Summa Teologica - I-II |
De Malo, q. 12, a. 1
Pare che l'ira non ostacoli l'uso della ragione.
1. Ciò che implica la ragione sembra che non le possa essere di ostacolo.
Ma « l'ira implica la ragione », come dice Aristotele [ Ethic. 7,6 ].
Quindi non può esserle di ostacolo.
2. Più si ostacola la ragione e più diminuisce la chiarezza.
Ora, il Filosofo [ ib. ] afferma che « l'iracondo non è insidioso, ma aperto ».
Perciò l'ira non impedisce l'uso della ragione al pari della concupiscenza, che invece, come egli aggiunge, è insidiosa.
3. Il giudizio della ragione diviene più evidente ravvicinando i contrari: poiché i contrari posti l'uno accanto all'altro si distinguono più chiaramente.
Ma anche l'ira cresce in questo modo: infatti il Filosofo [ Reth. 2,2 ] scrive che « gli uomini si adirano maggiormente per le situazioni precedenti contrarie: come quando, essendo prima onorati, vengono disonorati ».
Quindi l'ira cresce con ciò che aiuta il giudizio della ragione.
E così l'ira non può ostacolarlo.
S. Gregorio [ Mor. 5,45 ] afferma che « l'ira toglie la luce all'intelligenza, confondendo la mente col turbamento ».
La mente, o ragione, non si serve di un organo corporeo nel proprio atto; tuttavia ha bisogno di alcune facoltà sensitive i cui atti vengono impediti se il corpo è alterato: e così necessariamente le alterazioni fisiologiche vengono a ostacolare il giudizio della ragione, come è evidente nell'ubriachezza e nel sonno.
Ora, abbiamo detto [ a. 2 ] che l'ira produce la massima alterazione fisiologica intorno al cuore, tanto che questa si ripercuote anche sulle membra esterne.
Perciò, fra tutte le altre passioni, l'ira è quella che più chiaramente ostacola l'uso della ragione, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 31,10 ]: « Il mio occhio è turbato dall'ira ».
1. L'ira ha come principio la ragione rispetto al moto appetitivo, che è la sua parte formale.
Ma la passione dell'ira ostacola il perfetto giudizio dell'intelligenza in quanto non ascolta perfettamente la ragione a causa del divampare del calore, che è la parte materiale dell'ira.
Ed è per questo che impedisce l'uso della ragione.
2. Si dice che l'iracondo è aperto non perché abbia chiaro in se stesso ciò che deve fare, ma perché agisce apertamente, senza nascondere nulla.
E ciò in parte accade perché la ragione è impedita, non potendo così distinguere ciò che va nascosto e ciò che va mostrato, e non potendo pensare al modo di dissimularlo.
In parte invece accade a motivo di quella dilatazione del cuore, propria della magnanimità, che è prodotta dall'ira: per cui il Filosofo [ Ethic. 4,3 ] scrive che il magnanimo « è aperto nell'amore e nell'odio, e parla e opera apertamente ».
- Invece si dice che la concupiscenza è nascosta e insidiosa perché spesso le cose piacevoli che vengono desiderate rivestono una certa turpitudine e mollezza, che l'uomo cerca di nascondere.
Al contrario in ciò che sa di virile e di onorifico, ed è il caso della vendetta, l'uomo cerca di mostrarsi.
3. Come si è già detto [ ad 1 ], il moto dell'ira nasce dalla ragione: quindi, per lo stesso motivo, il ravvicinare i contrari aiuta il giudizio della ragione e accresce l'ira.
Se uno infatti possiede onori e ricchezze e ne viene in qualche modo privato, tale disgrazia gli appare più grande: sia per la vicinanza del suo contrario, sia perché imprevista.
E così produce una tristezza maggiore: come anche causa un piacere maggiore l'acquisto improvviso di grandi beni.
E in base all'aumento della tristezza che la precede, conseguentemente cresce anche l'ira.
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