Il Crocifisso e la S. Messa

B89-A4

« Sine sanguinis effusione non fit remissio ».

È la legge inderogabile della giustizia divina, per cui la colpa deve avere espiazione di sangue e di morte.

L'annichilimento di una povera creatura, come siamo noi, nella sofferenza e nella morte quale valore può avere dinanzi a Dio?

Siamo sempre dei colpevoli e degli ingrati.

Ci volle il sangue di un Dio sparso sulla croce per lavare le colpe dell'umanità: ecco perché la croce il segno del cristiano, ecco perché vediamo alzarsi grande e maestosa la croce nelle nostre chiese.

È il Crocifisso che continua la sua opera di purificazione e di redenzione in mezzo all'umanità non solo in modo simbolico, ma vivo e reale nella santa Messa.

Il Sacerdote vestito dei sacri paramenti è il Signore che sale al Calvario, porta !a Croce segnata sulle spalle, il corpo ravvolto nel bianco camice che per irrisione Erode fece gettare sulle membra divine del Redentore, i fianchi legati dal cordone; si presenta all'altare per offrire la vittima divina sotto i mistici veli delle sacre specie.

E il Signore muore misticamente sull'altare migliaia di volte al giorno, quante volte cioè i Sacerdoti sparsi nel mondo offrono la vittima divina simboleggiandone la morte nella separazione del Corpo dal Sangue e nelle frazioni dell'Ostia.

La S. Messa, rinnovando e continuando il Sacrificio della Croce diventa l'atto di religione più santo e più gradito a Dio: perché con essa onoriamo Dio per mezzo del suo stesso Figliolo e ripariamo alle nostre colpe offrendogli il suo sangue divino.

Così il Crocifisso continua sui nostri altari l'opera di Redenzione iniziata sul Calvario.

Uno dei metodi adunque più indicati per assistere alla S. Messa è quello di unirci a Gesù Crocifisso e meditarne i patimenti che si rinnovano misticamente sull'altare.

Ai piedi dell'altare confessiamo col Sacerdote le nostre colpe per diventare degni di accostarci all'altare del Signore, al mistico Calvario, portando noi pure la nostra croce, non di mala voglia come l'angariato Cireneo dovette fare, ma con rassegnazione, riconoscendo la nostra dipendenza da Dio; contempliamolo innalzato tra cielo e terra nel momento dell'elevazione, ostia propiziatrice ed unico mediatore fra Dio e l'umanità e preghiamolo che ci attragga a sé, come promise di fare quando sarebbe stato innalzato in croce.

Accogliamolo in cuor nostro nella Comunione, non come in una tomba, ma in un tempio vivente.

La S. Messa non è soltanto la commemorazione dell'atto più importante compiutosi da l'umanità, ma è l'omaggio, il tributo che noi creature dobbiamo a Dio, perché da Lui dipende la nostra esistenza e la nostra vita.

Ed è un omaggio che Gli rendiamo in unione a Cristo Crocifisso.

Nell'annichilimento del Cristo Redentore dinanzi alla sacra maestà del Padre, dobbiamo vedere e concretare l'annullamento della nostra volontà di peccato, della nostra ribellione a Dio: non la distruzione di noi stessi, perché il nostro essere è opera di Dio, ma della peccaminosa nostra volontà del male.

La Messa da atto di culto, omaggio reso a Dio, diventa una religione, un ordine di idee, un criterio di dipendenza della nostra attività dalla volontà di Dio; che il Cristianesimo concreta nella rinunzia alle nostre passioni, alla crocifissione della nostra volontà, all'offerta di noi stessi sull'altare, insieme coll'Ostia santa, per diventare offerta pura e accettevole agli occhi di Dio, strumento nelle mani della Divina Provvidenza, per compiere l'opera di Dio.

La Messa non è soltanto preghiera, questa non è che una parte secondaria; la Messa è l'offerta di una volontà, quella di Gesù Cristo, a cui si unisce l'offerta della nostra affinché la santifichi e la renda pura.

È una fede.