Casa di Carità Arti e Mestieri |
B105-A7
Scuola festiva e serale
La Casa di Carità è in lutto. Uno dei suoi migliori insegnanti l'ha lasciata, chiamato da Dio al premio celeste.
Non Io vedremo più fra noi, al pomeriggio della domenica con la tranquillità e la perseveranza che gli erano proprie.
Non lo vedranno più i suoi allievi della seconda professionale che lo hanno avuto per ultimi, sedersi fra loro, al fianco di ciascuno, per correggerne e spiegarne il disegno con pazienza, con pacatezza e sempre efficacissimo.
Insegnante, con uno spirito di sacrificio non comune, vedeva negli allievi altrettanti fratelli o figliuoli da istruire, da cui sapeva ottenere il massimo rendimento col suo metodo fatto di paterna bontà e di calmi ragionamenti; certo tutti i suoi numerosi allievi lo ricorderanno sempre con simpatia.
È stato di grande aiuto alla Scuola sempre, ma in tempi difficili ha saputo curare l'insegnamento del disegno, nello stesso anno scolastico, in due classi serali ed in due festive, per cui passava alla Casa di Carità, tre o quattro sere per settimana e quasi tutta la domenica.
Ricordava i primi anni della Casa di Carità, quando, allievo anche lui, veniva a cercare nelle aule della Scuola Professionale, quelle nozioni che gli erano necessarie per il miglioramento delle sue condizioni, e per un sempre maggior decoro della sua famiglia, di cui era il capo affezionatissimo ed amato.
Seppe far tesoro dello studio, riuscendo brillantemente, e fu tra i primi allievi che, terminato il quinquennio alla Casa di Carità, vollero perfezionarsi e trasformarsi in apostoli, per dare anche ad altri il bene ricevuto.
Voleva che, iniziando le lezioni, si pregasse con raccoglimento per fare dell'insegnamento un'offerta a Dio, di cui ricordava le parole: « … quello che avrete fatto ad uno di questi piccoli, lo avrete fatto a me … ».
Oltre tre quinquenni è durata la sua fatica di insegnante ed avrebbe certamente continuato se Iddio non avesse altrimenti disposto.
Ebbe da sostenere prove durissime.
Sinistrato l'estate scorsa perdette alloggio e mobilio.
In un successivo bombardamento venne sbalzato al di là di un muro di oltre tre metri di altezza.
Infine, nel bombardamento del 1° Dicembre, rimase con altri 120 compagni di lavoro, ben 33 ore quasi sepolto in un rifugio della Fiat Lingotto.
In tale occasione il nostro Giuliano manifestò la profonda sua fede calmando, consigliando e infondendo fiducia nei suoi compagni.
Si fece promotore di preghiere, le sole che potevano giovare in quei tragici momenti.
« Tutti pregavano - ci confermò dopo diversi giorni - anche quelli che ordinariamente non pregano, ma che purtroppo, bestemmiano ».
Era valso il suo esempio a portare in quell'ora disperata la speranza dell'aiuto di Dio.
E l'aiuto venne. Fu finalmente possibile comunicare con l'esterno per mezzo di uno sfiatatoio, da cui furono fatti passare i primi soccorsi, calmando così l'apprensione delle famiglie che, piangendo, attendevano.
Giuliano fu salvo in quel giorno; ma la scossa fu tale che non solo gli procurò la sordità, ma non gli concesse più riposo e, dopo sofferenze e sconcertamenti, lo trasse a morte il 13 Gennaio lasciando nel pianto la moglie ed una figliuola.
Mentre chiniamo il capo alla volontà di Dio che ha disposto di lui non secondo le nostre aspettative, invochiamoLo affinché si affretti a concedergli la gloria eterna per il bene compiuto, e dal Cielo, Giuliano non potrà certo dimenticare la Casa di Carità.