Mosè

Ci sono elementi per ritenere che la figura di Mosé sia da collocare nel contesto della tradizione dell'Esodo ".

Nel Pentateuco Mosé appare come la personalità-guida in occasione dell'Esodo, presso il Sinai, durante la peregrinazione attraverso il deserto e all'inizio della conquista della Transgiordania.

Ma se è vero che i diversi nuclei del Pentateuco ( tradizione dell'Esodo, del Sinai, del deserto, della conquista di Canaan ) erano originariamente autonomi, che vennero tramandati separatamente da gruppi depositari di tradizioni indipendenti e che furono intrecciati solo in seguito, nel corso del processo della tradizione, se ne deduce che Mosé non poteva essere radicato, in origine, in tutte queste tradizioni.

È molto probabile che nei racconti del Sinai i depositari dell'avvenimento siano stati originariamente gli «anziani» ( Es 24,9.11 ), e che solo in un secondo tempo siano stati introdotti nel racconto personaggi singoli ( Mosé ed Aronne, Nadab e Abiu, Es 24,1.9 ).

Una prova a favore del legame fra Mosé e la tradizione dell'Esodo è data dal suo nome egiziano: Mosé è la forma abbreviata di un nome composto egiziano che presenta la stessa sequenza consonantica ( ms' ) della parola egiziana che significa «figlio», contenuta, per esempio, nei nomi egiziani Tutmosi, Amosi, Ramose e Ramesse.

La stessa tradizione veterotestamentaria indica espressamente la provenienza egiziana del nome Mosé ( Es 2,10 ).

È molto probabile che Mosé appartenesse ad un gruppo di pastori nomadi preisraelitici venuto in contatto con l'Egitto.

Il nome egiziano potrebbe costituire una prova del fatto che Mosé era a servizio degli Egiziani: è fra l'altro documentato da fonti egizie che degli stranieri potevano entrare al loro servizio e ricevere, per conseguenza, un nome egiziano.

Secondo la tradizione egiziana Mosé entrò in contrasto con gli Egiziani e si rifugiò nel paese dei Madianiti, dove sposò la figlia di un sacerdote locale ( Es 2 ).

Anche su simili avvenimenti troviamo dei paralleli in testi egizi, come ad esempio il noto racconto di Sinuhe l'egiziano, che in seguito ad un contrasto col faraone fuggì all'estero, e là si sposò.

La tradizione del legame di sangue fra Mosé e i Madianiti è sicurissimamente antica e storicamente certa: in seguito infatti, quando fra questi e gli Israeliti i rapporti divennero estremamente tesi ( v. per esempio Gdc 6 ), non si sarebbero certo attribuiti vincoli di parentela con i Madianiti ad una figura, come quella di Mosé, cui la tradizione d'Israele attribuisce una così grande importanza.

Nel paese dei Madianiti, secondo la tradizione veterotestamentaria, Mosé ebbe una decisiva rivelazione di Yahweh ( Es 3,1 ss. ): ritornò in Egitto e, nel nome di Yahweh, chiamò gli antenati degli Israeliti, che vivevano in condizioni di servitù, a sottrarsi al dominio degli Egiziani.

Dopo che la fuga compiuta nel nome di Yahweh fu coronata dal successo e Israele fu salvato, presso il mare, dai carri da guerra egiziani, i gruppi seminamadi liberati dall'Egitto divennero adoratori di Yahweh ( Es 14,31 ).

Se Mosé svolse un ruolo decisivo nella trasmissione della fede in Yahweh ai gruppi che erano in Egitto e presero parte all'Esodo, si capisce come nel corso del processo della tradizione, quando cioè le tradizioni originariamente autonome del Pentateuco vennero intrecciate fra loro, la sua figura fosse inserita anche nelle altre tradizioni del Pentateuco, e come gli siano state attribuite le funzioni di guida anche nella tradizione sinaitica e nei materiali tradizionali riguardanti la peregrinazione di Israele nel deserto.

Non è possibile rispondere in modo univoco al problema se i gruppi che avevano preso parte all'Esodo e divennero depositari della tradizione relativa siano da identificare con i gruppi che partecipavano al culto del Sinai ed elaborarono la tradizione corrispondente.

Poiché vi sono indizi che la tradizione dell'Esodo e quella del Sinai erano in origine autonome e furono collegate fra loro solo in un secondo tempo, è facile concludere che depositari della tradizione sinaitica da una parte e di quella dell'Esodo dall'altra furono gruppi fra loro distinti.

Così, è molto probabile che i gruppi che presero parte al culto del Sinai non fossero gli stessi che uscirono dall'Egitto.

Non è da escludere, tuttavia, che i gruppi dell'Esodo abbiano avuto contatti con gli altri gruppi che partecipavano al culto del Sinai e conoscevano la fede in Yahweh, già prima della permanenza in Egitto o dell'Esodo.

È addirittura probabile che già prima dell'Esodo Yahweh non fosse un Dio del tutto sconosciuto ai gruppi dell'Egitto, poiché in caso contrario sarebbe difficile capire come l'uscita dall'Egitto potesse avvenire nel suo nome, e come il salvataggio operato presso il mare fosse sperimentato come un prodigio da lui compiuto.

Non è neppure da escludere che dopo l'Esodo e l'esperienza del salvataggio presso il mare i gruppi dell'Egitto abbiano compiuto un pellegrinaggio al Sinai, dimora di Yahweh, come del resto presuppone la tradizione del Pentateuco.

In tale occasione, inoltre, essi poterono venire in contatto con altri gruppi che non avevano preso parte all'Esodo ma che adoravano Yahweh.

Un incontro tra i diversi gruppi che avrebbero in seguito costituito Israele si ebbe anche, con tutta probabilità, presso il santuario dell'oasi di Cades ( il nome significa «santuario» ), 80 km a sud-ovest di Bersabea, che nelle tradizioni del Pentateuco è documentato più volte come luogo di sosta degli Israeliti nel periodo precedente l'abbandono del nomadismo ( Nm 20,1.14.16.22; Nm 27,14; Nm 33,36 s. ) e come punto di partenza per la conquista della terra promessa da parte dei gruppi che si stanziarono nella Palestina meridionale ( Nm 13,26; Nm 32,8 ).

Poiché alcuni elementi-fanno pensare che il salvataggio presso il mare veniva commemorato in un rito celebrato presso Galgala ( Gs 4,19-24 ), dal momento che questa località appartiene alla cerchia delle tribù di Rachele che in seguito si sarebbero stanziate nella Palestina centrale, è probabile che depositarle della tradizione dell'Esodo siano state le tribù di Rachele, e che gli antenati di queste tribù facessero parte dei gruppi dell'Esodo.

L'evento dell'Esodo e il salvataggio presso il mare divennero fondamentali per la fede d'Israele e per il suo rapporto con Dio: in questo avvenimento gli antenati d'Israele sperimentarono in tutta la sua potenza l'azione salvifica di Yahweh.

Nella dinamica di questa azione si aprivano nuove prospettive per la fede in Yahweh: nel fatto che gli antenati d'Israele avevano sperimentato la vittoria di Yahweh sulla potenza dell'Egitto, e la sua azione di salvezza in un fatto storico, stanno le radici dello stretto rapporto della fede in Yahweh con la storia; nell'esperienza che Yahweh comandava alle forze naturali del mare e se ne serviva, è posto il fondamento della fede nel dominio di Yahweh sulle «forze della natura», un aspetto che divenne importante per il successivo conflitto con la religione di Baal.

In occasione dell'Esodo Yahweh si era posto dalla parte degli schiavi «ebrei»: in seguito, perciò, le leggi che si riferirono alla sfera sociale, e riguardavano il comportamento nei confronti degli stranieri e delle persone giuridicamente inferiori, si fondarono su questa azione salvifica di Yahweh ( per esempio Es 22,9; Dt 5,15 ).

La vicenda dell'Esodo viene ritenuta a tal punto caratteristica dell'agire divino che Israele definì Yahweh, con un'espressione liturgica fissata in formula, come il Dio «che ha tratto fuori ( liberato, salvato ) Israele dall'Egitto».

Nella liberazione dall'Egitto Israele vide l'origine della sua elezione e il principio della sua storia.