26 Febbraio 1975
La spiritualità dell'Anno Santo, promossa dai due principii religiosi e morali, che ormai tutti conosciamo, rinnovazione e riconciliazione, ci porta a considerare la conversione, la ben nota « metánoia », sotto uno dei suoi aspetti principali, e cioè l'aspetto sacramentale della conversione, aspetto che comunemente chiamiamo sacramento della penitenza, ovvero confessione.
Tema questo, che a tutti è ben noto, almeno nei suoi termini generali e catechistici, e rimanda il discorso alla consueta istruzione religiosa, importantissima sempre, sia per il suo contenuto dottrinale e sia per la prassi pastorale, tanto individuale che comunitaria.
Siccome tuttavia il concetto, la stima e l'uso del sacramento della penitenza non hanno sempre e da tutti la considerazione privilegiata, che esso merita, richiamiamo alla nostra memoria, schematicamente, alcuni punti, sulla cui riflessione la nostra spiritualità giubilare può trovare alimento e conforto.
Scegliamo per ora il punto principale, ch'è il posto occupato da questo sacramento nel disegno della salvezza.
La domanda relativa, che ha una sua lontana radice storica, al secolo terzo, e una più vicina nella controversia protestante, si chiede se esista nella economia della fede cristiana un sacramento della penitenza, dopo il battesimo.
Un cristiano, il quale dopo il battesimo, cada in peccato, può ancora avere una istanza presso la misericordia di Dio? ( Cfr. 2 Pt 1,4 ) peccati di uno che abbia avuto la inestimabile fortuna della grazia divina, cioè d'una associazione della propria vita, per i meriti di Cristo, con quella ineffabile e trascendente di Dio, possono trovare ancora perdono quando questa vitale alleanza sia rotta e tradita da essi?
Il cristiano non è per definizione un fedele?
e se fedele, ahimé!, non rimane, può ancora pretendere, o almeno sperare, d'essere riammesso nello stato di grazia?
Basta, nell'ipotesi d'una inesauribile bontà da parte di Dio, la contrizione del peccatore, fondata sulla fede, perché egli ritorni nell'amicizia vivificante di Dio e nella comunione della Chiesa?
Ed ecco la prima, paradossale ma reale verità: nel piano della bontà di Dio la possibilità che anche i peccati d'un cristiano, i quali dopo il suo battesimo assumono una maggiore e repellente gravità, siano perdonati, esiste!
Lo sappiamo ed esultiamo: esiste!
La Chiesa primitiva, vincolata ad una troppo stretta e testuale interpretazione d'una parola, che troviamo nella lettera agli Ebrei: « … se volontariamente manchiamo dopo aver avuto notizia della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati » ( Eb 10,26 ), era restia in alcuni luoghi ad ammettere la remissione di alcuni peccati più gravi e scandalosi: apostasia, omicidio, adulterio; ma quando, specialmente dopo la persecuzione di Decio, papa Cornelio dapprima e poi San Cipriano a Cartagine, ammisero che i lapsi, cioè coloro che per sfuggire al supplizio avevano sacrificato agli dei, potessero essere riammessi alla penitenza e riconciliati, se realmente pentiti ( Cfr. A. Saba, Storia della Chiesa, 1, 166; S. Cypriani De Lapsis; PL 4, 463-494; G. Mercati, Le lett. di S. Cornelio papa; etc. ), la dottrina e la disciplina della penitenza si svilupparono.
Non avevano buon fondamento nelle parole del Signore? ( Mt 16,19; Mt 18,18; Mt 18,22: « usque septuagies septies »; Gv 20,23 ).
Nasce da questa salvatrice larghezza la evoluzione della prassi penitenziale, in cui la contrizione, lo vedremo, ha un'importanza perenne, e da cui deriva la confessione sacramentale, che proprio lo scorso anno, con la pubblicazione del nuovo Ordo paenitentiae, da parte della nostra Sacra Congregazione per il Culto Divino, ebbe la sua rituale formulazione in conformità ai criteri desunti dal recente Concilio Ecumenico Vaticano II.
Questo documento è certamente fra i più significativi della recente legislazione liturgica e pastorale, e speriamo anche fra quelli più fecondi di rinnovamento e di riconciliazione spirituale e morale.
Lo raccomandiamo al vostro studio.
Ma intanto noi dobbiamo fermare la nostra attenzione, la nostra ammirazione, la nostra esultanza sul fatto che Cristo ci ha ottenuto questo inestimabile favore, quello della remissione dei peccati, tanto illogici e tanto deprecabili, dopo il battesimo, mediante l'istituzione del Sacramento della penitenza ( Cfr. Denz.-Schön. 1601 (844); 1701 (911) ). vero atto d'infinita bontà e misericordia, vero intervento della divina potenza ( Cfr. Mc 2,7 ) per la risurrezione delle anime alla vita nuova e divina.
Diamo a questo sacramento, e, se necessario, restituiamo la devozione, la gratitudine, la gioia, ch'esso merita dalla nostra fede e dalla nostra pietà.
Con la nostra Apostolica Benedizione.