Una difficoltà nel Vangelo secondo Giovanni è mettere insieme il suo insegnamento che Gesù è, in qualche senso, uguale a Dio ( Gv 1,1,18; Gv 5,16-18; Gv 10,30; Gv 20,28 ) con l'insegnamento che Gesù ubbidisce al Padre e dipende da lui ( Gv 4,34; Gv 5,19-30; Gv 8,29 ).
Noi possiamo tralasciare una metà per sottolineare l'altra.
Invece, dobbiamo guardare il contesto attentamente per capire il senso preciso di ognuna di queste affermazioni.
Così anche in questo versetto, non possiamo dichiarare di sapere, dalla semplice affermazione, "Il Padre è maggiore di me", quello che vuol dire, perché ci sono molti modi in cui il Padre potrebbe essere maggiore di Gesù.
Dobbiamo esaminare bene il contesto dell'affermazione per capire quello che Gesù diceva, e quindi in quale modo è maggiore.
La parola chiave nel contesto è "perché".
Il fatto che il Padre è maggiore di Gesù è il motivo di qualcosa, e dobbiamo capire quale sia quella cosa.
Grammaticalmente, può essere il motivo per cui Gesù va al Padre, oppure per cui i discepoli devono rallegrarsi che va al Padre.
Anche se tutti e due sono possibili, il secondo dà più senso al discorso di Gesù.
Cioè, se i discepoli veramente amassero Gesù, sarebbero contenti del suo ritorno al Padre, perché è un ritorno al posto "naturale" di Gesù, alla gloria che aveva presso il Padre da prima della creazione ( Gv 17,5 ).
Questo posto era migliore dello stato di Gesù a quel tempo, quando era un uomo.
In altre parole, il Padre nella sua eterna gloria era maggiore di Gesù nel suo stato incarnato.
Un'interpretazione alternativa dice che il motivo per cui i discepoli dovevano rallegrarsi era che Gesù ritornava a colui che l'ha mandato, che era maggiore nella sua autorità.
Cioè, il Padre era maggior di Gesù nella sua funzione o nel suo compito, ma non nella sua natura.
Per quanto riguardo l'autorità, il Presidente della Repubblica è più grande di me, e un padre è maggior di suo figlio, ma non per questo io sono meno umano del Presidente né un figlio meno umano del proprio padre.
Nello stesso modo, Gesù è subordinato nella sua funzione al Padre ( una sottomissione volontaria, non a causa della sua natura inferiore ) senza essere inferiore a lui nella sua essenza o natura.