Supplemento alla III parte |
1. Se dovessimo presentare un'indagine personale sul quinto sacramento, non mancheremmo d'intitolare il libro o l'articolo con la denominazione preferita dal Concilio Vaticano II: parleremmo, cioé, delle Unzione degli infermi ( cfr. Cost. Lit. n. 73 ).
Ma noi qui proponiamo un testo del secolo XIII, e codesto secolo aveva una concezione caratteristica del sacramento degli infermi che è strettamente legata al termine Estrema Unzione, ripetuto mille volte dai suoi grandi teologi.
Perciò non possiamo dispensarci da una traduzione letterale.
Gli studi storici di questi ultimi secoli ci offrono la possibilità di conoscere, sia pure in maniera sommaria e approssimativa, le vicende piuttosto complesse della prassi ecclesiastica relativa a questo sacramento nei primi otto secoli dell'era cristiana.
E dall'insieme degli accenni raccolti emerge con chiarezza la sua funzione prevalentemente terapeutica per la guarigione del corpo, senza escludere la sua funzione di rimedio spirituale.
Invece a partire dal secolo IX, ossia dalla riforma carolingia, l'unzione degli infermi viene inserita rigidamente nel rituale del decesso; e codesta inserzione porterà i teologi dei secoli seguenti a considerarla sempre più come il « sacramentum exeuntium », cioè come il sacramento dei moribondi.
Pare che codesta impostazione abbia causato più d'ogni altra contingenza una vera crisi nella pratica del sacramento da parte dei fedeli nella Chiesa occidentale; poiché si prese l'abitudine di chiamare il sacerdote solo quando il malato era ormai in agonia.
É pero esagerato affermare che nei secoli XII e XIII in cui, come abbiamo notato sopra, e in pieno sviluppo la prassi e la dottrina delle indulgenze, matura una certa involuzione circa il sacramento degli infermi.
Se noi non vogliamo incorrere in errori storici più intollerabili di quelli che lamentiamo nel passato, dobbiamo prendere atto che ai teologi medioevali non era mancata la conoscenza di un documento fondamentale, che permetteva loro un contatto genuino con la fede e la prassi vigenti nella Chiesa dei primi secoli.
Nel Decreto di Graziano ( P. III, dist. 4, c. 119 ) S. Tommaso aveva letto, come tutti i suoi colleghi, la famosa lettera indirizzata dal Papa Innocenzo I [ 402-417 ] al vescovo di Gubbio Decenzo, in cui l'unzione degli infermi risulta sostanzialmente, identica a quella dei manuali scolastici.
Eccone il brano che c'interessa: « Siccome la tua dilezione ha voluto consultarmi anche su questo, il mio figliuolo, il diacono Celestino, aggiunge nella sua lettera che tu hai un problema circa le parole seguenti, che l'Apostolo Giacomo ha scritto nella sua epistola: "Se tra voi c'e un infermo, chiami i presbiteri e preghino su di lui, ungendolo con l'olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà l'infermo, e il Signore lo risolleverà, e se e in peccato, gli verrà rimesso" [ Gc 5,14s ].
Ora, non c'e dubbio che queste parole si devono intendere dei fedeli infermi, i quali possono essere unti con l'olio crismale: il quale, consacrato dal vescovo, può essere usato non solo dai sacerdoti, ma per ungere è a disposizione di tutti i cristiani nelle loro necessita.
Ci sembra quindi superfluo quel che segue, ossia il dubbio che possa esser lecito al vescovo quello che senza dubbio è concesso ai presbiteri.
Infatti S. Giacomo parla dei presbiteri, perche i vescovi, essendo impediti da altre occupazioni non possono andare da tutti i malati.
Ma se il vescovo ha la possibilità di farlo, oppure stima conveniente visitarne qualcuno, può senza dubbio anche benedirlo e ungerlo col crisma, avendo egli il potere di preparare l'olio santo.
Questo pero non si può dare ai penitenti [ non riconciliati ], perche si tratta di un sacramento.
A coloro infatti cui sono negati gli altri sacramenti, come si può pensare che possa esserne concesso uno del loro genere? ( cfr. DENZ.-S., 216 ).
Gli elementi essenziali per una elaborazione teologica sono qui evidentissimi; e quindi, nonostante la tendenza medioevale a limitarne l'uso agli infermi presumibilmente destinati a soccombere, non si può parlare di una manomissione o di un'eclissi di questo sacramento nel periodo che c'interessa.
2. La vera crisi però si produrrà più tardi col protestantesimo.
Lutero infatti giunse a negare il valore sacramentale dell'Estrema Unzione, impugnando persino l'autenticità dell'epistola cattolica di S. Giacomo, che è il punto di riferimento più importante in materia, sia per la Chiesa latina che per le Chiese orientali, le quali pretendono applicano a tutte le infermità anche morali e psichiche.
Il Concilio Tridentino [ 1545-63 ], preparato da un forte: risveglio negli studi di teologia positiva, riaffermo con chiarezza il valore di questo sacramento come sollievo degli infermi, senza insistere sulla condizione di moribondi.
Dopo gli studi accuratissimi della teologia positiva, sembra ormai iniziata la fase di una rielaborazione dottrinale da parte dei teologi speculativi.
Tale sforzo e evidente, p. es., in un' opera come la Dogmatica Cattolica: I Sacramenti, di M. Schmaus ( Torino, 1966, p. 646 ss. ).
Si ha però l'impressione che in codesta sintesi l'esattezza storica lasci a desiderare quando si giudicano sommariamente gli autori medioevali
Per conto nostro non ce la sentiamo di sottoscrivere le affermazioni seguenti, in cui si coinvolge espressamente anche l'Aquinate: S. Tommaso d'Aquino insegna che l'estrema unzione è un aiuto ed un rafforzamento per vincere la morte.
Questo prospetto mostra che, nella discussione teologica dei frutti salvifici dell'estrema unzione, il superamento della malattia andò sempre più sparendo dalla coscienza, e nella conoscenza di fede e nell'analisi teologica rimase presente quasi esclusivamente la preparazione alla morte, non per quel che riguarda tutto l'uomo, ma soltanto l'anima.
Ci si chiede se una sintesi tra l'accentuazione primitiva e l'interpretazione medioevale non possa e debba portare ad una più profonda conoscenza di tutta la pienezza dell'estrema unzione.
Ciò significherebbe che come frutto di questo sacramento dev'esser considerato sia il superamento in Cristo della malattia, sia l'accettazione con fede della morte, per modo che la malattia concreta non venga concepita come la via normale e quasi necessaria, immediata alla morte, bensì al pari della morte che annunzia, ma cui non e necessariamente congiunta, venga riconosciuta e sopportata come mezzo di salvezza ( op. cit., p. 647 ).
3 . Anche dal testo del Supplemento che noi qui pubblichiamo i nostri lettori potranno facilmente dedurre che la sintesi cercata dal teologo è già in atto nel pensiero di S. Tommaso
Ma poichè l'Autore della Somma Teologica non ebbe il tempo di portare a compimento la sua opera principale, ci è sembrato utile proporre quasi come sintesi e introduzione del suo trattato sull' Estrema Unzione il capitolo della Summa Contra Gentiles dedicato all'argomento.
Esso è di pochi anni posteriore al commento sul IV Libro delle Sentenze da cui è desunto il Supplemento, e quindi non offre vere e proprie novità; presenta pero tutto ciò che si riferisce al sacramento degl'infermi in maniera più organica, cosi da predisporre meglio del Supplemento a una rielaborazione completa.
4. Essendo il corpo strumento dell'anima, e lo strumento essendo fatto per l'uso dell'agente principale, è necessario che esso abbia le disposizioni che occorrono all'agente principale.
Ecco perche il corpo viene ad avere le disposizioni proprie dell'anima.
Perciò da quella infermità dell'anima, che e il peccato, talora deriva, per disposizione di Dio, l'infermità del corpo.
Ora, codesta infermità corporale in certi casi serve a guarire l'anima: quando cioè i uomo la sopporta con umiltà e pazienza, cosicchè gli viene riconosciuta come una pena soddisfattoria.
In altri casi invece essa e un ostacolo per la salvezza spirituale, perche impedisce l'esercizio delle virtù.
Perciò era conveniente che venisse applicata una medicina spirituale contro il peccato, in quanto quest'ultimo provoca l'infermità corporale, la quale medicina sia in grado di guarire talora l'infermità del corpo, ossia quando la guarigione giova alla salvezza.
Ebbene, a tale scopo e ordinato il sacramento dell'Estrema Unzione, del quale cosi scrive S. Giacomo [ Gc 5,14-18 ]: "C'e tra voi qualcuno che sia ammalato?
Faccia chiamare i presbiteri della Chiesa che preghino su di lui, ungendolo con l'olio nel nome del Signore; e l'orazione della fede salverà l'infermo".
Ne reca pregiudizio alla virtù del sacramento il fatto che talora gli infermi cui esso viene conferito non vengono pienamente guariti dalla malattia corporale: perche talora la guarigione del corpo, anche a coloro che ricevono degnamente il sacramento, non e utile alla salvezza dell'anima.
E d'altra parte essi non lo ricevono inutilmente, pur non ottenendo la guarigione.
Infatti, essendo il sacramento ordinato contro l'infermità del corpo in quanto questa e conseguenza del peccato, è evidente che esso agisce pure contro le altre conseguenze della colpa, che sono la tendenza al male e la difficoltà nel fare il bene; anzi agisce contro di queste tanto maggiormente, quanto esse sono più affini al peccato che la malattia del corpo.
É vero che le infermità spirituali suddette vanno curate con la penitenza, in quanto il penitente, mediante gli atti virtuosi di cui si serve nell'espiazione, viene distolto dal male e orientato al bene.
Ma poichè l'uomo, o per negligenza, o per le varie occupazioni della vita, oppure per la brevità del tempo e per altre cose del genere, non attende a medicare perfettamente in se stesso i difetti accennati, fu salutarmente stabilito che la cura venga compiuta mediante questo sacramento, ed egli venga liberato in tal modo dal reato della pena temporale; cosicchè in lui, al momento della separazione dell'anima dal corpo, non rimanga nulla che possa impedirgli il possesso della gloria.
Ecco perche S. Giacomo afferma: "E il Signore lo solleverà."
Inoltre capita che uno non abbia la conoscenza e il ricordo di tutti i peccati commessi, in modo da poterli espiare.
Ci sono poi le colpe quotidiane, che e impossibile evitare nella vita presente.
Ebbene l'uomo deve purificarsi di esse nel suo trapasso mediante questo sacramento, affinchè in lui non si riscontri nulla di incompatibile con il conseguimento della gloria.
Di qui le parole di S. Giacomo: "Se e in peccati, gli saranno rimessi."
Perciò è evidente che questo e l'ultimo dei sacramenti, e in qualche modo il coronamento di tutte le cure spirituali, con cui l'uomo si prepara a conseguire la gloria.
Ecco perchè viene denominato Estrema Unzione.
5. Da ciò segue con evidenza che esso non va amministrato a tutti gli infermi, ma solo a quelli che per la malattia sembrano prossimi alla fine.
Se essi pero guariscono, possono di nuovo ricevere questo sacramento, qualora vengano a trovarsi in uno stato consimile.
L'unzione infatti di cui parliamo non è data per consacrare come l'unzione della cresima, l'abluzione del battesimo e altre unzioni, le quali appunto non si possono ripetere mai, perche la consacrazione è perpetua finche dura la cosa consacrata, per l'efficacia della virtù divina consacrante.
Invece l'unzione di questo sacramento ha lo scopo di guarire; e la medicina fatta per guarire deve essere applicata tutte le volte che si ripresenta la malattia.
E sebbene alcuni siano vicini a morire anche senza la malattia, com'e evidente per i condannati a morte, i quali potrebbero aver bisogno degli effetti spirituali di questo sacramento, tuttavia esso non va amministrato che agli infermi, essendo offerto sotto forma di medicina corporale, che si applica solo ai malati.
Infatti nei sacramenti va rispettato ciò che essi vogliono significare.
Perciò come nel battesimo si richiede l'abluzione del corpo, cosi in questo sacramento si richiede la medicazione applicata alla malattia corporale.
Infatti materia speciale di esso e l'olio, perche questo e adatto a guarire fisicamente mitigando i dolori: cosi come l'acqua, che lava corporalmente, e materia di quel sacramento in cui si produce un lavaggio spirituale.
Da ciò inoltre segue che come la medicina corporale va applicata alla radice del male, cosi questa unzione va fatta in quelle parti del corpo da cui promana l'infermità del peccato: vale a dire sugli organi dei sensi, nonchè sulle mani e sui piedi con cui si mettono in esecuzione le opere del peccato inoltre sulle reni, secondo la consuetudine di alcuni, perche soprattutto in esse si fa sentire la forza della libidine.
6 . Ma per il fatto che con questo sacramento vengono rimessi i peccati, è evidente che in esso viene conferita la grazia; perche il peccato non può essere perdonato che mediante la grazia.
D'altra parte, i riti in cui viene conferita la grazia che illumina le anime spettano ai sacramenti, il cui ordine ha funzione illuminativa, come insegna Dionigi [ De Eccl. Her., c. 5,6 e 7 ].
Ne per questo sacramento si richiede il vescovo: poichè con esso non viene conferita l'eccellenza di un nuovo stato, come in quelli nei quali il vescovo e ministro.
Tuttavia avendo questo sacramento l'efficacia di un perfetto intervento sanitario, e richiedendosi in esso l'abbondanza della grazia, e conveniente che per amministrano siano presenti molti sacerdoti, e che cooperi al suo effetto la preghiera di tutta la Chiesa.
Infatti S. Giacomo raccomanda: "Chiami i sacerdoti della Chiesa, e la preghiera della fede salverà l'infermo".
Tuttavia, se è presente un solo sacerdote, è inteso che egli lo amministra in virtù di tutta la Chiesa di cui e ministro, e in nome della quale agisce.
L'effetto pero di questo, come degli altri sacramenti può essere impedito dalle cattive disposizioni di chi lo riceve ( 4 Cont. Gent., c. 73 ).
7 . Questo rapido profilo dell'estrema unzione non può certo considerarsi esauriente; ma è ben difficile contestarne la validità, anche la dove afferma che in essa l'unzione non e data per consacrare come l'unzione della cresima e l'abluzione del battesimo e altre unzioni, le quali appunto non si possono ripetere mai, perche la consacrazione e perpetua.
Lo Schmaus invece insiste nel descrivere anche l'Olio degli infermi come una consacrazione: "In questo sacramento il battezzato viene consacrato in un modo particolare, concreto per la partecipazione alla morte e alla resurrezione di Cristo.
Viene consacrato e dato in proprietà a Cristo come al Signore che attraverso la morte e la resurrezione e entrato nella gloria" ( op. cit., p. 649 ).
Diciamo francamente che questa descrizione non convince, perche l'uomo viene consacrato cosi alla partecipazione della morte e resurrezione di Cristo, sia in vita che in morte, mediante il santo battesimo.
Perciò, se il termine consacrazione conserva il suo significato proprio, non e qui il caso di usarlo.
Per stabilire quindi il significato salvifico dell'unzione degli infermi dobbiamo partire, sull'esempio dell'Aquinate, dal fatto che qui il sacramento e amministrato sotto forma di medicazione: " Sicut baptismus emundaj tionem a maculis spiritualibus, ita hoc sacramentum per medicationem sacramentalem exteriorem facit sanationem interiorem" ( q. 30, a. 2 ).
Scostarsi da questa prospettiva ci sembra pericoloso perche potrebbe portare facilmente a confondere le caratteristiche specifiche dei vari sacramenti.
P. TIT0 S. CENTI, O. P.
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