I nostri modelli nell'amore a Gesù Crocifisso

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Scegliamo per primo a nostro modello nell'amore a Gesù Crocifisso un Fratello delle Scuole Cristiane, morto, dieci anni or sono, in concetto di Santità.

Fr. Miguel delle Scuole Cristiane nel 10° Anniversario della sua morte ( 9 febbraio 1910 ).

Francesco Luigi Fiorenzo Febres Corderò nacque, a Cuenca ( Equatoriale ) il 7 nov. 1854 da Francesco Febres Corderò, figlio del generale Leon, uno dei fondatori della Repubblica dell'Equatore e da Anna Murioz.

Vinte le opposizioni del padre, fu il primo equatoriano a entrare nell'Istit dei Fratelli delle Scuole Cristiane, vestendo il santo abito il 24 marzo 1868 e assumendo il nome di F. Miguel.

Insegnò a Quito, fu direttore dei Novizi e poi dell'importante casa di educazione della Sacra Famiglia.

Per i suoi meriti letterari, il 2 agosto 1892 fu eletto membro dell'Accademia della Repubblica dell'Equatore e Socio corrispondente dell'Accademia Reale di Madrid.

I superiori lo vollero nel 1904 alla Casa Madre nel Belgio, per la redazione delle opere scolastiche in lingua spagnola.

Trascorse gli ultimi anni della sua esistenza nella Spagna, dove ebbe non poco a soffrire per gli avvenimenti del luglio 1909.

Morì santamente a Premia de Mar, il 9 febbraio 1910.

Di questo eminente religioso ci piace ricordare la costante e profonda divozione alla Passione di Nostro Signore.

Se in lui le aspirazioni dell'educatore cristiano si volgono di preferenza a Gesù Bambino e a Gesù Adolescente, quelle del religioso si dirigono a Gesù Crocifisso.

« La sola risoluzione che io prendo, scrive nel 1878, è quella di aver costantemente dinanzi, agli occhi dell'anima, durante gli esercizi spirituali della giornata, in tutte le mie azioni, nei miei pensieri, nelle tentazioni, nelle gioie, la immagine del mio Amore supremo, crocifisso per mio amore. »

Possiamo asserire che questa risoluzione fu veramente vitale per il buon F. Miguel.

Dor innanzi, con crescente perfezione, l'amore a Gesù crocifisso trasformerà e trasfigurerà la vita del fervente religioso.

Sarà compreso della grande verità che il Salvatore ci amò fino all'estremo col sacrificio, con l'abnegazione e con le sofferenze che lo condussero alla morte.

Al Redentore renderà amore per amore e, con aspre espiazioni, anche sangue per sangue.

Nelle sue note si segue, per così dire, i progressi del suo amore per la Croce.

« Voi, mio- Signore e mio Dio, avete accettato una morte crudelissima e l'avete realmente subita per i miei peccati ed io, peccatore e debitore, che ho fatto e che cosa faccio per voi?

Soddisferete voi a tutto, e io non prenderò parte alla vostra Passione? » ( agosto 1882 ).

« La considerazione di Gesù Crocifisso non solo deve indurmi a sopportare le sofferenze e le miserie della vita, ma a farmele gustare con vera e intima soddisfazione » ( settembre 1885 ).

« Beati quelli che intendono il prezzo mirabile della croce e la riconoscono come un dono che Iddio fa ai migliori suoi amici.

Noi rifuggiamo dalla croce, perché non amiamo Nostro Signore Gesù Cristo … non facciamo nulla, eppure crediamo di fare molto … » ( luglio 1905 ).

« Evviva la Croce! noi non possiamo alleggerire di essa le nostre spalle, se non facendola passare nel nostro cuore …

Un giorno trascorso nel dolore con Gesù, non vale forse un anno speso in altri esercizi di virtù? ».

La sua esistenza era davvero crocifissa con Gesù.

Infermità abituali, fatiche, pene morali e tentazioni, mortificazioni e macerazioni … tutto lo faceva approfondire nella scienza sperimentale della Croce e l'induceva a una confidenza illimitata in Gesù Crocifisso.

Scrive: « Debbo, una buona volta, chiudere gli occhi a tutto, e darmi alla più assoluta confidenza.

Nostro Signore sembra dirmi: Non ti affiderai tu alla mia Sapienza e alla mia Provvidenza, all'amore e alla tenerezza che io ho per tè? ».

E soggiunge coi Santi: « Come è terribile cadere nelle mani del Dio vivente, ma quanto è consolante stringersi tra le braccia di un Dio, che muore per noi ».

Il ricordo delle umiliazioni sofferte da Gesù nella sua Passione lo spingeva a umiliarsi continuamente.

« Quando il F. Miguel faceva la Via Grucis - scrisse un suo Confratello - dimostrava una compunzione e una tenerezza d'affetto che commoveva.

A ogni stazione baciava la terra con grande pietà e umiltà. »

Durante il ringraziamento della Comunione, teneva il Crocifisso tra le mani, lo contemplala, lo baciava e versava lacrime cocentissime.

Le piaghe del Signore parlavano a quell'anima innamorata, che si struggeva sempre più nell'amore del suo Dio.

Questo amico di Gesù Crocifisso aveva cosi grande autorità da poter dire ai giovani membri della Congregazione del S. Cuore: « Noi facciamo venti volte il giorno il segno della Croce e non vorremmo soffrir nulla?

Un segno di Croce fatto con divozione, è una tacita domanda rivolta a Dio di conformare la nostra vita a quella del Redentore sofferente ».

E li animava a moltiplicare i loro piccoli sacrifici e unirsi sempre più alle sofferenze di Nostro Signore.

Oh, davvero non si trova « in cielo e in terra altra via più sicura, della via della santa Croce »! ( Imitaz. di Gesù Cristo, II,12 ).

Il Padre "Lodovico da Casoria.

Il celebre Padre Lodovico da Casoria, tanto benemerito per le sue opere pubbliche di carità, era molto divoto del SS.mo Crocifisso e, come il suo gran Padre San Francesco, si sforzò in tutta la sua vita di ritrarre in se stesso l'immagine di Gesù sofferente.

A tale scopo volle edificato un facsimile del Calvario nella Casa principale dell'Istituto da Lui fondato, per avere sovente sotto gli occhi la memoria dei patimenti del Divin Redentore e conformare a questi la propria vita.

Gesù benedetto assecondò i desideri del pio suo servo e lo associò ai dolori della Passione, permettendo che una terribile malattia, ribelle a ogni cura, lo tenesse inchiodato sopra un letto di spasimi per mesi e mesi continui.

È bello e sommamente edificante leggere gl'insegnamenti che il caro Padre dava ai suoi familiari intorno al patire per amore di Gesù Crocifisso.

« Leggere » diceva « la meditazione della Passione di Gesù è una bella cosa, è un paradiso per la mente e per il cuore; ma quando poi si realizza nel corpo, allora … oh, allora … è l'allegrezza vera!

Allora sto bene …! In certe ore, la notte, non posso nominare neppure Gesù: il mio canto è il canto dei lamenti … ».

« La prova vera della fede è il patire: il patire è il reale della fede.

Senza fede il patire si aborre: nella fede il patire è verità.

Come sono belle queste parole di S. Paolo : La passione di Cristo la porto nel mio corpo!

Ho avuto tante consolazioni: sono stato in Africa, in Palestina … ho avuto tante soddisfazioni, tutte per la gloria di Dio, ma sono sempre soddisfazioni.

Ora il Signore vuole questo sacrificio … Da due mesi non esco, io, abituato a correre tanto; e sono contento.

Ho scoperto con l'esperienza un'altra cosa: Chi si uniforma alla volontà di Dio, accetta, si distacca, e il Signore gli concede le grazie …

Questi dolori, oh, come purgano la mente, il cuore, l'anima!

Quando andai nell'Africa, partii col desiderio e la volontà decisa del martirio.

Il Signore non volle; ed ora m'ha mandato questo martirio di dolori … ».

E veramente la sua malattia in alcuni giorni gli dava dolori tanto forti che nelle bocche di tutti coloro che gli stavano attorno, correvano spontaneamente queste parole: Signore, perché? Oh, che martirio! Oh, che martirio è codesto!

In altra occasione il Padre Lodovico diceva ad alcuni amici: « La sofferenza mi distacca da tutto, dalle opere anche sante, dalla terra e da me stesso.

La sofferenza mi tiene unito con Dio: se io, per esempio, dovessi morire stanotte, sarei disposto e staccato da tutto! ».

E parlando di quelli che aspettano sempre miracoli e grazie di guarigione per non patire, diceva: « La fede non sempre opera il miracolo.

Alle volte si può avere la fede del miracolo, eppure Iddio non lo vuole: farà invece un altra grazia.

Oh bella questa! Deve Iddio per forza fare il miracolo?

Allora tutti ci armeremmo di fede per avere miracoli.

Ma ditemi un poco: qual miracolo fece Iddio Padre, durante la vita mortale del Figliul suo, riguardo al patire? Niente, niente!

Dovette penare, essere crocifisso, morire di dolore senza scampo; e noi, poi, vogliamo miracoli per non patire?

E chi deve allora patire? Solamente Gesù Cristo?

Lo, per me, se dovessi scegliere fra il miracolo di guarire o di dover patire, sceglierei sempre il patire: il miracolo sarebbe per me una mortificazione.

Qual cosa mi darebbe più onore? il miracolo o il patire? Certo il patire, perché ci assomiglia a Gesù.

Quanto a me, non desidero vie straordinarie; voglio camminare per la via ordinaria del patire; via di Gesù Cristo, via larga e sicura …

Questa è la mia scienza; io non ne veggo altra.

Questo è tutto: patire e Gesù Crocifisso.

Del resto … Gesù è dolce e sa consolarci nelle sofferenze! … ».

Tali erano i sentimenti di Padre Lodovico da Casoria, di quel santo Frate francescano che volle, prima di spirare, gli si recasse in cella una gran Croce, per morire abbracciato a Gesù Crocifisso, nella speranza di risorgere poi con Lui nella gloria immortale del Paradiso.

( Dalla Vita di Lui, scritta dal Cardinale Capecelatro ).