhio, anche se non ne provassero dolore e anche se in quello che loro rimane ci fosse tanta vigoria visiva quanta ne era in tutti e due.

A meno che non fossero a ciò costretti da qualcosa di più importante.

Con questa prova e altre simili si mostra a sufficienza, a coloro che cercano la verità senza ostinarsi [ nell'errore ], quanto sia vera l'affermazione dell'Apostolo quando dice: Nessuno ha mai odiato la propria carne, aggiungendo anche: Ma la nutre e custodisce, come Cristo la Chiesa. ( Ef 5,29 )

25.26 - Il corpo e la sua salute sono amati da tutti

All'uomo è da tracciarsi una norma concernente l'amore, cioè insegnargli come deve amare se stesso in maniera vantaggiosa.

Che infatti egli si ami e voglia rendersi utile a se stesso, sarebbe insensato dubitarne.

Una norma è da imporgli anche sul modo di amare il suo corpo, perché vi provveda in modo ordinato e saggio.

Che infatti egli ami il suo corpo e che desideri averlo sano e incolume è, come detto sopra, cosa pacifica.

Qualcuno, in verità, potrebbe amare qualcos'altro più che non la salute e l'incolumità del suo corpo.

E di fatto si trovano molte persone che hanno sostenuto volontariamente dolori e la perdita di alcune membra, ma ciò facevano per conseguire finalità che loro stavano più a cuore.

Non si deve quindi dire di nessuno che non ami la salute e l'incolumità del proprio corpo per il fatto che ama di più un'altra cosa.

Prendiamo il caso dell'avaro. Sebbene ami il denaro, si compra tuttavia il pane, e, per far ciò, sborsa quel denaro che tanto ama e desidera aumentare.

È segno che stima la salute del suo corpo, sorretta da quel pane, più che non il denaro.

Ma è inutile intrattenerci più a lungo su un argomento così ovvio come il presente.

Tuttavia a far ciò ci costringe, il più delle volte, l'errore degli empi.

26.27 - Nell'amore al prossimo è incluso l'amore verso se stessi

In conclusione, non c'è bisogno di leggi perché ciascuno ami se stesso o il suo corpo, cioè quello che siamo noi e quello che è al di sotto di noi ma fa parte di noi.

Ciò amiamo per una basilare legge di natura che è stata partecipata anche agli animali, i quali di fatto amano se stessi e il loro corpo.

Per questo motivo non restava altro se non che ci venissero impartiti precetti concernenti ciò che è al di sopra di noi o accanto a noi.

Dice: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, e amerai il prossimo tuo come te stesso.

In questi due precetti si compendia tutta la Legge e i Profeti. ( Mt 22,37-40 )

Fine dunque del precetto è l'amore ( 1 Tm 1,5 ) nelle sue due ramificazioni: amore di Dio e amore del prossimo.

Che se prendi te stesso nella tua interezza, cioè con la tua anima e il tuo corpo, e anche il prossimo nella sua interezza, cioè con la sua anima e il suo corpo ( l'uomo infatti risulta di anima e di corpo ), in questi due precetti non è stata omessa alcuna categoria delle cose da amarsi.

È vero infatti che per primo è stato posto l'amore di Dio e che le modalità di questo amore ti sono state presentate in modo che in questo amore confluiscano tutti gli oggetti da amarsi, potrebbe anche sembrarti non essere stato detto nulla sull'amore verso di te; ma siccome si dice ancora: Amerai il prossimo tuo come te stesso, con tali parole non si omette di parlare dell'amore che tu devi a te stesso.

27.28 - Ogni essere va amato per il rapporto che ha con Dio

Secondo giustizia e santità vive colui che sa stimare rettamente le cose.

Per avere quindi un amore ben ordinato occorre evitare quanto segue: amare ciò che non è da amarsi, amare di più ciò che è da amarsi di meno, amare ugualmente ciò che si dovrebbe amare o di meno o di più, o amare di meno o di più ciò che deve essere amato allo stesso modo.

Il peccatore, chiunque esso sia, in quanto peccatore non è da amarsi; l'uomo, ogni uomo, in quanto è uomo, lo si deve amare per amore di Dio; Dio lo si deve amare per se stesso.

E se Dio deve essere amato più di qualsiasi uomo, ciascuno deve amare Dio più di se stesso.

Inoltre, il nostro simile va amato più del nostro corpo, poiché, se ogni essere va amato per il rapporto che ha con Dio, chi è uomo come noi può conseguire con noi il godimento di Dio, cosa che al corpo non è consentita, in quanto il corpo vive perché ha l'anima ed è attraverso l'anima che noi raggiungiamo il godimento di Dio.

28.29 - Graduatoria nell'erogare l'amore

Tutti gli uomini debbono essere amati ugualmente, ma se non ti è possibile intervenire a vantaggio di tutti, devi di preferenza interessarti di coloro che ti sono strettamente congiunti per circostanze di luogo, di tempo o di qualsiasi altro genere, che la sorte ti ha per così dire assegnato.

Fa' il caso che tu fossi nell'abbondanza di qualcosa da doversi dare a chi non ne ha ma che fosse impossibile darne a due.

Se ti si presentassero due persone, delle quali nessuna è più povera dell'altra o più legata a te da qualche parentela, niente di più corretto potresti fare che tirare a sorte colui al quale dare quell'oggetto che non può essere dato a tutti e due.

Allo stesso modo per il caso di più uomini che non puoi aiutare tutti contemporaneamente.

È una specie di scelta fatta dalla sorte se qualcuno ti è unito in un grado superiore per legami temporali.

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