L'ideale cristiano e religioso |
2 È il timore filiale che lo Spirito Santo dà all'anima col suo settimo dono, perché è opera della Carità perfetta.
Il dono del timore riguarda quindi principalmente Dio, di cui fa evitare l'offesa, e così corrisponde alla virtù della speranza.
In secondo luogo riguarda anche tutto ciò che l'anima deve fuggire per evitare l'offesa di Dio.
Tra questi oggetti, importa fuggire massimamente i piacere sensibili perché più fortemente inclinano al male.
Così il dono del timore corrisponde ugualmente alla virtù della temperanza.
Perché il dono del timore non ha per principale oggetto il male da evitare, ma piuttosto Dio stesso, capace di infliggere al peccatore la separazione dal bene supremo?
Perché tale dono, come particolare carattere di ogni dono dello Spirito Santo, deve principalmente riferirsi a Dio.
I doni dello Spirito Santo non hanno altro scopo che di rendere l'anima docile allo stesso Spirito.
È poi necessario che il dono del timore si riferisca pure alla suprema Maestà, in quanto le appartiene di punire l'anima peccatrice.
Senza di ciò il dono del timore si confonderebbe sia con la Carità che ama Dio, Maestà sovranamente amabile, sia con la virtù della religione che rende i propri omaggi a Dio, principio di ogni nostro bene.
L'atto speciale che ci fa compiere il dono del timore è quindi il rispetto verso Dio, maestà infinita, capace di punire il peccato col separarci da Lui; è poi, finché noi siamo quaggiù, la fuga di questo male sommo che è la separazione da Dio.
Questa fuga dal peccato, capace di allontanarci da Dio e questa totale sottomissione alla sua suprema e infinita Maestà hanno come effetto di soffocare nelle potenze dell'anima ogni movimento di sufficienza e d'orgoglio, e nel corpo ogni desiderio smodato di piaceri sensuali.
Frenare, reprimere tale è di fatto, come la quotidiana esperienza ce lo insegna, l'effetto di ogni timore e perciò, a fortiori, del timore più nobile, più elevato e più efficace.
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