Ritiro del 8/6/1997
1 - È ormai tempo di bilanci
2 - Una è la Chiesa, uno è il corpo di Cristo
3 - Il filo conduttore
4 - Perché il mio sì?
5 - Ritorna alla sorgente
6 - Come stai vivendo il tuo deserto?
7 - Il cammino spirituale
8 - Le realizzazioni concrete
9 - La vocazione è una teofania
10 - Ritorna al momento in cui tu sei stato sconvolto
11 - Tu sei redento
12 - Nel cammino dell'umanità
13 - Perché tu vada nel mondo
14 - Il Signore ti ha chiamato
15 - Che frutti stai producendo?
16 - Verifica i frutti
Ben tornati a tutti. È ormai tempo di bilanci; i nostri incontri mensili giungono al termine e prima di procedere desidero ringraziarvi come Unione Catechisti, ma anche singolarmente, per questa esperienza spirituale, che mi avete permesso di condividere con voi; per la grazia e la gioia di aver potuto incontrare personalmente almeno diversi di voi, con i quali abbiamo condiviso le riflessioni sulla parola di Dio, le vostre meditazioni, le contraddizioni e le difficoltà della vita presente.
È stato per me un grande dono conoscervi per approfondire insieme gli imperscrutabili tesori della parola di Dio che è ciò che ci spinge all'azione.
In questo anno abbiamo potuto, riflettere su molti temi riguardanti il mistero di Gesù crocifisso, una rosa di possibilità ci si sono dischiuse dinanzi e desidero chiedere perdono a Dio e a ciascuno di voi se in qualsiasi modo, anche involontariamente sono stato talvolta irruente, talvolta tagliente.
Ma questo mi è venuto dalla spinta della parola di Dio, non certo da una precomprensione, da un preconcetto.
Chiedo scusa se ho contristato qualche confratello e quanto poi all'efficacia delle meditazioni che abbiamo fatto in questi mesi, confido nel prezioso Spirito Santo, confido nel Cuore di Gesù a cui è dedicato questo meraviglioso mese di giugno, perché è in quel Cuore che vi è la presenza dello Spirito Santo: lo Spirito Santo lo si trova nell'amore di Dio, non nel giudizio della sua parola.
È lui, è questo prezioso Spirito Santo che "ci conduce alla verità tutta intera".
Sono e sono stato strumento indegno e incapace, ma spero che la grazia dello Spirito santo possa produrre in ciascuno di noi non quei frutti che ci aspettiamo noi, ma quelli che Dio si aspetta da me come sacerdote e da ciascuno di voi, a suo modo, come aderente all'Unione Catechisti.
Una è la Chiesa, uno è il corpo di Cristo; molte sono le sue membra, ma uno solo è lo Spirito che circola all'interno di esse e l'unica cosa che tiene vivo il corpo non è la potenza del muscolo cardiaco o la grandezza della vena, ma il sangue, cioè lo Spirito di Dio, la vita di Dio.
E dunque esperienze diverse, consacrazioni diverse, una la meta: la Chiesa, il corpo di Cristo trasfigurato nello splendore della gloria, che reca in sé i segni della passione, attraverso i quali l'amore trova il varco per uscire.
Abbiamo riflettuto in questi mesi non su un unico tema, quale la specificità dell'Unione Catechisti, quanto piuttosto ( e questo era il mio intento ) sulla autenticità personale di adesione al vostro carisma.
Ci possono essere incontri specifici che esaminano il carisma, il modo di concretizzarlo, ecc. ma questi sono incontri di studio.
Il ritiro spirituale è il tempo in cui, alla luce della parola di Dio, si verifica se io sono fedele alla sua chiamata.
E in tutti questi mesi vi sono state molte occasioni per questo: alcune riflessioni profonde, alcune riflessioni sui pericoli a cui si può andare incontro, l'affermazione della parola di Dio e del magistero della Chiesa sull'esistenza di situazioni delicate e difficili che ci sono e il Vangelo di oggi è molto chiaro su questo punto.
Come filo conduttore di tutti questi mesi ci sono in sostanza le due classiche domande: perché e per chi.
Ora, queste non sono domande generiche da rivolgere a voi come gruppo, sono domande che ognuno di noi, alla presenza viva del Signore, deve continuamente porsi.
Non perché io lo obbligo o le regole lo impongono: deve perché vuole e su questo punto ho insistito in tutti gli incontri.
C'è una grande differenza tra la religione e la fede, tra ciò che devo fare e ciò che voglio fare.
In una famiglia, se questa non è unita dall'amore, uno deve compiere il dovere di padre o di madre o di figlio; ma quando all'interno di quella famiglia esiste un amore che trascende tutti i problemi concreti, ciascuno vuole fare il suo dovere.
E questa è la base di tutto il cammino di questo anno.
Perché sei in questa situazione?
È una riflessione a cui vi ho invitato spesso in vari modi e forme, perché è molto importante, in questo tempo in cui è innegabile che ci sono degli scompensi, che noi ci facciamo le domande difficili.
E se non ve le fate quando siete in famiglia, quando siete davanti a Gesù sacramentato di cui siete il corpo, quando ve le fate?
In altre sedi sono già fuori luogo.
Perché il mio sì a Dio nell'Unione Catechisti?
Ecco le classiche domande e io spero che tu ne abbia preso nota affinché poi, nella tua preghiera personale, guidato dal tuo direttore spirituale ( e su questo punto forse non ho insistito abbastanza: non è superfluo il direttore spirituale a cui dobbiamo obbedienza, ricordatevelo bene ), tu faccia opera di discernimento.
Sono quelle le domande serie da porsi, non solo all'inizio della vocazione per discernere se il cammino sia veramente quello o no, ma da porsi continuamente.
Il tuo sì detto a Dio non so quanti anni fa è un sì che deve essere ripetuto adesso, ma non come una conseguenza del primo, bensì come un sì nuovo, fresco, voluto, entusiastico.
Se il tuo sì non è più così, bada che si vede, chi è attorno a te lo vede; non solo i tuoi fratelli dell'Unione Catechisti, ma quelli che ti incontrano nel tuo apostolato, nella tua parrocchia, gli allievi che Dio ti ha affidato.
Vi rendete conto che è veramente fondamentale che questo sì sia fresco, nuovo ogni giorno.
Se questo anno non hai riflettuto sufficientemente su questo tuo sì, i frutti si vedono: non è cambiato niente.
Se invece sei diventato di nuovo gioioso come i primi tempi, se sei diventato fervoroso, se ti interessa il corpo di Cristo più che le sue concretizzazioni, ecco i frutti del tuo rinnovato sì.
In questi mesi siamo tornati all'origine, abbiamo fatto un viaggio a ritroso nel vostro passato, non per una riesumazione storica quanto piuttosto per ri-scoprire il dono della vocazione adesso, a diversi anni di distanza da quel giorno in cui dicesti: "Va bene, ti seguirò, Signore, su questa strada sulla quale mi stai portando per mano e capisco che lì è la mia vita".
Riscopri il nucleo della tua centrale atomica che ti permette di continuare a donare, ad essere generoso, ad essere una fonte zampillante.
È questo che Dio ti chiede e tu l'hai capito bene quando, nell'adorazione delle Sante Piaghe, ripensi al Cuore di Gesù dal quale esce sangue e acqua.
Tu sei chiamato a essere quella fonte zampillante che esce dal cuore, cioè dall'amore, non dalla volontà.
La volontà si trova nell'Orto degli Ulivi: "Padre, non la mia ma la tua volontà sia fatta"; la volontà interviene nel momento della difficoltà, ma la vocazione è nel momento del tuo innamoramento di Dio.
Questo innamoramento sussiste tuttora? o è solo più un'adesione cervellotica, voluta, ostinata, legalistica?
Questa è una difficoltà di tutti gli Istituti e di tutti gli Ordini religiosi, nessuno se ne stupisca.
Passato il tempo degli entusiasmi iniziali, il tempo del "fidanzamento", rimane la stabilità ed è questa la prova della vocazione, è questa la prova della fede, quando tutto è normale, piatto, difficile.
"L'attirerò nel deserto e lì parlerò al suo cuore; le farò ricordare i tempi della sua giovinezza" ( Os 2,16 ).
Con Dio o con te stesso?
Vuoi ritornare ai tempi della tua giovinezza: "Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam"?
Cioè a Dio che allarga, amplia, rende attuale la mia giovinezza?
Sei andato a cercare il deserto, come è stato più volte richiamato in questi incontri?
Lo so che tutti abbiamo tante cose da fare, tanti impegni da assolvere, ma attenzione, forse in questo tempo c'era qualcosa di più fondamentale da fare: fare il deserto, fare silenzio, andare da solo davanti al roveto ardente e "togliti i calzari perché è terra consacrata", che vuol dire: umiliarsi davanti al Signore.
Vai davanti a lui, fai deserto, lascia da parte i tuoi molti incarichi: essi ci saranno anche quando noi non ci saremo più; ma noi dove saremo?
È molto importante allora decidere di entrare in questo deserto, che è il silenzio, che è avere il coraggio di dire: adesso mi fermo, vado dinanzi al mio Dio e gli dedico del tempo, sto in silenzio davanti a lui, mi lascio riempire dalla sua luce.
Chi ha bisogno dei bagni di sole, si mette al sole e sta lì, fermo e non fa nient'altro e i raggi benefici producono ciò che ci si aspetta.
Voi mi capite bene: in questi incontri sono state fatte decine di proposte, lanciate centinaia di provocazioni, ma se nessuno le raccoglie, se nessuno si mette in discussione, se nessuno dice: "Beh, devo proprio provare a farlo, comincio a farlo", il suggerimento e la provocazione rimangono sterili.
Perché il cammino spirituale non è una decisione di Gesù o dello Spirito Santo né di chiunque altro, è una tua decisione.
Dio dice a Mosè: "Io ti prometto una terra", ma non trasporta magicamente subito tutti gli israeliti dall'Egitto in quella terra santa; piuttosto dice: "Io la promessa te l'ho fatta, ma chi deve camminare sei tu.
Io ti accompagno - ecco la nube che ti copre di giorno e la colonna di fuoco che ti accompagna di notte -, io sono fedele alle mie promesse, ciò che ho promesso si realizzerà, ma il cammino lo fai tu.
Chi deve darsi da fare, che mi deve far vedere che accetta le mie proposte sei tu".
Agostino diceva: "Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te"; perché il cammino cristiano non è un cammino in cui Dio fa tutto e tu stai lì a contemplarlo e basta.
Il tempo della contemplazione sarà quello dell'al di là, e sarà non solo contemplazione, ma partecipazione; ora è il tempo di dimostrare che hai accettato le proposte di Dio, che hai capito ciò che Dio dice di se stesso qui, nel suo Libro.
Tutte le realizzazioni concrete scaturiscono da qui, altrimenti non vengono da Dio.
Riscoprire il dono delle vocazione, la dialettica della chiamata: Dio che ti chiama, che si interessa a te, si prodiga per te, pensa a te, ma attenzione: non alle tue capacità.
Guardate che noi in occidente siamo molto attenti all'efficientismo e poco alla sorgente di queste efficienza.
Volete un esempio? Quando si parla di uno che è prete, si parla di prete, ma questo riguarda solo l'efficienza; l'essenza è ciò che egli è non ciò che fa.
Un sacerdote sulla sedia a rotelle continua ad essere sacerdote, anche se non può fare il sacerdote; un padre o una madre che non possono espletare le proprie funzioni, non smettono per questo di essere papà o mamma.
Dio non guarda alle tue capacità, alle tue competenze, oppure alle tue debolezze e fragilità, e neanche alle tue cadute: egli guarda te; non è interessato a quello che puoi fare, è interessato a te; quello che puoi fare è solo una conseguenza ovvia e non riguarda lui, riguarda te.
Non confondiamo i due piani.
La vocazione è una teofania, in cui Dio non si nasconde più nella nube o nel fuoco, ma si manifesta, si rende vicino a te; questa è stata la tua chiamata: la manifestazione di Dio in te.
Egli lascia la sua gloria per incontrarti in solitudine e per dimostrarti che pensa a te.
Sei ritornato con la memoria a quel giorno in cui Dio si è manifestato a te, come Mosè ritornava spesso col pensiero all'incontro con Dio dinanzi al roveto ardente, e Isaia a quello nel tempio ( Is 6 )?
È questo che ha dato senso alla vita di Mosè e di Isaia: l'incontro, a volte lo scontro.
Mosè non aveva nessuna voglia di tornare in Egitto e ha trovato tante scuse per non farlo; Abramo non aveva nessuna voglia di lasciare Ur dei Caldei, ma l'incontro, questa incidenza dell'eterno con il categoriale ha sconvolto la vita di quelle persone.
Dio dice: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" ( Gen 1,26-27 ).
Il giorno della tua chiamata, tu hai incontrato Dio nella sua luce e nella sua maestà, però quello che Dio rivela di se stesso è anche, in una maniera evidentemente diversa, ciò che Dio rivela di te stesso.
E se egli è "luce che splende nelle tenebre" ( Gv 1 ), allora anche tu sei luce che devi splendere nelle tenebre; se egli è donazione di sé, noi siamo chiamati a diventare donazione di noi; se egli è colui che ha annullato in se stesso sulla croce gli effetti del peccato, tu sei chiamato a fare altrettanto, anche perché nell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso sei chiamato ad avere una particolare unione con Gesù che si offre per la redenzione del mondo.
Ma mentre in Dio ciò che egli pensa è nello stesso istante ciò che egli fa ed è, per noi è un cammino, un itinerario.
Tutto ciò era implicito nel giorno della tua vocazione; ora tu non puoi pensare ingenuamente che tutto si sia concluso in quel momento, perché la vocazione non è un tempo della tua vita, la vocazione è la tua vita.
Dio ti rivela che così sei il suo figlio diletto nel quale vuole compiacersi; come a me ha detto: Tu sei mio sacerdote, a te ha detto: Tu sei redento, salvato, battezzato, fai parte della mia famiglia, ma il tuo colore specifico è Catechista dell'Unione.
A vari livelli di aggregazione, questo è ovvio, ma tu sei questo e per tutti i giorni della tua vita e nell'eternità, sia in positivo sia in negativo.
Avevamo anche esaminato specificamente la corrispondenza tra la Trinità e l'antropologia cristiana.
L'uomo come piccola Trinità, ve lo ricordate? No?
Eppure queste sono cose fondamentali e che non sono specifiche di un unico cammino, perché il nostro essere uomini è l'essere una "piccola Trinità".
Ma non tutti uguali, perché Dio è infinito e noi no e dunque tutti i miliardi di persone che sono esistite ed esisteranno fino alla consumazione dei secoli saranno uno diverso dall'altro.
È umanamente spiegabile, ma non è spiritualmente giustificabile il fatto che quando intraprendiamo un certo cammino, all'inizio siamo molto attenti e ci controlliamo, perché intendiamo fare le cose seriamente.
Ma dopo un poco di tempo, quando vediamo che le cose, tutto sommato, marciano discretamente bene e siamo soddisfatti di noi stessi, ecco, ci siamo immessi sull'autostrada, adesso innestiamo la velocità di crociera e non cambiamo più.
Siamo arrivati al top, pensiamo di essere ormai in una situazione stabile in cui basta alimentare il motore e poi tutto procede automaticamente.
Ma non è questo che intendeva Dio.
Nel cammino dell'umanità, nel cammino della storia della salvezza e della nostra storia personale vi è un continuo progresso, un continuo miglioramento, un continuo "di più", perché Jahvè è El Shaddai, colui che dà sempre più di quello che potremmo immaginare.
Non possiamo dire che il nostro cammino, come cristiani e tanto più se abbiamo una consacrazione particolare, possa fermarsi ad un certo livello: noi dobbiamo essere umili e l'umile è colui che si chiede: In che cosa devo migliorare? In che cosa consiste per me il "di più"?
Tu sei fatto di Dio, sei chiamato da lui ad essere non qualcosa di diverso da lui, ma ad essere come lui insieme a lui.
Ricordate la prima lettura di oggi: "Il serpente mi ha ingannata" e che cosa le ha detto?
"Tu sarai come Dio, non avrai bisogno di lui".
E lei ci ha creduto, perché le faceva comodo: Sarò Dio di me stessa, io decido ciò che è bene e ciò che è male.
Dio ti ha chiamato ad essere come lui, ma non senza di lui.
Sei ritornato? hai rivissuto? sei ripartito con lo stesso entusiasmo di allora?
ti sei re-innamorato? hai preso coscienza di come ti vede e ti considera Dio?
Non come ti vedi e ti consideri tu, perché - anche questo lo dicemmo - noi non siamo equilibrati: anche con le migliori intenzioni, se ci giudichiamo o ci autoassolviamo oppure ci autocondanniamo.
Nel Sal 139 si dice chiaramente che "è Dio che ci ha intessuti nel grembo materno" ed è solo lui che ci conosce veramente e profondamente, per quello che siamo e per quello che possiamo essere.
Egli ti ha scelto e ti ha costituito perché tu vada nel mondo senza essere del mondo.
Questo vuol dire rifiutare il mondo? No, vuol dire rifiutare il modo di pensare del mondo: l'arrivismo, la prevaricazione, l'egoismo, l'avarizia, la lussuria e quello che vediamo tutti i giorni; è chiaro che per chi sa di essere scelto da Dio la lotta quotidiana sarà il non lasciarsi prendere dallo spirito del mondo.
Eppure quanto questo spirito del mondo è presente nelle comunità, anche religiose!
Lo spirito del mondo non si identifica con i beni di questa terra: essi sono al nostro servizio, anche se sono costosi.
La povertà, e parlammo anche di questo, è diverso dal non avere i mezzi; questa è una povertà costretta, la povertà libera è non lasciarsi dominare dalle cose.
Magari si fanno i voti evangelici di povertà, castità e obbedienza, ma quanto spirito del mondo è presente nell'applicazione di questi tre voti!
Perché tu puoi vivere la povertà orgoglioso di essere diverso dagli altri, come il fariseo al tempio; puoi vivere la castità non come dono o come libertà, ma come catena, segno che il tuo cuore non è occupato da Dio, ma da una legge.
E Dio non ti dice: Sii fedele a una legge, ma: Sii fedele a me.
E tutto il cammino di quest'anno si è incentrato esattamente su questo: la presa di coscienza tua, personale che prima di una vita di comunità ci deve essere una vita di intimità.
Altrimenti possiamo fare mille regole, le più particolareggiate possibili, ma resteranno lettera morta.
Dio ti ha mandato nel mondo "a portare frutto e questo frutto rimanga": allora tutte queste meditazioni che oggi richiamiamo alla mente ti devi domandare onestamente se in questi mesi le hai messe in pratica.
Il mio compito non è quello di vedere i vostri risultati, ma quello di essere provocatorio.
Il Signore ti ha chiamato perché vuole dei frutti e vuole che questi frutti rimangano ed essi saranno stabili solo e unicamente se tu sarai attaccato al tralcio, cioè se sarai intimamente legato a Gesù Cristo, redentore e salvatore vivo, risorto.
Questo è ciò che ti viene chiesto; tutte le altre sono concretizzazioni non essenziali.
Se tra il fusto e il ramo passa la linfa = Spirito Santo, allora il ramo produce fiori profumati di santità che attirano le api, cioè le persone, le quali trovano il nettare, cioè la dolcezza di Dio; e poi vanno a nutrire altre persone.
E tutto questo solo perché tu, avendo risposto sì a Dio ed essendo legato intimamente a lui e lasciando che lo Spirito Santo agisca liberamente dentro di te, hai fatto frutti di santità.
Per favore, verifica il tuo innesto; verifica a che titolo sei innestato in questa Unione: per le più svariate motivazioni o perché sei innamorato di Dio?
Ci sono troppo cristiani, troppi sacerdoti, troppi religiosi che danno scandalo in tutti i modi, perché vivono come se Dio non facesse parte della loro vita: non sono innamorati di Dio, non si sono preoccupati del loro innesto e in quello, che è il punto più delicato, si è infilato un parassita che sta avvelenando tutto.
Quel ramo seccherà e cadrà. Poi verifica i frutti.
Fino ad ora che frutti sono nati dal tuo essere innamorato di Dio?
Ho accennato una volta al paragone che è un tarlo velenosissimo: non fare mai paragoni, perché se fai paragoni con un tuo confratello, vuol dire che i tuoi occhi non sono fissi in Gesù, ma su di lui, altrimenti non ti saresti neanche accorto di ciò che faceva.
Se il tuo fratello fa bene, tu senti il profumo della sua santità, ma i tuoi occhi non si distolgono da Gesù; se invece vedi le sue manchevolezze vuol dire che hai smesso di essere in unione psicologica, spirituale, addirittura fisica ( i mistici ce lo insegnano ) con Dio.
E quando cominci a fare i paragoni lì entra il Divisore, perché con i paragoni tu esprimi un giudizio.
Ricordiamoci che l'unione non si compie dandosi la mano, ma guardando tutti a Gesù, è dinanzi a lui che si crea l'unità tra di voi.
Altrimenti l'unione non ci sarà. Verifica i frutti e chiediti per chi sono tali frutti: per amore di Dio o per gratificare te stesso?
Sei stato stimolato ad un serio discernimento sulla tua vocazione.
Ricordo bene che in quell'occasione suggerii qualcosa che sembrava infantile, ma io spero che qualcuno di voi abbia avuto il coraggio di farlo: metti per iscritto la tua vocazione, ciò che ti ricordi, come l'hai vissuta.
È tutt'altro che banale, è fondamentale, perché quando vedi nero su bianco tu ti rendi conto
1) se sei stato fedele;
2) se quello che stai scrivendo corrisponde alla verità;
3) non riesci a scrivere una cosa falsa e allora è un continuo discernimento.
Ma questo suggerimento è stato accolto?
Eppure dovremmo ricordare tutti le parole di Gesù che dice: "Ti benedico, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te"; e quante volte abbiamo ripetuto: "A Dio è piaciuto scegliere le cose pazze per svergognare quelle sagge".
Ricordatevi bene che il Signore, per le grandi opere ha scelto sempre le persone che umanamente erano le meno adatte.