23 Febbraio 1977
Il mondo, ancora il mondo è il tema della riflessione, che oggi noi proponiamo ai nostri visitatori.
Ne abbiamo già parlato, e come sempre con brevi cenni, in Udienze precedenti; ancora ne parliamo perché ci resta da ricordare come questa parola « mondo » assuma nel linguaggio scritturale significati molto diversi,
come quello di cosmo,
di creazione,
di opera di Dio, magnifico significato per l'ammirazione, lo studio, la conquista dell'uomo;
ovvero quello di « umanità » il mondo può significare quel genere umano, tanto amato da Dio da provvedere alla sua salvezza ( Gv 3,16 ) e alla sua elevazione ad un livello d'ineffabile associazione dell'uomo alla vita stessa di Dio ( 2 Pt 1,4 );
e finalmente la parola « mondo », nel nuovo Testamento e nella letteratura ascetica cristiana, riveste spesso un significato sinistro, e negativo al punto da riferirsi al dominio del Diavolo sulla terra e su gli stessi uomini dominati, tentati e rovinati dallo Spirito del male, chiamato « Principe di questo mondo » ( Cfr. Gv 14,30; Gv 16,11; Ef 6,12 ).
Il « mondo », in questo senso peggiorativo, significa ancora l'umanità, o meglio quella parte di umanità, che rifiuta la luce di Cristo, e che vive nel peccato ( Rm 5,12-13 ), e che concepisce la vita presente con criteri contrari alla legge di Dio, alla fede, al Vangelo ( 1 Gv 2,15-17 ).
L'ambiguità perciò di significato di questa parola « mondo » costituisce uno dei problemi più gravi e più drammatici della vita cristiana, dal momento che noi siamo immersi nel mondo, campo frammisto di bene e di male, di « buon grano e di zizzania » ( Mt 13,25 ), anche se senza nostra colpa esso è perciò buono e fecondo ed insieme guasto e nocivo, e se la convivenza, alla quale le condizioni stesse della vita ci obbligano non può materialmente essere da noi sempre evitata ( Cfr. Gv 17,15; 1 Cor 5,10 ).
Si vive in un ambiente equivoco ed inquinato, dove è necessario continuamente sapersi immunizzare, con una profilassi morale, che va dalla fuga dal mondo, come fanno appunto quelli che per desiderio di perfezione scelgono un genere di vita votato a più rigorosa ed amorosa sequela di Cristo ( Cfr. Lumen Gentium, 40 ), alla disciplina ascetica propria d'ogni vita cristiana, che non solo fa suo programma lo stile morale e spirituale proprio di chi ha ricevuto il battesimo, « come si conviene a santi » ( Cfr. Ef 5,3; Rm 6,22 ), ma cerca di diffondere il sentimento ed il costume cristiano nel mondo stesso che vi è ostile e refrattario ( Cfr. Apostolicam Actuositatem, 2, etc. ).
La vita cristiana è un dramma, in cui il bene e il male si intrecciano e si oppongono continuamente e conferiscono appunto al mondo il carattere d'un combattimento permanente: « milizia » è chiamata dalla sacra Scrittura ( Gb 7,1; Ef 6,11-13 ) la condizione dell'uomo sulla terra.
È questo un concetto fondamentale della nostra esistenza presente, passeggera ( 1 Cor 7,31 ) ma decisiva per la nostra sorte nella vita futura ( 2 Cor 5,10 ); il Signore lo ha voluto inserire nella formula, possiamo dire ufficiale, della nostra preghiera a Dio Padre, facendoci invocare sempre il suo aiuto per ottenere difesa da una continua minaccia che insidia il nostro cammino nel tempo: la tentazione.
Questa facile, ma tremenda parola meriterebbe una lunga lezione e un orientamento etico pedagogico corrispondente: il periodo quaresimale, che oggi incomincia, ci offre l'opportunità di riflettere su questo tema, che non è certo ora di moda, ma ha aumentato, non diminuito, il suo spirituale interesse.
Pensiamo: noi siamo esseri liberi, ma assai condizionati dall'ambiente, diciamo pure dal mondo, in cui viviamo: vale a dire, noi siamo continuamente provocati a imprimere nei nostri atti una scelta, a risolvere una « tentazione »; il nostro senso morale dev'essere sempre in una tensione di vigilanza ( altra parola evangelica ) ( Cfr. Mt 24,42; Mc 14,38; Mc 13,37; 1 Cor 16,13; 1 Pt 4,7; 1 Pt 5,8; etc. ), minacciata di espulsione dal codice della moderna permissività; l'igiene morale, cioè la preventiva difesa della nostra tanto evidente debolezza etica, si direbbe che non debba esistere più, ma che una falsa norma pratica, quella dell'esporsi alla tentazione col pretesto d'irrobustire così la propria personalità mediante l'esperienza del male, possa prevalere su i « tabù », con cui la sensibilità della coscienza e la dirittura della condotta hanno inceppato la libera e facile disinvoltura dell'uomo contemporaneo, così detto « adulto ».
Non è meraviglia allora se la nostra società degrada dal suo livello di autentica umanità a mano a mano che progredisce in questa pseudo-maturità morale, in questa indifferenza, in questa insensibilità della differenza tra il bene e il male, e se la Scrittura acerbamente ci ammonisce che « tutto il mondo ( nel senso deteriore che stiamo osservando ) giace sotto il potere del maligno » ( 1 Gv 5,19 ).
Vigiliamo, Fratelli e Figli carissimi, affinché il mondo, che non è da Dio, non ci seduca, non ci infonda un'illusoria concezione della vita, e non ci faccia perdere il senso dei suoi veri valori.
Stiamo con Cristo per essere partecipi della vittoria ch'Egli ci annuncia e ci promette: « abbiate fiducia! Io ho vinto il mondo » ( Gv 16,33 ).
Con la nostra Apostolica Benedizione.