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Il fin' amor

Il fin'amor, l'amore non solo passionale ma ricco di ragionevolezza è forse il primo argomento morale pubblico, anche se élitario, che entra, passa, di corte in corte.

È il mondo vissuto e raccontato dai trovatori.

In essi troviamo un primo realismo espressivo che non coglie solo aspetti "materiali", economici o politici ma racconta l'amore.

Questo fa pensare.

Allora, agli inizi del nostro mondo, si affrontò il problema dell'amore.

La decadenza cortigiana era proprio causata dalla mercificazione politica dell'amore.

Matrimoni di interesse scoperti come tomba dell'amore.

Come tomba della civiltà.

Entriamo, come fece Massimo Troisi in "Ricomincio da tre", nello spirito e nella storia di quei tempi.

Non credo sia negativo pensare che la nostra storia, la storia del nostro mondo occidentale cominci proprio in quel tempo ( almeno dal punto di vista etico ).

All'inizio del XI secolo, alba del secondo millennio e della cosiddetta "era cristiana", nel mezzogiorno della Francia, in Provenza nei ducati di Aquitania, Tolosa, Guascogna e in Spagna nel ducato di Barcellona nasce un nuovo movimento sia letterario sia "filosofico" che, dal latino "trovare", prende il nome di "trovatori".

Un trovatore, gran principe o nobile senza casato o avventuriero, viveva delle sue canzoni.

Nelle corti era apprezzato per la sua abilità poetica e musicale e per l'ispirazione della sua opera, oltre a rappresentare un uomo dinamico e sensibile in continuo movimento e quindi ricco di novità e trasmettitore di mode e culture.

Il primo "media".

Nel periodo che va dal 1000 circa al 1250, la storia ci fa conoscere cinquecento trovatori.

Su quest'arte rappresentata dalla "poesia trobadorica" conviene soffermarsi un poco per capirne le radici, soprattutto in relazione all'ambiguità del rapporto tra sacro e profano che proprio li nacque.

Lo sviluppo della cultura mondana, cortigiana, era in contrasto con la cultura spirituale.

È in questo periodo che nasce la cosiddetta "poesia secolare" che, alla luce di questi contrasti, fa prevalere la dimensione laica su quella religiosa e trascendente.

La Chiesa, grande dispensatrice di modelli culturali, influenza comunque le opere dei trovatori che non possono prescindere da un "certo" contenuto spirituale, mediato da opere come "Il Cantico dei Cantici", che innestavano nel profano e nel secolare le espressioni del sacro.

Prendiamo ad esempio parti di canzoni profane per trovare questi sincretismi, queste mescolanze:

"Da nulla l'uomo è reso più eccellente
che dall'amor e dal servir le dame,
giacché da qui nasce diletto
e canto tutto ciò che
attiene all'eccellena.
L'amor non è peccato. Ma piuttosto
potere che il male rende buono e
il buono migliore".

Per i trovatori l'amore che sgorga dalla concupiscenza, dal possesso fisico, è falso: esso deve rimanere desiderio affinché se ne possa adempiere il fine.20

Quindi tutto ciò che fa crescere il desiderio è bene ed alimenta il grande desiderio d'amore e quindi l'amore stesso.

Altro dall'assenza di desiderio proclamata e consigliata da chi vuole far "consumare" ogni desiderio:

"Non può l'amor cadere così in basso
che non diventi subito amor comune
tale non è l'amore,
ma piuttosto ha dell'amore il nome e la parvenza,
giacché non ama se non ciò che possiede".

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20 Altri concetti oltre il "fin' amor" sgorgano dalla creatività trobadorica e sono la "joi", la "cortezia" la "doussur". Gioia, cortesia, dolcezza una costruzione di un pensiero fondato sulla schermaglia amorosa ma profondamente radicato nella religiosità forse più mistica. Troviamo autori religiosi come San Bernardo nei suoi "Sermoni sul Cantico dei Cantici" e Raimondo Lullo nel "Libro dell'amante e dell'amata" ed altri che con pari terminologia "entrano" nella più profonda dimensione spirituale. Questo legame è comprensibile solo seguendo il pensiero di quei tempi, dove la laicità cerca una sua religiosità ed in questo trova l'aiuto di alcuni mistici illuminati. Anche San Francesco, figlio di quel mondo di corte, sa interpolare un linguaggio d'amore per l'amore infinito che è Dio