Ritiro del 8/12/2001
1 - La devozione alla Vergine Immacolata
2 - Sotto gli auspici della Beata Vergine Maria
3 - La figura di Maria suscita diverse emozioni
4 - Maria aderisce al progetto di Dio
5 - Lei è la donna dell'ascolto
6 - Maria è una creatura completa
7 - Dio è la comunione somma
8 - Il cuore dell'uomo è un abisso
9 - Lo stato di vita
10 - Maria è estremamente concreta
11 - Dio chiede il permesso della sua collaborazione
12 - È la persona completamente realizzata
13 - Il nostro assenso alla grazia di Dio
14 - Colei che è riempita della grazia di Dio
15 - Se tu vieni da Dio
16 - Il Signore opererà dentro di te
17 - "Avvenga di me secondo la tua parola"
18 - Conoscere i nostri pregi e i nostri difetti
19 - L'inno di lode del Magnificat
20 - La schiavo in ambiente ebraico
21 - Il Dio della pace vi santifichi
22 - "Magnificat anima mea"
23 - "La metanoia"
24 - Si conservi irreprensibile per la venuta del Signore
La devozione alla Vergine Immacolata si concretizza nell'imitare le sue virtù, nel fare tutto ciò che Gesù dirà e nel filiale affidamento a lei.
"Manda il tuo Spirito ed ogni cosa sarà come ricreata e tutto il mondo sarà ricreato, preghiamo.
O Dio, che hai illuminato la mente dei tuoi apostoli con la luce dello Spirito Santo, fa' che guidati dallo stesso Spirito gustiamo solo ciò che è bene e possiamo godere sempre in noi la tua presenza consolatrice.
Ti domandiamo questo per Cristo nostro Signore.
Come in un soffio, sembra l'anno scorso che ci siamo nuovamente trovati insieme per questa meravigliosa celebrazione, per questa giornata così importante per l'Unione Catechisti, per gli amici, i collaboratori, i parenti, i famigliari, perché è il giorno in cui sotto gli auspici della Beata Vergine Maria si rinnovano i voti di tutti i Congregati e si rinnova in qualche modo l'entusiasmo e l'energia per un servizio dato al Signore in pienezza di cuore, di mente, di entusiasmo.
E naturalmente, secondo quella che è non solo la tradizione, ma direi proprio uno specifico di quella che è l'Unione Catechisti, è importante che tutto avvenga sotto gli auspici della Beata Vergine Immacolata.
Dunque, questa persona di cui oggi vogliamo semplicemente avere qualche piccolo seme di meditazione e più che altro di contemplazione, si pone a noi nella storia della salvezza come Colei che è la Donna straordinariamente grande, diremmo anche la Donna perfetta e che si pone ai nostri occhi non per un nostro desiderio di emulazione, ma per esplicita volontà di Dio, nella persona di suo Figlio Gesù, come un modello a cui tendere, un modello da imitare.
Direi che la figura di Maria suscita dentro di noi le più diverse emozioni.
Essa è colei che è presente in tutta la storia della Redenzione, prima come prefigurazione e come profezia, lo abbiamo sentito oggi o lo sentiremo nell'Eucarestia quando la prima Lettura dal Libro della Genesi ci prefigura la presenza di questa Donna scelta da Dio perché compia una certa missione.
Ma in ogni caso anche in tutto il Nuovo Testamento la figura di Maria si staglia nel controluce e diventa una sagoma ben visibile proprio perché si pone dinanzi al Figlio come Colei che lo contempla, come Colei che lo adora, come la vera figlia di Sion.
In tutto questo atteggiamento naturalmente tutta la storia della Chiesa, della teologia, della spiritualità pone in Maria un punto fondamentale della storia degli uomini, perché lo vediamo chiaramente, è proprio per Lei, attraverso di Lei che arriva questo congiungimento misterioso e stupendo tra la volontà di Dio e l'umanità.
È nel suo grembo verginale che sboccia la redenzione in un modo fattuale, in un modo concreto, anche se tutto questo progetto era già da sempre sbocciato nella mente di Dio.
Dunque Maria si pone dinanzi alla storia degli uomini come la creatura umana che più liberamente e più docilmente aderisce allo splendido progetto di Dio.
Forse in questo momento siamo più portati a immaginare che semplicemente il suo "sì" costituisca il momento morale, in cui si vede più evidente l'aderire di Maria al progetto di Dio.
In realtà tutta la sua esistenza appare ancora più bella e più evocatrice di nobili sentimenti e di volontà di emulazione, proprio per il fatto di quel fatidico "sì", di cui oggi nella Liturgia viene richiamato il brano evangelico dal Vangelo di Luca ( Lc 1 )
L'Annunciazione, prima di quel fatidico "sì" è chiaro ed è evidente che tutta l'esistenza di questa creatura Myriam di Nazareth, che allora avrà avuto quindici anni probabilmente, appare come la vita di una persona che è continuamente, consapevolmente aperta nei confronti di Dio.
Dunque prima di tutto lei è la donna dell'ascolto, dell'ascolto perché, anche se questo atteggiamento e questa riflessione ci sembra un po' scontata, dobbiamo non dimenticare che ascoltare non è una attività passiva, anche se in questo momento siamo tutti dopopranzo e probabilmente l'ascoltare una conferenza potrà suscitare, tra qualche decina di minuti, qualche testa che si abbassa.
Questo però non significa che l'ascolto in ogni caso sia un'attività passiva, perché l'ascolto implica un legame che si instaura tra qualcuno che parla e qualcun'altro non che subisce quello che viene detto, ma che intende conoscere.
Quindi è un uscire da se stessi per in qualche modo incontrare l'altro.
Questo naturalmente che presento dovrebbe essere la situazione ottimale di quello che noi comunemente chiamiamo l'ascolto, ma non si esplica semplicemente in un uditorio quando qualcuno parla e quando qualcuno ascolta.
L'ascolto è un atteggiamento di vita.
Con la parola ascolto noi possiamo riassumere dentro di sé tutto un insieme di atteggiamenti, che costituiscono di una persona il tipo di persona aperto e noi possiamo dire che Maria è la donna dell'ascolto, perché è una persona aperta.
Essere persone aperte non significa in ogni caso essere delle persone senza discernimento, perché essere aperti non significa accogliere indistintamente ogni tipo di esperienza e ogni tipo di impressione o di mentalità
Essere aperti significa aver già fatto una scelta chiara su quale è l'indirizzo da seguire.
Probabilmente, se noi riflettiamo su questi punti, ci rendiamo conto che Maria è prima di tutto un essere umano, una creatura completa e una vera persona.
Quando dico "vera persona" voglio dire molte cose e spero che questo concetto diventi sempre più chiaro dentro di noi.
Essere una vera persona, una persona completa implica dentro di sé un equilibrio notevole che sicuramente è frutto di una educazione ricevuta, ma imprescindibilmente è frutto della grazia di Dio che comunica questo tipo di equilibrio.
Dicevo con qualcuno, qualche tempo fa che probabilmente la virtù più da ambire ai nostri giorni è proprio quella dell'equilibrio.
A questo riguardo mi pare di avere trovato qualche anno fa un'immaginetta di una Madonna che si venera nel Veneto che è proprio dedicata alla Madonna dell'equilibrio.
Forse dovremmo divulgare molto di più questa devozione, perché noto che in tanti casi l'equilibrio è ciò che manca.
L'equilibrio non è semplicemente la capacità di dosare le nostre forze, il nostro parlare, la nostra scelta, le nostre attività; l'equilibrio è proprio la capacità di diventare ciò che Dio ha pensato che noi fossimo, cioè a dire realizzare nel concreto la vera persona umana, la persona secondo il disegno di Dio.
E Maria è sicuramente l'esempio più fulgido di questa realizzazione, di questa concretizzazione di ciò che è la persona umana.
Maria dal canto suo, Gesù, l'uomo perfetto, è evidente.
Ma che cosa significa, abbiamo già parlato molte volte di questo, che è il grande tema, il grande fiume che viene riconosciuto sotto il titolo di antropologia cristiana, abbiamo già affrontato questo tema; però ci interessa sapere che quando parlo di persona vera, di persona completa intendo dire una persona, che al centro della propria esistenza pone la comunione, la comunione con Dio.
In realtà cerchiamo di non dimenticare mai che, come esseri umani, noi siamo esseri di comunione, perché Dio ci ha fatti simili a sé e lo sappiamo tutti: Dio è la comunione somma.
Questo significa che anche noi, come esseri umani, Dio ci ha pensati come esseri di comunione.
Ora, noi siamo individui, unici, irripetibili: questo significa che la comunione che Dio ha posto nel nostro essere per farci essere delle vere persone complete è una comunione che ci spinge ad essere, a proiettarci fuori di noi, accogliendo l'unica realtà che può colmare tutto quello che ci manca.
Sto parlando in un modo troppo difficile, o troppo veloce, sto facendo venire sonno? spero di no.
I salmi ci ricordano che il cuore dell'uomo è un abisso, mi pare il Sal 42,8 dica: "L'abisso chiama l'abisso al suono delle sue cascate".
È un'immagine evocativa di una realtà molto profonda.
Il cuore dell'uomo è un abisso senza il fondo, un abisso di infinito.
È come se fosse un vuoto infinito, che il cuore dell'uomo avverte e che vuole colmare.
Il Salmo ci ripete: L'abisso, che siamo noi, chiama l'abisso, cioè richiede di essere ricolmato da un altro abisso, che ricorda il fragore delle cascate, cioè di quell'unica acqua viva che è in grado di colmare tutti i nostri bisogni e i nostri desideri di felicità.
Con un'immagine più poetica e più vicina forse alla nostra mentalità Francesco di Assisi passava giornate intere nella meditazione dicendo, parlando, gridando, cantando: "eternità, eternità", oppure "tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto".
Quindi è evidente che nella persona umana che noi, come credenti, riteniamo essere la persona veramente equilibrata - non a caso ho fatto anche l'esempio di Francesco - noi ritroviamo sicuramente questo tipo di relazione, questa sete, questo desiderio di comunione con l'unica persona che è in grado di colmare tutto il desiderio di felicità, e questa comunione, è evidente, la comunione del nostro "io" profondo con la persona stessa di Dio, che quindi è infinita ed eterna.
In Maria questa comunione avveniva da sempre, possiamo dire, perché tutto dentro di lei l'attirava a questa comunione con Dio, era sicuramente il richiamo della grazia.
Piccola parentesi, anche noi abbiamo questo richiamo della grazia, su questo punto forse è evidente che sia necessario fare un piccolo esame di coscienza personale.
Che la grazia ci chiami a vivere questa forma di comunione con Dio è fuori di dubbio, che però noi diamo ascolto ai suggerimenti della grazia, cioè dello Spirito di Dio, che ci invita a coltivare la nostra comunione con il Signore, questo è tutto un altro paio di maniche, perché certamente ognuno di noi ha tantissimi impegni, tantissimi incarichi per i quali è portato tante volte a spostare o a mettere da parte le cose, che in realtà dovrebbero essere le nostre costitutive.
Certamente io non sono in grado di dire né per gli altri e tante volte neanche per me, in che modo riuscire a conciliare tutte le varie necessità, che ci spingono a muoversi, a fare continuamente, senza riuscire ad un certo momento, alla fine della giornata, a trarre il risultato di tutto quello che abbiamo compiuto.
È fuori di dubbio in ogni caso che il Signore ci chieda e desideri da noi la comunione.
Come questa debba avvenire credo che sia una storia personale individuale che corrisponde alla nostra vocazione.
Quindi lo stato di vita in cui noi abbiamo deciso di seguire il Signore dopo che lui ci ha chiamati costituisce il campo di azione in cui questa comunione tra noi e Dio si deve concretizzare.
Anche per Maria era la stessa cosa poiché lei sappiamo dalla tradizione dei vangeli apocrifi, che è stata in qualche modo accolta nella poetica cristiana, che Maria fu accolta nel tempio e rimase alcuni anni lì alla scuola delle Scritture; per alcuni tempi, poi ritornò presso dei suoi parenti, a Nazareth, dove conobbe Giuseppe.
E insieme, secondo la tradizione apocrifa, avrebbero in qualche modo fatto questa promessa di verginità perpetua, di donazione reciproca, ma nella completa verginità, perché essi entrambi desideravano appartenere al Signore.
Ora, questo aspetto della perpetua verginità di Maria in cui inglobiamo anche per tradizione quella di Giuseppe, ci fa capire un fatto estremamente importante e cioè che Maria, prima di qualsiasi altra cosa, prima di ricevere la visita dell'Angelo, è già una creatura che ha fatto della comunione con Dio e per Dio l'aspetto preponderante della propria esistenza.
L'aver scelto di appartenere Dio e di concretizzare nella vita questo tipo di comunione, però, sicuramente non ha disincantato Maria, oppure l'ha fatta vivere in una situazione che non fosse quella concreta, perché se si tratta di vera comunione con Dio in Dio non può che essere anche una comunione con gli altri e con il mondo perché una cosa corrisponde all'altra.
In realtà noi vediamo che Maria è estremamente concreta, è estremamente pratica.
Nei pochi eventi che ci sono narrati nel Vangelo, quindi ciò che noi consideriamo Parola del Signore la figura di Maria appare come di una persona umile, una persona paziente, una persona silenziosa, ma soprattutto una persona molto concreta.
Lo vediamo nell'inizio della vita pubblica di Gesù quando nelle nozze di Cana Maria è la prima che va a dire a suo figlio la situazione concreta in cui ci si viene a trovare.
Lo vediamo quando, di ritorno da Gerusalemme, Maria è molto attenta a che il bambino non si trova più con loro e quindi ha una visione molto concreta della realtà, senza per questo allontanarsi da questa comunione con Dio.
Gesù risponde: "Ma come, non sapevate che io mi devo occupare delle cose del Padre mio?"
Questo però, che è il richiamo, non è una sgridata, è semplicemente una sottolineatura, cioè a dire, il nostro primo incarico.
Oppure Gesù dice: "Il nostro primo dato di essere è essere per il Padre ed è come se dicesse in qualche modo a Maria e Giuseppe la stessa cosa.
Ma è la stessa cosa che sta dicendo a noi, in quel caso, il nostro modo di esistere, il nostro modo per cui esistiamo è solo questo: il coltivare questo tipo di comunione.
E dunque vediamo che in Maria tutto questo avviene: da lungo tempo da sempre è stata abituata in questo modo, è stata educata ad avere questa relazione stretta con il Padre, con Dio, per cui il momento della Annunciazione non è poi un momento così straordinario, perché anche in questo caso la decisione e la risposta di Maria a quello che le veniva proposto non appare altro che una conseguenza di questa comunione, che già si era concretizzata, si era vissuta da molti anni.
L'Angelo sì andò da Maria per spiegarle diverse cose e per far notare in qualche modo che Dio non fa nulla senza la nostra collaborazione per ciò che riguarda la nostra vita e la nostra salvezza.
E così Dio, nella sua grande maestà, non ha nessuna paura dell'umiltà, perché Dio è sommamente umile e si pone di fronte a questa creatura chiedendo il permesso della sua collaborazione.
È un evento straordinario, non vi pare che sia una cosa eccezionale?
Forse non è poi così eccezionale perché a posteriori, dopo diversi anni in cui cerchiamo di seguire il Signore in modo concreto, forse, ritornando in quel giorno speciale che ognuno di noi conosce nel segreto del proprio cuore, dovrà rendersi conto che in quel giorno l'Onnipotente si inginocchiò dinanzi a noi per chiederci di seguirlo.
E quello era il giorno della nostra vocazione, che è prima di tutto, sì la vocazione alla vita cristiana, ma che è anche e sicuramente la vocazione al tipo di testimonianza , cioè al nostro modo di essere cristiani in mezzo al mondo.
In quell'occasione il Signore ci fece capire in quale modo, per ognuno può essere diverso: con un'ispirazione, con una preghiera particolarmente fervorosa, mediante l'ausilio di un direttore spirituale, in un'omelia, durante l'adorazione eucaristica, qualunque cosa possa essere accaduta.
In quel momento Dio si pose dinanzi a noi nell'umiltà della sua gloria a domandarci se eravamo disponibili per Lui, per il suo servizio, perché Lui potesse portare a compimento il disegno che Lui aveva nel suo cuore e nella sua mente per la salvezza degli uomini.
Dunque Dio non cambia nel suo modo di agire, cambiano le persone a cui egli si riferisce.
In Maria trovò sicuramente una buona pasta, trovò una creta malleabile, una creta totalmente docile, priva di ogni impurità, priva di ogni scoria e di ogni impedimento.
Questo dovrebbe porre anche noi nel nostro cammino, specialmente nella giornata odierna in cui siamo chiamati al rinnovo dei voti, ma sicuramente alla meditazione di questa figura gigantesca, che è quella di Maria, a domandarci il nostro sì in che modo è vero, concreto, autentico, ma soprattutto docile.
Perché la grandezza di Maria parte proprio dalla sua concretezza di persona umana, totalmente libera, completamente realizzata.
È la persona completamente realizzata, la persona totalmente libera nel senso spirituale che io voglio trattare è la persona che ha la giusta coscienza e consapevolezza di sé.
Badate bene, io non intendo dire che con questa conoscenza, consapevolezza di sé noi dobbiamo far partire la nostra spiritualità semplicemente dalla misura in cui noi sappiamo chi siamo e che cosa facciamo, perché lo sappiamo molto bene che la grazia del Signore supera di gran lunga la conoscenza che noi abbiamo di noi stessi.
I Maestri di spiritualità e i grandi Santi ce lo ricordano in modo esplicito, che per esempio, il Signore conosce ciascuno di noi molto meglio di quanto noi stessi ci conosciamo.
Egli conosce i nostri pensieri, la Scrittura ce lo dice: "La mia parola ancora non è sulla bocca che tu Signore già la conosci tutta", "Tu mi intessevi nel grembo di mia madre, tu conosci tutte le mie cellule".
Quindi vedete che la Scrittura ci fa capire che il nostro assenso alla grazia di Dio non è vincolato alla nostra capacità di capire, è vincolato prima che alla nostra capacità di capire alla nostra docilità e disponibilità.
In Maria c'è questo esempio. Nella Annunciazione, che leggeremo oggi, vedrete, c'è nel Vangelo di Lc 1, vedrete che l'angelo propone a Maria delle cose meravigliose, ma le propone in un modo che è assolutamente solenne.
Certo noi potremmo dire: "È chiaro, don Mauro, questo Vangelo è stato scritto dopo che i fatti sono accaduti, quindi è stato scritto con degli intenti catechetici, degli intenti evangelizzatori, quindi certo che si usano delle frasi che siano uno spunto per spiegare quello che sarebbe successo.
Sta di fatto però che nell'Annunciazione e nel racconto dell'Annunciazione si vede chiaramente come Maria abbia accolto questo annuncio nella semplicità della sua anima pur non avendo compreso appieno il significato enorme di tutto ciò che esso avrebbe comportato.
Sì, è vero, Maria conosceva le Scritture, le sentiva alla Sinagoga quando andava al sabato, le aveva studiate quando andava al Tempio, ma una cosa è sentire una profezia e una cosa accorgersi che quella profezia si sta realizzando dentro di te.
Spero di non scandalizzare nessuno ricordando a tutti noi il fatto per esempio che appare dalle Scritture che gli Apostoli e i discepoli, pur essendo vissuti per degli anni con Gesù, avevano capito quasi niente, tanto è vero che dopo la Resurrezione, quando Gesù va a Emmaus, e trova i due discepoli, cosa gli dice?
Siete stolti, siete tardi di cuore a credere alla profezie che erano state fatte sul mio conto" per tutto il tragitto fino a Emmaus Gesù non fa altro che spiegare tutto quello che nella Scrittura si riferiva a lui.
Ma poi c'è la spiegazione: perché essi ancora non avevano ricevuto lo Spirito Santo di Dio.
In realtà lo sappiamo, nel Vangelo di Gv 16,13, Gesù dice: "Lo spirito di verità vi condurrà alla verità tutta intera, vi spiegherà quello che vi ho insegnato e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto".
In questo "tutto quello che vi ho detto" non c'è solamente quello che Gesù ha detto: le sue parabole, i suoi insegnamenti, ma dato che Gesù è la parola, cioè il Verbo di Dio, significa che "tutto quello che vi ho detto" significa tutta la Scrittura, tutto quello che Dio ha detto viene spiegato dallo Spirito di Dio, facendo rilevare come la Profezia del Signore si sta realizzando in questo o in quest'altro caso.
Dunque, Maria certamente aveva una assistenza speciale di Spirito Santo, che si chiama la Grazia, l'Angelo infatti la saluta in questo modo: Colei che è riempita della grazia di Dio e collabora a questa pienezza, cioè la mantiene piena, fa di tutto questo un motivo per essere ancora più docile.
L'Angelo le dice: "Senti, tu accetti di essere la madre dell'Altissimo, dell'Onnipotente?"
E lei pone questo problema teologico: "Come è possibile? non conosco uomo".
Lo so che certi commentatori dicono semplicemente che questo non è un problema teologico, ma è un problema fisiologico per dire: abbiamo giurato la perpetua verginità, ora, come facciamo a fare una cosa di questo genere? io non conosco uomo".
La domanda quindi è teologica quella di Maria e cioè: come è possibile che Dio mi chieda di rompere un voto che io ho fatto a Lui? come è possibile che Dio non accetti un'offerta della mia perpetua verginità che io e Giuseppe abbiamo fatto insieme di comune accordo e che è stata accolta perché l'abbiamo fatta in circostanze particolari?
Dunque la domanda di Maria è una domanda tutt'altro che sciocca o infantile, è una domanda spirituale molto seria.
Se tu vieni da Dio perché mi chiedi di fare una cosa che io ho promesso a Dio che non avrei mai fatto? e cioè avere dei bambini?
Può darsi che tu non venga da Dio.
Ecco Maria, la donna perfettamente equilibrata, non la donna emozionale, romantica, che vede un angelo che le appare e subito getta tutte le sue difese, la donna prudente che vuole essere sicura che questa proposizione venga dalla volontà dell'Altissimo.
La risposta è una risposta altrettanto teologica.
La risposta è rassicurante, l'Angelo dice a Maria "Non temere, non ti preoccupare di questo.
Dio sa tutto questo, non avverrà secondo quelle che sono le consapevolezze umane, ma avverrà perché l'Onnipotente ti coprirà con la sua ombra".
Ora si usa una immagine molto evocativa, quella dell'ombra perché l'ombra è qualche cosa che tu vedi ma non afferri, di cui usufruisci d'estate quando fa caldo, la piacevolezza, ma che in ogni caso non possiedi perché l'ombra che tu produci non porta beneficio a te, lo può portare ad altri.
L'ombra costituisce un bene che ti viene da un altro.
Ecco l'immagine teologica su cui Maria ha puntato questa sicurezza.
L'Angelo dice praticamente a Maria: "No, il Signore non ti sta chiedendo di rompere il tuo voto, è qualche cosa che il Signore opererà dentro di te in una maniera divina se tu accetti.
Dopo questa risposta è evidente che Maria non è che avesse voluto sapere come sarebbe accaduto tutto questo, però ha avuto la certezza che tutto questo veniva dal Signore.
Perché non chiedeva alla creatura di stravolgere la propria vita, ma di darle un nuovo significato e di aggiungere, in questa totale donazione di sé che Maria aveva voluto vivere fino alla perpetua verginità, aggiungere a questa donazione una donazione ulteriore, cioè la donazione stessa del senso del voto che lei aveva fatto.
Cioè a dire, se tu ti doni veramente a me, dice Dio, allora mi doni non solo tutta la tua vita, tutta la tua mente, tutta la tua anima, tutto il tuo corpo, ma mi doni anche la volontà che c'è nel voto che tu mi hai fatto, cioè mi dai nelle mani tutto essendo pienamente disponibile, lasciando nelle mie mani anche il voto che tu hai fatto a me di prometterti come la totalmente donata a me.
Io accetto questa tua donazione solo se tu ti rendi conto che questo tuo donarti costituisce un dono che deve coinvolgere anche il motivo per cui tu hai fatto il dono, cioè "me".
Io devo essere tutto per te.
Maria non sappiamo fino a che punto abbia avuto una intuizione profonda su questo mistero, sappiamo però che la grazia l'ha accolta e l'ha rinvigorita talmente che la sua donazione fu completa.
Scopriamo che in questi atteggiamenti di Maria, che appaiono qui nella Annunciazione, scopriamo una persona estremamente concreta, una persona che sa esattamente quello che vuole, non una persona che subisce dall'esterno la volontà di un altro.
Ma una persona che vuole la volontà di Dio; non che se l'aspetta arrivare e poi quando arriva in quel momento decide.
È una persona che già da tempo aveva deciso che tutta la sua vita doveva essere un inno di lode e di ringraziamento, doveva essere lo splendore della gloria del Padre.
Il "sì" che Maria dice nel momento dell'Annunciazione risulta essere una conseguenza, una conseguenza di questa decisione.
Ora una decisione che sia così a 360° di apertura totale nei confronti di Dio esige una consapevolezza almeno discreta, nel caso di Maria una consapevolezza buona, ma nel nostro caso si esige, perché il nostro sì sia un sì autentico, almeno la capacità di discernere che cosa in noi è aperto verso il Signore e che cosa non lo è: in parole povere conoscere i nostri limiti e conoscere anche i nostri pregi.
Non è un lavoro che sembra così facile perché se noi in questo lavoro di discernimento su noi stessi non ci facciamo aiutare e assistere dalla Grazia, cioè dallo Spirito Santo, rischiamo di cadere in burroni pericolosi perché quando noi cerchiamo i nostri limiti, se non siamo corroborati dallo Spirito di Dio che è luce e che dà la vita, rischiamo di non vedere nessun limite.
Noi non sbagliamo mai, sono sempre gli altri quelli che sbagliano.
E nello stesso tempo è importante conoscere non solo i nostri limiti, il che potrebbe portare talune persone a cadere nel pericolosissimo scrupolo, invece avere anche la capacità di conoscere i nostri pregi e i nostri difetti.
Maria aveva questa capacità in un modo bellissimo, perché nel conoscere i propri limiti essa non si spaventava di lei stessa.
Nel conoscere i doni che aveva riconosceva che tutto proveniva da Dio.
È evidente che quando una persona ha una giusta relazione con se stessa perché ha una giusta relazione con Dio vuol dire che il suo punto di riferimento è Dio, vuol dire che la sua relazione è con Dio.
I filosofi del '900 ci parlano del personalismo, cioè di quel particolare modo di intendere la persona come un essere in relazione: hanno pienamente ragione, è una splendida riflessione sulla persona umana considerare come la persona umana sia un essere di relazione.
Perché? perché io riesco a riconoscere me stesso nei miei limiti e nei miei pregi solo se ho un altro che mi riconosce: io da me stesso non sono in grado di capire tutto di me stesso, c'è l'altro che, avendo un altro punto di vista, riesce a riconoscermi e io lo stesso.
Se la persona ha come punto di riferimento questo totalmente altro, cioè Dio, che però abita anche dentro di noi e che costituisce il fulcro della nostra comunione, allora riesce anche ad avere una visione equilibrata di se stesso.
L'io non crederà mai di diventare Dio, conoscerà i propri limiti e conoscerà anche i propri pregi e per i pregi darà gloria a Dio e per i limiti chiederà a Lui misericordia.
Maria aveva una visione di questo genere, quando, subito dopo l'Annunciazione, Maria si recherà a trovare sua cugina Elisabetta e il bimbo Giovanni esulta nel grembo della sua mamma, Elisabetta subito fu ripiena di Spirito Santo, cioè, mossa dallo Spirito Santo, cioè dalla Grazia, le rivela: "come mai la madre del mio Signore viene a me?" e Maria, secondo la tradizione evangelica, prorompe in questo inno di lode che è il "Magnificat".
Lo so che questo inno di lode del Magnificat è la ripresa dell'inno di Anna, la madre di Samuele, che quindi fa parte di un genere letterario biblico che è quello della lode e del ringraziamento per una particolare azione di Dio nei confronti della creatura, ma in ogni caso è esattamente quello che Maria considerava su se stessa.
Ricordatevi che Luca nello scrivere il suo Vangelo ha sicuramente avuto frequenti dialoghi con Maria e ha chiesto sicuramente a lei delucidazioni e illuminazioni.
È l'unico degli Evangelisti che ci parla per esempio del Natale e di tutto quello che fa riferimento all'Annunciazione.
Dunque, Maria nell'esprimere questo inno di ringraziamento, il Magnificat, dice delle cose importanti.
"Ha guardato all'umiltà della sua serva", diciamo noi in italiano, "quia respexit humilitatem ancillae suae" si dice nella forma latina, che evoca un'altra immagine: Dio si è specchiato sulla sua creatura umile.
Un'altra traduzione possibile potrebbe essere questa: "Perché l'Onnipotente ha guardato alla miseria della sua schiava".
Se accettiamo questa traduzione, che sembra un pochettino più spigolosa, se guardiamo alla miseria della sua schiava, forse dentro di noi appare un senso di disagio nel sentire Maria che si definisca una misera schiava.
In realtà, se noi pensiamo semplicemente al significato della parola, non è nient'altro che ciò che Maria pensa di essere, lei pensa di essere la schiava del Signore, ma ricordiamoci che in ambiente ebraico la schiavitù non era quella egizia, con le fruste e tutto quello che viene evocato in noi dalle pellicole cinematografiche.
La schiavo in ambiente ebraico era la persona che si mette totalmente a servizio dell'altra persona.
Maria si sente evidentemente una persona che si è messa totalmente a servizio dell'Onnipotente e poi dopo si sente una persona piccola, una persona debole, una persona fragile che ha bisogno di essere protetta, guidata, illuminata come tutti, non è una persona piena di potenza che è in grado di dominare gli altri, è una persona che si sente nella fragilità della condizione umana quindi "misero" vuol dire "piccolo", non vuol dire "meschino" se no la traduzione sarebbe stata "ha guardato alla 'meschineria' della sua serva", ma Maria non ha detto così, ha detto "la piccolezza" della sua schiava, della sua ancella.
Dunque anche in questo noi vediamo che Maria ha pienamente sotto il suo sguardo la consapevolezza di sé, con tutti i suoi lati positivi.
"D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" perché? perché colui che è santo, il cui nome è "il santo" ha fatto in me cose grandi.
Quindi tutto quello che vi è in me, anche la mia completa docilità nei suoi confronti, fino al punto che io desidero, voglio con tutta me stessa che Lui faccia di me qualunque cosa gli viene nella mente, io voglio che Lui lo faccia, perché Lui è il mio Dio, perché Lui è il mio Signore, perché Lui è Colui che mi ama ed è Colui che io amo.
Questa l'unica ragione che permette a Maria di essere la persona pienamente padrona di sé perché non si possiede, non si è lasciata prendere da nulla.
Vedete come tutto questo discorso che ho enunciato sulla figura di Maria troviamo poi pari pari nelle Lettere di Paolo quando Paolo, parlando della persona umana, nella Prima Lettera ai Tessalonicesi ( 1 Ts 5,23 ), dirà proprio questo: "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione".
E Maria è veramente santa, non perché sia lei santa come uno che si arrampica sulla Torre di Babele e raggiunge la santità, cioè raggiunge Dio, perché Lei è colei che è stata colmata della santità di Dio.
L'angelo la saluta: tu che sei stata resa piena della grazia di Dio, che però io - dice l'angelo Gabriele - riconosco a nome di Dio che questa pienezza che Lui ti ha dato è una pienezza che ha trovato in te piena collaborazione perché tu stai talmente collaborando con Dio che tutta la pienezza di santità che Lui riversa dentro di te tu non solo la conservi, ma la accresci.
Ecco perché Maria esplode in "Magnificat anima mea Dominum", la mia anima ingrandisce il Signore.
Come è possibile rendere più grande il Signore? non è l'Onnipotente?
Non è l'infinito? non è l'eterno? certo che lo è, però Egli non entrerà mai nel nostro cuore se non siamo noi che gli apriamo la porta ( Ap 3,20 ) oppure Vangelo di Giovanni ( Gv 17 ), dove si dice la stessa frase: "Io sto alla porta e busso, se qualcuno mi aprirà, io e il Padre verremo a lui e ceneremo insieme".
Quindi vuol dire che aprire la porta costituisce in un modo evocativo parabolico simbolico la possibilità a Dio di espandersi perché in qualche modo Lui può prendere possesso di questo strano territorio che è la persona umana,ma se la persona umana non gli apre la porta, lui non può essere magnificato, non si può ingrandire dentro di noi.
Tutto questo "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione" diceva Paolo e Maria è proprio questa.
Tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile.
"Magnificat anima mea", spirito, anima e corpo sono "i luoghi in cui Dio si può estendere, si può espandere, non come un intruso, ma come veramente "il Signore".
Se è vero, ed è vero, che il luogo in cui Dio abita è il nostro spirito, in parole semplici noi abbiamo sempre saputo che Dio abita nella coscienza, abbiamo sempre detto da sempre.
"Dio abita nella nostra coscienza", da una analisi un minimo più approfondita della Scrittura noi sappiamo che questo luogo della coscienza viene considerato lo spirito, cioè la parte più profonda del nostro essere e il luogo in cui c'è Dio e c'è il nostro "io" che dialogano.
Dio ti dice: "Io ti amo, fidati di me, seguimi e il nostro "io", se ascolta Dio, dice "ah, mi ami? mi vuoi bene? allora non ho più paura, allora io ti seguo, allora io ascolto i tuoi suggerimenti, vediamo, che cosa devo fare? che cosa non devo fare?" e Dio suggerisce, e poi, questo è l'ambito dello spirito, poi nell'ambito della psiche il nostro io prende le decisioni e nell'ambito del corpo le concretizza.
Tutto quello che è vostro si santifichi fino alla perfezione: Spirito, Dio e l'io nostro che chiacchierano, in Maria era continuo questo; psiche, anima, tutte le vostre capacità mentali, allora se l'"io" e Dio sono in comunione abbiamo aperto la porta a Dio e gli diciamo "vieni, ma tu sei il mio Signore, ma tu sei la mia guida, tu sei la mia luce", allora Dio può essere il Signore non solo del nostro spirito, ma diventa anche il Signore della nostra mente, ci fa ragionare nel suo modo.
S. Paolo lo chiama "la metanoia", il cambiamento del modo di pensare e di ragionare.
E poi, se tutto questo avviene, si espande anche a livello corporeo, dunque è il Signore anche del corpo e il corpo ubbidisce alle leggi del Signore, non solo in quanto morale, ma anche di più:in campo divino, tanto è vero che se Gesù è il Signore.
Se Dio è il Signore di tutta la tua persona, allora possono succedere le cose più stravaganti.
Per esempio Pietro che cammina sull'acqua: è un cosa assurda, impossibile, eppure l'ha fatto.
Per esempio egli che è il signore della vita che dice: "Su, alzati ragazza", e la bambina si alza e ritorna in vita.
E così di seguito: Lazzaro sù, vieni fuori perché il Signore, oppure, poiché egli è "il" Signore, nel grembo verginale di Maria comincia a esistere il Verbo fatto carne.
Spirito, Anima e Corpo sono sotto la signoria di Dio in quel caso, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, cioè tutto quello che è tuo non si lasci prendere da niente, sia libero da tutto, se tu vuoi essere libero da tutto devi essere "di" Dio.
Cosa significa? Maria è veramente la donna libera da tutto, per questo pienamente padrona di se stessa, perché è capace, nel suo non lasciarsi possedere da niente e da nessuno, di donarsi in modo completo, totale e totalizzante all'Onnipotente: questa donazione totale costituisce per lei e per tutti noi il motivo della Grazia e della Redenzione.
Ora, questa figura gigantesca di Maria, che non sarà mai pienamente comprensibile dalle nostre piccole e limitate menti umane, ci deve spingere però all'imitazione, all'emulazione, perché? perché la medesima grazia che ha operato nella vita di Maria opera nella nostra vita.
Certo in lei trovò una piena e totale docilità, perché lei aveva deciso di non lasciarsi possedere da niente: non dalle cose, non dalle persone, non dalle situazioni, non dalle idee, era libera da tutto, per questo liberamente si è data tutta a Dio.
Se vogliamo anche noi poter proclamare nella gioia e nel canto "Quia fecit mihi magna qui potens est", perché ha fatto in me cose grandi colui che è potente, è necessario che partiamo proprio da questo: dalla nostra irreprensibilità, non lasciarci possedere da niente e da nessuno.
Questo è il punto di partenza.
Quando noi siamo totalmente liberi da noi stessi, dai nostri sogni, dalle nostre velleità, dai nostri progetti, dalle nostre cose, dalle nostre persone, dalla nostra storia, allora forse saremo sufficientemente liberi, senza nessun legame per poter dire: "Io mi dono totalmente a Dio perché non c'è niente che mi tenga legato a sé, io appartengo a Lui".
Finché noi non assomiglieremo a un granello di incenso messo nel braciere di Dio, che è il suo cuore, dove lo Spirito di Dio arde di amore infinito e finché noi, come granelli di incenso, non ci lasceremo sciogliere da questo amore perché non ci lasciamo possedere da niente, noi non produrremo profumo di santità come invece Dio si aspetta da ciascuno di noi.
Sia lodato Gesù Cristo.