Il processo redazionale dei libri biblici

La redazione finale della Bibbia, quella che l'ha resa così come la conosciamo, si è compiuta in epoca esilica e postesilica, anche se qualche avvio importante si può far risalire agli ultimi tempi dell'epoca monarchica.

Approssimativamente si può dire che il periodo decisivo che fa diventare la Bibbia così com'è oggi va dalla metà del secolo VI alla fine del IV o agli inizi del II secolo prima di Cristo.

Al termine di questo periodo i libri si possono già considerare non solo finiti, ma sostanzialmente canonici, cioè sono normativi per la fede e non si possono più cambiare.

Ognuno è stato redatto in modo da avere una sua logica interna e un suo messaggio; le singole parti che lo compongono, anche se molto più antiche, ricevono un senso e una funzione dall'insieme in cui sono incorporate.

Quest'opera di redazione va considerata la produzione di una vera e propria letteratura.

Non si tratta soltanto di mettere per iscritto dei testi al solo scopo di conservarli come in un archivio, ma di costruire veri e propri libri, destinati a durare nel tempo.

Forma e contenuto non sono più funzionali a esigenze del momento, ma intendono costituire un patrimonio di interpretazioni e di cultura, slegato da urgenze immediate e contingenti.

I libri sono ancora finalizzati a nutrire la fede e la vita del popolo di Dio, questo è indubbio, ma non sono più soltanto voci determinate da situazioni immediate del presente.

Le parti che li compongono ebbero un tempo la loro ragion d'essere primariamente nel contesto sociale delle esperienze vissute; ora, senza perdere la memoria di quelle situazioni vitali, acquistano un posto e una funzione nell'opera letteraria in cui sono inserite, e l'impatto sul vissuto viene mediato dall'intenzionale progetto compositivo unitario del libro.

Ci possiamo spiegare con un esempio.

Quando Isaia, nell'anno 734, rivolgeva ad Acaz l'oracolo sulla nascita dell'Emmanuele, le sue parole rispondevano all'esigenza di suggerire al re comportamenti adeguati a quel particolare momento storico.

Quando quegli oracoli prendono posto entro la complessa e ampia struttura del libro di Isaia, che raccoglie testi distribuiti in oltre due secoli di storia, diventano un tassello nel messaggio globale di un libro, non più circoscritto alle condizioni concrete di un'epoca e di un ambiente ( quello degli ebrei di Giuda nell'VIII secolo ) ma aperto a un futuro indeterminato.

Oggi lo studio esegetico si orienta sempre più, come si dirà più avanti, a ricercare il senso globale che i libri biblici hanno acquistato per merito dell'intenzionale e accurata revisione compositiva degli ultimi redattori esilici e postesilici.

Non conosciamo i loro nomi e neppure con esattezza finalità e metodi del loro lavoro, tuttavia possiamo sapere con suffidente sicurezza come avvenne la sistemazione definitiva delle tre parti della Bibbia ebraica: la Torah, i Profeti e gli Scritti.

Il Pentateuco, o Torah, ha ricevuto l'ultima sistemazione per opera di redattori che appartenevano alla classe sociale dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme.

Il loro lavoro però si svolse prevalentemente in territorio babilonese, là dove erano stati esiliati tra il 597 e il 586 a. C. e dove molti di loro erano rimasti, forse proprio per terminare quest'opera, anche dopo che l'impero persiano aveva permesso il ritorno in Giudea.

È molto probabile che già a metà del secolo IV il Pentateuco avesse assunto la forma che ha oggi per opera di questa scuola Sacerdotale.

Una tradizione ebraica, non confermabile criticamente, attribuisce a Esdra la conclusione di questo lavoro e la diffusione ufficiale della Torah.

Tuttavia alcune parti del Pentateuco, ad esempio le norme sulla Pasqua nel racconto dell'Esodo, mostrano le tracce di un'altra mano e di un'altra scuola, che potrebbe aver cominciato i suoi interventi redazionali prima di quella Sacerdotale.

È un gruppo che si ispira alle idee del Deuteronomio e che per questo viene denominato, con termine collettivo, Deuteronomista.

Entrambi i gruppi operarono con intenti teologici: il collegamento e la revisione dei testi avviene sulla scorta di una visione della storia fondata sulla fede nella promessa di Dio, sull'efficacia della sua benedizione, sul valore della Legge, sull'importanza decisiva della fedeltà del popolo all'unico Dio dei padri.

La scuola Deuteronomistica, secondo alcuni studiosi, aveva già cominciato a lavorare verso la fine del periodo monarchico, al tempo del regno di Giosia sul finire del secolo VII, per poi riprendere e rimaneggiare il lavoro durante l'esilio.

Solo molto recentemente si è valorizzato il suo intervento sul Pentateuco, ma già dagli anni '50 del nostro secolo si era dimostrato che andava attribuita ai Deuteronomisti la redazione dei libri che noi chiamiamo storici e gli Ebrei Profeti anteriori, quelli cioè che vanno da Giosuè al secondo libro-dei Re.

Quello dei Deuteronomisti fu essenzialmente un lavoro di redazione: essi operarono cioè su materiali preesistenti, orali e scritti, incorporando in quei libri sia tradizioni isolate sia cicli narrativi già strutturati, servendosi di antichi resoconti di conquista e di liste d'archivio per Giosuè, di epiche saghe di eroi locali per Giudici, di tradizioni su Samuele, sull'Arca e su Saul e di due grandi cicli su Davide per comporre i libri di Samuele; infine utilizzarono resoconti di gesta di profeti insieme a notizie ufficiali di annali di corte per i libri dei Re.

Di proprio vi misero, oltre a un generale piano di sistemazione del materiale, idee teologiche, ispirate al Deuteronomio, la più importante delle quali è la concezione del valore condizionato della promessa: l'idea, cioè, secondo cui il gratuito dono divino della terra era fin dall'inizio condizionato alla fedeltà del popolo all'unico Dio Jhwh.

I Deuteronomisti ristrutturarono tutta la storia proprio per mettere in evidenza che il popolo e i suoi capi avevano tradito sempre più gravemente l'impegno di fedeltà al Dio unico.

Di conseguenza il Deuteronomista può dimostrare che la caduta del regno e la perdita di tutto è conseguenza della colpa del popolo, sordo alla predicazione dei profeti, e non incrina la fedeltà di Dio; può così fondare una speranza di ripresa, a condizione che il popolo riconosca il suo peccato e si converta...

È più difficile dire chi e quando lavorò alla formazione definitiva dei libri dei Profeti posteriori e degli altri Scritti.

La collezione dei Profeti terminò probabilmente intorno al III secolo e anche in essa sembra predominante la revisione redazionale dei Deuteronomisti e limitata a ritocchi marginali quella della tradizione Sacerdotale, senza escludere però il determinante apporto di altri circoli tradizionalmente legati agli ambienti dei profeti.

La sistemazione di questi libri diede loro due caratteristiche impronte.

La prima è la tensione tra giudizio divino di condanna e promesse di salvezza; la seconda, che esplicita la dimensione temporale insita nella prima, crea una tensione tra la perenne inadeguatezza della risposta storica alla volontà divina da parte del popolo e la conseguente attesa di una salvezza ultima e definitiva o, come si usa dire con termine più tecnico, escatologica, che non si attuerà senza una trasformazione radicale della storia.

L'alternanza tra la condanna della storia presente e la promessa di salvezza finale costituisce ora la trama che unifica i libri profetici.

Per gli Scritti la forma definitiva tardò ancor di più a fissarsi, come dimostra il fatto che la Bibbia greca aggiunge a questa sezione libri che non entrano a far parte di quella ebraica.

Per i libri di genere sapienziale è ovvio che i redattori finali vengano dal mondo dei sapienti; per altri, come le Cronache con Esdra e Neemia, si deve invece pensare a circoli sacerdotali più recenti rispetto a quelli che lavorarono sul Pentateuco.

L'idea guida che la redazione impresse alla letteratura sapienziale può essere, semplificando molto, la tensione tra l'impegno della mente umana di conquistare con le sue forze la saggezza e la necessità di implorarla da Dio come dono.

In quasi tutti gli Scritti l'impronta redazionale riflette la tipica spiritualità del giudaismo postesilico, attento al valore della Legge, del culto, della penitenza, della dignitosa diversificazione dal mondo dei pagani.

Tre sono dunque i gruppi o le correnti culturali responsabili, in un lungo periodo di tempo, della redazione finale dei libri biblici: i redattori deuteronomistici, sacerdotali e sapienziali.

Probabilmente erano stati preceduti dall'opera di un altro gruppo, che produsse, secondo molti, un vero e proprio documento letterario, ma, secondo altri studiosi più recenti, soltanto una specie di abbozzo o di orientamento: si tratta della ben nota tradizione jahvista.

Per molto tempo la redazione jahvista del Pentateuco, che molti estendevano fino a parti dei libri di Samuele, fu considerata sicuramente databile addirittura al tempo di Salomone o poco dopo, cioè al secolo X o IX a. C.

Oggi si è molto meno sicuri sia della data sia dell'estensione di questo progetto redazionale: probabilmente quello jahvista è un gruppo accostabile al mondo dei sapienti che ha iniziato ad arricchire di motivi teologici cicli anche ampi di narrazioni nel corso dell'epoca monarchica ( difficile dire da quando ) senza giungere ancora a quella produzione di letteratura in senso proprio che si avrà solo, come abbiamo visto, in epoca esilica.