Ruolo degli Zeloti nella rivolta del 66 d.C.

La rivolta scoppiò nel settembre del 66. Menahem, figlio di Giuda il Galileo, sterminò un reparto romano a Gerusalemme e cominciò a comportarsi da "tiranno insopportabile" tanto che fu assassinato in breve tempo dalla folla inferocita.

Intanto un altro parente di Giuda, tale Eleazar figlio di Giairo, occupava la fortezza di Masada, quella che cadrà per ultima alla fine della guerra

Nel frattempo tutta la regione fu attraversata da rivolte contro i Giudei che a loro volta risposero mettendo a ferro e fuoco diverse città: i Romani non potevano più rimanere a guardare e verso la Galilea mossero allora tutta la XII legione dalla Siria.

Successivamente il generale romano Cestio provò anche ad attaccare Gerusalemme ma non ebbe il coraggio di portare a termine l'impresa, tanto che alla fine dovette ritirarsi.

Fu allora che: "Dopo la disfatta di Cestio molti dei Giudei più in vista abbandonarono la città, come una nave che sta colando a picco".

A inizio guerra, Giuseppe Flavio fu eletto capo delle due Galilee e del territorio di Gamala.

Fu in questa occasione che cominciò a scontrarsi con un figlio di Levi, Giovanni di Giscala.

Per quest'uomo Giuseppe non spreca buone parole, anzi dall'inizio alla fine dei suoi racconti lo dipinge con affermazioni di puro disprezzo.

Dalla povertà, Giovanni passa per un banditismo solitario fino a diventare capo di una banda che saccheggiava l'intera Galilea, soprattutto "a spese dei grossi contribuenti" fino alla notorietà finale.

Quello che Giovanni sembra indovinare anzitempo su Giuseppe è la sua propensione a tradire i Giudei per passare dalla parte dei Romani.

L'inimicizia tra i due palesa effettivamente l'incapacità dei Giudei di far fronte comune contro la minaccia romana che di lì a poco si sarebbe abbattuta sulla zona.

Mentre accadevano questi fatti, Simone figlio di Ghiora radunava nell'Idumea un suo manipolo di rivoluzionari con cui depredava le case dei ricchi e faceva alleanza con quelli che si erano rifugiati a Masada.

Le diatribe e l'incapacità di unirsi nella ribellione anti-romana si manifestano con particolare ferocia all'interno della stessa Gerusalemme, dove gli Idumei di Simone si scagliano prima contro la popolazione poi contro gli Zeloti capeggiati da Giovanni di Giscala.

Per questi ultimi i nemici principali rimanevano comunque gli appartenenti alle classi benestanti:

"Le loro vittime erano specialmente i coraggiosi e i nobili, che venivano colpiti gli uni per invidia gli altri per paura; reputavano infatti che l'unica loro salvezza fosse riposta nell'eliminazione di tutti i personaggi di rilievo".

D'altro canto, nel momento in cui gli Zeloti presero il sopravvento e decisero per la difesa ad oltranza della città, la fuga da questa potevano permetterselo solo i più ricchi che corrompevano le sentinelle poste a guardia delle vie di fuga "sicché i traditori erano solo quelli che non potevano pagare, con la conseguenza che ad essere uccisi erano solo i poveri mentre i ricchi si compravano il lasciapassare".

Tra gli Zeloti poi "si distingueva per disegni delittuosi e per la temerità il gruppo dei Galilei; erano stati infatti costoro a portare al potere Giovanni, ed egli li ricompensava del predominio che gli avevano procurato concedendo a ciascuno di fare ciò che voleva".

Dei "Galilei" Giuseppe non risparmia una descrizione che rasenta l'infamia:

"Con un insaziabile desiderio di preda frugavano le case dei ricchi, uccidevano gli uomini e stupravano le donne come fosse un gioco; poi col bottino lordo di sangue gozzovigliavano e infine, sazi, si abbandonavano senza ritegno all'effeminatezza acconciandosi i capelli, indossando abiti da donna, cospargendosi di profumi e dandosi il bistro agli occhi per farsi più belli.

E le donne non le imitavano soltanto nel modo di agghindarsi, ma anche nelle pratiche amorose, ideando con frenetica dissolutezza infami amplessi, rotolandosi nella città come in un bordello, dopo averla tutta insozzata con le loro nefandezze.

Ma se avevano visi di donna, le loro erano mani d'assassini: mentre procedevano con molle andatura all'improvviso si trasformavano in audaci uomini d'arme, ed estraendo le spade da sotto alle vesti dai colori sgargianti trafiggevano chiunque capitava".

Come si legge, i rappresentanti della nobiltà erano continuamente vittime: "infatti con una falsa accusa di diserzione venivano messi a morte perché le loro sostanze facevano gola".

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