L'eredità di fra Leopoldo

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Nell'intento di far cosa gradita ai nostri lettori, abbiamo invitato il nostro collaboratore, G. Gaetano di Sales, a scrivere per il Bollettino i concetti espressi nella commemorazione da lui tenuta nel teatro C. O.R. di via san Francesco da Paola 42, domenica 2 maggio, in occasione della traslazione delle spoglie mortali di Fra Leopoldo.

Ogni libro, che in tutto o in parte esprima per il genere umano o per un popolo una necessità di ricreazione spirituale, intellettuale o politica, è destinato a vivere, movendo ed animando ad uno ad uno, a nuclei, a masse coloro per i quali l'enunciazione di quella necessità colma una lacuna, additando con lineamenti precisi un orientamento.

« Fra Leopoldo » di fratel Teodoreto rappresenta per me un libro necessario, una di cedeste necessità, ma tanto importante ed essenziale da dare base e corpo definito e definitivo ad aspirazioni già da me vagheggiate, ma non del tutto chiare nei mezzi di attuazione.

Ecco perché mi sono buttato a capofitto nella nobile impresa enunciata in quel libro; quantunque io sia l'ultimo arrivato, mi pare di avere qualcosa da dire, non di nuovo come concetto e fatto, ma di nuovo come espressione di quel concetto e di quel fatto: cosa naturale a chi, per vocazione, si è fatto studio di tradurre in espressione il sentimento o il pensiero altrui.

Altro non sono dunque che un intento interprete, un semplice portavoce.

E vorrei essere tromba, perché mi odano di lontano, tanto alto mi pare - ed effettivamente è - l'ammonimento.

La caratteristica della vita

Come già ebbi modo di osservare nel mio studio « suor Caterina », la vita di ogni uomo rivela una caratteristica sua propria, inconfondibile con qualunque altra.

Tale fatto caratteristico, che si può compiere anche con un solo attimo di tutta la nostra vita, dà di essa la ragione d'essere, esprime la sua necessità d'impulso - sia pure infinitesimale, ma indispensabile - al cammino dell'umanità.

Chi di noi può scorgere quell'attimo di tutte le vite umane? Nessuno.

All'infuori dell'intelligenza perfetta: Dio.

Tuttavia noi possiamo avvertire qualche bagliore di alcune di esse, di quelle vite cioè che per la loro eccellenza s'impongono alla nostra attenzione: particolarmente le vite dei santi, eroi della bontà; che commuove tutti.

Se fra Leopoldo è santo, lo affermerà la Chiesa.

Noi intanto possiamo dire ciò che vediamo, quello che sentiamo d'una vita, che nonostante il nascondimento e l'ombra, è entrata di per se stessa nella luce così che molti sguardi le sono sopra.

Diventino quei molti tutti gli sguardi del mondo, perché il nome del Signore sia una volta di più benedetto!

La caratteristica, per cui la vita di fra Leopoldo si è resa necessaria all'umanità, è la Carità, è l'Amore a Gesù Crocifisso, in una preghiera: la devozione a Gesù Crocifisso; ed in un'azione, conseguenza di quell'amore e di quella preghiera: la Casa di Carità.

La casa, qui, ha valore collettivo: significa le case.

Le quali dovranno essere tante quanti i nuclei operai sono estesi nel mondo.

La Croce non conosce limiti né confini, il suo tronco orizzontale apre le braccia a stringere in un amplesso d'amore il mondo, che le deve rispondere amore, come a raggio di sole risponde raggio rifratto d'ogni minimo corpo sidereo della via lattea.

Il suo tronco verticale è proiezione che congiunge la terra al cielo, sicché passando per quel ponte di ferite, di sangue, di morte, l'umanità s'indii nella vita: dall'apparente all'ente, dall'effimero all'eterno, dal finito all'infinito.

Fra Leopoldo è ebbro della Croce e ce ne vuole inebriare, tutti, i più vicini e i più lontani, su tutte le latitudini della terra, con visione ispiratamente profetica e di respiro amplissimo, universale.

Cuoco di spirituale vivanda

In quale occupazione vive fra Leopoldo, da quale ambiente s'innalza quel colloquio, prorompe quel grido, che echeggerà nel mondo?

Dal vano d'una cucina di convento.

Fra Leopoldo è un cuoco: frate sì, ma laico, ai margini della comunità francescana.

Membro di cornice: umile tra gli umili.

Ma per parlare a Dio non occorre la forma apparente, ma il fatto vissuto d'un annientamento totale dinanzi alla maestà del pensiero ed all'infinita bontà di Dio.

Quel « profondamente prostrato », ripetuto cinque volte nella devozione, dice all'evidenza l'annientamento totale, il senso annullato di sé.

E come Gesù è l'alimento nostro, non disdice, anzi è quanto mai proprio che fra Leopoldo sia cuoco, colui che ammannisce non soltanto cibi temporali, ma anche, e sopra tutto, spirituale vivanda.

Le verità dell'invisibile, per essere, più visivamente, più comprensibilmente descritte, hanno bisogno di immagini del nostro mondo finito, che sono similitudini.

Qui la verità spirituale e la similitudine temporale sono uno, sono la stessa persona.

Cuoco di cose spirituali e nel tempo stesso cuoco di cose temporali.

Come negli Apostoli, i quali furono al tempo stesso pescatori di anime e pescatori di pesci.

La similitudine è identità nella stessa persona.

Quella spirituale vivanda è la preghiera in cui culminano i colloqui di fra Leopoldo, è il capolavoro della sua esistenza terrena: è la devozione a Gesù Crocifisso.

La quale è cuore, è pompa circolatoria di sangue, cioè di vita per il cielo.

La trasmigrazione della Devozione

Il P. Francesco Maccono O.F.M., nella prefazione al libro « fra Leopoldo » di fratel Teodoreto, si pone la domanda come mai una preghiera rispecchiante così profonda la necessità di questo nostro mondo attuale, non sia stata affidata per la diffusione all'ordine francescano, ma a quello lasalliano.

Non trovando risposta, s'inchina umilmente - da buon figlio di san Francesco - ai voleri della Provvidenza.

Qui siamo in campo puramente intuitivo.

Chi può presumere di capire l'ordine dei disegni provvidenziali?

È sempre però lecita un'interpretazione, la quale non vuoi essere soluzione alla domanda posta dal P. Maccono, bensì, e soltanto, ricerca di un esito salutare.

E l'interpretazione può essere questa: la trasmigrazione della devozione dall'ordine francescano a quello lasalliano può significare che nelle rivelazioni o ispirazioni, concesse dall'alto ad esseri privilegiati di questa terra, non ci sono esclusive né privative di comunità.

Non ci deve essere il tal Gesù o la tal Madonna di quella tal congregazione religiosa, secondo quelle tali rivelazioni o ispirazioni, favorite a quel tal membro di essa: di modo che ogni comunità s'interessa delle proprie ed appena accenna alle altrui, quando addirittura non le ignora.

Ci sono un solo Gesù ed una sola Maria.

La Chiesa non ha campanilismi per dividere, ma campanili per riunire.

La Chiesa è cattolica, cioè universale.

Di particolari memorandi eventi che la riguardino, ogni comunità si può gloriare, ringraziandone Iddio, e deve far oggetto di studio, glorificandone Iddio.

Ma non vedendo soltanto il proprio, e dimenticando o ignorando l'altrui, bensì occupandosi anche dell'altrui, là dove l'altrui respira l'universale, agitandolo e propagandolo come se l'altrui fosse il proprio.

È quindi gloria dell'ordine di san Francesco di avere accettato con umiltà la trasmigrazione della devozione, così come è gloria dell'ordine di san Giovanni Battista de la Salle di avere accolto con fervore quell'insigne preghiera, con impegno vigile e fermo di diffonderla così capillarmente, così totalmente nello spazio e nel tempo da far dimenticare l'origine di quella volontà, di quello sforzo, di quel moto: nello stesso modo come è gloria dell'ordine di san Francesco la pia pratica della via crucis, e molti la seguono e nessuno più si chiede di dove venga; come è gloria dell'ordine di san Domenico la recita del rosario, e molti - ma non ancora abbastanza - lo recitano, e pochi hanno presente da chi sia stata porta quella tavola di salvezza; come assai più recentemente è gloria della compagnia delle figlie della Carità di san Vincenzo de' Paoli la diffusione della medaglia miracolosa, in ogni paese del mondo, esaltando sempre il nome della Vergine e sottacendo quello della sua silenziosa confidente, santa Caterina Labouré.

Sono, cedesti, segni di pietà destinati al mondo e che appartengono al mondo, per il risanamento morale, per la vittoria della Chiesa, per l'avvento del Regno di Dio.

Per codesti segni ogni comunità si deve inserire nelle altre, così da formare una sola comunità, che li adotti e diffonda.

E quale base di lancio iniziale, per la devozione, l'armonia dei figli di san Francesco con quelli di san Giovanni Battista de la Salle, che procedono con la mano nella mano!

L'anima e il corpo dell'Unione

Tra quelle comunità se n'è affacciata timidamente una terza, che di esse è figlia e che è il vero corpo della devozione: quella dove la devozione deve trasmigrare come a propria sede regale, attraverso la comunità lasalliana che le fa da ponte.

A questo punto si compie qualche cosa che ha del sorprendente.

Mentre fra Leopoldo prega e parla con Gesù in quei colloqui mirabili, che generano l'ispirata preghiera alle cinque piaghe, un Fratello delle scuole cristiane, a lui sconosciuto, è in procinto di creare un organismo religioso laico, nuovo; vuole dare vita ad un corpo, che dev'essere esempio a tutti, tempio di santità.

I due ideatori vivono contemporaneamente, nella stessa città, e s'ignorano.

E non meno sorprendente è che, mentre uno lavora assiduamente alla costruzione di quell'edificio santo, l'altro ne predice l'esistenza e lo splendore.

Mentre da un lato se ne pronuncia la profezia, dall'altro se ne delinea già la realtà.

Il pensiero di quello si fa immediata azione di questo all'insaputa, l'uno dell'altro.

Così che quando la Provvidenza vuole che i due autori s'incontrino, i loro disegni combaciano naturalmente come se si attendessero l'un l'altro; i loro sogni si fondono in una realtà; i loro frutti non hanno che da innestarsi, così perfettamente l'uno nell'altro insieme da dar vita ad una creatura sola, ad una vera creatura viva.

Il corpo attendeva l'anima; il tempio la preghiera.

E quando il tempio ne risuonò e nel corpo venne infusa l'anima, questa gli impresse il moto propulsore e l'orientamento.

Quel corpo è la terza comunità, si chiama l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso.

La sua anima è la devozione al SS. Crocifisso.

Essi costituiscono una creatura nuova, che nasce dalla stretta di mano del figlio dell'Assisiate, tesa al figlio del santo di Reims.

Da un concorde battito di cuori nasce un pulsare nuovo, che deve far vibrare il mondo.

Sono tre espressioni laiche in una.

Il monastico duecento laico s'incorpora nell'innovatore, riformatore seicento, pure religioso e laico, per produrre il novecento, sempre religioso e sempre laico.

Sono tre età in una. Tre tempi nel tempo.

Passato che è presente e che canta altissimo, in questo ideale connubio, in questa nascita ideale, l'eternità della Chiesa del Cristo, sovranamente aderente all'evolversi dei tempi ed alle loro necessità: di cui i santi sono gli strumenti inconsci.

È sempre lo stesso spirito. Muta soltanto l'abito.

Cadono il saio e la tonaca. Ora non c'è più nulla che distingua il religioso nuovo, il quale anche nell'abito si confonde col secolo, è una cosa sola col secolo per permearlo meglio, per esserne più aderentemente, più connaturatamente, più plasticamente l'anima.

È una novità? No.

È soltanto un ritorno: ritorno alla gloriosa età primitiva della comunità cristiana; ritorno all'età in cui il cristiano e il pagano vestono clamidi e toghe; ritorno iniziale all'era, quando il Cristo era vissuto come verità viva ed operante da tutti i cristiani; quando l'idea si traduceva immediatamente, trasparentemente in realtà, il pensiero in azione, la fede in sacrificio, in martirio.

Ciò che deve avvenire rinnovandosi in questo tacito albore di ritorno.

L'idea si deve fare subito realtà.

Non possiamo più attendere.

L'organismo può suscitare ulteriori sviluppi, naturale e logica proiezione della linea retta già tracciata.

Ma mentre si medita su di essi, il nucleo già vivo e vitale non può più, non deve più segnare il passo, ma uscire, in marcia, a bandiere spiegate, tra echi di squilli, verso tutte le direzioni, per la conquista del mondo, con un'azione nuova: le case di Carità, che deviano e rintuzzano l'odio delle rivoluzioni.

Carità! Splenda quel nome, che fu l'ultimo martirio di fra Leopoldo!

Sia levato, alto, con fierezza, come bandiera che deve fendere in ogni senso la massa umana, garrendo forte a tutti i venti; issata sempre sul più alto pennone; mai deposta; mai ammainata.

Quel nome sia iscritto a caratteri d'oro.

Poiché è lezione; è programma; è luce di sangue; è Croce; è dolore per le umane miserie e perciò aurora di pace.

È il cuore di Gesù il più grande, il più nobile, il più misericordioso ospizio d'amore!

Nonostante il nostro cipiglio d'uomini, non siamo altro che bambini, ancora e sempre bisognosi di essere presi e condotti per mano.

Carità ci deve sempre essere posta innanzi, sempre ricordata, sempre ripetuta come un insegnamento, un orientamento, un dito che indica la sorgente e la foce, il motore e la via.

Carità è promessa e certezza; è benedizione; è sorriso di cielo alle lacrime della terra.

Il muro perimetrale

È nell'ordine della Provvidenza che non soltanto la nobile preghiera della devozione fosse commessa alla gloriosa comunità di san Giovanni Battista de la Salle, ma anche la semenza delle Case di Carità nel mondo dovesse essere gettata nel suo campo.

Non può essere che la comunità del santo della scuola cristiana a ricevere l'eredità totale di fra Leopoldo.

La scuola lasalliana deve fare cornice granitica, quasi muro perimetrale di tanto edificio, essendo la sorgente naturale ed inesauribile delle vocazioni di quei figli della Carità, che si raccolgono nell'Unione, con lo scrutare attentamente tra tutti gli allievi sparsi nel mondo gli elementi che Iddio offre per la santa crociata, cosicché in ogni scuola dei Fratelli sorgano i nuovi virgulti, ogni loro scuola sia vivaio e nucleo di nuovi figli della Carità, cioè di fondatori di nuove case di Carità.

Se questo sarà fatto - e senza dubbio lo sarà - il diffondersi di quest'arma nuova, benefica, incruenta, pacifica sarà rapido, sicuro.

La traslazione dei resti mortali di fra Leopoldo segna la chiusa d'un capitolo, del primo capitolo del nuovo libro: quello della formazione del nucleo d'origine.

Dal campo dei morti che sono in attesa, fra Leopoldo è tornato al campo dei vivi, che sono moto ed azione.

Questo ritorno segna l'inizio del secondo capitolo del libro meraviglioso: l'espansione.

Due poderose comunità l'assistono: una le offre il velo dell'umiltà, l'altra lo spirito dell'insegnamento: nella carità.

Entrambe proteggono il vivaio nuovo, che sta nel mezzo.

Esercito singolare, compatto, di alati spiriti, migranti lontano, a far ardere il mondo, a farlo pulsare nel ritmo dell'amore universale, in cadenza, all'unisono, coi battiti divini del cuore di Gesù.

G. Gaetano di Sales


Dagli scritti di Fra Leopoldo

- " Fin quando il mondo non s'avvicinerà alla mia croce, non vi sarà mai pace ".

- " La Divozione a Gesù Crocifisso è un gran mezzo di purificazione per l'anima vostra ".

- " Nella Casa di Carità splenda cristianamente tutto l'andamento … Non si tratta di cosa umana, ma divina ".

- " Gli adoratori del SS. Crocifisso cresceranno a dismisura nelle Scuole Cristiane ".