L'ideale cristiano e religioso |
3 - Oh! come siamo lontani dal lavoro penoso dell'anima che si sforza, con riflessioni e letture, di riscaldare un cuore tiepido e talora gelato.
Si trattava allora, per l'anima, del regno delle virtù.
La ragione umana, illuminata dal fulgore della fede, dirigeva la sua vita spirituale; la volontà cercava di andare verso un Dio che sapeva amabile, ma che non gustava.
Ora tutto è cambiato.
Le riflessioni, il lavoro dello spirito, gli sforzi della fantasia non hanno più ragione d'essere.
L'anima si sente in Dio, unita a Lui, riposante sul suo seno.
Che cosa potrebbe fare se non amare?
Così favorita dal dono della sapienza e innalzata, col contatto mistico della divinità, al livello della divina intelligenza, l'anima comincia a giudicare di Dio e di quanto a Lui si riferisce, in modo divino e perciò infinitamente superiore a quello della ragione umana.
Essa ama e gusta la povertà, le croci, il disprezzo, ciò che la fa passare per insensata agli occhi del mondo.
La sapienza divina non è e non saprebbe essere che follia secondo il giudizio umano, ma, a sua volta, la sapienza umana è una follia agli occhi di Dio e delle anime deificate.
Oh! come questa divina follia è desiderabile e come la nostra anima dovrebbe aspirare al dono della sapienza!
Essa ci renderebbe insensibili alle cose del mondo, che non sono che fango; ci darebbe la pace e la gioia perfetta, poiché nulla al mondo può turbare un'anima che non stima, non ama e non gusta che Dio.
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