Summa Teologica - I-II |
Infra, q. 49, a. 2; De Malo, q. 12, a. 1
Pare che tutte le passioni siano moralmente cattive.
1. Scrive S. Agostino [ De civ. Dei 14,5 ] che « alcuni chiamano le passioni morbi o perturbazioni dell'anima ».
Ora, ogni morbo o perturbazione dell'anima è un male di ordine morale.
Quindi tutte le passioni sono moralmente cattive.
2. Il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] afferma che « l'operazione è un moto secondo natura, mentre la passione è contro natura ».
Ma ciò che è contro natura nei moti dell'anima presenta l'aspetto di peccato o di male morale: infatti il Damasceno stesso [ op. cit. 2,4 ] dice che il diavolo « passò da ciò che è secondo natura a ciò che è contro natura ».
Quindi tali passioni sono moralmente cattive.
3. Tutto ciò che induce al peccato è cattivo.
Ma tutte le passioni inducono al peccato, per cui sono chiamate da S. Paolo [ Rm 7,5 ] « passioni peccaminose ».
Quindi sono moralmente cattive.
Scrive S. Agostino [ De civ. Dei 14,9 ] che « l'amore retto si circonda di tutte queste oneste affezioni.
Infatti [ i giusti ] temono di peccare, desiderano di perseverare, si dolgono dei peccati, godono delle opere buone ».
Su questo argomento ci fu contrasto fra gli Stoici e i Peripatetici: infatti gli Stoici dicevano che tutte le passioni sono cattive, mentre i Paripatetici affermavano che le passioni moderate sono buone.
Ora questa differenza, sebbene a parole sembri grande, in realtà si riduce a poco o nulla, se si considera l'intenzione degli uni e degli altri.
Infatti gli Stoici non ammettevano la distinzione tra il senso e l'intelletto, e quindi neppure tra l'appetito intellettivo e quello sensitivo.
Quindi non potevano distinguere le passioni dagli atti della volontà in base al fatto che le prime sono nell'appetito sensitivo e i secondi in quello intellettivo, ma chiamavano volizione qualsiasi moto razionale della parte appetitiva, mentre denominavano passione il moto che non rispetta i limiti della ragione.
E così Cicerone [ Tusc. disp. 3,4 ], seguendo le loro opinioni, chiama tutte le passioni « malattie dell'anima ».
Partendo poi da questa definizione così argomenta: « Chi è malato non è sano, e chi non è sano è insipiente ».
Per cui gli insipienti li diciamo insani.
I Peripatetici invece chiamano passioni tutti i moti dell'appetito sensitivo.
Quindi le stimano buone quando sono regolate dalla ragione, e cattive quando non ne rispettano la regola.
A torto quindi Cicerone condanna la sentenza dei Peripatetici, che approvavano le passioni moderate, scrivendo [ op. cit., c. 10 ] che « ogni male, anche se moderato, è da evitarsi: poiché come il corpo, anche se è malato moderatamente, non è sano, così non è sana questa moderazione delle malattie o delle passioni ».
Infatti le passioni non si possono chiamare malattie o perturbazioni dell'anima se non quando non rispettano la regola della ragione.
1. È chiara così la risposta alla prima obiezioni.
2. In ogni passione psicologica c'è un aumento o una diminuzione nel moto naturale del cuore, cioè un intensificarsi o un rallentare dei moti di sistole e diastole: e in ciò si salva l'aspetto di passione.
Ma non è affatto necessario che la passione esca sempre dall'ordine della ragione naturale.
3. Le passioni inclinano al peccato se sono contro l'ordine della ragione; se invece sono da questa ordinate appartengono alla virtù.
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