La vita d'Israele nella terra di Canaan

Gli elementi della popolazione che abitavano la Palestina prima che Israele vi si stanziasse vengono generalmente indicati, nell'Antico Testamento, col termine «Cananei», talvolta anche come «Amorriti» o «Hittiti».

Questa popolazione continuò ad abitare la regione anche dopo che gli Israeliti vi si furono insediati.

I Cananei occupavano anzi le zone più fertili del paese, come ad esempio la pianura di Izreel, quella di Bet-Sean e parte della pianura costiera, mentre gli Israeliti avevano trovato dove vivere ed abitare soprattutto nelle zone meno fertili o in quelle montuose.

Israele è sempre stato cosciente della propria originalità nei confronti dei Cananei, e tale sua originalità ha cercato di conservare.

Ciò non esclude, tuttavia, che fra gli Israeliti e la popolazione locale si allacciassero molteplici rapporti, e che Israele subisse l'influenza dei Cananei in tutti i settori della vita.

A lungo andare non era possibile, per gli Israeliti, isolarsi e mantenersi completamente separati dai Cananei che abitavano in Palestina: dal punto di vista culturale ed economico Israele dipendeva in larga misura dalla loro collaborazione.

Quanto fosse importante l'elemento cananeo, e quanto fossero estesi i rapporti fra Cananei e Israeliti, emerge già dal fatto che questi ultimi, i quali in origine parlavano un dialetto aramaico, una volta stanziatisi in Palestina adottarono gradualmente la lingua degli abitanti della regione, «la lingua di Canaan».

Fu così che nacque l'ebraico, un dialetto cananeo con venature aramaiche.

Questo fatto prova altresì che la convivenza fra Israeliti e Cananei fu di regola pacifica, improntata a una reciproca tolleranza.

Occasionalmente vennero stipulati veri e propri accordi, come accadde, per esempio, fra i Beniaminiti e le città di Gabaon, Chefira, Beerot e Kiriat-Iearim ( Gs 9 ), o fra la casa di Giuseppe e la città-stato di Sichem: in entrambi i casi la popolazione cananea fu alla fine incorporata nell'unione delle tribù israelitiche ( Sichem compare in Nm 26,31b come clan della tribù di Manasse ).

In cambio del loro impegno a prestare servizi per le città della costa, le tribù di Issacar, Zabulon e Aser poterono inizialmente beneficiare dei vantaggi che offriva loro la fertilità della regione.

La tradizione biblica presuppone del resto che le città-stato cananee, che erano riuscite a conservare a lungo la propria indipendenza nei confronti degli Israeliti, col passare del tempo, quando Israele «divenne potente», finirono per dipenderne.

Fra Israeliti e Cananei non mancarono, naturalmente, ne tensioni ne conflitti: così, per esempio, i Cananei riuscirono a cacciare i Danitì dal territorio in cui questi si erano in origine stanziati, vale a dire la «sefelah» ( zona collinosa ) settentrionale; dall'altro lato gli Israeliti, probabilmente Beniaminiti ed Efraimiti, riuscirono a sconfiggere, nei pressi di Gabaon ( Gs 10 ), una coalizione di città-stato cananee.

In Gdc 9 viene tramandato un episodio che costituisce un tipico esempio del tentativo di sfruttare politicamente la tensione fra gli Israeliti e le città-stato cananee un tempo incorporate nella loro unione.

Presupposto di questo avvenimento è l'incorporazione della città-stato di Sichem nella tribù di Manasse.

Un certo Abimelech, figlio del manassita Ierubbaal e di una sichemita, riuscì a istigare alla ribellione gli abitanti di Sichem, un tempo città-stato, contro il clan di Ierubbaal, che occupava in quel tempo una posizione di preminenza nella tribù di Manasse e aveva quindi il predominio anche su Sichem.

Quando Abimelech, con l'evidente scopo di estendere il suo dominio, trasferì la propria residenza ad Aruma, 10 km a sud-est di Sichem, sorse un contrasto fra lui e i Sichemiti: nel conflitto che ne seguì Abimelech conquistò e distrusse Sichem.

Successivamente, in un tentativo di espugnare la città di Tebez ( 15 km a nord-est di Sichem ) Abimelech perse la vita.

L'insediamento nel Kulturland significò per Israele il passaggio dalla pastorizia all'agricoltura, dall'uso di abitare in tende, tipico delle popolazioni nomadi, a quello di abitare in dimore fisse e in centri abitati e, insieme, l'inizio di una forma sia pur modesta di civiltà.

Da scavi archeologici effettuati a Silo, Betel, Ai, Mizpa, Set-Zur e Debir è risultato che le case degli Israeliti erano costruite con molta meno cura di quelle cananee della tarda età del bronzo.

Le mura delle città, quando esistevano, presentavano scarso spessore e solidità.

La ceramica degli Israeliti era fabbricata con materiale grezzo, e aveva forme assai più rozze di quella finemente lavorata dell'età del bronzo.

La civiltà delle città-stato cananee, che tuttavia rappresenta già un regresso se confrontata con quella dell'età del bronzo, e la loro attività commerciale, appaiono come qualcosa di estraneo agli Israeliti, sebbene proprio in questo campo Israele non potesse sottrarsi, a lungo andare, a influenze cananee.

A differenza di quella cananea, che è di tipo feudale, la struttura sociale degli Israeliti è di tipo patriarcale.

La più piccola unità sociale, la grande famiglia, era sottoposta al capofamiglia, al «padre».

I capi delle grandi famiglie formavano il consiglio degli anziani del clan, che era costituito da più famiglie imparentate fra loro.

Più clan, a loro volta, costituivano la più ampia comunità della tribù, governata da un collegio che riuniva gli anziani dei vari clan.

Agli anziani era pure affidata l'amministrazione della giustizia: il giudizio era emesso in base a principi giuridici formulati «casisticamente», vale a dire secondo lo schema: «Se..., allora...», i quali offrivano una guida atta a risolvere determinati casi giuridici.

Di particolare importanza fu il contrasto fra Israeliti e Cananei sul piano religioso e cultuale, dal momento che la specificità d'Israele era fondata precisamente sul suo particolare rapporto con Yahweh: in funzione di tale rapporto sussisteva o veniva meno l'esistenza d'Israele come popolo di Dio.

Negli scavi effettuati a Ras Samrah, l'antica Ugarit, sulla costa settentrionale della Siria, sono venuti alla luce, a partire dal 1930, testi di carattere religioso e mitologico risalenti al XIV secolo a.C., scritti in caratteri cuneiformi su tavole di terracotta: la loro scoperta ci consente di avere un quadro abbastanza preciso della religione e del culto dei Cananei.

La divinità suprema del pantheon cananeo era il dio El, chiamato «re» e padre degli dei e degli uomini.

Un ruolo più importante svolgeva però il dio del cielo Baal, detto «cavaliere delle nuvole», che aveva assunto alcuni tratti del dio della tempesta Hadad e veniva perciò venerato come dispensatore della pioggia e dio della vegetazione.

Secondo il mito ugaritico, nella stagione secca Baal viene ucciso dai suoi nemici Iamm e Mot, personificazioni mitiche del mare e della morte, e trattenuto nel mondo sotterraneo, così che ogni vegetazione muore.

All'inizio della stagione delle piogge Baal viene ridestato a nuova vita grazie all'aiuto della sorella e sposa Anat, e liberato dal regno dei morti, così che la vegetazione rifiorisce.

In questo mito la coltivazione dei campi viene interpretata come un miracolo simpatetico che viene in soccorso a Baal.

Le tre principali divinità femminili, Asera ( sposa del dio El ), Anat ( sorella e sposa di Baal ) e Astarte, non sono nettamente distinte nelle loro funzioni: in esse si trovano riuniti i tratti delle dee della maternità, della vegetazione, della fertilità, dell'amore e della guerra.

Nei loro santuari svolge un ruolo essenziale la prostituzione sacra: tale rito deve realizzare l'unione del dio del cielo Baal con la dea della fertilità, l'unione del cielo e della terra, per garantire in tal modo la fertilità di uomini e animali e produrre una ricca vegetazione.

Che i culti della vegetazione di Baal e della dea-madre rappresentassero un costante pericolo per Israele, e che l'esclusività della venerazione di Yahweh si imponesse solo gradualmente, è lo stesso Antico Testamento a dircelo.

Così, per esempio, un episodio della storia di Gedeone ( Gdc 6,25-32 ) presuppone che il culto di Baal-Astarte avesse preso piede, illegittimamente, in alcune località d'Israele.

Alle stesse conclusioni consentono di pervenire nomi propri israelitici contenenti il termine baal ( Ierub-Baal, Meri-Baal, Is-Baal ).

In scavi effettuati in insediamenti israelitici sono venute alla luce numerose figurine in terracotta della dea-madre, usate come amuleti.

Numerosi divieti del diritto apodittico intendono preservare la fede d'Israele dai culti stranieri dei Cananei: così il divieto di cuocere un capretto nel latte della madre è inteso ad impedire un rito magico cananeo col latte; il divieto di consumare carne suina risale al fatto che il sacrificio del cinghiale selvatico era parte integrante del culto di Adonis.

Un rifiuto tassativo incontrò soprattutto, nella legge di Israele, il culto di Baal-Astarte e la prostituzione sacra ad esso collegata, che era sentita come «abominio» ( Es 23,19; Lv 11,7; Dt 14,8; Lv 19,29; Dt 23,18-19 ).

Fu soprattutto attraverso il confronto con la religione di Canaan che la fede in Yahweh si venne plasmando nella sua specifica individualità, e Israele giunse alla chiara coscienza che Yahweh, il quale finora aveva dato prove della sua potenza soprattutto nell'ambito della storia, è il datore di tutto ciò che si sperava da Baal: pioggia, fertilità, vegetazione fiorente.

Sul piano cultuale, accanto ad alcune differenze e opposizioni, vanno anche notate certe caratteristiche comuni.

Il sacrificio israelitico corrisponde per molti aspetti a ciò che noi conosciamo dell'ambiente in cui Israele è inserito.

Gli Israeliti, inoltre, presero possesso di antichi santuari cananei, come Betel, Bersabea, Ebron, Sichem, Galgala, e adottarono il calendario delle feste della tradizione del Kulturland.

Tuttavia ebbe luogo una caratteristica reinterpretazione del significato di tali feste: queste, che per loro natura erano feste agricole, vennero «storicizzate» e collegate con le grandi date della storia sacra d'Israele, in particolare con l'evento dell'Esodo.

L'epoca della conquista di Canaan è caratterizzata, dal punto di vista della storia delle civiltà, dal passaggio dalla tarda età del bronzo all'età del ferro, che a sua volta si divide in due periodi: prima età del ferro ( dall'abbandono del nomadismo alla separazione degli stati, dal 1200 al 900 circa ) e seconda età del ferro ( dalla separazione degli stati fino all'esilio, dal 900 al 600 ).

I primi a lavorare e utilizzare il ferro furono gli Hittiti.

I Filistei portarono l'arte della lavorazione del ferro in Palestina, dove per parecchio tempo conservarono il monopolio in questo campo ( 1 Sam 13,19-22 ).